Proṡodìa

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prosodia


proṡodìa s. f. [dal gr. προσῳδία, comp. di πρός «a, verso» e ᾠδή «canto» (equivalente quindi del latino accentus, che della voce greca è un calco); lat. prosodĭa]. – Termine usato dai grammatici greci per designare, indipendentemente dall’articolazione essenziale di un suono, ogni particolarità accessoria che appare nella realizzazione di esso nella parola, e cioè intonazione, aspirazione, quantità, ecc. In senso ristretto e più com., ogni nozione o particolarità che concerne la quantità o durata della sillaba, soprattutto in rapporto alla versificazione (per cui talvolta la parola è usata come sinon. di metrica): p. greca, latina; regole, leggi, trattato di p.; errore di prosodia. Per estens., non com., il complesso delle norme per l’accentazione delle parole, nelle lingue che non distinguono la quantità. In fonologia, con riferimento a una lingua, l’insieme dei caratteri prosodici, cioè di quei caratteri fonici – dinamici, melodici, quantitativi – che sono peculiari di una data sezione del discorso (parola o sillaba).