Raspare

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raspare


v. tr. e intr. [dal germ. *raspōn]. – 1. tr. a. Lavorare un oggetto con la raspa, per sgrossarlo, pulimentarlo o levigarlo, liberarlo da materiali superflui o incrostazioni: r. le gambe di un tavolo, uno spessore di fibra, gli zoccoli del cavallo; r. le botti, per toglierne il tartaro. b. fig. Di tessuti ruvidi, di cibi e bevande troppo forti e acri, produrre su una parte del corpo una sgradevole sensazione di raschiamento, di irritazione: una maglia di lana grossolana che raspa la pelle; quest’olio, questo fritto, questa grappa raspa la gola. c. fig., raro. Rubare, sgraffignare; ant., riscuotere tributi. 2. intr. (aus. avere) a. estens. Sfregare, raschiare o grattare con forza, con qualcosa di duro e appuntito, oppure con le zampe (se riferito ad animali, soprattutto a cavalli, cani, polli), o con le mani, con le unghie (se riferito, con tono spreg. o di commiserazione, a persona), producendo un effetto, e spesso un rumore, simile a quello della raspa: chi è che raspa con la forchetta sul tavolo?; Ogni cavallo ... Raspa, batte, nitrisce (T. Tasso); il cane sta raspando alla porta, aprigli; Senti raspar tra le macerie e i bronchi La derelitta cagna (Foscolo); i polli raspavano nell’orto in cerca di cibo; quel poveraccio stava raspando con le mani nel mucchio di rifiuti, in cerca di qualcosa da mangiare. b. fig. Scribacchiare, scarabocchiare, sulla carta o su una lavagna (dove si aggiunge anche il rumore del gesso), o, anche con uso trans., scrivere con difficoltà: Quel prete ... Era sempre a raspar sulla lavagna (Giusti); dopo aver raspato alla meglio sul registro, a lettera a lettera, nome, cognome e luogo di nascita (Pirandello). ◆ Part. pres. raspante, anche come agg.: la miscela raspante della scatola dei fiammiferi, quella, ruvida, applicata alla scatola, su cui si sfregano i fiammiferi per accenderli.