Rottura

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rottura


s. f. [lat. tardo rŭptūra, der. di rŭmpĕre «rompere», part. pass. rŭptus]. – L’azione di rompere, il fatto di rompersi o di venire rotto; la cosa stessa e la parte rotta. 1. Nei sign. proprî del verbo: r. di un vetro, di un piatto, della serratura; l’incidente è stato provocato dalla r. dei freni, dello sterzo; la piena ha causato la r. di un ponte, degli argini; r. di un osso, e r. del femore, di una costola, di una vertebra, sinon., nell’uso com., del termine scient. frattura; per estens., riferito a parti del corpo corrispondenti a una struttura ossea: r. di un braccio, di una gamba, della testa. In senso fig., in espressioni volg. e per lo più eufemistiche, per indicare grave noia, fastidio, molestia o seccatura: che r. (di coglioni, di scatole, di stivali, di corbelli, ecc.), questa conferenza, quell’individuo. Con valore concreto: saldare la r. del tubo; riparare le r. della conduttura, della linea telefonica; anche se il restauro è ben fatto, la r. si vede; con valore collettivo, nella lavorazione del riso, il prodotto di scarto (chicchi difettosi, puntine, mezzagrana). Usi e sign. scient. e tecn. particolari: a. Nella scienza delle costruzioni, carico di rottura, la tensione unitaria, originata dalle sollecitazioni esterne, che provoca il cedimento di un dato materiale. Nella tecnologia meccanica, r. differita, rottura provocata da fragilità indotta da idrogeno, che può verificarsi, come nel caso dell’acciaio, anche in condizioni di esercizio, dopo sollecitazioni ripetute, per valori di carico unitario pur non eccedenti i limiti. b. Nelle costruzioni idrauliche, r. di un argine, lo stesso che rotta (v. rotta1, n. 2). c. Nell’industria della carta, lunghezza di r., la lunghezza che dovrebbe avere una striscia di carta, lasciata pendere verticalmente, per provocare, per effetto del peso proprio, la rottura della striscia stessa: essendo uguale al rapporto tra il carico unitario di rottura a trazione e il peso specifico, dà la misura della resistenza a trazione della carta. d. In agraria, r. delle stoppie, operazione che precede l’impianto di una nuova coltura a successione di altra che abbia lasciato stoppie: consiste nel lavorare il terreno, dopo il raccolto, con scarificatori o aratri leggeri, e ha il fine di combattere le erbe infestanti, di conservare l’umidità del terreno e di renderlo più soffice e più penetrabile per le arature autunnali. e. In enologia, intorbidamento del vino, più spesso indicato col termine fr. casse (v.). f. In chimica fisica, r. di un’emulsione, sinon. di deemulsificazione. g. In medicina, soluzione di continuità più o meno ampia, in genere di natura traumatica, di visceri cavi (intestino) o pieni (fegato, milza), di vasi (r. arteriosa), di tendini. 2. fig. Distruzione, violazione di un legame, di un accordo e di rapporti analoghi, sia privati e personali, sia collettivi, giuridici, economici e politici: r. dell’amicizia, del fidanzamento (e assol.: ci deve essere stata una r., tra loro due); r. del contratto, del patto, di un trattato, dei negoziati, della tregua, dell’armistizio; r. di un’alleanza politica, di una coalizione di governo; r. dei rapporti commerciali, brusca interruzione determinata da conflitti economici o politici; r. del viaggio, nei traffici marittimi, di viaggio di nave mercantile che, contrattato regolarmente, venga poi sospeso o interrotto, per volontà dei contraenti o per forza maggiore. Comune, spec. nella storia e nella critica letteraria e artistica, la locuz. agg. di rottura, che rompe la tradizione, innovando radicalmente temi e valori e aprendo prospettive del tutto nuove: un romanzo, un film, uno spettacolo di rottura. In partic.: a. In diritto internazionale, r. delle relazioni diplomatiche, l’atto, conseguente a gravi tensioni politiche o allo stato di guerra, con cui uno stato richiama i proprî agenti accreditati presso un altro stato, e pone termine alla missione degli agenti dell’altro stato accreditati presso di sé, espellendoli. b. In meteorologia, r. del tempo o dei tempi, peggioramento improvviso delle condizioni meteorologiche. c. In ippica, il passaggio improvviso del cavallo dall’andatura del trotto regolare a quella del galoppo: il cavallo deve essere immediatamente rimesso al trotto; qualora non sia o non possa essere subito trattenuto e perciò abbia guadagnato terreno, viene distanziato per regolamento; se il galoppo è prolungato il cavallo viene squalificato.

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