sènza (ant. sanza) prep. [lat. absĕntiā «in assenza, in mancanza di»; cfr. l’ant. milan. asensa e il vernacolo tosc. insenza; per la variante sanza, v. sanza1]. – Indica esclusione, privazione, mancanza: sono s. un soldo equivale a «non ho più un soldo»; è rimasto s. impiego equivale a «non ha più il suo impiego, ha perso l’impiego», e così via. 1. a. Con sostantivi: gente s. nome, s. casa (v. anche senzacasa, in grafia unita, e il più com. senzatetto); s. lavoro, con funzione di complemento (essere, rimanere s. lavoro) o di attributo (gente, operai, laureati s. lavoro), o anche sostantivato (essere un s. lavoro; sono dei s. lavoro; il problema dei s. lavoro); restare s. fiato, s. parole; accettò l’offerta s. il minimo sospetto, o senz’ombra di sospetto; era ormai s. speranza (e con più forza: s. alcuna speranza, s. nessuna speranza, s. affatto speranza); anche con nomi di persona: è un giovane timido, s. amici; un povero orfano, s. padre e s. madre. Con pronomi personali o dimostrativi (e solo in questi casi), vuole di solito la prep. di: s. di me, di te, di noi, s. di questo, s. di ciò, ecc. Si contrappone direttamente alla prep. con, soprattutto quando questa esprime relazione di compagnia, di unione, di mezzo, di modo: è una camicia che si può portare con o s. cravatta; caffè con zucchero o senza?; spesso però la contrapposizione è solo indiretta, in quanto la prep. senza serve a sottolineare la mancanza di ciò che normalmente dovrebbe esserci (in quei casi, cioè, in cui sarebbe superfluo indicare, con la prep. con, la presenza, proprio per essere questa normale): devo mangiare tutto s. sale; le finestre erano s. vetri; nonostante il freddo, era s. cappotto, s. cappello, s. giacca; un cane s. coda; in compl. di modo o di mezzo: leggo benissimo s. occhiali; è stato operato s. anestesia; mangiava s. voglia; l’ho fatto s. l’aiuto di nessuno; lo lasciai s. rimpianto, ecc. Con valore più partic.: cosa farei s. di te, s. il tuo consiglio?, se non ci fossi tu, se non avessi il tuo consiglio. b. Usi proprî ha nelle locuz. essere, rimanere s. qualche cosa, esserne privato o restarne sprovvisto, fare s. una cosa, non valersene, rinunciarvi, farne a meno (per amore o per forza), stare s. una cosa, e sim.: sono ormai s. voce; siamo rimasti s. benzina; temo che questa volta dovremo far s. il suo aiuto. Con queste stesse locuz. è frequente l’uso della particella ne, riferita al complemento già espresso in precedenza, o addirittura l’ellissi del complemento: per dare tutto agli altri, è rimasto s. lui; prendi pure tu l’ombrello, io posso farne s. (e così: posso uscire anche s., ecc.); ero così abituato alla compagnia del cane, che ora mi sarà difficile star senza, o vivere senza. Una vera e propria ellissi si ha nelle espressioni due senza, quattro senza, con cui sono indicate, nel canottaggio, le imbarcazioni da regata con due, o quattro, rematori, senza timoniere (contrapp. a due con, quattro con). Frequente la frase prov. non c’è due s. tre, con la quale si vuole per lo più affermare che, quando un fatto è già accaduto due volte, è molto facile che si verifichi almeno una volta ancora. 2. a. Premesso a un infinito, serve a negare il fatto o l’azione: mettiti lì buono, s. piangere, e non piangere; mi sono rigirato tutta la notte, s. poter chiudere occhio, e non ho mai potuto chiudere occhio; ha fatto sempre il comodo suo s. guardare in faccia a nessuno, non guardando ecc.; e così: posso entrare al cinema s. pagare; parli s. riflettere; se n’andò s. salutare nessuno; chi t’ha insegnato a entrare s. chiedere il permesso? Molto com. le espressioni s. dir nulla, s. aggiunger altro, s. far parola, s. dir motto (letter. s. proferir verbo), s. batter ciglio, s. colpo ferire, ecc. Talora l’infinito acquista valore passivo: baccalà s. bagnare (a