Séta

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seta


séta s. f. [lat. pop. sēta, class. saeta «setola, crine»]. – 1. a. Sostanza elaborata dalla larva del lepidottero Bombyx mori, comunem. noto col nome di baco da seta, come secrezione di particolari ghiandole dalle quali la sostanza esce, per due orifizî detti filiere, in forma di due bavelle, che, a contatto con l’aria, si rapprendono e si saldano tra loro in un filo unico detto bava: con la bava l’animale confeziona il bozzolo entro il quale si racchiude per la metamorfosi (cfr. Dante, Par. VIII, 52-54: La mia letizia mi ti tien celato Che mi raggia dintorno e mi nasconde Quasi animal di sua seta fasciato). b. La fibra tessile che si ricava dal bozzolo del baco da seta (detta perciò s. naturale) per essere successivamente lavorata in filato e poi in tessuto, cui viene dato lo stesso nome: lavorazione originaria della Cina, da dove già in età greco-romana la seta veniva esportata, in filo o in tessuto già confezionato, lungo la cosiddetta via della s., che attraverso l’Asia giungeva a Bisanzio e Alessandria; nell’anno 552 furono importati in Occidente i bozzoli da due monaci inviati a questo scopo in Cina da Giustiniano, e da allora la bachicoltura si sviluppò anche nel Mediterraneo. Nell’industria odierna, è detta s. greggia la fibra non ancora lavorata, cioè la bava del bombice, costituita essenzialmente da due sostanze proteiche, la fibroina (72-76%) e la sericina (21-25%) che la avvolge e che deve essere almeno in parte rimossa per migliorare la lucentezza e la flessibilità della fibra (si chiama s. cruda o sgommata se la sericina è stata allontanata del tutto, s. raddolcita se è stata eliminata solo in parte); successivamente, il filo, che era stato svolto dai bozzoli essiccati mediante le varie operazioni di trattura, viene sottoposto eventualmente a torsione per aumentarne la resistenza, avvolto quindi in matasse, e infine, dopo una serie di altre operazioni (orditura, rimettaggio, spolatura, ecc.), passato al telaio per ottenere il tessuto; si dicono cascami di seta i rifiuti dei bozzoli e i residui della filatura. Nel linguaggio com., il nome è dato in genere al filato e ai prodotti lavorati (questi per lo più nella locuz. agg. di seta): un filo, un rocchetto di s.; una camicia, un abito, un fazzoletto di s.; un foulard di s. e cotone; per s. gloria, v. gloria1, n. 5. c. S. selvatiche, sete, note anche con il nome di tussah, ottenute in Oriente da bozzoli di varie specie di lepidotteri della famiglia saturnidi (in partic. dei generi Antheraea e Attacus: v. attaco), caratterizzate dalla grossezza e ineguaglianza del filo. d. S. artificiale, sinon., meno usato, di raion. e. In senso fig., la locuz. di seta è talora adoperata per indicare un aspetto che ricorda la finezza e la lucentezza della vera seta: capelli di s.; una pelle di s.; il pelo di s. dei gatti persiani. Analogam., con uso appositivo in determinate locuz.: carta s., altro nome, meno com., della carta velina (v. velino, n. 1 b); legno s., legno pregiato per lavori di ebanisteria e d’intaglio, distinto nei due tipi: delle Indie occidentali, fornito da un albero delle rutacee delle Antille, Fagara flava, e delle Indie orientali, fornito da un albero delle meliacee, Chloroxylon swietenia dell’India merid. e dell’isola di Ceylon (odierno Srī Lanka). 2. estens. a. In zoologia, nome di varie fibre prodotte da diversi animali invertebrati (ragni, pseudoscorpioni, adulti e larve di insetti lepidotteri, ditteri, imenotteri, ecc.) e utilizzate dagli animali stessi per costruire bozzoli, nidi e tele per la cattura delle prede. b. Seta (o lana) vegetale, fibra tessile ricavata da vegetali, spec. dai pappi di alcune apocinacee e asclepiadacee. 3. In botanica, il filamento che sorregge l’urna dei muschi, e, più in generale, ogni pelo semplice ed eretto. 4. Seta (o lana) di felce, altro nome del cibozio, usato un tempo come materiale emostatico.

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