Sfógo

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sfogo


sfógo s. m. [der. di sfogare] (pl. -ghi). – 1. a. Lo sfogare, l’uscire liberamente di sostanze gassose o liquide, spec. compresse; con sign. concr., l’apertura, il condotto per cui tali sostanze possono sfogare: valvola di s. per i gas prodotti dalla combustione; una cucina con insufficiente s. per il fumo; dare, aprire uno s. alle acque di deposito. Nella costruzione navale, s. d’aria, condotto che scarica l’aria dai doppî fondi, dalle casse, ecc., quando vengono riempiti di liquido (acqua dolce, nafta, ecc.); nei sommergibili, le valvole e i condotti per cui, nella manovra di immersione, viene espulsa l’aria dai cassoni d’assetto e dai doppî fondi. b. Per estens., con riferimento ad ambienti, locali e sim., ampiezza, sufficienza di proporzioni, o anche presenza di aperture: una stanza senza s.; questo corridoio non ha s., è opprimente; un appartamento senza s. esterno, senza balcone o terrazzo. c. In architettura, non com., altezza massima, apertura di un arco o di una volta. d. fig. Sbocco, in senso economico: porto che costituisce lo s. commerciale di un ampio e ricco retroterra. 2. Nome comune di insorgenze acute di manifestazioni cutanee; eruzione: avere uno s. al viso, uno s. per tutte le braccia. 3. Manifestazione esteriore di sentimenti, passioni, istinti, che ne attenua la forza o l’impulso: dare s. al dolore, all’ira, alla sensualità; cercare un po’ di s. nel pianto; una sofferenza che non trovava s. neppure nelle lacrime. Anche, il fatto di parlare liberamente di ciò che angustia o preme, di aprire l’animo per trovare sollievo e distensione ai proprî sentimenti e affetti: fare uno s.; dopo quello s. mi son sentito meglio; ogni tanto si sente il bisogno di uno sfogo.

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