Tèrmine

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termine


tèrmine s. m. [dal lat. termĭnus «limite, confine»]. – 1. a. Sinon. letter. o raro di confine, come limite di paesi e regioni, poderi e altri spazî territoriali. È usato per lo più al plur.: presso del Carnaro Ch’Italia chiude e suoi t. bagna (Dante); né solamente dentro a’ termini di Cicilia stette la sua fama racchiusa (Boccaccio); gli parve conveniente di propagare i t. del creato (Leopardi); per estens., con riferimento ad ambienti chiusi: infra li t. d’una piccola cella (Boccaccio). b. Blocco di pietra o altro segno che vale a rendere evidenti i limiti d’una proprietà; per l’apposizione di termini, nell’uso giur., v. apposizione, n. 1. c. In astrologia, termini, le cinque areole in cui si divideva ciascuno dei segni dello zodiaco ospitanti i 5 pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno), dalla cui disposizione e configurazione dipendeva l’oroscopo. 2. a. Con riferimento al tempo, ciascuno dei due momenti entro i quali avviene, o può o deve avvenire o compiersi qualche cosa: la consegna potrà essere fatta entro questi due t.; mantenersi nei t. del tempo assegnato; stabilire i t. di validità di un documento; nel diritto civile, t. iniziale, quello in corrispondenza del quale si produce un determinato effetto giuridico, t. finale, quello in cui tale effetto si esaurisce. b. Più spesso, il limite estremo di tempo, convenuto o altrimenti stabilito, entro il quale può o deve avere luogo un adempimento: fissare, anticipare, prorogare il t. per la presentazione delle domande; il t. per presentare ricorso è già scaduto; presentarsi, pagare, notificare un atto entro (oppure oltre) il t. stabilito; nei trasporti ferroviarî, t. di resa, v. resa, n. 2 b. In diritto, t. essenziale, quello che il debitore deve rispettare esattamente, per espressa pattuizione contrattuale o per la natura stessa della prestazione che renderebbe inutile la prestazione tardiva; t. perentorî, quelli la cui inosservanza toglie validità giuridica all’atto compiuto o rende passibile di sanzione l’agente (per es., il termine di presentazione di domande di partecipazione a un concorso o il termine di pagamento delle imposte); t. ordinatorî, nel diritto processuale, quelli che possono essere modificati dal giudice e, per estens., tutti i termini non perentorî, il cui mancato rispetto non inficia la validità degli atti compiuti; t. processuali, quelli entro i quali deve essere compiuto un determinato atto processuale per avere efficacia: t. legali, t. giudiziali, secondo che siano stabiliti dalla legge o dal giudice. Nel diritto processuale penale, chiedere, concedere i t. per la difesa (nel linguaggio forense i t. a difesa), chiedere, da parte dell’imputato, e rispettivam. concedere, da parte del giudice, in determinati casi (nel giudizio per direttissima, o qualora emergano nel dibattimento nuovi fatti, o reati concorrenti, o circostanze aggravanti non contestati nell’imputazione) il rinvio del dibattimento a una data successiva (non maggiore di 5 giorni secondo il Codice di procedura penale), per consentire al difensore di preparare la difesa dell’imputato. Nel linguaggio bancario, è talora sinon. di scadenza (e t. brucianti, una scadenza vicinissima). In matematica finanziaria, indica la rata stessa che si deve pagare a ogni scadenza: termini di una rendita, lo stesso che rate. Frequente la locuz. agg. a termine, con più accezioni: in diritto del lavoro, contratto a t., forma di assegnazione (e rispettivam. di assunzione) di un lavoro per un limitato periodo di tempo, generalmente molto breve, e a carattere occasionale (attività lavorativa stagionale, sostituzione di lavoratori assenti, prestazioni straordinarie, e sim.); può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, per un periodo pari a quello iniziale, ma alla scadenza, se il rapporto di lavoro continua, il contratto si considera a tempo indeterminato fin dall’inizio. Con altri sign., nel linguaggio di borsa, contratti a t., operazioni a t., contratti che prevedono un’esecuzione differita, con rinvio dell’adempimento degli obblighi contrattuali al giorno di liquidazione stabilito dal calendario di borsa (l’ultimo giorno del mese stesso o del mese successivo nelle borse valori, e con scadenza prorogata anche di un anno nelle borse merci per i contratti, o mercati, a t. sulle merci); nel linguaggio bancario, pronti contro termine, denominazione di una operazione finanziaria con la quale le parti (una delle quali è di norma una azienda di credito) pongono in essere un doppio negozio giuridico, di cui uno (acquisto) in contanti e uno (vendita) a termine, relativamente allo stesso oggetto (per lo più titoli o valuta) a condizioni di prezzo e di scadenza contestualmente predeterminate. Con uso più generico nelle espressioni a breve, a medio, a lungo t., frequenti spec. nel linguaggio economico per indicare rispettivam. una distanza nel tempo di pochi mesi, di alcuni anni, di più di cinque anni (con più precisione, nell’ordinamento italiano del credito, un periodo inferiore a 18 mesi, un periodo compreso tra 18 e 60 mesi, un periodo di oltre 60 mesi); di tossicità a medio e a lungo t. si parla anche nel linguaggio medico, in contrapp. alla tossicità acuta. c. Spazio di tempo compreso tra due estremi per lo più determinati. In partic., nell’uso commerciale e bancario: t. di preavviso, il periodo di tempo, variabile in rapporto all’entità della somma da prelevare e generalmente fissato in alcuni giorni, che deve decorrere dall’avviso dato dal depositante alla banca per prelevare una determinata somma precedentemente affidatale in deposito; t. di utilizzo di un credito, il periodo di validità della concessione di un fido, trascorso il quale questo si intende revocato, ossia non è data più facoltà all’affidato di utilizzare il credito. Talora, nel linguaggio letter. o ant., spazio di tempo in genere: se pur son così fatti i parentadi di Cicilia, che in sì piccol t. si dimentichino (Boccaccio). d. Nel calendario liturgico, t. pasquale, il giorno che coincide con la 14a luna del «primo mese» del calendario liturgico ebraico e che cadeva nell’equinozio di primavera, o immediatamente dopo: al Concilio di Nicea (325) fu stabilito che la Pasqua si celebrasse la domenica successiva al termine pasquale. 3. Il punto estremo di qualche cosa, o il momento in cui qualche cosa cessa di essere (sinon., in molti casi, di fine2). In senso spaziale: al t. della strada, del cammino; il t. di una conduttura, di una linea ferroviaria. Con riferimento alla durata nel tempo: al t. del discorso, della lezione, dello spettacolo, della partita; siamo già al t. delle vacanze; non sono ancora al t. delle mie fatiche; era ormai giunto al t. dei suoi giorni; lo cammin corto Di quella vita ch’al t. vola (Dante); in ostetricia, parto a termine, quello che si verifica allo scadere della normale durata della gestazione (cioè tra i 275 e i 285 giorni dal concepimento, o, secondo altri calcoli, tra il 260° o 267° e il 294° giorno). Locuzioni: mettere o porre t. a qualche cosa, fare in modo che cessi; condurre, e più com. portare, a t. qualche cosa, portarla a compimento; volgere al t., star per finire; avere t., finire, terminare: quando avrà t. questo tormento?; dolori, gioie senza t., che non hanno o non avranno mai fine (spesso in senso iperbolico). 4. fig. a. Punto, grado o anche stato, condizione a cui si giunge o si è giunti: volendo conoscere la virtù d’uno spirito italiano, era necessario che la Italia si riducessi nel t. che ell’è di presente ... et avessi sopportato d’ogni sorte ruina (Machiavelli); l’operazione è ormai a buon t., a buon punto; non com., in termine che ..., a tal punto che: oggi per opera mia le cose sono ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda (Leopardi). b. Meta, punto d’arrivo, fine a cui si mira: è questo il t. dei miei desiderî; Vergine madre ..., Termine fisso d’etterno consiglio (Dante). c. In grammatica, complemento di termine, complemento che risponde alla domanda a chi?, a che cosa?, e indica la persona o la cosa a cui è diretta l’azione espressa dal verbo (o da una locuz. verbale); in ital. è di norma formato da un sostantivo o pronome preceduti dalla prep. a («ne parlerò al direttore»; «non chiederlo a me»; «dare inizio ai lavori»), o, senza la prep., dai pron. pers. mi, ti, gli, ecc. («gli parlerò io»; «ci date fastidio», ecc.; per l’omissione o la presenza della prep. a davanti ai pron. cui, lui, loro in funzione di compl. di termine, v. l’osservazione in fondo alla voce a2). d. Al plur., i limiti entro cui ci si deve contenere: rimanere nei t., uscire dai t., oltrepassare i t.; non vorrei andare oltre i t. del mio assunto; la questione dovrà essere risolta nei t. di una trattativa diplomatica. e. Sempre al plur., insieme di fatti ed elementi che definiscono o caratterizzano una situazione: vorrei conoscere esattamente i t. della questione; la faccenda rimane per ora in questi t.; meno com. in altre espressioni: ci siamo lasciati in buoni t., in buoni rapporti; D’essersi a questi t. ridotto Per il giuoco del lotto (Giusti), ridotto in queste condizioni. 5. a. Nella logica (come traduz. del lat. terminus, che traduce a sua volta il greco aristotelico ὅρος), il segno mentale, orale o scritto, di una realtà: contraddizione in termini (v. contraddizione, n. 2 b); termini del sillogismo, i tre concetti che costituiscono il sillogismo (v.): t. medio è quello comune a entrambe le premesse, t. estremi (per lo più soltanto estremi, sostantivato) gli altri due. In grammatica, termini di paragone (primo, secondo t. di paragone), i due enti o elementi tra i quali si istituisce il raffronto; termini di una proposizione, il soggetto e il predicato. In logica matematica, t. di un linguaggio formale, una variabile, una costante o, più in generale, ogni espressione che denota un elemento della struttura che è descritta da quel linguaggio. b. In aritmetica e in algebra, termini di un’addizione, i suoi addendi, di una moltiplicazione, i suoi fattori, di una frazione, il numeratore e il denominatore, ecc. (qui termine significa quindi uno degli elementi sui quali opera una legge di composizione algebrica); frazione ridotta ai minimi t., in cui il numeratore e il denominatore sono numeri primi tra di loro (per un uso fig. dell’espressione ridurre ai minimi t., v. minimo, nel sign. 1 a). Inoltre, t. di una successione, i suoi elementi; t. di una proporzione, i quattro numeri che costituiscono la proporzione stessa, ecc.; t. di un polinomio, i suoi monomî, in partic.: t. noto di un polinomio, il suo monomio di grado zero (cioè il termine nel quale non compare alcuna lettera e che pertanto si riduce a un numero); t. simili di un polinomio, i monomî con la stessa parte letterale, e che quindi possono essere sommati e ridotti a un solo monomio (riduzione dei t. simili di un polimonio). c. Nella terminologia di alcune scienze, ciascuno degli enti che costituiscono una determinata serie (per es., in chimica, t. della serie alifatica) o un dato gruppo (per es., in mineralogia, t. del gruppo dei feldspati monoclini). In fisica, t. spettrale, ciascuna delle righe di una serie spettrale e anche, per estens., il livello energetico o lo stato corrispondente alla riga. 6. Parola, cioè vocabolo o locuzione, che serve a denotare un oggetto o definire un concetto, soprattutto in quanto sia propria di una determinata disciplina o di un linguaggio settoriale, faccia parte cioè di un specifica terminologia (con sign. quindi più ristretto di parola, alla quale talora si contrappone in quanto elemento lessicale univoco e soltanto denotativo): t. scientifici, filosofici, tecnici; i t. della medicina, della critica d’arte; usare un t. proprio, improprio, esatto, inesatto. Anche, spesso, sinon. generico di parola nel suo sign. più ampio: alcuno è tenuto liberale, alcuno misero, usando uno t. toscano (Machiavelli); in altri t., in altre parole; a rigor di termini, usando le parole nel loro significato più stretto; rispondere in t. cortesi (con riguardo al modo, al tono della risposta); moderare i t., usare un linguaggio meno offensivo. Nel linguaggio burocr., a’ termini (meno corretto a termini), in conformità, secondo quanto stabilito da: a’ (o a) termini del contratto, del progetto, e sim.; oggi comune soltanto nella locuz. a’ termini di legge, e a’ termini della legge ..., in conformità della legge, o di quel particolare testo di legge cui si fa preciso riferimento. Nell’uso fam., mezzo t. (anche, ma poco com., in grafia unita, mezzotermine), parola, espressione, frase elusiva, che non manifesta apertamente una volontà, un consenso o un rifiuto; quasi esclusivam. al plur., usare mezzi t., rispondere con mezzi t., tergiversare; al contr., senza mezzi t., usando parole chiare, decise, non attenuate o equivoche; la locuz. mezzi t. è talvolta estesa a indicare provvedimenti parziali e perciò poco efficaci, quando occorrerebbero invece interventi decisi e risolutivi: ricorrere a mezzi t., abbandonare i mezzi termini.

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