Venale

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venale


agg. [dal lat. venalis, der. di venum (accus.) «vendita», corradicale di vendĕre «vendere» e venire «essere venduto»]. – 1. a. Che o che può essere oggetto di commercio, di compra e vendita: beni v. e non v.; roba v., cose v.; in bibliografia, edizione non v., fuori commercio. b. Di vendita, nelle espressioni valore v., di un oggetto, il valore corrente di mercato; prezzo v. (talora contrapp. al cosiddetto prezzo di affezione). 2. spreg. Di atto o attività che, non essendo per propria natura commerciabili, vengono fatti o svolti per lucro o per profitto personale: l’arte non è né dev’essere v.; amor venale, Amor servo de l’oro è il maggior mostro Ed il più abominevole e il più sozzo (T. Tasso); senza intenzione di biasimo: Il gemer lungo di persona morta Chiedente la venal prece agli eredi Dal santuario (Foscolo). In senso più chiaramente spreg., di persona che opera esclusivamente per avidità di denaro, e per denaro asservisce la propria arte o si lascia comprare e corrompere: un uomo v., una donna v.; un funzionario, un testimone, un giudice v.; scrittori, giornalisti v.; analogam., animo, indole v.; Vano error vi lusinga ... Ché ’n cor venale amor cercate o fede (Petrarca, con allusione ai soldati mercenarî). ◆ Avv. venalménte, in modo venale.