Zero

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zero


żèro agg. e s. m. [dal lat. mediev. zèphyrum, adattam. (Leonardo Fibonacci nel Liber abbaci, 1202) dell’arabo ṣifr «nulla, zero», calco del sanscr. śūnyá «vuoto» e poi «zero» (v. anche cifra)]. – 1. a. Primo numero della successione naturale 0, 1, 2, 3, ecc., unico numero naturale che non sia il successore di un altro; come numero cardinale indica la mancanza di ogni unità, cioè è il numero cardinale dell’insieme vuoto (o privo di elementi); in termini più semplici, zero è la risposta alla domanda «quanti sono gli oggetti di questo insieme?», nel caso in cui l’insieme non abbia elementi. Il simbolo per lo zero è 0; da notare che nella maggioranza delle civiltà antiche non esisteva alcun simbolo per lo zero, e l’idea stessa di tale numero ha impiegato molto tempo per affermarsi: anche recentemente, trattazioni autorevoli non includevano lo zero tra i numeri naturali. In matematica, viene considerato anche come il numero che precede ogni numero positivo e che segue ogni numero negativo. Nelle operazioni: dodici più z. è uguale a dodici (12 + 0 = 12; infatti lo zero è l’elemento neutro o indifferente rispetto alla somma); sette volte z. fa z. (7 × 0 = 0; lo zero è il fattore di annullamento del prodotto). Il termine è anche usato nel senso di «punto di annullamento»: uno zero di una funzione f(x) è un qualsiasi valore della x per il quale la funzione si annulla, cioè assume valore uguale a zero; di qui il modo prov. zero via zero fa (o ) zero, dal niente non si ricava niente. In informatica, in elettronica e nella teoria delle comunicazioni, nome di uno dei due stati possibili di un circuito o dispositivo, di una cella di memoria, ecc. che abbia natura binaria (l’altro stato è indicato con uno, v. uno, n. 1 c): è uno dei due simboli (cifre) nel sistema di rappresentazione binaria e nella rappresentazione binaria dell’informazione. Analogamente, in logica matematica, è talvolta usato come simbolo del valore di verità falso (in contrapp. a uno). b. Più in generale, termine iniziale, punto di partenza di una successione qualsiasi; in partic., stato iniziale di una grandezza, spec. quando essa è suscettibile di variare in due sensi opposti (e allora lo zero si presenta come elemento di separazione): l’aereo parte alle ore zero precise, a mezzanotte in punto (per ora zero, v. anche più avanti, al n. 2 g); il termometro segna zero gradi, o semplicem. segna z., è a z. (nella scala Celsius o centigrada è la temperatura di fusione del ghiaccio); cinque gradi sopra z., sotto z.; correntemente, essere sotto zero, a temperatura inferiore a zero gradi; z. assoluto, lo zero della scala delle temperature assolute (v. assoluto2, n. 3 b), corrispondente a -273,15 °C, limite inferiore della temperatura termodinamica di qualsiasi sostanza, non raggiungibile praticamente, definito teoricamente (terzo principio della termodinamica) come punto in cui ogni trasformazione isoterma di una sostanza non comporta variazioni di entropia; nella teoria cinetica classica, condizione della materia in cui cessa ogni agitazione molecolare e tutte le molecole sono caratterizzate da una velocità nulla. In strumenti di misurazione, corrisponde alla posizione che l’indice segna in condizioni di riposo: non c’è più benzina, l’indice è a z.; mettere a z. uno strumento, o riduzione a z., v. azzeramento; metodo di z. (o di compensazione, o di azzeramento), metodo di misurazione nel quale il valore della grandezza da misurare è ricavato indirettamente da una relazione funzionale con altre grandezze note, valida allorché una seconda grandezza assume valore nullo: per effettuarla ci si serve, in genere, di uno strumento (detto strumento di zero) dotato di elevata sensibilità in modo da rilevare valori anche minimi della seconda grandezza. Con sign. analogo, ma anche per distinguerlo dal primo e secondo principio, si chiama principio z. della termodinamica il principio indispensabile per la definizione stessa della grandezza temperatura, in base al quale due sistemi A e B, entrambi in equilibrio termico con un terzo sistema X, sono anche in equilibrio termico tra loro. c. In balistica, sparare a z., o con l’alzo a z., fare fuoco con l’arma orizzontale, senza che a essa venga data alcuna elevazione, quando il bersaglio è molto vicino (lo stesso che sparare con l’alzo abbattuto). In senso fig., sparare a z. su uno, o contro qualcosa, attaccarli duramente, con aspre critiche e denunce: l’opposizione, alla Camera, ha sparato a z. sul governo, o contro la politica economica del governo. d. Tagliare i capelli a z., rapare a z., con la macchinetta regolata in modo che i capelli siano tagliati il più vicino possibile alla cute. e. Nelle votazioni scolastiche (dove non ha mai avuto peraltro valore ufficiale di voto di merito), giudizio che denota insufficienza assoluta.: z. in latino, in matematica, nel compito d’italiano; z. in condotta (espressione usata talora in senso estens., per formulare un giudizio totalmente negativo su un comportamento o una situazione); dare, avere, meritare z.; z. spaccato, il segno di zero tagliato per evitare che possa essere trasformato in un 6, ma correntemente assunto come voto di maggiore demerito dello zero stesso. f. Genericam., niente, nulla, soprattutto in giudizî di valore, volendo significare qualità o quantità che non merita d’essere presa in considerazione: E le sue genti, che n’aveva tante, Furon stimate d’Alessandro un zero (Berni); è uno scrittore che non vale, che non conta uno z.; nel consiglio d’amministrazione la sua opinione vale z. (o quanto z.); in casa è la moglie che comanda, lui conta meno che z.; per quanto si sforzi, non capirà mai uno z.; quanto a soldi, siamo ridotti a z.; assol., ridursi a z., perdere ogni bene, ridursi in miseria. 2. In varie espressioni scient. e tecn. o anche dell’uso corrente, ora con il valore aggettivale di «nessuno, nullo» o di «iniziale», ora con altri particolari valori che si determinano caso per caso, è usato con funzione attributiva, sempre posposto al sostantivo. a. In fisica quantistica, energia di punto zero (o a temperatura zero), denominazione introdotta dal fisico tedesco M. Planck (l’equivalente ted. è Nullpunkt Energie) per indicare l’energia dello stato fondamentale di ogni sistema quantistico; trasferimento zero di calore, la condizione di un corpo, in equilibrio termico con l’ambiente, che emette energia raggiante in quantità pari a quella che assorbe. In fisica e nella tecnica, temperatura zero, la temperatura di zero gradi. b. In matematica e nella tecnica, punto zero (o punto origine) è il punto a partire dal quale si calcolano le distanze di una linea. c. In immunologia, gruppo zero, uno dei gruppi sanguigni del sistema AB0 (v. gruppo, n. 2 c). d. Crescita zero, in economia, v. crescita; in demografia e in varie altre analisi statistiche, condizione stazionaria rispetto a una situazione precedente, senza incremento né decremento: crescita z. della popolazione di uno stato, di una città, o delle vendite di un prodotto, ecc. Con sign. più ampio, nelle scienze economiche, crescita z., o più esattamente sviluppo zero, la situazione di un sistema economico caratterizzato da un incremento nullo della popolazione e del prodotto lordo; generalmente considerata una situazione negativa, è stata tuttavia da taluno invocata come soluzione tendenziale al problema dell’esaurimento delle risorse non rinnovabili. e. In linguistica, grado zero (o ridotto), il grado apofonico di una radice caratterizzato dall’assenza della vocale radicale (v. apofonia e apofonico); si parla in partic. di suffisso zero o desinenza zero con riferimento a forme per le quali non esiste un morfema specifico, se non l’opposizione con altre forme in cui esiste un morfema (per es., in lat., fer, che si individua come 2a pers. sing. dell’imperativo di ferre solo in quanto si oppone alle altre forme del verbo dotate di morfema, come, appunto, l’infinito ferre, e fers, fert, ferte, ecc.); analogam., deverbali a suffisso z., i sostantivi derivati dal tema del verbo con la sola aggiunta della desinenza masch. o femm., come accuso o accusa da accusare, classifica da classificare, utilizzo da utilizzare, ecc.; a suffisso z. (o senza suffisso) sono detti anche i participî passati del tipo cerco, trovo per cercato, trovato. f. In editoria, numero zero, l’esemplare di un nuovo periodico (giornale, settimanale, rivista, ecc.) di prossima pubblicazione, edito prima del numero iniziale, in numero limitato di copie per i tecnici dell’impresa, per specialisti e critici, o anche per un pubblico scelto, come documentazione e prova, ancora suscettibile di miglioramenti, delle caratteristiche di contenuto, editoriali e tipografiche, che avrà il nuovo periodico. g. Ora zero, la mezzanotte; in partic., l’ora, il momento d’inizio di un’operazione, soprattutto militare, non ancora stabiliti o comunque non ancora resi noti: l’ora z. dell’attacco aereo è ormai prossima. Com. anche l’espressione anno zero (affermatasi con il titolo del film di R. Rossellini Germania, anno zero, del 1947), il momento o il punto in cui si annulla un processo di decadimento e dal quale si riparte per una nuova ripresa. h. Per l’espressione opzione zero, nel linguaggio politico, v. opzione1. i. Per l’espressione tolleranza zero, v. tolleranza, n. 2 a. j. Nel linguaggio com., con uso leggermente enfatico, posposto a un sostantivo e con funzione attributiva, è talora usato al posto di «senza»: pagamento in 30 rate, con interessi zero; ho faticato tanto, ma con risultato zero.

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