1928 · Mickey Mouse

Personaggio di Walt Disney, dalle fattezze di un topo, protagonista di fumetti e cartoni animati. ► Sin.: Topolino.

Il personaggio nasce quest'anno.

“A hard beginning maketh a good ending”

Quando il giovane imprenditore e disegnatore Walter Elias Disney concepì l’idea di un topolino antropomorfo per una nuova serie di cartoni animati, nessuno avrebbe sospettato di stare per assistere alla nascita di un vero e proprio mito. Pare anzi che Louis B. Mayer, capo della celeberrima Metro Goldwyn Mayer, abbia addirittura rifiutato di produrre i film di Mickey Mouse dopo averne visionato un’anteprima, convinto che un topo alto un metro e venti avrebbe finito col terrorizzare le donne in stato di gravidanza sedute in sala (cfr. Robertson 1980/20042: 300).
Eppure alcuni topi erano già stati animati da Ub Iwerks, futuro disegnatore di Mickey Mouse, per due corti del coniglio Oswald. Proprio a Oswald il primo Mickey deve di più; non solo e non tanto nelle fattezze, che lo ricordano in modo evidente, ma soprattutto perché, come vuole la leggenda, il topo fu ideato da Disney durante un viaggio in treno per sostituire quel coniglio del quale aveva appena perso i diritti.
Gli inizi di Mickey Mouse furono insomma tutt’altro che facili: concepito come personaggio di ripiego, e disegnato da Iwerks in gran segreto di notte in un garage, esordisce nel corto Plane Crazy (1928) nelle vesti dello scapestrato pilota di un aereo rudimentale, protagonista di vani quanto azzardati tentativi di seduzione di una topolina di passaggio (antesignana dell’eterna fidanzata Minnie). Eppure né questo primo filmato né il successivo (Galoppin’ Gaucho) vengono inizialmente distribuiti; è solo con l’avvento del sonoro che Mickey Mouse (18 novembre 1928) raggiunge finalmente il grande schermo. La prima proiezione del corto con audio sincronizzato Steamboat Willie, nel Colony Theatre di New York, è un successo: il pubblico rimane colpito dalla novità tecnica del sonoro, enfatizzata da una trama esile che esalta musica, suoni, versi e rumori di ogni tipo.
Steamboat Willie è seguito a ruota da nuovi cortometraggi (ben 11 nel 1929), e alla musica si affianca ben presto il colore (The Band Concert, 1935). Nel frattempo Mickey, con un percorso un po' anomalo, era approdato (13 gennaio 1930) sulle strisce giornaliere dei quotidiani americani. È però l’Italia a detenere il primato della pubblicazione di un intero giornale a fumetti su di lui: il 31 dicembre 1932 il fiorentino Giuseppe Nerbini pubblica Topolino, la prima testata al mondo dedicata a Mickey Mouse, affidandone inizialmente la realizzazione a Giove Toppi e Angelo Burattini (cfr. Bono 2013: 10-16). Una testata che ancora oggi pubblica, con cadenza settimanale, le avventure del topo.

Da Mickey Mouse a Topolino


Walt Disney aveva in un primo tempo pensato di chiamare il personaggio Mortimer Mouse. In seguito, consigliato dalla moglie, lo modificò in Mickey Mouse, che associa Mickey al “cognome” costituito dall’indicazione della specie animale (mouse, cioè 'topo'), inaugurando un modello che ritroveremo in altri personaggi disneyani (da Clarabelle Cow a Donald Duck). Il topo, nei paesi in cui sbarcherà, conserverà in genere lo schema di Mickey Mouse. Questo, quando non viene importato in quanto tale (come in francese), vede infatti tradotto il nome della specie animale e adattato Mickey al sistema fonomorfologico della lingua ricevente: ted. Micky Maus, gr. Μίκυ Μάους, finl. Mikki Hiiri, etc. La traduzione italiana, dovuta (pare) a Lorenzo Gigli, direttore dell’“Illustrazione del Popolo”, supplemento settimanale al quotidiano “Gazzetta del Popolo” (cfr. Boschi/Gori/Sani 1990: 16-17), non mostra però traccia dell’originale, perché si è scelta qui la via della neoformazione con materiale autoctono. Invece che per un possibile Michelino Topo, che avrebbe ripetuto il modello statunitense, l’italiano ha optato per una soluzione che si distacca del tutto dal modello di partenza: resta solo il riferimento alla specie animale, la base topo, cui è stato aggiunto il vezzeggiativo -ino (cfr. Regis 2006: 144).
Riconducibile a diversi fattori concomitanti (la particolare situazione linguistica dell’Italia degli anni Trenta, il nazionalismo fascista, la scarsa dimestichezza degli italiani con l’inglese), la struttura onomastica presente in Topolino si rivelerà produttiva non solo nella traduzione dei nomi di altri personaggi disneyani (per es. Paperino), ma anche nella formazione di inediti assoluti come Topolinia (“città dei topi”). Se negli Stati Uniti le avventure di Mickey Mouse erano state ambientate al principio in una città senza nome, chiamata poi Homeville o Hometown (a parte la sporadica apparizione di Mouseville nella storia Outwits the Phantom Blot, del 1939), in Italia, negli anni Cinquanta, nasce un toponimo per denominare una città dei topi che si distingua da quella dei paperi. Il meccanismo di formazione ricalca quello del nome del protagonista, stavolta con l’aggiunta di un suffisso (-ia) produttivo in toponomastica dall’epoca fascista e oggi usato soprattutto per la creazione di nomi di luoghi immaginari (cfr. Pietrini 2008: 262).        


Le mille metamorfosi di un topo

Il Topolino dei nostri giorni ha ormai ben poco in comune con il primo Mickey Mouse. Il Mickey delle origini è caratterizzato da un muso sporgente, con arti molto sottili e grandi occhi ovali con pupilla che cederanno presto il passo ad arti più corti e “grassocci” e occhi stilizzati a forma di puntini, per poi recuperare la pupilla alla fine degli anni Trenta (cfr. Gould  2009a3; Cuccolini 1980). Anche l’abbigliamento muta in modo considerevole: già nel secondo corto Mickey Mouse sfoggia un paio di scarpe, mentre i guanti furono aggiunti nel 1929, probabilmente per evidenziare i gesti di un personaggio nato all’epoca dell’animazione in bianco e nero (altrimenti le mani sarebbero state difficili da distinguere rispetto al resto del corpo, anch’esso nero). Walt Disney stesso fornisce una spiegazione molto pragmatica sia dell’uso dei guanti che delle mani a quattro dita:

We didn’t want him [Mickey Mouse, n. d. A.] to have mouse hands, because he was supposed to be more human. So we gave him gloves. Five fingers looked like too much on such a little figure, so we took one away. That was just one less finger to animate (Schickel 1968: 95).

Completano l’aspetto infantile e antropomorfo i pantaloncini a quattro bottoni (due davanti e due dietro), rossi a partire dal passaggio al colore, dismessi solo dagli anni Quaranta in favore di un abbigliamento più adulto e alla moda, adattabile alle ambientazioni particolari delle singole storie. Ma le metamorfosi maggiori riguardano il carattere del personaggio, e la sua “filosofia” (cfr. Giorello 2013): se nei primi cartoon Mickey Mouse è un topo di campagna piuttosto irriverente, un po’ balordo e sempre pronto allo scherzo, il disegnatore Floyd Gottfredson trasformerà quello a fumetti in un infaticabile eroe che «vive, opera, corre, rischia […]. Non si limita ad andare verso l’Avventura, ma la porta con sé, e se è anche un eroe inquieto, con le valig[i]e sempre pronte e con un’invincibile e perpetua volontà di partire, sa però scoprire l’horror e il fascino a due isolati dalla sua residenza» (Faeti 1986: 104).

Dal fumetto alla letteratura (e alla canzone)

Cesare Pavese traduce e adatta le storie di Mickey Mouse in due volumetti (Le avventure di Topolino, a cura di Franco Antonicelli, Torino, Frasinelli, 1933); Dino Buzzati (Un amore, 1963) riempie di fumetti Topolino la cucina di una prostituta; Stefano Benni, su una pila di Topolino, fa sedere una cassiera (Bar Sport, 1976), o fa viaggiare su un’astronave dalla forma del topo disneyano chi, in un’era proiettata su un futuro post-atomico, dovrà salvare il mondo (Terra!, 1983).
Più recentemente Michele Serra (Gli sdraiati, 2013) ha eletto l’albo di Topolino a simbolo di un’infanzia perduta, come hanno fatto alcuni cantanti e cantautori:

Sfogliando un vecchio Topolino
mi ricordo quando da bambino
sentivo un uomo parlare
e io attento a sentire
                    Premiata Forneria Marconi, Topolino (1992)

è questa la vita che sognavo da bambino,
un po’ di Apocalisse e un po’ di Topolino
                    Jovanotti, Megamix (2011)


L'avventura continua.

Daniela Pietrini

Bibliografia

AA. VV., 1980, Il fumetto. Speciale Topolino, Roma, Anaf.
Bono Gianni, 2013 (a cura di), Topolino. 80 anni insieme, Milano, Walt Disney Company Italia.
Boschi Luca, Gori Leonardo, Sani Andrea, 1990, I Disney italiani, Bologna, Granata Press.
Cuccolini Giulio Cesare, 1980, Gli occhi di Topolino, in AA. VV., pp. 8-12.
Faeti Giorgio, 1986, In trappola col topo, Torino, Einaudi.
Giorello Giulio, 2013, La filosofia di Topolino, con Ilaria Cozzaglio, Parma, Guanda.
Gould Stephen Jay, 2009a3, Omaggio di un biologo a Topolino, in Gould 2009b3, pp. 89-98.
Gould Stephen Jay, 2009b3, Il pollice del panda, Roma, Editori Riuniti (prima ediz.: 1983; orig. ingl.: 1980).
Schickel Richard (1968), The Disney Version. The Life, Times, Arts and Commerce of Walt Disney, New York, Simon & Schuster.
Pietrini Daniela, 2008, Parola di papero. Storia e tecniche della lingua dei fumetti Disney, Firenze, Cesati.
Regis Riccardo, 2006, A margine dell’onomastica disneyana, “Rivista italiana di onomastica”, XII, pp. 143-181.
Robertson Patrick, 20042, I record del cinema. Enciclopedia dei fatti, delle curiosità e dei primati del cinema mondiale, dall’epoca del muto ad oggi, Roma, Gremese (prima ediz.: 1993; orig. ingl.: 1980).