TEBE, 2°

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

TEBE, 2° (v. vol. VIl, p. 653)

V. Aravantinos

Nell'antica capitale della Beozia la ricerca archeologica è proseguita soprattutto nell'area delle colline della città alta, che nel suo insieme prende il nome di Kadmeia e fu abitata continuativamente dalla preistoria fino ai nostri giorni, mentre i rinvenimenti nella città bassa, dove l'insediamento è stato più episodico, sono quantitativamente inferiori e per lo più datati in epoca bizantina e medievale, periodo, peraltro, di grande fioritura per Tebe.

La maggioranza degli scavi di emergenza determinati dalla ricostruzione della città seguita ai terremoti del 1981 e dai grandi lavori di ristrutturazione urbanistica che proseguono ancora oggi, ha gettato sufficiente luce sui problemi della topografia dell'antica acropoli e dell'area immediatamente circostante, della ττόλις και χώρα (città e territorio) dell'antica Tebe. Proporzionale alla quantità degli scavi è il volume dei reperti che sono di fondamentale importanza per lo studio della storia e dell'arte dell'insediamento in tutto il corso della sua vita. Al contrario, poche trasformazioni si possono segnalare nel corso degli ultimi trent'anni nel piccolo museo (inaugurato nel 1962) che non è più in grado di accogliere i ritrovamenti di T. e in generale della Beozia senza l'ampliamento già progettato.

Rinvenimenti architettonici e ceramici assicurano l'esistenza di un abitato organizzato e fiorente sull'acropoli della Kadmeia nel corso dell'Antico Elladico II, mentre la sporadica ceramica di età neolitica e dell'Antico Elladico I da T. e dai suoi dintorni attesta che l'area era abitata molto prima della costruzione del primo muro difensivo e di un edificio rettangolare dai caratteri monumentali (del tipo detto Corridor House), quasi al centro dell'acropoli, che si datano all'Antico Elladico II (c.a metà del III millennio a.C.). L'edificio rettangolare, la cui forma e posizione in prossimità del muro di cinta non escludono un uso pubblico, p.es. quale caserma, presenta molti elementi strutturali che trovano confronti con la nota «Casa delle Tegole» di Lerna, in Argolide.

Questa fase è seguita nell'abitato di T. da un'estesa e fitta serie di costruzioni che occupano tutto il sistema collinare proprio come nel periodo palaziale miceneo. Oltre alle strutture a pianta rettangolare si costruiscono anche grandi edifici absidati e l'ormai florido insediamento costituisce, come mostrano gli scavi, un importante centro di metallurgia e di produzione ceramica, con agricoltura e allevamento ben sviluppati e rapporti d'oltremare con le Cicladi, la costa dell'Asia Minore e l'Egeo settentrionale. La fine di questo fiorente abitato giunge, secondo i dati degli scavi, in maniera improvvisa e violenta come in altre regioni della Grecia prima della fine del III millennio (v. elladica, arte). Dopo l'intermezzo, di breve durata, di fasi edilizie di natura transitoria che sono caratterizzate dalla presenza di ceramica eseguita a mano di tradizione protoelladica e di un primitivo tipo «minio» eseguito al tornio, domina la ceramica minia grigia, caratteristica del Medio Elladico.

Il fitto abitato mesoelladico di T., sulla base delle nuove ricerche archeologiche e topografiche, si estendeva su tutto il sistema di colline della Kadmeia. Come il precedente insediamento protoelladico del periodo maturo, esso va classificato tra i più grandi abitati della sua epoca nella regione e in generale nell'area dell'Egeo e del Vicino Oriente. Benché le condizioni della ricerca di scavo nella città moderna non permettano di tracciare un'immagine completa del tessuto urbanistico del Medio Elladico, le centinaia di abitazioni e di tombe venute alla luce negli scavi stessi offrono elementi sufficienti per definire gli aspetti culturali di questo lungo periodo a Tebe. Le necropoli si trovano all'interno dell'abitato in gruppi comprendenti tutti i tipi di sepolture in uso all'epoca. Le abitazioni appartengono al tipo rettangolare (mègaron), con una sala fornita di focolare e un vestibolo più piccolo. Sembra che diverse case disponessero di un numero maggiore di vani e che verso la fine del periodo anche le tombe tendessero a una maggiore ricchezza. La ceramica minia ha inizialmente un uso generalizzato, ma è presto affiancata anche dal tipo detto matt-painted, che verso la fine del periodo si sviluppa in un'interessante categoria policroma e sopravvive per secoli assieme agli stili micenei di ispirazione cretese.

Nei primi secoli del Medio Elladico (c.a 2000-1700 a.C.) i rinvenimenti dell'abitato e delle necropoli di T. mostrano la ben nota monotonia e una stagnazione culturale e artistica, una linea di tendenza che subirà un'inversione alla fine del periodo. Lo scavo di diverse ricche sepolture, con corredi di armi e oggetti, ma anche di gioielli, rivali delle tombe a fossa di Orchomenòs, di Drachmani, di Egina e dei circoli A e Β di Micene, indica che la civiltà mesoelladica raggiunge il suo apogeo anche a T. in maniera analoga ai siti suddetti. Peraltro la ceramica dallo scavo delle abitazioni di quest'ultima fase trova confronti nelle tombe dei circoli A e Β di Micene e nelle ceramiche importate a Thera (v.) dalla Grecia continentale. A questo periodo sembra inoltre databile un tratto di solido muro difensivo a S dell'acropoli, nonché una significativa tomba a cista (scavata a Ν del museo alla sommità del colle Ampheion) e i gioielli in essa contenuti.

Le primitive fasi micenee sono rappresentate a T. principalmente da complessi ceramici stratificati provenienti dagli ultimi scavi dell'insediamento, il quale sulla base dei più recenti accertamenti si trovava nel settore meridionale e maggiormente elevato della Kadmeia, il più vicino alla collina di Kolonaki, dove in passato sono state rinvenute importanti tombe di tali periodi. Tutti gli stili ceramici riferibili ad aree della Grecia situate più a S e nel Peloponneso, e derivanti da prototipi elladici o cretesi, sono presenti nella T. del Tardo Elladico, o Miceneo, I e II.

Con il periodo palaziale miceneo (c.a 1400-1200), il più glorioso e splendido della storia di T., si collega la maggior parte delle narrazioni e degli eventi del ciclo mitico tebano secondo le fonti antiche e le loro contemporanee interpretazioni, per quanto anche la leggenda della fondazione della città da parte di Cadmo, figlio di Agenore, si collochi abitualmente nel primo periodo miceneo. Il recente rinvenimento in una tomba ellenistica dell'antica Tanagra (v.) di una coppa a rilievo «omerica o eroica» con il tema (testo e raffigurazioni) della fondazione di T. da parte di Cadmo, costituisce una rara trasposizione nell'arte ceramica di un motivo poetico. Tuttavia un'identificazione dei dati di scavo micenei con le indicazioni dell'antica tradizione mitica è assolutamente impossibile.

Certamente, in accordo con le narrazioni antiche, T. è uno dei più grandi centri del mondo miceneo, per potenza rivale di Micene e di Argo. Questa immagine è rafforzata dai dati di scavo dell'ultimo trentennio assieme allo studio e alla pubblicazione dei più vecchi rinvenimenti. Sulla base degli elementi di cui oggi disponiamo circa il Tardo Elladico III A e Β (c.a 1400-1200 a.C.), si può affermare che il grande centro palaziale di T. controllava la Beozia centrale, meridionale e orientale, mentre la sua influenza giungeva fino all'Eubea, all'Attica, a Egina, a quanto ci suggeriscono gli indizi toponomastici presenti nei testi in Lineare B, che fanno riferimento ad Amarynthos, a Karystos e ad Aphaia. Gli stessi testi ci forniscono anche il nome della città (mic. te-qa / te-qa-i / te-qa-de; gr. θήβα/θήβά/θήθανδε), che è il medesimo sia nei testi micenei, sia in quelli alfabetici greci. I recenti scavi hanno dimostrato che l'acropoli micenea era difesa, almeno nel XIII sec., da un solido muro ciclopico e che in tutta la sua estensione era occupata da impianti e officine di carattere palaziale.

Dall'inizio degli anni '60, in scavi che hanno interessato l'intera estensione della Kadmeia, sono venuti alla luce numerose strutture micenee ed è stato recuperato un enorme quantitativo di ceramica e di reperti di ogni genere i quali, a parte poche eccezioni, rimangono tuttora inediti. Diversi edifici micenei di epoca palaziale presentano spesso le caratteristiche di botteghe o di magazzini di generi preziosi, mentre altri, contenenti principalmente reperti ceramici di uso corrente, sicuramente erano destinati a sopperire alle necessità delle migliaia di persone che lavoravano per conto del «Palazzo». Forse tali edifici erano abitazioni di funzionari direttivi collegati con la dinastia dei signori di T. del periodo palaziale. Nei diversi laboratori venuti alla luce in prossimità del centro della Kadmeia e nell'area dove si estendeva il centro amministrativo (palazzo) è stata accertata la lavorazione di avorio, di pietre semipreziose e di oro e sono stati scoperti impianti per la lavorazione della lana e fornaci per la ceramica.

Come già in passato, negli scavi dei primi decenni di questo secolo, nei magazzini del palazzo si rinvennero beni già lavorati e materie prime semilavorate. Nelle rovine dei magazzini che portano il nome di «Arsenale», si rinvennero elementi di armature, finimenti per cavalli e parti di carri, oggetti in avorio, vasi in bronzo e tavolette iscritte in Lineare B. A E di questo complesso venne portata alla luce un'officina per la lavorazione dell'avorio e una serie completa di pesi in pietra del sistema ponderale miceneo che vanno ad aggiungersi ai coevi pesi in piombo provenienti dall'«Arsenale». Il sistema al quale appartengono è sessagesimale e simile a quello della Creta minoica. I testi rinvenuti, nel 1970 e nel 1982 in scavi di recupero sulla Kadmeia, incisi su tavolette di argilla e su cretule, si riferiscono a offerte di lana e di animali destinate a diverse divinità in occasione di una qualche cerimonia.

In scavi recenti (1993-94) nella Odòs Pelopida, presso l’ «Arsenale» noto già dal 1963-64 per la scoperta di 24 frammenti di testi di contenuto oscuro, sono venute alla luce oltre duecento nuove tavolette in Lineare B, in gran parte anch'esse frammentarie. Si tratta principalmente di registrazioni di cereali, olive, vino e altri prodotti destinati a offerte in diversi santuari del regno tebano. I destinatari delle assegnazioni sono divinità (Madre Terra, Kora, Difia, Zeus Oporeus); animali (serpenti, muli, uccelli, cani, oche); inservienti di santuari (portatori di panieri e di kernoi, ecc.); altri individui, tra cui alcuni contrassegnati da un etnico: il Lacedemone (lo Spartano), mic. ra- ke-da-mi-ni-jo /ra-ke-da-mo-ni-jo, il Tebano, mic. te-qa-jo; l'abitante di Mileto, mic. mi-ra-ti-jo / ja (Μιλήσιος, Μιλησία). Il termine Lacedemone è doppiamente importante perché occupa un posto di rilievo nelle offerte (si incontra 19 volte) e perché è attestato anche (una volta) con il figlio. Il confronto con alcuni testi orientali induce a supporre che il re di Lacedemone fosse presente a T., dove riceveva offerte insieme ai varî destinatari, accompagnato dal proprio figlio, forse il principe. Le tavolette registrano ancora lana, cipero, pelli di animali, animali domestici, anfore contenenti vari prodotti. La diversità di contenuto rende convincente l'ipotesi che si tratti di un significativo settore dell'archivio del palazzo miceneo, che con tutta probabilità era responsabile anche dell'approvvigionamento del personale dei santuari.

Da quanto si può dedurre dall'abbondanza degli eccezionali oggetti d'arte rinvenuti negli scavi, l’élite palaziale di T., oltre alla produzione di prodotti agricoli e derivanti dall'allevamento, dava particolare importanza alle attività industriali, che con il loro concatenarsi assicuravano, attraverso il commercio e lo scambio, l'importazione delle preziose materie prime per la produzione dei capolavori di oreficeria, di metallurgia, di glittica e di lavorazione dell'avorio. Le materie prime giungevano nei porti della Beozia insieme con oggetti prodotti nel Mediterraneo orientale, come i sigilli a cilindro di provenienza orientale rinvenuti in un tesoro palaziale nella Kadmeia, che hanno dato occasione a diverse teorie e tentativi di interpretazione sulla base della molto più tarda tradizione della discendenza di Cadmo.

Tra i nuovi significativi monumenti venuti alla luce a T. negli anni '70 e pertinenti al periodo palaziale miceneo della città, figura anche la tomba a camera nota come «Tomba dei Figli di Edipo». Fu scavata sulla collina di Kastellia (a E del sito delle Porte Proitidi) e per la presenza di un doppio dròmos, per la sua grandezza e per un riferimento di Pausania è stata identificata dallo scavatore come tomba comune dei due fratelli Eteocle e Polinice. Nelle vicinanze sono state scavate anche altre tombe micenee di minori dimensioni e per la maggior parte, come quella, violate. Una pisside di avorio con sfingi contrapposte, di eccezionale qualità artistica, offre un esempio dell'originaria ricchezza della tomba monumentale.

Gli scavi nella Kadmeia e nella città bassa mostrano che dopo la decadenza e la scomparsa dei palazzi e della civiltà che questi rappresentavano sopravvenne una breve fase di rioccupazione degli stessi siti della Kadmeia. In una fase più recente, submicenea, diverse tombe vengono aperte nel luogo dell'abitato andato in rovina e rivelano l'esistenza di un insediamento, almeno nel settore del sistema di colline.

Per la T. protogeometrica e geometrica sono scarsi gli elementi provenienti dalle nuove ricerche nella Kadmeia. Alcuni dati interessano rinvenimenti ceramici del periodo geometrico dalla collina del Tempio di Apollo Ismènios e dall'area circostante. Nell’Ismènion sono stati accertati resti di fondazioni e ceramica di tale epoca che si pongono probabilmente in relazione con l'esistenza, in quel luogo, di un tempio geometrico. Tra l'altro nella vicina Potniès (oggi Tachi), a c.a 2 km da T., si sono recentemente rinvenuti resti di abitato e necropoli che testimoniano una continuità di vita e forse di culto, in questo importante centro religioso, dal periodo miceneo alla prima età ellenistica. L'area, sede del Santuario di Demetra Thesmophòros, prese forse il nome di Potniài dalla Pòtnia delle tavolette e al contempo si identifica forse con la Hypothèbai del «Catalogo delle navi» (Hom., IL, II, 505). Nell'antica Potniès, centro cultuale di T., in epoca storica e forse micenea, sono state effettuate nuove ricerche su antichità di epoca micenea, protogeometrica, tardogeometrica, protoarcaica, fino all'età ellenistica, con rilevanti rinvenimenti, prevalentemente ceramici.

Dalle necropoli tardogeometriche e della prima età arcaica di Tachi e di Kanapitsa provengono interessanti vasi tra i quali si distinguono le kỳlikes beotiche decorate con volatili in riquadri isolati tra motivi vegetali e geometrici. Nel periodo arcaico, come è noto, grandi quantitativi di ceramica vengono importati dall'Attica e da Corinto nelle città della Beozia e a T. con influssi determinanti sulla tradizione locale. Ceramica classica, un gran numero di statuine e decine di stele sepolcrali provengono dalle necropoli di T. che si trovavano lungo le strade in direzione di Calcide/Tanagra e Tespie. Nuove necropoli sicuramente pertinenti ad abitati di età arcaica e classica presso il Santuario dei Cabiri, cioè nella zona più pianeggiante a O di T., sono venute alla luce nel corso di lavori di collocamento di un condotto di gas naturale (1994).

Nel Santuario dei Cabiri alla periferia di T., gli scavi di G. Bruns agli inizi degli anni '60 hanno risolto molti dei problemi delle vecchie indagini mentre le pubblicazioni dei rinvenimenti da scavi vecchi e nuovi sono state portate a termine in tempi relativamente brevi. Nel 1993 hanno avuto inizio i lavori di consolidamento e di restauro di diversi edifici, del tempio e del telestèrion (teatro), minacciati dagli agenti atmosferici.

Per l'esame dei problemi della topografia della T. di epoca preistorica e storica ha avuto un ruolo significativo l'apporto degli scavi di emergenza e delle opere pubbliche. Meno numerose sono state le ricerche sistematiche effettuate dal 1966 al 1972, che avevano come obiettivo principale lo scavo delle necropoli micenee e del Palazzo. Malgrado il ben noto annientamento dei resti antichi di T. da parte dell'intensa attività edilizia (pubblica, privata, di fortificazione) di età medievale, gli scavi di recupero e l'apertura di condutture per l'approvvigionamento idrico e di drenaggio al centro e nella più ampia zona della città bassa hanno messo in luce significativi settori delle mura della Kadmeia e della T. bassa, tratti di stoài, parti dell'odèion di Siila, fondazioni di templi, strade, ponti, edifici pubblici di carattere civile o religioso con notevoli pavimenti a mosaico. Nella Odòs Pindarou, precisamente nel punto corrispondente ai resti del Kadmèion, è stata identificata la krepìs di un tempio di età tardo-classica o ellenistica. Si presume che possa appartenere a un edificio templare di media grandezza, ravvisabile tra i santuari di Demetra e di Dioniso menzionati da Pausania nei pressi delle rovine del mitico Palazzo di Cadmo.

Di particolare importanza si rivela ancora la scoperta nella Piazza di Haghios Georghios e nei lotti a S di essa di grandi depositi di ceramica e di figurine di epoca arcaica, classica e romana. Le figurine di hydriophòroi e di maialini, nonché altri indizî rivelano un sicurissimo rapporto con un santuario di Demetra - e precisamente della Thesmophòros - che dovrebbe localizzarsi tra i resti del palazzo miceneo scavati dal Keramopoulos e il museo.

I materiali da costruzione degli edifici a T. vennero saccheggiati dopo ogni catastrofe naturale o bellica, ma soprattutto a partire dalla fioritura bizantina della città fino ai nostri giorni. La città medio- e tardo-bizantina si estese in tutte le direzioni e particolarmente verso la zona sud-orientale dell'Ismènion, utilizzando l'eccellente materiale da costruzione delle grandi opere pubbliche e difensive dell'antichità. La riduzione a calcina degli elementi marmorei e il reimpiego di quanto rimaneva nella costruzione della città bizantina è un fatto certo, ma ben visibile solo nel caso della torre difensiva medievale di N. Saint Omer, nel cortile del museo.

La stratigrafia eccessivamente confusa dell'area abitativa della città alta, che per la maggior parte viene a coincidere con la Kadmeia, le ripetute violente catastrofi e l'universale riutilizzazione dei materiali da costruzione, il carattere di urgenza degli scavi di recupero unitamente all'assenza di un sistematico rilievo d'insieme e di una pubblicazione degli edifici antichi rendono quasi impossibile una definitiva valutazione e valorizzazione dei preziosi elementi emersi dagli scavi. La raccolta, tuttavia, di dati topografici e archeologici in diverse opere di recente pubblicazione e gli enormi quantitativi di materiale, frutto di oltre un secolo di attività di scavo, conservato nel museo archeologico, confermano le testimonianze delle fonti sulla grande, ancorché periodica e temporanea, floridezza ed estensione della città di T., i suoi edifici pubblici, le agorài e i santuarî. Di tali rinvenimenti, sfortunatamente, solo una piccola parte è esposta nel museo e si trova provvisoriamente disposta nel cortile intorno alla torre medievale. Epigrafi e stele funerarie ancor più dei resti degli edifici testimoniano il complesso percorso storico e l'attività artistica e artigianale di una delle tre città egemoni della Grecia antica.

Museo. - Nel museo di T. si sono verificate alcune trasformazioni nel settore espositivo dopo i grandi scavi e gli importanti rinvenimenti degli anni '60 e '70. Sono stati esposti i materiali provenienti dagli scavi del Kadmèion nella sala di fondo che ospita la ceramica come anche reperti ceramici di epoca geometrica e arcaica dalle necropoli di Akraiphnion e dalla zona dei laghi (Hyliki, Paralimni). Nella sala successiva all'atrio che conserva principalmente sculture di epoca ellenistico-romana, sono state esposte le làrnakes fittili dipinte da Tanagra (v.), di epoca micenea, monumenti unici per l'area elladica continentale, con modelli riferibili piuttosto a Creta nel Tardo Minoico III. Infine il museo si è arricchito di un rilievo della fine del periodo arcaico, rinvenuto fortuitamente nella zona della necropoli di Akraiphnion. La raffigurazione di un giovane nudo che avanza tenendo un grande gallo e annusa un fiore di loto, l'epigramma e la firma dell'artista (Φοίλοργος εποίεσεν) unitamente al pregiato marmo bianco del monumento, definiscono un'opera che si collega immediatamente con l'arte attica della fine del VI sec. a.C.

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(V. Aravantinos)

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