Aborrire

Enciclopedia Dantesca (1970)

aborrire

Eugenio Ragni

È per la maggior parte dei commentatori apax di Pd XXVI 73 e lo svegliato ciò che vede aborre, / sì nescϊa è la sùbita vigilia / fin che la stimativa non soccorre: " idest abominatur ", spiega Benvenuto; " teme e non può soffrire di tenere l'occhio aperto ", Buti; " ha in odio ", Vellutello; e così intendono anche molti moderni, alcuni dei quali, tuttavia, mitigano il significato del verbo in " rifuggire, ritrarsi infastidito ": senso che con maggior coerenza si adatta alla reazione di chi si risveglia improvvisamente colpito da una luce violenta.

Il Porena, insistendo soprattutto sulla scarsa coerenza di tutto il passo qualora si intenda aborre come " aborrisce ", " ha in odio ", ha proposto la correzione ‛ aborra ', " confonde ", riallacciando pertanto questa forma ad ‛ abborrare ', verbo già usato da D. in If XXV 144 e XXXI 24 (v. ABBORRARE). La proposta (che potrebbe trovare un sostegno nella chiosa di Iacopo della Lana, " cioè non distingue od aviluppa "), sostenuta con argomenti discutibili, comporta la necessità di sostituire ‛ ricorra ' a ricorre (v. 71) e soccorra ' a soccorre (v. 75), per ricostituire la catena delle rime e presumendo una " cosciente alterazione " della forma originaria ad opera di copisti, ai cui orecchi " dovette suonare strano " il verbo ‛ aborrare '. Occorre dire però che tale forma non è mai registrata dalla tradizione manoscritta.

Qualora si voglia comunque accettare la proposta del Porena, si potrà evitare la correzione delle due parole rima, e vedere in aborre semplicemente un metaplasmo di coniugazione.

Bibl. - Parodi, Lingua 268; M. Porena, Il verbo ‛ abborrare ', in " Lingua nostra " XIV (1953) 36-39.