Al-ASH‛ARĪ, Abū'l-Ḥasan ‛Alī ibn Ismā‛īl ibn Isḥāq

Enciclopedia Italiana (1929)

al-ASH‛ARĪ, Abū'l-Ḥasan ‛Alī ibn Ismā‛īl ibn Isḥāq

Carlo Alfonso Nallino

Celebre teologo musulmano, fondatore del sistema ortodosso che da lui prese il nome di asharita. Nacque ad al-Baṣrah (Bassorah) nel 260 èg., 873-874 d. C., e morì a Baghdād nel 324 èg., 936 d. C. Fu seguace sin quasi a 40 anni della scuola teologica dei Mu‛taziliti (v.), se ne staccò, e anzi ne divenne avversario, intorno al 300 èg., 913 d. C., essendosi convinto che il razionalismo mu‛tazilita s'impigliava in contraddizioni insolubili ed era incapace di chiarire certi problemi fondamentali, come quello della giustizia di Dio (se intesa nel modo dei Mu‛taziliti) e della libertà e responsabilità degli atti umani. Perciò egli ritenne che si dovesse tornare agli elementi di dogmatica positiva stabiliti dalla scuola di Aḥmad ibn Ḥanbal (v.), ligia alle tradizioni canoniche (ḥadīth) e tenente una via di mezzo fra l'interpretazione eccessivamente letterale e antropomorfica di molti passi coranici, seguita dai cosiddetti Ḥashwiyyah, e le deduzioni mu‛tazilite che, per eccessiva fiducia nella ragione umana, conducevano a conseguenze illogiche per sé stesse o non accordabili col vero senso del Corano e dei ḥadīth. Ma d'altro canto, e qui nasceva il suo dissidio dai seguaci di Aḥmad ibn Ḥanbal, egli dichiarava doveroso per ogni credente l'uso del ragionamento (naẓar, istidlāl), sia pure in grado minimo, allo scopo di rendersi conto dei dogmi rivelati; tale ragionamento deve tener conto degli elementi forniti dal Corano e dai ḥadīth, in modo da non cadere nelle deduzioni arbitrarie dei Mu‛taziliti, portanti all'eterodossia. Per es. egli ammette la dottrina degli atomi di materia e di tempo e la distinzione aristotelica di sostanza e accidente, al pari dei Mu‛taziliti; ma non introduce ciò (come invece fanno alcuni posteriori) nel catechismo stesso, e giustifica quelle teorie con passi coranici. In altre questioni egli mantiene l'attitudine, che potremmo chiamare agnostica, degli ahl al-ḥadīth (v.) o tradizionisti; p. es. ammette, con qumti ultimi e contro i Mu‛taziliti, gli attributi eterni di Dio come distinti dalla sua sostanza (perché ciò sembra risultare dal Corano), ma dichiara che noi non possiamo sapere né indagare come ciò sia; ammette che si debba credere alla verità delle affermazioni antropomorfiche e antropopatiche del Corano intorno a Dio, senza dichiararle mere espressioni metaforiche (come invece dicevano i Mu‛taziliti), e al tempo stesso affermando nel modo più reciso che da esse esula assolutamente ogni idea di analogia con atti o sentimenti umani: crederemo dunque, poiché il Corano lo dice, che Dio "si sia adagiato sul trono", ma con altrettanta sicurezza affermeremo che il modo di ciò è ignoto e ch'esso, in ogni caso, non ha nulla a che fare con l'adagiarsi umano. Ammettendo gli attributi eterni di Dio, al-Ash‛arī accoglie anche la conseguenza ortodossa di ciò, ossia l'esistenza ab aeterno del Corano, "parola di Dio" e quindi suo attributo, contro l'affermazione mu‛tazilita che il Corano sia creato nel tempo. Fra il predeterminismo assoluto delle azioni umane affermato da certe scuole e il completo libero arbitrio dei Mu‛taziliti, al-Ash‛arī, sulla base dei testi coranici, ricorre a una spiegazione assai più verbale che sostanziale: gli atti umani sono creati da Dio, eseguiti dagli uomini, e tutto ciò in parallelismo con la volizione umana, è questa la dottrina famosa del kasb o iktisāb, sinora fraintesa da tutti gli studiosi europei e che non può essere qui sviluppata.

Per quello che concerne il rituale e il diritto, al-Ash‛arī era seguace della scuola shāfi‛ita; perciò il suo sistema teologico fu accolto subito dagli Shāfi‛iti e più tardi anche da tutti i Mālikiti. Invece i Ḥanbaliti lo avversarono e lo avversano tuttora, essendo recisamente contrarî ad ogni speculazione filosofica applicata alla dogmatica positiva; la loro opposizione fu così grave, che sin verso la fine del sec. V èg., XI d. C., l'ash‛arismo fu in grave pericolo di naufragare per sempre. I Ḥanafiti hanno preferito al sistema ash‛arita quello del ḥanafita al-Māturīdī (morto nel 333 èg., 944-945 d. C.), pochissimo differente; tale preferenza si è mantenuta sino ai nostri giorni. L'ash‛arismo oggi continua a dominare sovrano in tutta l'Africa settentrionale (salvo l'Egitto, ove il dominio è ripartito con il māturīdismo e con la tendenza ḥanbalita contraria alla dogmatica speculativa) e presso tutti gli Shāfi‛iti d'Asia.

Si conoscono i titoli di 99 libri, fra grandi e piccoli, composti da al-Ash‛arī e contenenti trattazioni e polemiche su problemi teologici e filosofici; ma quasi tutti sono perduti. A stampa possediamo l'al-Ibānah an uṣūl ad-diyānah "esposizione degli elementi della religione (musulmana)" (Ḥaidarābād del Dekkan, 1321 èg., 1904 d. C.), un opuscolo sulla legittimità del kalām o applicazione del ragionamento filosofico alla teologia, la sua piccola ‛aqīdah o dogmatica elementare, e l'opera storico-polemica importantissima Maqālāt al-islāmiyyīn "affermazioni dei (dotti) musulmani (su problemi teologici e filosofici)", della quale viene ora (1929) cominciata la stampa a Costantinopoli.

Si deve essenzialmente alla scuola ash‛arita il prevalere del kalām, cioè della dogmatica speculativa che quasi si fonde con la filosofia, nell'ortodossia musulmana; v. islamismo.

Bibl.: Manca finora una trattazione soddisfacente delle dottrine di al-Ash‛arī, le quali sono state in parte fraintese. Oltre a scritti generali, sull'islamismo (particolarmente le Vorlesungen über den Islam di I. Goldziher, Heidelberg 1910, 2ª ed. postuma 1925), si veda: W. Spitta, Zur Geschichte Abu'l-Ḥasan al-Aśarî's, Lipsia 1876; M. A. F. Mehren, Exposé de la réforme de l'islamisme commencé... par el-Ashari..., Leida 1879 (dai Travaux du III Congr. intern. des Orientalistes 1876; utile specialmente per la biografia dei seguaci di al-Ash‛arī fino a due secoli dopo la sua morte; la denominazione di réforme è inesatta); M. Schreiner, Zur Geschichte des Asaritentums, Leida 1891 (dagli Actes du VIII Congr. intern. des Orientalistes 1889); M. Horten, Die philosophischen Systeme der spekulativen Theologen im Islam, Bonn 1912, pp. 500-536 (per al-Ash‛arï), 536-600 (per i suoi seguaci), 523-626 (sunto dell'opuscolo sulla legittimità d'usare il raziocinio a spiegazione dei dogmi rivelati).

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