ABŪ SIMBEL

Enciclopedia Italiana (1929)

ABŪ SIMBEL

Giulio Farina

. Dai primi scopritori francesi della fine del sec. XVIII detto Ipsamboul; nome arabo (per falsa etimologia popolare "padre delle spighe", derivato da quello locale nubiano) di una montagna della bassa Nubia appartenente all'Egitto, sul lato occidentale del Nilo, tra la prima e la seconda cataratta, famosa per due templi rupestri scavati per il faraone Ramessēse II (circa 1300-1233 a. C.). Il maggiore, lungo 55 metri, è dedicato ai tre dèi supremi, Ammon di Tebe, Ptah di Menfi, Rīe di Eliopoli, e allo stesso faraone costruttore. Offre, tagliata nella viva roccia, una terrazza, il cui fondo costituisce la facciata del tempio. Intagliati pure, vi sono quattro colossi del re sul trono, alti 20 metri; i due di sud con i famosi graffiti greci, carî, fenici dei mercenarî partecipanti ad una spedizione nubiana del faraone Psammētik II (tra il 594-589 a. C). Nell'interno è una sala lunga 18 metri su 16,50 di larghezza, sostenuta da otto pilastri con le statue di Ramessēse II, alte 10 metri. Dopo due grandi sale, contornate da magazzini per il culto, in fondo si apre il santo dei santi, il cui asse orientato verso est, permetteva al sole che nasceva, di penetrare là. Il tempio minore, scavato in un'altra roccia prossima, è dedicato alla dea Hathōr e alla moglie del re, Nefretère

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