Accordo

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

accordo

Livio Gaeta

Definizione

L’accordo (anche detto concordanza) è un fenomeno morfo-sintattico per il quale in un contesto sintattico definito le parole prendono una forma specifica tra le varie che possono assumere nell’ambito del loro paradigma flessivo. Le categorie flessive che intervengono nell’accordo in italiano sono il ➔ genere, il ➔ numero e la ➔ persona. Proprio per la natura contestuale dell’accordo, si parla in questo caso di flessione di tipo contestuale, in opposizione alla flessione di tipo inerente (vedi Thornton 2005).

Struttura dell’accordo

Oltre al contesto sintattico, per l’accordo sono rilevanti due elementi: il primo, il cosiddetto controllore, determina la forma del secondo elemento, detto bersaglio. Quest’ultimo riprende dal controllore i valori delle categorie flessive che intervengono nell’accordo. Da questo punto di vista, la funzione dell’accordo è quella di facilitare la decodifica della struttura sintattica della frase. Allo stesso tempo, tuttavia, esso introduce ridondanza, in quanto marche morfologiche che esprimono gli stessi valori flessivi sono ripetute più volte in una sequenza di parole: in una bella casa, ad es., l’informazione ‘femminile singolare’ è ripetuta tre volte. Tre sono i contesti sintattici di rilievo per i fenomeni di accordo in italiano: il ➔ sintagma nominale, tutti i casi in cui vengano utilizzati ➔ pronomi, e infine la frase a livello del ➔ sintagma verbale e dei suoi dipendenti diretti.

L’accordo nel sintagma nominale e con i pronomi

Nel sintagma nominale è la testa nominale che funge da controllore dei fenomeni di accordo. Il bersaglio è invece costituito dai dipendenti dalla testa, siano essi aggettivi, articoli, ecc. In entrambi i casi i valori coinvolti sono il genere e il numero, che variano secondo quelli espressi dal controllore nominale. Se nel sintagma nominale ricorre più di un nome, l’aggettivo in genere presenta il valore di plurale:

(1) a. Raffaele è un uomo di intelligenza e cultura straordinarie

b. Maria frequenta un corso di Lingua e letteratura araba

Deviazioni da questo principio sono in genere connesse con lo statuto particolare del nome testa, che nell’esempio (1) b. è da considerarsi un’unità lessicale piuttosto che una sequenza di nomi coordinati (in quanto Lingua e letteratura araba è unitariamente il nome di un insegnamento). Altrimenti, i nomi coordinati devono costituire una coppia naturale (e ricorrente) come in sale e pepe abbondante/-i, in cui il valore singolare è un’opzione possibile a fianco a quella di plurale (➔ binomi irreversibili).

Se nel sintagma nominale ricorre più di un aggettivo, le possibilità sono due: in genere gli aggettivi coordinati si accordano nel numero con i nomi, a meno che non sia possibile una interpretazione distributiva in riferimento al nome-testa. In quest’ultimo caso, il valore selezionato è il singolare se il controllore al plurale denota una somma di entità singole a cui le proprietà denotazionali degli aggettivi si applicano in modo distributivo:

(2) a. purtroppo le macchie rosse e azzurre non sono sparite dopo il lavaggio

b. purtroppo le macchie rossa e azzurra non sono sparite dopo il lavaggio

Quanto al genere, nel caso di una sequenza di più nomi che condividono lo stesso valore l’aggettivo ricopierà quest’ultimo, come in (1). Se invece i valori dovessero essere diversi, l’italiano ha una gerarchia di genere per cui il valore maschile è considerato come non marcato e prevale in caso di conflitto:

(3) a. le sedie e i tavoli rossi/*e

b. i tavoli e le sedie rosse

c. i cantanti e le attrici nuove saranno subito disponibili

Deviazioni dalla gerarchia di genere sono possibili, come mostra l’accettabilità di (3) b. Tuttavia, oltre a essere rischiose per le ambiguità denotazionali possibili tra (4) a. e (4) b.,

(4) a. [[[i tavoli] e [le sedie]] rosse]]

b. [[i tavoli] e ]

le deviazioni devono rispettare due condizioni: il nome femminile dev’essere immediatamente contiguo all’aggettivo e i nomi devono denotare entità inanimate, per cui (3) c. è inaccettabile nel senso distributivo di (3) b. Si noti inoltre che nei pochi casi di aggettivi preposti il controllore dell’accordo è il primo dei nomi coordinati:

(5) a. buonissime/*-i paste e dolci

b. completa/*-i pace e silenzio

Infine, l’opzione vista in (3) b. sparisce se l’aggettivo ha una indipendenza sintattica maggiore, come in (6) a., per cui si parla di complemento predicativo (➔ predicativo, complemento), dell’oggetto o del soggetto, anche se restano ferme le condizioni generali sull’accordo viste sopra:

(6) a. i tavoli e le sedie, pieni/*-e di libri, si ammassavano nell’ingresso

b le guardie e le sentinelle nuove/*-i si metteranno subito a disposizione

c. le sentinelle e le infermiere arrivati/*-e oggi si metteranno subito a disposizione

d. la guardia e sua moglie, contenti/*-e, sono tornati a casa

e. la guardia e la sua amica, contente, sono tornate a casa

f. la guardia, soddisfatta/*-o del giro di ispezione, rientrò in caserma

g. la guardia e la sentinella, soddisfatte/-i del giro di ispezione, rientrarono in caserma

Tuttavia, la proprietà grammaticale può entrare in conflitto con la denotazione, nel caso di nomi animati come sentinella, che è femminile ma denota di solito un uomo. Quando i due nomi coordinati presentano lo stesso genere grammaticale femminile ma la denotazione è maschile, prevale il valore grammaticale femminile rispetto alla denotazione maschile. Tuttavia, benché negli esempi in (6) c.-d. tutti i nomi coordinati siano femminili, la loro denotazione non è armonica. L’accordo dell’aggettivo privilegia allora la denotazione rispetto al valore grammaticale e sceglie il maschile non marcato. Nel caso, invece, in cui sia possibile un’interpretazione armonica del valore grammaticale e di quello denotazionale, allora è anche possibile selezionare il femminile, come in (6) e., in cui la guardia di cui si parla dev’essere una donna. Infine, si noti che anche nel caso in cui i nomi siano armonici sia dal punto di vista grammaticale, in quanto entrambi femminili, sia dal punto di vista denotazionale, in quanto entrambi maschili, l’accordo del complemento può seguire sia il valore grammaticale che quello denotazionale, come si vede in (6) g. L’opzione è assolutamente esclusa qualora sia presente un solo nome come in (6) f.

Infine, si può accennare brevemente al caso dei ➔ pronomi, nei quali a fungere da controllore è il nome antecedente della relazione anaforica (7 a.) o il denotato di quella deittica (7 b.). Le categorie bersaglio sono il genere e il numero:

(7) a. dopo aver intuito la soluzione, Ugo provò a scriverla alla lavagna

b. siediti e scrivi con questa! [riferendosi a una penna]

c. dopo aver letto il problema e la soluzione, Ugo provò a scriverli alla lavagna

Si noti che nel caso in cui sia presente più di un antecedente nominale valgono le stesse regole viste sopra per l’accordo degli aggettivi e dei participi (7 c.).

L’accordo nel sintagma verbale

L’altro contesto rilevante per i fenomeni di accordo è la frase a livello del sintagma verbale e dei suoi dipendenti. In questo caso, l’accordo è la manifestazione del ruolo sintattico di ➔ soggetto: quest’ultimo infatti è il controllore dell’accordo del verbo di forma finita (➔ modi del verbo) per quanto riguarda numero e persona.

Per quanto riguarda la persona, il verbo finito ne ricopia il valore dal soggetto pronominale (presente o ricostruibile dal contesto) e compare alla terza persona quando il soggetto è costituito da nomi o dalla corrispondente persona pronominale. La terza persona (al singolare) è selezionata anche nel caso di costruzioni impersonali (➔ impersonali, verbi):

(8) a. domani si va tutti al mare

b. oggi piove

c. non si sentono/sente altro che urli

d. qui si affitta a turisti

e. vendesi case di villeggiatura

Per tale proprietà di comparire quando sia assente un soggetto controllore dell’accordo, la terza persona singolare viene spesso considerata come il valore non marcato della categoria.

La situazione è meno stabile, almeno dal punto di vista diacronico e diatopico, nel caso delle costruzioni definite anticausative (tradizionalmente dette con si passivante: ➔ passiva, costruzione; ➔ clitici) che ricorrono negli esempi (8) c.-d. Queste sono analoghe a quelle passive, nel senso che prevedono la promozione a soggetto dell’oggetto diretto della corrispondente costruzione transitiva. Nell’italiano d’oggi l’accordo è coerentemente dipendente dal soggetto: si sentono urli. Tuttavia, in toscano popolare, come in italiano antico, l’accordo al singolare (quindi di tipo impersonale) è diffuso, anche se è da considerarsi oggi substandard o molto letterario: si sente urli. Si badi che nel caso in cui non sia presente un soggetto l’accordo è ovviamente di tipo impersonale, come in (8) d. Infine, il tipo con pronome enclitico in (7) e. non mette in discussione il principio dell’accordo con il soggetto, dal momento che forme come vendesi «non sono forse più sentite come forme verbali» (Salvi 1991: 237).

Quanto al numero, la casistica è complessa. In generale, per le persone diverse dalla terza, la presenza della prima o della seconda persona in coordinazione con un altro soggetto impone l’accordo al plurale selezionando il valore della persona secondo il principio della dominanza gerarchica della prima sulla seconda e di questa sulla terza:

(9) a. io e Carlo andiamo al mare

b. tu e Maria venite con noi?

c. tu ed io siamo ottimi nuotatori

Allo stesso modo, la presenza del pronome allocutivo lei (➔ cortesia, linguaggio della) con un pluralità di altri soggetti comporta l’accordo alla seconda plurale (la terza plurale è da considerarsi ormai obsoleta, o limitata a registri molto formali):

(10) tutti e tre, lei per un verso, Fabio e la signorina Agata per un altro, avete fatto troppa parte al sentimento (Luigi Pirandello, Il piacere dell’onestà III, 134, cit. in Serianni 1989: 461)

Con la terza persona, in genere un soggetto plurale o la presenza di più soggetti coordinati prevede l’accordo alla terza plurale. Deviazioni da questo principio sono di due tipi. Da un lato, un soggetto singolare può indurre un accordo al plurale, specialmente nel caso dei nomi collettivi che ricorrono come testa di sintagmi nominali complessi. In questi casi l’accordo può essere sia con il nome testa collettivo, sia con il nome dipendente al plurale (il cosiddetto accordo a senso):

(11) a. è venuta una massa di amici

b. sono arrivati un mucchio di invitati

Dall’altro, la presenza di soggetti coordinati può essere seguita da accordo alla terza persona singolare quando «i soggetti sono nomi astratti percepiti come un’unità semantica» (Serianni 2006: 148) oppure quando in «una serie asindetica il soggetto o i soggetti che seguono quello iniziale si presentino come un’integrazione, un’esplicazione, un’amplificazione di esso» (Serianni 1989: 461):

(12) a. l’infelicità e disperazione totale della vita, è un sommo male quaggiù (Giacomo Leopardi, lettera ad Angelo Mai, 30 marzo 1821)

b. quell’uggia, quell’orrore indefinito con cui l’animo combatteva da qualche tempo, parve che a un tratto lo soverchiasse (Alessandro Manzoni, Promessi sposi XVII, 16)

Considerazioni analoghe possono esser fatte per sequenze di soggetti coordinati ma inseriti parententicamente: a seconda del grado di reciproca inclusione o esclusione dei due soggetti avvertito dal parlante l’accordo può essere al singolare o al plurale. Di seguito due esempi diversi (Serianni 2006: 149-150):

(13) a. Omero (e poi Dante) pose Minosse negli Inferi come giudice dei morti

b. la metrica del ’900 (e conseguentemente gli studi di metrica sul ’900 italiano) sono legati al problema del verso libero

Similmente, nel caso in cui la frase sia negativa e il verbo preceda i soggetti, è frequente l’accordo al singolare, purché sia presente la condizione vista sopra di una certa unitarietà ‘denotazionale’ dei soggetti coordinati:

(14) vedo che non v’è ragione né gentilezza a fare il cattivo con una signora (Giosuè Carducci, cit. in Serianni 1989: 462)

Si noti che in diacronia si è molto ridotta la possibilità di accordo verbale al singolare con una pluralità di soggetti coordinati (o ‘denotazionalmente’ plurali). In italiano antico, per es. (ma l’uso si ritrova anche in scrittori recenti), era possibile avere accordo verbale al singolare con soggetti coordinati, o addirittura con soggetto al plurale se il verbo precedeva:

(15) a. il romore e il tumulto era grande (Niccolò Machiavelli, cit. in Serianni 1989: 462)

b. mi par mill’anni che ogni giorno, che suoni la campana per ritornamene qua a giocare (Luigi Pirandello, cit. in Serianni 1989: 462)

Infine, soggetti coordinati in mutua esclusione hanno in genere accordo verbale al singolare. In tutti questi casi, tuttavia, resta aperta la possibilità di accordo verbale al plurale (16 b) specialmente quando il verbo precede o i soggetti non sono in mutua esclusione (16 c):

(16) a. il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti può [/*possono] chiedere che il giudice proceda a nuovo incanto (Codice di Procedura Civile, art. 595)

b. ci sono studenti convinti che il Muro di Berlino lo abbiano eretto Hitler, oppure i russi o gli americani («La Repubblica» 24 maggio 2009)

c. la richiesta di rimborso e/o l’istanza di indennizzo va/vanno indirizzata/-e a chi di competenza

Infine, in genere viene preferito l’accordo al plurale nel caso di un oggetto accompagnato da un complemento comitativo, specialmente se il verbo descrive un’azione con caratteristiche di reciprocità o in cui sono necessariamente coinvolti più soggetti:

(17) a. con Antonio vado/andiamo spesso al cinema

b. con mia madre non ci parlammo tutto il giorno (Corrado Alvaro, Settacinque racconti, cit. in Serianni 1989: 462)

L’altro grande insieme di fenomeni in cui si manifesta l’accordo verbale è dato dal caso in cui il verbo è composto da una forma participiale e/o da un complemento predicativo. Benché la fenomenologia sia analoga, ci sono alcune essenziali differenze a seconda che il verbo ausiliare selezionato sia essere o avere, per cui sarà bene iniziare dal primo caso. Quando il verbo è composto con un participio passato, l’accordo è obbligatorio nel caso in cui la forma finita del complesso verbale abbia per ausiliare essere. In genere, il participio si accorda in genere e numero col soggetto:

(18) a. Mario e Giovanna sono arrivati ieri

b. Mario e Giovanna sono simpatici

c. gli inquilini di questo palazzo sono tutti ingegneri

Si noti che mentre participi e aggettivi sono sensibili all’accordo sia per genere che per numero, nel caso di nomi in posizione predicativa l’accordo si limiterà al numero, a meno che il nome non presenti la possibilità di realizzare la cosiddetta mozione, cioè la derivazione per genere (cfr. Thornton 2004: 225):

(19) a. tutti gli allievi furono nominati ufficiali

b. tutte le candidate furono nominate/*-i/*-o/*-a ministro/?-i/?-e/*-a

c. quelle donne guerriere che sulla scorta dell’esploratore religioso furono nominate abitatrici della Terra Onzonea

Quando la mozione sia sentita come problematica, come per nomi come ministro rispetto a abitatore / abitatrice (l’esempio è elicitato per mezzo di Google), la forma preferita del nome in posizione di complemento predicativo – il participio è obbligatoriamente controllato dal soggetto – è quella di maschile singolare, o se vogliamo senza accordo.

Per quanto riguardo l’ampia casistica dei fenomeni di accordo del participio e/o aggettivo predicativo, si rinvia a quanto detto sopra a proposito dell’accordo aggettivale nel sintagma nominale. A titolo esemplificativo, si considerino i casi in cui si era messo in evidenza un conflitto tra il valore grammaticale e quello denotazionale del genere:

(20) a. la guardia e sua moglie ieri sono andati/*-e al cinema

b. la guardia e la sua più cara amica ieri sono andati/-e al cinema

c. la guardia e la sentinella si sono incontrate/-i davanti alla caserma

d. la guardia ieri non è venuta/*-o a lavorare perché era malata/*-o

e. il soprano è stata(/-o) invitata(/-o) da Francesco Renga alla quarta serata del 59° Festival della Canzone Italiana

Si osservi in particolare come il conflitto nasca in presenza di nomi coordinati e si risolva in favore del valore maschile nel caso di nomi coordinati denotazionalmente disarmonici come in (20) a. Anche nel caso di nomi coordinati armonici la risoluzione in favore del valore denotazionale è un’opzione possibile in (20) c. Inoltre, in (20) b. l’accordo al femminile è possibile solo se i valori denotazionali dei due nomi sono armonici, in altre parole se la guardia di cui si parla è una donna. Tali conflitti emergono anche in casi in cui il nome è maschile ma denota un referente femminile come nell’esempio (20) e. tratto da Google, che è possibile (accanto all’accordo basato sul genere grammaticale) a differenza di (20) d.

Infine, nelle costruzioni impersonali il participio o complemento predicativo selezionano un accordo generico, perché in assenza di un controllore esplicito, al maschile plurale:

(21) se non si è ben legati/attenti, si rischia di cadere

Analogamente, nel caso di costruzione impersonale del tipo visto in (8) b., il participio seleziona il valore non marcato di maschile singolare: ieri è piovuto. Deviazioni da questo principio si registrano in espressioni come è fatta! o è andata bene! La funzione di controllore può essere più raramente esercitata dal complemento predicativo, come negli esempi seguenti:

(22) a. il Consiglio dei Ministri è diventata una sede di mera ratifica o presa d’atto («La Repubblica» 31 agosto 1986)

b. i due gol sono stata una mazzata da KO («Corriere dello sport-Stadio» 10 novembre 1986)

c. i presenti se ne sono lavati/-e le mani

d. abbiamo raggiunto la mèta che ci siamo prefissata/-i

Analoga variazione s’incontra anche nel caso dei verbi riflessivi indiretti, come si vede nei due ultimi esempi, in cui è l’oggetto a fungere opzionalmente da controllore indipendentemente dalla sua posizione pre- o postverbale.

Più complicata, e se vogliamo instabile, è la casistica dei fenomeni di accordo nel caso in cui la forma finita del complesso verbale comporti l’ausiliare avere. Il caso più semplice, con verbo intransitivo o transitivo con oggetto posposto, in italiano odierno prevede la selezione del valore non marcato di maschile singolare, o se vogliamo assenza di accordo:

(23) a. Carla ha dormito tutto il giorno

b. i bambini hanno mangiato la torta

c. dopo che mi ebbe portati i saluti di mia madre (Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli)

Tuttavia, sia in italiano antico che in usi letterari come in (23) c., l’oggetto diretto posposto può esercitare funzione di controllore dell’accordo. Di converso, in italiano antico è attestato anche l’accordo del participio con un soggetto controllore: «ell’ha forse vernata / ove si fa ’l cristallo» (Dante, Rime LXXIII, 3-4, cit. in Serianni 1989: 463).

La situazione diventa più instabile nel caso in cui l’oggetto diretto sia invece preposto al verbo. Distinguiamo diversi parametri in gioco, a seconda che l’oggetto preposto sia un sintagma nominale o una forma pronominale clitica. Nel caso di un sintagma nominale preposto, «si va affermando la tendenza al participio invariabile, al maschile singolare» (Serianni 2006: 151), benché non manchino casi in cui l’oggetto preposto funga da controllore, in particolare quando l’oggetto diretto preposto è la testa di una frase relativa o apre una frase interrogativa parziale, come illustrato dagli esempi (24) a. e b., elicitati tramite Google:

(24) a. se vuoi vedere quali sono le porte che il router ha aperte

b. e vedi esattamente che porte ha aperte la tua rete

Nel caso di un oggetto costituito da un pronome proclitico, quest’ultimo funge obbligatoriamente da controllore qualora si tratti della serie di terza persona lo, la, li, le e del partitivo ne:

(25) a. le hanno viste/*-o arrivare in molti

b. Gianni ne ha mangiate/*-o tre di pizze

Si noti che nel caso del partitivo è anche possibile, benché marginale, l’assenza di accordo, come nell’esempio seguente, tratto da Google (cfr. Lepschy & Lepschy 1981: 170):

(26) come la Red Bull anche la Coca Cola Light ha una componente chimica che causa diversi tipi di tumore. Siccome negli anni gli americani ne hanno bevuto a litri …

Presumibilmente, è la distanza dal controllore che influisce sulla presenza o meno dell’accordo sul bersaglio. Infine, a esercitare controllo può essere sia il nome-testa del sintagma controllore, in genere con valore di quantificatore o classificatore, che il suo complemento, come si vede nei due esempi (27) a. e b., tratti da Google, in cui sono coinvolti sia l’accordo del participio che quello dell’ausiliare (un altro esempio di accordo a senso):

(27) a. anche se di telefonate ne sono arrivate una valanga

b. di proposte non con contributo me ne è arrivata sinora solo una

Chiaramente, quando il ne non è partitivo non richiede accordo: Ugo ha visto Ada e se ne è innamorato/*-a. Con gli altri pronomi personali, l’accordo è possibile, benché rappresenti l’opzione meno favorita:

(28) a. un comitato di benvenuto ci ha preceduti suonando il Bodu Beru

b. non diciamo sempre sì come chi ci ha preceduto

La così complessa casistica dell’accordo del participio passato è il risultato di un lungo processo di grammaticalizzazione delle perifrasi verbali di perfetto composto (più tradizionalmente detto passato prossimo), e in special modo di quella con ausiliare avere, del tutto estranea al latino. A partire da una costruzione come «domum constrūctam habeō» «ho una casa costruita», in cui l’accordo del participio era controllato dall’oggetto in accusativo del verbo, si è sviluppata la perifrasi verbale italiana ho costruito una casa. Rohlfs (1949-1954; trad. it. 1966-69: 725) osserva a tal proposito che «col passare dei secoli s’è avuta una sorta di fossilizzazione del participio» e «col perdersi della coscienza del significato originario, l’accordo del participio non fu più strettamente osservato».

Tuttavia, più che di fossilizzazione, si preferisce parlare oggi di grammaticalizzazione del participio, cioè di nascita e diffusione di un nuovo costrutto unitario, appunto la perifrasi di perfetto composto. Come risultato di questo processo si è avuta la riorganizzazione su nuove basi del fenomeno di accordo che in latino era controllato dall’oggetto diretto. Peraltro, la gamma di oscillazione che abbiamo descritto per la varietà standard di italiano odierno rappresenta solo un tipo evolutivo rispetto a molteplici altri testimoniati nei dialetti italiani e nelle altre varietà romanze (per un quadro complessivo, vedi Loporcaro 1998).

Studi

Loporcaro, Michele (1998), Sintassi comparata dell’accordo participiale romanzo, Torino, Rosenberg & Sellier.

Rohlfs, Gerhard (1949-1954), Historische Grammatik der Italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, A. Francke, 3 voll. (trad. it. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, 3 voll.).

Salvi, Giampaolo (1991), L’accordo, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, 3 voll., vol. 2°, Bologna, il Mulino, pp. 227-244.

Serianni, Luca (1989), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.

Serianni, Luca (2006), Prima lezione di grammatica, Roma - Bari, Laterza.

Thornton, Anna M. (2004), Mozione, in La formazione delle parole in italiano, a cura di M. Grossmann & F. Rainer, Tübingen, Niemeyer, pp. 218-227.

Thornton, Anna M. (2005), Morfologia, Roma, Carocci.

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