ACHEMENIDI

Enciclopedia Italiana (1929)

ACHEMENIDI

Antonino Pagliaro

. Nelle iscrizioni cuneiformi in antico persiano haxāmanišii̯ā, negli scrittori greci 'Αχαιμενίδαι, è il nome della grande dinastia la quale fece della Persia il forte impero che si affermò in margine al mondo ellenico (v. persia: storia). In Erodoto (I, 125) si ha notizia che una fratria (ϕρήτρη) di questo nome apparteneva alla tribù dei Pasargadi, una delle più importanti fra le dieci tribù in cui erano divisi i Persiani. Che da questa gente sia uscita la dinastia degli Achemenidi, i quali furono in un primo tempo re di Anzan in Susiana, non si può con sicurezza affermare; ma è assai verisimile per il fatto stesso che un ramo della famiglia tenne il dominio di tutta o di una parte della Persia propriamente detta sino a che Ciro il Grande non riunì nelle sue mani i due dominî.

Nella grande iscrizione sulla roccia di Bīsutūn, Dario I dà notizie preziose sulla storia della sua famiglia: "Parla il re Dario: Mio padre (è) Istaspe, il padre d'Istaspe fu Arsame, il padre di Arsame Ariaramne, il padre di Ariaramne, Teispe, il padre di Teispe, Achemene. Parla il re Dario: Per questo siamo chiamati Achemenidi. Da molto tempo noi siamo nobili; da molto tempo fu la nostra stirpe regale. Parla il re Dario: Già otto della mia stirpe furono re. Io sono il nono. Nove siamo i re nei due rami" (Bīs. 1,2).

D'altra parte, nell'iscrizione babilonese di Ciro si legge: "Io sono Ciro, re di Babilonia, re di Sumer e di Akkad, re delle quattro regioni del mondo, figlio di Cambise il gran re, re della città di Anzan, pronipote di Teispe il gran re, re della città di Anzan"; e negli annali di Nabonide, Teispe, Ciro e Cambise sono citati come predecessori di Ciro il grande.

Queste due fonti e l'iscrizione di Dario hanno comune solo il nome di Teispe; data l'affermazione esplicita della stretta parentela fra i due rami che si ricava dall'iscrizione di Dario, è da ritenere che si tratti di un unico personaggio, Teispe, re di Anzan, padre di Ciro e di Ariaramne; e data poi l'affermazione di Dario I che otto membri dei due rami avevano regnato prima di lui, è da supporre che, mentre Ciro e i suoi discendenti accoglievano in eredità il trono fondato da Teispe in Anzan, l'altro figlio Ariaramne e i suoi discendenti mantenevano la signoria del luogo di loro origine, la Perside propriamente detta. Sarebbero nove però i membri che nell'uno e nell'altro ramo avrebbero regnato prima di Dario I secondo l'elencazione che ne è fatta nelle varie fonti, onde, per giustificare il numero di otto categoricamente affermato nell'iscrizione di Bīsutūn, è necessario ammettere che Istaspe, padre di Dario, non abbia regnato, per il fatto stesso che Ciro il Grande aveva riunito nelle sue mani il dominio di tutto il territorio iranico.

In Erodoto, VII, 11, nell'elencazione degli antenati di Serse risulta il seguente ordine di successione: Achemene, Teispe, Cambise, Ciro, Teispe, Ariaramne, Arsame, Istaspe, Dario. Varie ipotesi sono state avanzate per spiegare il disaccordo fra lo storico greco e le fonti indigene. Poiché queste hanno carattere di molta veridicità, la notizia di Erodoto è da spiegare con il fatto che egli non conobbe lo sviluppo collaterale dei due rami, in maniera che Teispe, antenato di Ciro, e Teispe, antenato di Dario, gli apparvero come due personaggi diversi. Da ciò conseguì che, dovendo dare un ordine di successione ai varî personaggi, quelli dell'un ramo vennero da lui inseriti nell'altro.

Quando e perché gli Achemenidi si staccarono dalla tribù dei Pasargadi, e, trasferitisi dalle montagne della Persia nelle pianure della Susiana, riuscirono a fondare un loro regno sulle rovine dell'antico impero elamita, a noi non è noto; ma non è improbabile che l'avvenimento sia da mettere in rapporto con il fatto che i Persiani erano passati con Fraorte (655-633) dal dominio degli Assiri sotto il dominio della Media. Il titolo di "re di Anzan" nelle iscrizioni è dato a Ciro sino al 349; ma nel 546 egli appare già col titolo di "re di Persia". Nel frattempo gli è riuscito di annientare la potenza di Astiage, re dei Medî e suo nonno materno, e di gettare le basi del predominio persiano nell'Asia anteriore.

Caduto Ciro in battaglia, gli succede il figlio Cambise, e, dopo questo, fallito miseramente il tentativo di usurpazione del falso Smerdi, il trono passa con Dario I all'altro ramo della famiglia, che lo mantiene sino a che, con la battaglia di Gaugamela (331 a. C.), la secolare partita fra l'Īrān e la grecità finisce con la vittoria di quest'ultima. La genealogia degli Achemenidi, come si può con sicurezza desumere dalle fonti indigene e dalle fonti greche ha questo ordine di successione:

La storia della dinastia da Ciro il grande in poi s'identifica con la storia dell'impero persiano, la cui unità si realizza nella persona del sovrano (v. persia: storia). Non soltanto le guerre e le conquiste, ma tutta l'organizzazione dello stato (fra le migliori del mondo antico), la vita religiosa, le arti figurative prendono impulso e carattere dalla sua personalità, fosse quella forte e costruttiva di Ciro il Grande (v.) e di Dario I (v.), o quella molle, raffinata e degenere degli ultimi re. Ma certamente la forza essenziale che diede vigore e continuità alla dinastia, fu l'affermazione di origine divina posta sin dall'inizio a suo fondamento.

Nella tradizione leggendaria che dall'Avestēšhdā è pervenuta sino al "Libro dei re" di Firdusi, i re della Persia sono riuniti in due grandi dinastie, quella dei paradāta (pēšhdād in Firdusi) e quella dei Caiani. In quest'ultima si è voluta vedere la dinastia Achemenide (così recentemente J. Hertel, Achaemeniden und Kayaniden, Lipsia 1924). Ma in realtà nulla vi è nell'albero genealogico caiano che fornisca motivo a siffatta identificazione, all'infuori di un paio di nomi: Vištāspa, che richiama Istaspe, padre di Dario, e Hutaosā, sorella e moglie di Vištāspa, che è lo stesso nome che Atossa madre di Serse I (486); elementi questi di scarsa importanza, perché i nomi iranici si ripetono come avviene dei nomi greci. La denominazione poi di naotara, naotairya (νεώτεροι), che viene in qualche luogo data alla dinastia caianide (Yasht, V, 38; XV, 35; XVII, 53 segg.), è certamente sorta per contrapposizione alla denominazione di paradāta "che viene prima", data alla più antica dinastia leggendaria, e pertanto in questa denominazione non si può vedere una prova dell'identità con la dinastia Achemenide, con Dario I continuata da un ramo cadetto. Il silenzio della tradizione che conosciamo attraverso fonti iraniche, è da spiegare con il fatto che i Magi, depositarî di essa, furono sempre, più o meno apertamente, ostili alla dinastia. Ma i racconti degli scrittori greci, particolarmente di Erodoto, Ctesia e Senofonte, mostrano che intorno alle figure più cospicue di essa il popolo aveva intessuto le sue leggende.

Bibl.: F. Weissbach, Die Keilinschriften der Achämeniden (Vorderasiatische Bibliothek, III), Lipsia 1911; Schrader, Die Nabonid-Cyrus-Cronik (Keilschrift. Bibliothek, III, 2); Cauer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 200 segg.; Cl. Huart, La Perse antique et la civilisation iranienne, Parigi 1925; e tutte le opere generali sulla storia persiana per le quali si vedano i cenni bibliografici dell'articolo persia e delle biografie dei singoli re.

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