PLEBANO, Achille

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

PLEBANO, Achille

Antonio Bianco

– Nacque ad Asti il 17 dicembre 1834 da Felice Plebano Berzetti di Buronzo e da Caterina Davico.

Alla madre fu debitore del titolo di marchese Solaro di Monasterolo, discendente della antica famiglia astigiana dei Solaro che acquisì prestigio svolgendo, fin dal XIII secolo, attività ferenatizia e in seguito bancaria: da qui il motto della casata, Tel fiert qui ne tue pas, ‘chi ferisce non uccide’. Il padre (1787-1865) era avvocato e docente di diritto civile e canonico.

Nel 1851 Achille si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino, laureandosi nel 1856 con una triplice tesi relata da Antonio Lione (1809-1874), professore di diritto amministrativo, sulla vendita di proprietà altrui (diritto romano), il matrimonio di coscienza (diritto canonico) e la potestà dello Stato (diritto giudiziario).

Da giovane fu molto influenzato dai principi liberali e liberisti della classe dirigente piemontese guidata da Cavour, proponendosi di basare il suo contributo al perfezionamento del risorgimento nazionale sulla conoscenza della fiorente letteratura economica europea. Il riferimento ai princìpi della dottrina economica classica fu marcato in ogni suo scritto e discorso. persino nel rendere ragione agli elettori della sua presa di distanze dalla Destra storica dipinse questa come degenerata nella «teoria dell’ingerenza governativa» promossa dalla scuola storica tedesca (Discorso pronunziato da A. P. deputato del Collegio di Barge nell'occasione del pranzo offertogli dai suoi elettori riuniti in Paesana il 27 settembre 1876, Torino 1876).

Nei suoi scritti giovanili prevalse l’attenzione per le sfide fiscali del neonato Regno. Ammonì come il disavanzo strutturale che finanziò la riunificazione avesse reso urgente l'adozione di una gamma di misure che riducesse le spese e armonizzasse territorialmente le entrate, come il conguaglio dell’imposta fondiaria (Il conguaglio provvisorio dell'imposta fondiaria ed i suoi oppositori, Torino 1863), attestandole a livelli di esazione non lesive delle già deboli condizioni economiche del paese (con G.A. Musso, Les finances du Royaume d'Italie considérées par rapport à l'histoire, à l'économie publique, à l'administration et à la politique, Paris 1863).

La stabilizzazione dei conti e l’armonizzazione della fiscalità all’economia nazionale fu del resto la questione centrale di tutta la sua vicenda scientifica, politica e pubblicistica. Semplici economie di bilancio non l’avrebbero risolta in assenza di riforme miranti al decentramento e alla semplificazione amministrativa (Il governo nel rapporto coi suoi agenti. Studio economico, in Rivista contemporanea nazionale italiana, 1864, vol. 37, pp. 401-421). Rielaborando un’idea che fu del relatore della sua tesi di laurea, propose una riforma del pubblico impiego che superasse la legislazione speciale mediante l’adozione dello schema privatistico della locazione d’opera (La questione finanziaria. Brevi considerazioni, Torino 1864).

Con altri piemontesi, tra i quali Giovanni Giolitti, al trasferimento della capitale a Firenze divenne dipendente del ministero delle Finanze, chiamato a collaborare come esperto per la riorganizzazione della struttura. Quando furono resi obbligatori gli esami per le progressioni interne, scrisse un manualetto divulgativo dei concetti essenziali dell’economia politica (Catechismo di economia politica ossia principii generali della scienza economica, Firenze 1867), antesignano dei compendi per la preparazione dei concorsi pubblici.

Al problema del corso forzoso della lira fu ispirato il primo dei suoi scritti in materia monetaria, redatto insieme ad Adolfo Sanguinetti (La questione delle banche ed il servizio di tesoreria, Firenze 1869). Qui considerò se la facoltà dell’emissione di banconote dovesse essere libera oppure sottoposta a un regime di concessione e, in quest’ultimo caso, a una pluralità di banche oppure a una sola. Sulla scorta delle tendenze operanti anche negli altri paesi europei, sostenne non la maggiore utilità, ma l’assoluta necessità del monopolio nell’emissione. La concorrenza tra istituti di emissione rallentava la circolazione e dunque il credito, perché esponeva la carta circolante a un surplus di rischio di sfiducia nell’effettiva sussistenza del collaterale monetario (metallico). Raccomandò pertanto al legislatore di astenersi dall’ostacolare le forze di mercato che tendevano all’unità di emissione affidata alla Banca nazionale italiana, anzi di assecondare questo esito affidando a quest’istituto il servizio di tesoreria e conferendo corso legale ai suoi biglietti.

Nel 1870 si candidò a deputato nel collegio di Barge, battuto di stretta misura dall’uscente Alfredo Chiappero, professore ordinario di veterinaria all’Università di Torino. Il 16 novembre 1871 venne costituita la Società italiana dei lavori pubblici: Plebano fu nominato membro del consiglio di amministrazione. A quel periodo risalgono le sue dimissioni dall’amministrazione finanziaria. Alle elezioni del 1874, ancora a Barge, batté Chiappero in modo netto e si confermò nel 1876, passando come tanti dai banchi della Destra a quelli della Sinistra, e poi ancora nel 1880. Nel 1879 fu tra i fondatori de L’Avvenire d’Italia, periodico romano che egli stesso diresse fino al 1881, quando il giornale cessò le attività. In seguito, i suoi interventi trovarono regolare ospitalità sulle colonne de L’Opinione. Nel 1882 fu rieletto deputato nel secondo collegio plurinominale di Cuneo. Il 1 gennaio 1885 fu fondata la Cirio, di cui fu nominato membro del consiglio di amministrazione. Cuneo II lo confermò deputato nel 1886, candidato nella lista dell'Opposizione subalpina promossa da Giolitti.

Da deputato, fu vigile oppositore di tutte quelle misure ispirate a interessi che giudicava non generali: vedeva negli indizi di interessi parziali la prova della non necessità  dell'azione pubblica. Ogni intervento superfluo sarebbe stato portatore d’ingiustizia e di nuove stratificazioni nell’ordinamento tributario, e pertanto dannoso. Di particolare rilievo le furono sue battaglie pubblicistiche e parlamentari contro il ‘banchetto ferroviario’, espressione con cui stigmatizzò il fatto che l’infrastrutturazione ferroviaria, e i lavori pubblici più in generale, fosse condizionata più da logiche elettorali che non industriali. Si oppose a ogni sorta di protezione commerciale, in particolare quella agricola della fine degli anni Ottanta; attraverso queste politiche vedeva l’Italia allontanarsi nel modo più netto dal regime fiscale che egli riteneva ideale: quello inglese dopo l’abolizione delle Corn Laws. Si batté per evitare di «andar seminando vite e milioni nei deserti di Massaua» (Agli elettori del II collegio di Cuneo. Sommario resoconto politico dell'ex deputato A. P., Torino 1886, p. 9). Quando la decisione fu presa, fece un lungo viaggio in Eritrea, durante il quale analizzò nel dettaglio le condizioni economiche della colonia (I possedimenti italiani in Africa. Impressioni e note di viaggio, Roma 1889).

Nel 1890 fu rieletto alla Camera per la sesta volta. Di un elenco in cui figuravano grandi economisti come Maffeo Pantaleoni e Vilfredo Pareto, fu l’unico deputato tra i soci straordinari dell’Associazione per la libertà economica di Milano. Celebre la sua denuncia in Parlamento (6 e 22 giugno 1892) di una sospetta grave truffa ai danni dello Stato di cui chiamò a rispondere Federico Seismit-Doda, il ministro delle Finanze del secondo governo Crispi. La vicenda ruotava intorno al gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Adriano Lemmi; il governo, interpellato in materia, non rispose. Nell’estate 1892 rilevò dal marchese Carlo Alfieri di Sostegno la quota di maggioranza del Fanfulla, testata politica romana di cui assunse anche la direzione. Perse le elezioni del novembre 1892 nel collegio di Bricherasio. I risultati di 52 collegi furono contestati per illecite pressioni ai seggi ispirate da Giolitti e dettagliatamente denunciati dal Fanfulla del 6 e 13 novembre.

Nei diciotto anni da deputato, la sua inflessibile aderenza ai principi liberisti e conservatori gli valse l’esclusione da qualsiasi incarico di governo. Alla guida del Fanfulla continuò a sferzare la debolezza della classe dirigente nel risolvere i problemi dell’organizzazione amministrativa, giudiziaria e tributaria. Il tema cui dedicò più energie fu la necessità dell’unità di emissione. Di tutte le componenti della grave questione economica che pendeva sull’avvenire del Regno, quella monetaria ripeteva essere la dominante, la causa ultima di ogni principale fattore di arretratezza economica e finanziaria del Regno (in particolare in due testi: Sulla moneta e sul biglietto di banca. Considerazioni generali ed in rapporto all’Italia, Roma 1884;Unità di emissione - Libertà di credito, Torino 1890). Il necessario superamento del bimetallismo (Convenzione latina) in favore del sistema aureo (Gold standard), il miglioramento delle condizioni di credito interno ed esterno, la stabilità della circolazione e del mercato monetario, nulla di tutto ciò avrebbe potuto ottenersi senza la riorganizzazione dell’emissione nel senso del monopolio. Della fondatezza delle sue insistenti censure dell’eccesso di complicità del governo e del Parlamento con l’establishment monetario diede involontaria prova il suo bersaglio privilegiato, Francesco Crispi: intervistato da Plebano all’inizio dello scandalo della Banca Romana (Fanfulla,17 febbraio 1893), l'ex-presidente del Consiglio fece allusione al fatto che di quanto sarebbe potuto succedere non sarebbe stato semplice spettatore.

Una volta fuori dal Parlamento, Plebano continuò il suo impegno pubblico da direttore del Fanfulla. Nel 1893 il suo bersaglio principale fu, ovviamente, Giolitti, all’epoca a capo del suo primo governo. Nell’agosto di quell’anno Plebano ebbe una condanna per diffamazione nei confronti dell’onorevole Filippo Cavallini, secondo i commentatori contemporanei (e lo stesso avvocato di Cavallini, l'onorevole Rodolfo Rossi) esageratamente severa. L’ostilità di Giolitti fu probabilmente decisiva nella sua definitiva emarginazione dalla vita pubblica.

Negli ultimi anni le sue energie furono assorbite dagli studi, in particolare dalla redazione di una dettagliata storia del bilancio pubblico nei primi quarant’anni del Regno (Storia della finanza italiana dalla costituzione del nuovo Regno alla fine del secolo XIX, I-III, Torino, 1899-1902).

L’opera, una pietra miliare di storia politica e finanziaria, si basava sulla tesi che il Regno, essendo riuscito a raggiungere un equilibrio finanziario soltanto imponendo «tra il meccanismo con cui l’Erario raccoglie le sue risorse e le esigenze della giustizia e dell’economia nazionale la più stridente disarmonia» (ibid., III, 1902, p. 390), avesse fallito la sua missione economico-finanziaria.

Dal 1902 si ritirò a vita privata. Morì a Roma il 22 luglio 1905.

Dal matrimonio con la torinese Luisa Arnulfo nacque Edmondo (1886-1990), banchiere.

Scritti e discorsi: oltre a quelli citati nel testo, si segnalano: Il pane a buon mercato, gli interessi dell’agricoltura e il dazio sui cereali, Roma 1897; I tabacchi americani e il monopolio in Italia, Roma 1898; Il cambio e l'ordinamento bancario. Brevi note, Roma 1899; La distribuzione dell’imposta, in Giornale degli Economisti, 1899, vol. 19, pp. 40-53 e pp. 141-160.

Fonti e Bibl.: A.A. Mola, Achille Plebano, in Il Parlamento italiano 1861-1988, V, Roma 1989, pp. 390 s.; Epistolario di Quintino Sella, a cura di G. e M. Quazza, III, Roma 1991, pp. 587, 593, 626, 628, 692; IV, Roma 1995, p. 186, 391, 394 s.; R. Realfonzo - C. Ricci, The Italian debate on free banking (1860-1893), in History of Economic Ideas, VIII (2000), 3, pp. 25-60; Associazionismo economico e diffusione dell'economia politica nell'Italia dell'Ottocento, a cura di M.M. Augello - M.E.L. Guidi, II, Milano 2000, pp. 409, 418; Across the Borders. Financing the World's Railways in the Nineteenth and Twentieth Centuries, a cura di R. Roth - G. Dinhobl, Aldershot 2008, p. 121, 295, 317; P. Mighetto - G. Villata, A. P., un protagonista astigiano dell'Italia unita, in Il Platano. Rivista della società di studi astesi, XXXIV (2009), pp. 83-95; D. Sanna, Tra fisco e contribuente. Nascita dell'amministrazione finanziaria italiana (1859-1873), Milano 2016, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storicohttp://storia.camera.it/deputato/achille-plebano-1834#nav (8 novembre 2016).

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