ACQUA OSSIGENATA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

ACQUA OSSIGENATA

Eugenio MARIANI

. Composto noto fin dagli inizî del 1800, fu preparata infatti la prima volta da A. Thenard nel 1818; trovò molto più tardi impiego come sbiancante e disinfettante, ma ha assunto importanza industriale solo in questi ultimi anni.

Liquido incolore, di aspetto simile a quello dell'a. con la quale è miscibile in tutti i rapporti, solubile in molti solventi organici; solidifica a −0,461 °C, bolle a 155 °C, densità d020 = 1,4181, ha costante dielettrica più alta di quella dell'a. (circa 85 a 0 °C) e un elevato potere ionizzante. Allo stato puro è abbastanza stabile; si decompone, talvolta in modo violento, in presenza anche di tracce di impurezze, specie metalliche; a contatto con sostanze organiche facilmente ossidabili ne può causare la combustione spontanea. Poiché la velocità di decomposizione aumenta rapidamente con la temperatura non va esposta all'eccessivo calore; non è un composto tossico però a contatto coi tessuti provoca irritazione più o meno intensa a seconda della concentrazione e della durata del contatto; viene messa in commercio come soluzione acquosa, di solito addizionata di tracce di stabilizzanti (acetanide, stannato sodico, ecc.); la concentrazione può essere espressa in % in peso od anche "in volume", che indica il volume di ossigeno che si può liberare da un volume di soluzione; così una soluzione al 50% corrisponde ad acqua ossigenata a circa 200 volumi.

Poiché in condizioni normali l'a. ossigenata subisce una lenta decomposizione è necessario che non venga conservata in recipienti a chiusura ermetica; per grossi quantitativi si usano recipienti di alluminio.

Coll'accrescersi della disponibilità dell'a. ossigenata ne è aumentato il consumo per usi industriali specie nell'industria tessile, in quella della cellulosa, della carta, ecc., nella preparazione di composti organici (per ottenere perossidi, o per addizionare ossigeno ad un doppio legame olefinico), per preparare resine espanse, ecc.; il maggior consumo si ha nella preparazione di propellenti per razzi, per missili, ecc. Si può usare (al 100%) come monopropellente (è relativamente facile e sicura da maneggiare, dà prodotti di decomposizione che non offrono difficoltà di smaltimento) o come ossidante con combustibili quali metanolo, idrazina, nitrometano, ecc.; in tal caso si può usare anche sotto forma di soluzione all'80-90%.

Praticamente tutta l'a. ossigenata prodotta in passato veniva ottenuta dalla reazione dell'acido solforico sul perossido di bario:

ma il metodo è stato abbandonato a favore di quelli elettrolitici nei quali si fa l'elettrolisi di una soluzione di acido solforico o di solfato ammonico o potassico per produrre rispettivamente una soluzione di acido persolforico o di persolfato ammonico o potassico che concentrate ed idrolizzate liberano acqua ossigenata. Nel caso si parta da una soluzione di solfato ammonico questa viene elettrolizzata in celle di porcellana con anodi di platino o di platino-tantalio e catodi di grafite, alla temperatura di 30-40 °C, con differenze di potenziale di 5,5-6 volts. La soluzione diluita di persolfato ammonico ottenuta viene concentrata ed idrolizzata a caldo in presenza di acido solforico [(NH4)2S2O8 + 2H2O S-107??? 2NH4HSO4 + H2O2]. Dalla miscela dei vapori che si sviluppa si recupera l'acqua ossigenata e la soluzione ottenuta si può concentrare per avere il prodotto a titolo desiderato.

Molti processi sono stati recentemente sviluppati per la produzione dell'a. ossigenata non per via elettrolitica ma chimica. Fra questi i più promettenti sono quelli di autossidazione nei quali un composto organico (di solito del tipo dell'idrochinone) in soluzione viene ossidato a chinone formando contemporaneamente acqua ossigenata; mentre questa viene asportata il composto organico ritorna in ciclo previa riduzione catalitica. Il processo consiste nel partire da una soluzione, per es., di antrachinone (o meglio da una miscela di antrachinoni alchilati) in alcole nonilico. Il miscuglio viene ridotto con idrogeno in presenza di catalizzatore (palladio su alluminio) a idro-antrachinone, che poi con aria o con ossigeno a 30-60 °C si trasforma in un miscuglio, nel solvente organico, di a. ossigenata (5-6 gr/litro) mentre si rigenera l'antrachinone. L'a. ossigenata si estrae con acqua, la soluzione si concentra mentre l'antrachinone ritorna in ciclo. In Germania durante la seconda guerra mondiale funzionò un impianto analogo che usava etilantrachinone e come solvente una miscela di benzene-cicloesanolo.

Numerosi tentativi sono stati fatti per realizzare la ossidazione parziale di idrocarburi paraffinici a basso peso molecolare così da ottenere perossidi, ma il problema presenta diverse difficoltà; in un impianto di recente costruzione si ossida l'isopropanolo in fase liquida ottenendo acqua ossigenata ed acetone.

Infine è stata tentata la combinazione diretta di ossigeno e idrogeno; nonostante alcuni incoraggianti risultati non si hanno ancora metodi industriali, basati su questa reazione.

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