ACUSTOOTTICA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

ACUSTOOTTICA.

Adriano Alippi

L'a. è lo studio della diffrazione della luce in un mezzo trasparente perturbato da onde elastiche, utilizzabile sia per la determinazione di parametri fisici del mezzo, sia per la realizzazione di dispositivi elettronici di tipo analogico.

Un'onda elastica che si propaghi in un mezzo trasparente produce una variazione locale dell'indice di rifrazione del mezzo, che dipende dai coefficienti fotoelastici del materiale. Per un'onda piana monocromatica che si propaghi in un mezzo lineare, tale variazione è sinusoidale secondo la direzione di propagazione dell'onda e produce un effetto analogo a quello di un reticolo di diffrazione sinusoidale di fase su un fronte d'onda ottica che attraversi l'onda elastica in direzione normale alla direzione di propagazione. Tale effetto fu previsto da L. N. Brillouin nel 1922, provato sperimentalmente da A. Lucas e A. Biquard e compiutamente trattato da Ch. V. Raman e N. S. N. Nath nel 1936.

A seconda delle condizioni sperimentali, diverse sia per potenza e frequenza degli ultrasuoni e della luce impiegati sia per i parametri geometrici dell'interazione, si possono fare approssimazioni, e quindi adottare modelli, diversi nella trattazione del processo, secondo i due casi limite cosiddetti alla Raman e Nath oppure alla Bragg, per i quali, rispettivamente, la luce emergente è diffratta in più direzioni (o ordini) di diffrazione, oppure in un'unica direzione. In entrambi i casi, all'interno di quella che viene chiamata cella acustoottica, un segnale elettrico è trasformato da un trasduttore elettroacustico in una distribuzione spaziale di deformazioni che, attraverso l'interazione con un fascio di luce, produce un segnale ottico la cui intensità è legata al segnale elettrico originario; per fotorilevazione, il segnale ottico è trasformato nuovamente in elettrico. In tal modo, il confronto diretto tra i due segnali elettrici, quello originario e quello di uscita, ovvero la variazione relativa di quest'ultimo per variazioni dello stato fisico del sistema, dà un'informazione sulle grandezze elastiche, elastoottiche, piezoelettriche, elettroottiche dei materiali. In modo reciproco, la risposta caratteristica di una cella acustoottica può essere utilizzata per la realizzazione di dispositivi di largo impiego nelle tecniche di trattamento dei segnali.

Nel caso di un'onda acustica piana alcune caratteristiche proprie dell'interazione si deducono immediatamente applicando il modello di diffusione tra particelle: un fotone, di energia E =hἁ e momento lineare p= ℏk (con pulsazione, k vettore d'onda e ℏ costante ridotta di Planck) è diffuso in un fotone di energia E′ = ἁ′e momento lineare p′ = ℏk nell'urto con un fonone di energia ℏψ e momento lineare ℏk, secondo il diagramma di diffusione riportato in fig. A. Il principio di conservazione della quantità di moto richiede che il triangolo dei tre vettori k, k′, k si chiuda; tuttavia il verso del vettore d'onda acustico k può essere tale che k′ = k + k, oppure che k′ = kk.

I due casi corrispondono, rispettivamente, a processi di assorbimento e di emissione (stimolata) di un quanto di energia acustica. Corrispondentemente, per la conservazione dell'energia, si ha ′ = + ψ; ′ = ψ, cioè una variazione della frequenza del fotone diffuso, dovuta all'effetto Doppler. La condizione sperimentale ψ porta, nel caso di un mezzo otticamente isotropo, alla semplificazione k′ = k e di conseguenza alla relazione geometrica dell'angolo ϑ di diffusione

sin ϑ = K/(2k),

che viene detta condizione di diffrazione (o di diffusione) alla Bragg, in analogia con quanto avviene per i raggi X diffratti da un reticolo cristallino.

Nel caso più generale, il processo descritto può avere luogo con un cambiamento anche dello stato di polarizzazione della luce; in questo caso, se il mezzo è otticamente anisotropo, le ampiezze k e k′ dei due vettori possono essere molto diverse (fig. B); gli angoli ϑ e ϑ′ dipendono allora dai valori degli indici di rifrazione n e n′ del mezzo per gli stati di polarizzazione del fotone incidente e di quello diffuso. La condizione, sin qui considerata, di rigorosa unidirezionalità del fotone corrisponde al caso di un'onda acustica col fronte d'onda infinitamente esteso, sperimentalmente approssimata da un fascio acustico di larghezza L, sufficientemente grande perché un raggio ottico diffuso dal bordo d'ingresso attraversi più di una volta fronti d'onda acustici contigui di eguale fase. Questa condizione porta alla definizione di un parametro Q = LK2/k, discriminante la condizione di diffrazione alla Bragg (Q ( 1) da quella di Raman e Nath (Q ( 1).

Per la determinazione quantitativa dell'intensità della luce diffratta nei singoli ordini di diffrazione da un fascio di ultrasuoni, si deve risolvere l'equazione di propagazione della radiazione elettromagnetica in un mezzo nel quale si ponga la corretta dipendenza della costante dielettrica Β = Β rΒ0 dalle coordinate spazio-temporali, qual è determinata dal campo degli sforzi attraverso le costanti elastoottiche. Per valori relativamente bassi dell'intensità acustica, per cui si possa correttamente supporre che l'ampiezza del campo diffratto in ciascun ordine sia sensibilmente più piccola di quella del campo diffratto in un ordine più basso, l'intensità luminosa della luce diffratta nel primo ordine è

con I0 intensità della luce non diffratta,

k, K numeri d'onda ottico e acustico, ϑ l'angolo tra la direzione del fascio di luce incidente e il piano normale alla direzione del vettore d'onda acustico, ῆΒ la variazione di Β dovuta all'effetto acustoottico. Inoltre, per valori bassi della frequenza acustica, per cui si possa considerare trascurabile il rapporto K/k tra i numeri d'onda acustico e ottico, l'intensità della luce nell'ordine m di diffrazione può scriversi

Im = I0 Jm2 (Λ /cosϑ),

con Jm la funzione di Bessel di ordine m e Λ = L Άn k.

Per la realizzazione diretta di linee di ritardo è di corrente uso l'impiego di celle acustoottiche nelle quali il segnale inviato in ingresso è rivelato in uscita dopo un certo intervallo di tempo. Ancora direttamente, l'interazione acustoottica è sfruttata per ottenere la modulazione dell'intensità luminosa di un fascio di luce o la deviazione programmata di questo secondo una linea o un quadro di scansione. L'impiego di due segnali di ingresso convertiti in due onde acustiche propagantisi in una medesima regione di spazio, dove si abbia l'interazione acustoottica, permette di ottenere in uscita, in forma analogica, i prodotti di convoluzione o di correlazione tra i due segnali. La discriminazione spaziale del fascio di luce diffratta consente, inoltre, di ottenere in uscita lo spettro del segnale di ingresso. L'integrazione su un'unica superficie di dispositivi acustoottici, effettuata sfruttando l'interazione planare tra un fascio di luce guidata sulla superficie di un mezzo e onde acustiche superficiali, migliora le caratteristiche di compattezza, affidabilità e riproducibilità richieste in sottosistemi di impiego sofisticato. In questo caso si tratta di rendere bidimensionale la cella acustoottica, sfruttando la tecnologia dei trasduttori interdigitali e mirando, in prospettiva, a utilizzare anche sorgenti di luce e rivelatori integrati sulla superficie.

Bibl.: J. Sapriel, Acousto-optics, New York 1976.

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