ADALFREDO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ADALFREDO

Ovidio Capitani

Vescovo di Bologna dal 1030 al 1061, circa. Di origine tedesca, avrebbe appartenuto, secondo il Bresslau (Jahrbücher der deutschen Geschichte unter Konrad II, Leipzig 1879-84, p. 135), alla corte imperiale, prima di salire alla cattedra vescovile bolognese. Questa ipotesi si fonda sull'identificazione di A. con il vescovo petroniano di cui parla s. Pier Damiani nell'opuscolo Contra clericos aulicos (cfr. Patr. Lat., CXLV, coll. 467-468), rivolgendogli l'accusa di essere "curialis".

Il Sorbelli, tuttavia, opina che le parole di s. Pier Damiani si riferiscano non ad A. bensì a Giovanni, vescovo di Bologna tra il 997 ed il 1017, in quanto, al momento in cui s. Pier Damiani scriveva il suo opuscolo A. era da poco morto e ben difficilmente si sarebbero potute attribuire a lui quelle accuse di dissipazione, poiché ben vivo era nella memoria di tutti il ricordo della sua azione, volta proprio alla riforma dei costumi del clero della sua diocesi. Anche per il Sorbelli, però, A. appartenne all'ambiente della corte imperiale.

Il 6 giugno del 1030, A. assistette all'assemblea tenuta a Bologna dal messo imperiale Alessandro; nel 1032, fu presente ad un placito tenuto da Bonifacio marchese di Toscana "iuxta Padum in loco qui dicitur Caput de Reda"; nel 1038 al seguito di Corrado II presenziava a due placiti tenuti presso Lucca (22 febbraio) e figurava in un privilegio che ottenne, insieme con Cadalo, cancelliere e futuro antipapa, per il monastero di S. Michele di Passignano. Da queste notizie appare che A. era un vescovo ossequiente alla volontà ed alla politica imperiali e che, per dirla col Sorbelli (p. 327), si considerava "in tutto come un feudatario imperiale". A., però, non mancò di occuparsi della sua diocesi; anzi vi fu iniziatore di quella riforma dei costumi ecclesiastici che, proprio in quegli anni, si andava diffondendo in Italia e nel resto d'Europa. In una lettera del 16 ag. 1045, infatti, egli affermava che, preoccupato per le condizioni del clero diocesano, aumentato in modo impressionante "ita... ut sacer ordo vilesceret et divinum offitium omnibus in neglegentiam caderet...", aveva deliberato di fissare a cinquanta il numero dei canonici della Chiesa bolognese, ai quali venivano assegnate ben determinate funzioni. Si stabiliva inoltre che le prebende, per tali canonici, dovessero ammontare a tre quarti di tutte le decime prelevate dalla chiesa episcopale, oltre alle primizie offerte dai fedeli.

A proposito di questo documento è da osservare che non sempre concordi sono state le opinioni degli studiosi. Ammesso che in A. si dovesse vedere il vescovo bolognese criticato da s. Pier Damiani, il Gaudenzi ha riconosciuto nel documento un successo dei canonici nei riguardi del proprio presule, al quale avrebbero strappato alcune concessioni per impedirgli di effettuare, in seguito, delle spoliazioni ai loro danni. A. Hessel ha analizzato il testo del privilegio e vi ha ritrovato importanti interpolazioni dettate, come egli conclude, da un preciso intento di osteggiare Adalfredo. Rimarrebbe, comunque, autentica la sostanza del privilegio, confermata da Vittore II (cfr. Jaffé - Löwenfeld, Reg. Pontif. Rom. n. 4337). Il Sorbelli, invece, che, come si è visto, propende a identificare il "curialis" di s. Pier Damiani con il vescovo Giovanni, non insiste su quelle interpolazioni e crede il privilegio dettato dal desiderio di provvedere ai mali che affliggevano il clero diocesano bolognese nella prima metà del sec. XI.

Tra il 1040 ed il 1048, A. compare in diverse circostanze in posizione di rilievo, vicino alle autorità imperiali: nell'aprile del 1040 sottoscrive una donazione per il monastero di Pomposa; nel maggio del 1045 consacra l'altare della chiesa di S. Biagio di Cento; nel 1046 partecipa al concilio di Sutri (secondo Lanzoni); nel 1047 è a Ravenna al seguito di Enrico III; nel 1048 concede un terreno in enfiteusi ad un certo Andrea di Federico di Bologna (cfr. per queste notizie Sorbelli, II, p. 327). Il 7 maggio 1054 faceva donazione a sette canonici della Chiesa di Bologna di prebende varie, con l'obbligo di una vita morigerata in comune, dedita alla preghiera. Tali donazioni e concessioni venivano confermate il 14 giugno da Vittore II; subito dopo, i canonici si rivolsero a Enrico III per ottenere anche da lui conferma dei privilegi avuti da Adalfredo.

Anche a proposito di questa conferma di Enrico III non vi è concordia tra Gaudenzi, Hessler e Sorbelli, propendendo il primo per la negazione dell'autenticità del documento e gli altri per una semplice interpolazione (cfr. per un giudizio sintetico, Sorbelli, p. 340, e Cencetti).

Dopo il 1055 non si hanno ulteriori notizie di Adalfredo. Nel 1062 gli succedeva sul seggio petroniano Lamberto.

Fonti e Bibl.: Conradi II Diplomata,in Monumenta Germ. Hist., Diplomata regum et imperatorum Germaniae, IV, Hannoverae et Lipsiae 1909, pp. 356,n. 258, e 358, n. 259; P. F. Kehr, Italia Pontificia,V, Berolini 1911, p. 256; P. B. Gams, Series episcoporum, Ratisbonae 1873, p. 676; A. Gaudenzi, Il monastero di Nonantola..., in Bullett. d. Ist. stor. ital. per il M. E., XXII (1901), pp. 198-200 e note; A. Hessel, Zur Kritik der älteren Privilegien des Bologneser Domkapitel,in Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde, XXXI (1906), pp. 547-574 (contiene i discussi privilegi di A.); G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens, Leipzig 1913, pp. 163-164; A. Sorbelli, Dalle origini del Cristianesimo agli albori del Comune,in Storia di Bologna, II, Bologna 1938, pp. 308, 309, 311, 325-328, 337-342, 394, 457 (con citazione del Lanzoni, a p. 351); G. Cencetti, Note di diplomatica vescovile bolognese dei secoli XI-XII, in Scritti di paleografia e diplomatica in onore di Vincenzo Federici, Firenze 1945, pp. 180-181.

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