Adeguazione

Dizionario di filosofia (2009)

adeguazione


Processo con il quale il pensiero, nella sua attività conoscitiva, tende ad aderire pienamente alla realtà. Per gnoseologie dell’a. s’intendono quindi tutte le teorie del conoscere basate sul presupposto realistico che la verità consista nella coincidenza del pensiero con la realtà extramentale, in netto contrasto con la gnoseologia idealistica, la quale può anche sostenere una teoria dell’a., ma con un significato diametralmente opposto. Per Platone, per es., sono le cose che si adeguano alle idee, perché le cose sono «copie delle idee». Ma anche nella filosofia hegeliana la Natura e lo Spirito sono modellate secondo le categorie esposte nella Logica, e quindi si ‘adeguano’ a esse. La prima formulazione del principio nel senso della verità come a., ossia come corrispondenza fra soggetto e oggetto, si trova nella Metafisica aristotelica: «Dire di ciò che esiste che non esiste, o di ciò che non esiste che esiste, è falso, mentre dire di ciò che esiste che esiste, o di ciò che non esiste che non esiste, è vero» (Metafisica, IV, 7, 1011 b 26 segg.). Lo stesso principio si riscontra, oltre che nella gnoseologia peripatetica, in quella epicurea e in quella stoica. La metafora più ricorrente a tale proposito è quella dell’impronta lasciata dal sigillo sulla cera: allo stesso modo le rappresentazioni degli oggetti esterni sono accolte dall’intelletto e si imprimono nella nostra mente. La concezione della verità come a. viene ripresa in età medievale soprattutto da Tommaso d’Aquino nel De veritate. L’intelletto è fatto per sapere ciò che esiste, e ciò che esiste è fatto per essere conosciuto dall’intelletto: la verità è «adaequatio rei et intellectus» (➔). La nozione di a. diventa problematica in età moderna. Essa infatti presuppone un rapporto di identità o quanto meno di somiglianza tra gli oggetti e le immagini degli stessi che vengono trasmesse all’intelletto dai sensi. Tuttavia, come già aveva rilevato lo scetticismo antico, le sensazioni provocate in noi dagli oggetti esterni non sono quasi mai identiche, e neanche simili, agli oggetti stessi: il dolore provocato da un colpo di spada non è né identico né simile alla spada, l’odore della rosa non è né identico né simile alla rosa. Riprendendo le obiezioni scettiche, la filosofia moderna dapprima operò una distinzione fra «qualità primarie» (figura e movimento) e «qualità secondarie» (colori, sapori, odori, ecc.) degli oggetti (Cartesio, Locke), ma successivamente ridusse tutto alle «qualità secondarie», semplici percezioni della mente, senza nessun oggetto esterno al quale sia possibile riferirle e con cui sia possibile confrontarle (Berkeley, Hume). Ciò provocò una reazione e una rivalutazione del principio di a. o corrispondenza da parte di esponenti della scuola scozzese di senso comune, come Reid, che tuttavia ritennero opportuno riformulare la teoria dell’a. distinguendo tra sensazione e percezione degli oggetti esterni. Un rapporto di a. in senso stretto si può avere soltanto rispetto alle «qualità primarie» degli oggetti, figura e movimento, oggetto di percezione diretta. Le qualità «secondarie», come odori, sapori ecc., saranno inevitabilmente diverse dagli oggetti corrispondenti, perché esse non rappresentano altro che la reazione soggettiva del nostro apparato sensoriale di fronte a essi. Il concetto di a. subì ulteriori modifiche nella filosofia di Kant, secondo la quale non è il nostro intelletto ad adeguarsi agli oggetti esterni, ma sono gli oggetti esterni che si adeguano al nostro intelletto – tuttavia non in quanto cose in sé, ma in quanto fenomeni, vale a dire in quanto prodotti della sintesi operata dall’Io penso fra categorie dell’intelletto e dati dell’intuizione sensibile. Nella filosofia contemporanea il concetto di a. – intesa soprattutto come a. della teoria e della prassi politica alle condizioni storiche date – è sostanzialmente alla base della ‘teoria del rispecchiamento’ sostenuta dal materialismo di orientamento marxista, e trova la sua formulazione migliore, sotto il profilo gnoseologico, in Materialismo ed empiriocriticismo (1909) di Lenin.