ADELAIDE del Vasto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ADELAIDE del Vasto

Ernesto Pontieri

Figlia di Manfredo del Vasto, fratello e vassallo di Bonifacio, "il marchese d'Italia" per antonomasia, il quale possedeva il nucleo maggiore dei suoi domini feudali nel Monferrato e cercava di estenderli sui comitati e marchesati che frazionavano i territori subalpini fino alla Liguria.

Per la crisi che travagliava, nella seconda metà del sec. XI, il mondo feudale dell'Italia settentrionale, piccoli vassalli e servi erano indotti ad espatriare per cercare altrove migliore fortuna: notevoli furono le immigrazioni nella Sicilia, poiché i Normanni, sotto la guida di Ruggero I d'Altavilla, andavano smantellando il dominio arabo nell'isola (1060-1091) e creavano in essa un nuovo assetto politico. Tra gli immigrati era anche Enrico del Vasto, figlio del defunto Manfredo: egli, dopo aver dato aiuto, insieme con suoi conterranei, al conte Ruggero, nelle ultime fasi della guerra contro i musulmani, ricevette da lui due vasti conglomerati feudali, le contee di Butera e di Paternò.

Nel 1089 Ruggero I, vedovo per la seconda volta, sposò A., sorella di Enrico, venuta nell'isola con altre due sorelle, le quali erano in pari tempo destinate dallo stesso Ruggero in mogli rispettivamente a due suoi figliuoli.

Alla conclusione di tali matrimoni non furono estranei moventi di ordine politico: Ruggero I veniva insediando gli immigrati in una zona della Sicilia gravitante intorno all'Etna, zona che stava a cavaliere tra l'area occidentale abitata da Arabi e quella orientale popolata da Greco-Bizantini. Era suo interesse legare alla dinastia e ai conquistatori franco-normanni l'affine elemento italico, in cui primeggiavano i del Vasto, e fare di questi elementi etnici di origine latino-germanica un contrappeso agli altri due elementi, l'arabo e il greco, esistenti nell'isola.

A. dette due figli a Ruggero: Simone e Ruggero. Allorché il marito venne a morte (22 giugno 1101),ella, dietro designazione di lui, assunse la reggenza della contea di Sicilia e Calabria per l'erede Simone e, in seguito alla sua morte prematura (1103), per Ruggero, anch'egli minorenne.

Donna d'ingegno, volitiva, A. era costantemente vissuta a lato del marito e aveva notato con quale saggezza politica egli avesse consolidato il suo dominio in Calabria e in Sicilia, regioni per civiltà così diverse fra loro, allentando non solo il legame di dipendenza feudale di questa sua contea dal ducato di Puglia, ma portandola anche ad una posizione di vera preminenza rispetto agli altri stati normanni dell'Italia meridionale.

Sventati con rigore alcuni tentativi di sedizione esplosi nella terraferma e nell'isola, all'indomani della morte del conte Ruggero, ad opera di baroni riottosi, la reggente, seguendo avvedutamente le direttive politiche del marito e circondandosi di consiglieri abili e fidi, ebbe come miraggio la pacifica convivenza delle varie stirpi, religioni e costumi esistenti nello stato, che era di recente formazione e sul quale una deprecabile debolezza della suprema autorità poteva provocare una crisi di rilassamento analoga a quella verificatasi nel ducato di Puglia in seguito alla scomparsa del suo fondatore, il Guiscardo, fratello di Ruggero I di Sicilia.

A. mantenne cordiali rapporti con gli Arabi, conservando la libertà di culto e le larghe autonomie amministrative accordate alla loro comunità da suo marito e desumendo da essa elementi preziosi per l'organizzazione burocratica della contea, che attendeva di essere ultimata e perfezionata. Ancora più cordiali furono le sue relazioni con le popolazioni greche della Sicilia e della Calabria. Anche se la conquista normanna aveva ovviamente favorito la penetrazione del clero e del rito latino, accentuando la decadenza del clero greco, questo però era sempre influentissimo nel paese. In particolare venerazione erano tenuti i basiliani, dai cui cenobi proveniva, tra gli altri, Bartolomeo da Simeri, particolarmente protetto da Adelaide.

Fu munificentissima verso le istituzioni religiose bizantine, a ciò mossa sia dalla sua pietà, sia dal bisogno di accelerare il processo, già avviato, di inserimento del clero greco nel nuovo ordine di cose creato dai Normanni in Sicilia e in Calabria. Quanto al clero latino, questo era stato posto sotto il patronato della Corona in seguito alle eccezionali concessioni fatte nel 1098 da Urbano II a Ruggero.

La reggente, senza deflettere dallo spirito di tolleranza religiosa ereditato dal marito, favorì il clero latino, seguendolo nel pacifico lavorio di assimilazione delle varie stirpi della contea.

Rigida e imparziale nell'amministrazione della giustizia, A. si rese conto che era questo il campo in cui il monarca poteva e doveva affermare la sua sovranità in uno stato organizzato feudalmente e con un apparato amministrativo non ancora interamente costruito e compaginato. Allo stato ella dette finalmente una capitale. Mileto, in Calabria, era stata la residenza cara al conte Ruggero, che vi aveva trascorso la tribolata giovinezza. Le preferenze di A. furono per Messina, posta in un punto nevralgico delle comunicazioni tra il dominio insulare e quello continentale della contea. Ma Palermo l'allettava con i suoi precedenti di capitale dell'antico emirato musulmano di Sicilia e col suo fascino di città splendida e attiva, e Palermo, nel 1112, era da lei designata capitale della contea. In quello stesso anno ella deponeva la reggenza, consegnando al figlio Ruggero II, il futuro unificatore dei domini normanni dell'Italia meridionale, giunto alla maggiorità, uno stato fondo, ordinato, pacifico.

Restia ad entrare nell'ombra, essendo riboccante di ambizione e ancora nel vigore degli anni, A., alla fine del 1112, s'indusse a sposare Baldovino I di Fiandra, re di Gerusalemme (1100-1118), e si trasferì in Palestina: ella pose la sola condizione che, se da questo matrimonio non fossero nati figli, la corona del regno di Gerusalemme doveva essere ereditata dal conte di Sicilia e di Calabria.

Il matrimonio fu infelicissimo. Baldovino, cinico e avido, aveva sposato A. perché, privo di denaro e minacciato dagli Egiziani, agognava le favolose ricchezze che si diceva ella avesse accantonate durante la reggenza. Inoltre egli era già sposato con una armena, Arda, che aveva rinchiuso in un convento. L'opinione pubblica prese ad incolparlo di bigamia. Le cose si complicarono, determinando una crisi politico-ecclesiastica, che si concluse nel marzo 1117 col ripudio di A. da parte di Baldovino. Il 18 apr. 1118, A. morì in un convento di Patti (Messina), ove s'era ritirata al suo ritorno in Sicilia.

Bibl.: E. Pontieri, La madre di re Ruggero: A. D. V., contessa di Sicilia, regina di Gerusalemme,in Atti del Convegno internaz. di Studi Ruggeriani,I, Palermo 1955, pp. 327-432 con relativa documentazione.

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