MALANOTTE (Malanotti), Adelaide. - Nacque a Verona il 7 genn. 1785, ultima di nove figli, da Antonio, agente di fondaco, e da Rosa Girelli. Di famiglia benestante, si appassionò presto allo studio della musica ("Giovinetta, a diporto, apprese la musica, e fu udita dal sommo Paisiello, che la stimò capace di ogni progresso": Lechi). L'11 ott. 1801, a sedici anni, fu maritata con dispensa speciale a un funzionario francese Giacomo Montrésor in Verona, da cui ebbe due figli, Giovanni Battista nel 1802 e Antonio nel 1803.
Nel 1806, a causa di un rovescio finanziario della famiglia, la M. decise di tentare la strada del teatro come cantante, debuttando a Verona. Subito scritturata al teatro Grande di Brescia, nel 1809 fu a Bergamo nell'Ippolita regina delle Amazzoni di S. Pavesi; l'anno seguente cantò a Torino durante il carnevale (Dario Istaspe di G. Nicolini); poi a Roma al teatro Valle (settembre, prima esecuzione dell'Alzira di N.A. Manfroce) e al teatro delle Dame, accanto a Maria Malibran, nella cantata Il re di Roma di tale Migliorini. Nel 1811 la M. riprese l'Alzira a Monza, poi si esibì all'Argentina di Roma (stagione di primavera e autunno); l'anno seguente cantò a Firenze. In questo periodo di primo successo artistico, il matrimonio con Montrésor entrò in crisi, forse per la difficoltà di conciliare carriera e famiglia, e la coppia si avviò rapidamente verso la separazione.
L'apice del percorso professionale della M. è segnato dall'incontro con il giovane G. Rossini, che sulla sua morbida voce di contralto modellò il ruolo del titolo di Tancredi (libretto di G. Rossi, Venezia, La Fenice, 1813). La M., nel corso dei preparativi per il primo allestimento dell'opera, convinse Rossini a sostituire la propria aria di sortita con un'altra da musicarsi ex novo: Di tanti palpiti, poi celeberrima aria del secondo atto.
La M. interpretò in seguito anche i ruoli rossiniani di Isabella ne L'italiana in Algeri (Lugo, 1815), Clarice ne La pietra di paragone e Arsace nell'Aureliano in Palmira (rispettivamente Genova e Firenze, 1816), Ciro nel Ciro in Babilonia (Verona, 1821), nonché Edoardo in Edoardo e Cristina (Bergamo, 1821). Tra il 1818 e il 1819 cantò a Napoli (Ernestina e Giannone di P.-G. Roll), a Firenze (Bajazet di P. Generali) e a Venezia (Il trionfo dell'amicizia ossia La rosa bianca e la rosa rossa di J.S. Mayr e I baccanali di Roma di Generali). Dal 1820 la M. iniziò a diradare le sue partecipazioni artistiche e si ritirò a vivere sul lago di Garda nell'isola Lechi (poi Borghese, ora Cavazza), acquistata nel 1817 al Demanio dal conte Luigi, che rimase suo compagno per la vita, e dove trovarono ospitalità anche Montrésor e i figli di primo letto della Malanotte.
Gli anni del soggiorno sul Garda trascorsero sotto la stretta sorveglianza della polizia austriaca che - non a torto - sospettava Lechi di attività sovversiva (nel 1823 la M. tentò inutilmente di depistare la polizia per evitarne l'arresto: Lechi passò un periodo di sedici mesi in prigione, ottenendo infine di essere scarcerato per mancanza di prove). Sull'isola, la coppia creò un salotto artistico-letterario molto frequentato (ma anche un centro per la cospirazione liberale dei Carbonari federati facenti capo ai nobili F. Confalonieri e L. Porro) e ricevette, tra gli altri, la visita di G. Donizetti e di G. Pasta. Alla morte della M., Lechi non volle più abitare nell'isola, che vendette al fratello Teodoro (generale di Napoleone Bonaparte, come l'altro fratello Giuseppe). Tra le rare sortite pubbliche della M. vi fu quella del 1821 a Verona, dove ricevette dai concittadini una medaglia con il motto rossiniano "Al cantar che nell'anima si sente". In quegli anni iniziò a soffrire di forti crisi d'una non meglio definita malattia cerebrale; cantò comunque ancora a Bergamo e Bologna (sebbene, riferisce Fétis, fosse ormai solo l'ombra di se stessa).
La M. morì per un infarto il 31 dic. 1832 nel suo ritiro sul Garda e fu sepolta al cimitero di Salò "desiderando che le spese del suo funerale fossero tramutate in elemosine ai poveri" (Lechi).
Figura di donna emancipata, la duratura relazione - more uxorio - con un uomo compromesso politicamente la rese un personaggio discusso, laddove i segni di una personalità appassionata e le sofferenze d'un fisico minato vennero talvolta scambiati per gli effetti di una condotta esistenziale dissoluta: "Superba figura, canta stupendamente con intonazione perfetta e finissimo gusto; però la sua voce somiglia troppo al suono del corno inglese. Se non fosse questa spiacevole singolarità, la Malanotte figurerebbe con onore tra gli artisti di prim'ordine. Le si attribuiscono però abitudini disdicevoli a una signora come quella di abusare del tabacco e dell'acquavite" (L. Hérold, cit. in Radiciotti, I, p. 100).
Particolarmente affascinante nella M. fu l'unione, sia dal punto di vista dell'emissione vocale sia della presenza scenica, di grazia muliebre ed energia vigorosa. Nel suo repertorio figurano anche diversi titoli comici (tra cui La contadina bizzara di G. Farinelli, 1813). La figura maestosa, il gesto nobile e plastico, uniti al talento vocale ne fecero un'interprete e una donna di grande attrattiva. Fu cantata da U. Foscolo - che, amico di entrambi, fu probabilmente colui che fece conoscere la M. a Lechi (cfr. Gossett, p. 110) - e da G. Pindemonte che ne celebrò la bellezza e il talento artistico. Di lei si innamorò anche il fratello minore di Napoleone Bonaparte, Lucien.
Il figlio maggiore della M., Giovanni Battista Montrésor, fu un valente tenore, celebre negli anni 1840-60 per le sue interpretazioni nell'Otello di Rossini e in Belisario di Donizetti. Cantò a lungo in Sudamerica, guadagnandosi il nome di "Rubini d'America", e finì i suoi giorni come maestro di canto a Bucarest.
Fonti e Bibl.: L. Lechi, Iscrizioni, Brescia 1866, p. 33; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, I, Pesaro 1992, p. 527; G. Radiciotti, G. Rossini. Vita documentata, opere ed influenza su l'arte, I, Tivoli 1927, pp. 98, 100-102, 111; Ph. Gossett, Il finale tragico del Tancredi di Rossini, Pesaro 1977, pp. 109-113 e passim; V. Della Croce, Una giacobina piemontese alla Scala: la primadonna Teresa Belloc, Torino 1978, pp. 39-43; Stendhal, Vita di Rossini, Torino 1983, p. 36; Enc. bresciana, a cura di A. Fapanni, VII, Brescia 1987, pp. 102 s.; G. Apollonia, Le voci di Rossini, Torino 1992, pp. 99-108; M. Mauceri, Voce che tenera: una cabaletta per tutte le stagioni, in G. Rossini 1792-1992: il testo e la scena. Atti del Convegno internazionale, 1992, Pesaro 1994, pp. 365-382; E. Rescigno, Diz. rossiniano, Milano 2002, pp. 274 s.; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, V, p. 415; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 1 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 590; Die Musik in Geschichte und Gegenwart (ed. 2004), Personenteil, XI, coll. 896 s.