BARTOLI, Adolfo

Enciclopedia Italiana (1930)

BARTOLI, Adolfo

Egidio BELLORINI

Nato a Fivizzano (Massa) il 19 novembre 1833, si laureò in giurisprudenza a Siena; ma, datosi agli studî letterarî, pubblicò varî lavori che indussero il Vieusseux a chiamarlo presso di sé a Firenze, come segretario e collaboratore dell'Archivio storico italiano. Dopo il 1859, passò come insegnante di lettere e come preside in varie scuole medie, e nel 1869 alla Scuola superiore di commercio di Venezia. Di qui, nel 1874 fu chiamato all'Istituto di studî superiori di Firenze, dove insegnò poi sempre letteratura italiana. Morì, dopo una penosa malattia, a Genova il 16 maggio 1894.

Dotato di mente acuta e di vasta cultura, egli fu uno dei più notevoli rappresentanti della scuola che, nella seconda metà del secolo XIX, rinnovò gli studî della storia letteraria italiana per mezzo di pazienti ricerche erudite e di minute analisi di documenti e di testi. Dalla sua scuola uscirono molti valenti discepoli, e i suoi libri ebbero larga diffusione e molta efficacia sull'andamento degli studî di storia letteraria italiana, specialmente del periodo delle origini. Fra i testi da lui pubblicati sono: le Lettere del Beato Colombini (Lucca 1850), le Vite di uomini illustri di Vespasiano da Bisticci (Firenze 1859), i Viaggi di Marco Polo (Firenze 1863), il Libro di Sidrach (Bologna 1868), il Roman d'Hector (Venezia 1872). Fu tra i fondatori dell'Archivio veneto, e promosse e diresse la pubblicazione degl'Indici e cataloghi delle biblioteche fiorentine e quella del Canzoniere palatino 148 della Biblioteca nazionale di Firenze. Notevoli sono i suoi studî su I precursorî del Rinascimento (Firenze 1877) e I precursori del Boccaccio e alcune sue fonti (Frenze 1876); ma i suoi due lavori capitali sono il volume su I primi due secoli della letteratura italiana e la Storia della letteratura italiana, che, cominciatasi a pubblicare nel 1878, non giunge, col VII ed ultimo volume (1889), oltre il Petrarca. Queste due opere sono un po' disuguali nelle loro varie parti e vanno considerate, più che come vere e proprie storie, quali serie di studî analitici; ma ebbero il merito di gettar viva luce su molti problemi del periodo delle origini e di tentarne la soluzione. Grande fu quindi la loro importanza, e anche oggi, dopo tanta mole di nuovi studî su quegli stessi argomenti, quei lavori non possono esser trascurati da chi si occupa dei primi secoli della nostra letteratura.

Bibl.: F. Martini, Il primo passo, Roma 1882; Giorn. stor. della lett. italiana, XXIV (1894), pp. 333-36; R. Renier, in Dante e la Lunigiana, Milano 1909; B. Croce, La lett. della nuova Italia, III, Bari 1915, pp. 376 segg.

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