Appia, Adolphe

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Scenografo (Ginevra 1862 - Nyon 1928), figlio di Louis. Formatosi alla scuola illusionistica del Théâtre Gymnase di Parigi fece le prime esperienze teatrali a Bayreuth nella cerchia di Wagner, ma si allontanò ben presto dalle teorie sceniche wagneriane cui oppose problematiche di notevole modernità. Contro la scenografia veristica, A. ne La mise en scène du drame wagnérien (1895) asserì l'importanza della funzionalità della scenografia e in Die Musik und die Inszenierung (1899) tracciò un progetto di riforma dell'architettura teatrale postulando la teoria del palcoscenico plastico, in cui i fondali e le quinte dipinte sono sostituite da praticabili posti su piani diversi e da scivoli che permettono all'attore movimenti razionali. Gli elementi scenici si riducono a quattro: l'attore, il velario, il suolo e lo spazio-luce che li avvolge. Pur negando il pittoricismo, A. introdusse nella scenografia la luce, che egli definì come il mezzo più importante nel teatro "che rivela plasticamente l'apparenza eternamente fluttuante del mondo fenomenico". Realizzò questa nuova impostazione scenografica per la prima volta a Parigi nel 1903 ottenendo un enorme successo. Alle sue teorie si ispirarono G. Craig, M. Reinhardt e soprattutto J. Copeau.

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