Adozione. Diritto civile

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Istituto giuridico che fa sorgere un rapporto di filiazione in assenza di procreazione. L’ordinamento italiano ne conosce quattro differenti forme.

Adozione di persone maggiori di età. - È rimasta l’unica forma di adozione regolata dal c.c. (artt. 291-309) e viene pronunciata dal tribunale con decreto. È un istituto di origine antica che permette a un soggetto privo di discendenti legittimi o legittimati (ovvero, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 557/1988 e n. 245/2004, e ribadito dalla Corte di cassazione, che abbia discendenti legittimi o legittimati o naturali riconosciuti minorenni o maggiorenni consenzienti) di tramandare il cognome e il patrimonio familiare a un altro soggetto: l’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio ma conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine; per effetto dell’a., inoltre, non si istituisce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, ovvero tra l’adottato e i parenti dell’adottante. L’adottante deve avere compiuto 35 anni e deve superare di almeno 18 anni l’età dell’adottato. Tra i requisiti di questa forma di adozione occorre annoverare ancora il consenso dell’adottante e dell’adottando (che è indispensabile) e l’assenso dei genitori dell’adottando e del coniuge dell’adottante (ove vi siano e purché il coniuge non sia legalmente separato; il tribunale in casi particolari può però pronunziare l’adozione anche in difetto di assenso).

Adozione di minori. - È disciplinata dalla l. n. 184/1983, come modificata dalla l. n. 140/2001. L’adottando deve essere un minorenne di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio. Gli adottanti devono essere coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni (ovvero che abbiano convissuto in maniera stabile e continuativa prima del matrimonio per almeno tre anni), non separati (nemmeno di fatto) e affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare. L’età degli adottanti deve superare di almeno 18 e di non più di 45 anni l’età dell’adottando (limite superabile qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore, ovvero qualora il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a 10 anni, quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, o infine quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato). È inoltre necessario il consenso del minore che abbia compiuto i 14 anni, mentre il minore in età compresa tra 12 e 14 anni (o anche il minore di età inferiore ai 12 anni, in relazione alla sua capacità di discernimento) deve essere obbligatoriamente sentito. Il procedimento di adozione si articola in tre fasi: al termine della prima si ha la dichiarazione di adattabilità del minore, al termine della seconda si giunge all’affidamento preadottivo del minore; decorso un anno dall’affidamento, al termine della terza fase si arriva alla dichiarazione di adozione. Lo stesso tribunale per i minorenni che aveva pronunciato la dichiarazione di adattabilità con sentenza emessa in camera di consiglio, decide di far luogo o non far luogo all’adozione, per effetto della quale l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. Con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali.

Adozione di minori in casi particolari. - È disciplinata dalla l. n. 184/1983, come modificata dalla l. n. 149/2001. Prevede la possibilità di adottare un minore anche al di fuori dei casi previsti dall’adozione di minori (come quando sia impossibile procedere all’affidamento preadottivo, cosa che accade, per es., in caso di minore portatore di handicap), della quale, in concreto, ricalca in buona parte la disciplina.

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