ADRIA

Enciclopedia Italiana (1929)

ADRIA ('Αδρία, Atria; A. T. 24-25-26)

Giuseppe STEFANINI
Ettore GHISLANZONI Roberto CESSI

Sorse probabilmente in situazione paragonabile a quella di Venezia e di Chioggia, su un'isola della laguna dei Septem Maria presso la foce dell'Atriano (odierno Tartaro-Canal Bianco), sulla sponda meridionale della fossa Philistina (Plin., Nat. hist., III, 121). Ma durante l'epoca imperiale a poco a poco il suo porto fu interrato e la città ridotta a un municipio di poca importanza. Questo, se pure divenne una sede episcopale, cinto da paludi e da bracci fluviali, non poté avere ampio respiro se non in epoca recentissima, cioè da quando, nel sec. XIX, si poterono prosciugare meccanicamente anche i terreni più bassi e ridurli a floridissime campagne, che accrebbero la città di popolazione e di ricchezza. Appena a quattro metri sul livello attuale del mare, dista ora 25 chilometri, in linea retta, dalla foce del Po di Levante: è questo il ramo padano rimasto tagliato fuori dalla corrente principale, in seguito alla famosa deviazione del Po a Porto Viro, compiuta dai Veneziani al principio del sec. XVII, e col quale si unisce il Tartaro-Canal Bianco. Questo canale, che da m0lti secoli è il grande collettore degli scoli delle campagne del Polesine, attraversa la città e in essa regola la disposizione delle case e delle strade, che sono infatti disposte secondo direzioni parallele e perpendicolari alla direzione del canale. Le vie lastricate e linde, le case dalle cui facciate spesso sporgono leggermente il focolare e la gola del camino, richiamano gli abitati dell'estuario veneto. Adria è stazione ferroviaria sulla linea Rovigo-Chioggia ed è collegata a Padova da una ferrovia secondaria. Ora conta 14.000 abitanti (il comune 20.000) ed è a capo di un circondario della provincia di Rovigo.

Notevole la Cattedrale Nuova di G. Baccari, sec. XIX, con un bel campanile del 1686. Nell'interno un bel bassorilievo del sec. VI con iscrizione greca, raffigurante la Madonna col Bambino e Angeli; mentre nella sacrestia si ammirano grandi armadî in legno scolpiti con cariatidi nello stile del Brustolon, provenienti dalla Scuola della Carità, di Venezia.

Nel Museo Civico Bocchi si conserva una ricca collezione di vasi greci, etruschi, campani ecc., proveniente dagli scavi dell'antica Atria. Si ricorda inoltre la Chiesa della Tomba (Assunta), restaurata nel 1718, interessante per un'epigrafe del vescovo Giovanni del sec. IX, e per una vasca battesimale a forma di ottagono dell'VIII secolo.

È importante la storia di Adria nell'antichità; la città, che ora si trova a 25 chilometri dal mare, si trovava allora a soli 12 chilometri; il mare stesso che fino al sec. V a. C. dai Greci era denominato 'Ιόνιος κόλπος, 'Ιόνιος κόντος, venne quindi chiamato 'Αδρίας, nome che dapprima designava solo quella parte del mare che hagnava le coste venete.

Prettamente italico è il nome Atria (città nera). Il nucleo della popolazione era di Veneti, come affermano Strabone (V., 214) e Tolomeo (III, 1, 26); e la ceramica trovata negli strati più profondi è in tutto simile a quella del II e III periodo Atestino (Bull. Pal. ital., XXXIV, p. 197), mentre manca la ceramica caratteristica di Villanova. Gli scrittori greci però la dissero ora città greca (Iustin., XX, 1,9) e anche fondata da Dionisio il Vecchio di Sicilia (Etym. Mag., 'Αδρίας), ora città dei GalliBoi (Steph. Byz., 'Ατρία; Hesychius, 'Αδριανοί); dai Romani invece le origini di Adria vengono attribuite agli Etruschi (Liv., V, 33; Plin., Nat. hist., III, 30); e Varrone (De lingua lat., V, 161) dice che l'atrium delle case era così chiamato ab Atriatibus Tuscis.

In conseguenza del continuo avvallarsi del terreno per movimento barisismico e delle inondazioni del Po, gli strati archeologici più antichi si trovavano a grande profondità, fino a sette metri, e perciò difficili sono sempre state le esplorazioni. Tuttavia si sono trovati resti di palafitta e fra essi frammenti di vasi greci del VI e V sec. a. C. Quindi, almeno fino a quell'età, Adria, per le condizioni del terreno, era costruita su palafitte. Dalla metà del VI fino alla metà del IV sec. a. C. Adria godette il maggior splendore: fu il principale porto dell'Adriatico, per le importazioni dei prodotti dei Greci e dell'Oriente nella valle del Po. Tale splendore diminuì notevolmente quando, verso la metà del sec. IV, i Galli occuparono la pianura padana, ad eccezione del territorio dei Veneti, e si stabilirono nel territorio di Felsina. Che Adria sia stata occupata stabilmente dai Galli, non si può affermare, nonostante vi siano stati scoperti sepolcri di inumati con vasi ed utensili simili a quelli delle tombe galliche di Montefortino e di Bologna. Nello strato superiore a quello delle palafitte e dei vasi attici, cioè nello strato di limo (il cosiddetto tivaro) accumulatosi per le inondazioni del Po, insieme con vasi gallici ed etrusco-campani, si sono ricuperate alcune anfore di svelta ed elegante struttura che il Ghirardini (N. Archivio veneto IX, 1905, p. 144) ritiene siano i κερκυραῖοι ἀμϕορεῖς che venivano venduti da mercanti dell'Adriatico, chiamati da Esichio ἀδριανὰ κεράμια e lodati da Plinio (Nat. hist., XXXV, 161) per la loro firmitas.

Gli attivi rapporti con l'oriente ellenistico e specialmente con Alessandria sarebbero provati da un numero cospicuo di vetri assai fini di svariati colori e di squisita fattura i quali furono trovati nel territorio della città.

La potenza romana, penetrata nel Veneto già negli ultimi decennî del sec. III a. C., si affermò con la fondazione della fortezza di Aquileia nel 181; nel 132 a. C. venne costruita la via Popilia che toccava Adria al XXI miglio (Corp. inscr. lat., V, 8007); ma la città andò perdendo la sua importanza commerciale, anche perché, per i depositi lasciati dai fiumi, il mare si allontanava sempre più. Nel primo secolo dell'impero, essa comunicava per mezzo di un canale (Strab., V, 214) che nel 69 d. C. poté essere risalito dalle liburnae della flotta di Vitellio (Tac., Hist., III, 12). Adria fu municipio romano (Corp. inscr. lat., V, 2315, 2343) e i cittadini vennero ascritti alla tribù Camilia. Le lapidi ricordano i decuriones (ibid., 2311) e un collegium nautarum (ibid., 2315).

Come nell'epoca romana era stata centro della vita amministrativa del Polesine, così in seguito Adria divenne centro della rispettiva giurisdizione ecclesiasticai quando attorno non esistevano ancora altre terre popolate od erano di poco conto. Tra il sec. V e il X, Adria è sempre il maggior castello che domina tra Adige e Po. La signoria episcopale le ridona ancora la sua importanza. Ma poi, mentre il massimo fiume attorno ad essa dà al territorio una nuova configurazione, si formano o si rafforzano altri castelli che, pel sito e per la funzione militare, limitano l'influenza politica ed economica adriese: Rovigo, Lendinara, Badia, ecc. La rotta del Castagnaro (1438) e l'incendio provocato dalle truppe veneziane (maggio 1482) preparano giorni assai tristi per la città, mentre l'instancabile opera di corrosione e ricostruzione delle acque padane minaccia di mutarla in miserabile palude. Gli scrittori del sec. XVI ci mettono davanti agli occhi il quadro di un misero villaggio ormai spopolato, con poche case, poche strade attorno, poca attività economica. Salvò Adria dalla rovina l'audace opera del taglio di Porto Viro (1600-1604), che restaurò per essa condizioni elementari di abitabilità e vitalità. Durante il '600 e il '700, si assiste ad un lento ma continuo risorgimento; e, sebbene il centro amministrativo graviti verso Rovigo, e di fatto anche il centro ecclesiastico minacci di trasferirsi verso il nuovo centro polesano, tuttavia la rinnovata attività di bonifica e di coltura agricola rafforza la sua posizione economica, sì da elevare nuovamente Adria, sotto certi aspetti, a importante centro commerciale della vasta plaga del basso Polesine.

Bibl.: C. Silvestri, Istorica e geografica descrizione delle antiche paludi Adriane ora chiamate lagune di Venezia, ecc., Venezia 1736; F. Ginanni, Istoria civile e naturale delle pinete ravennati (carta a p. 44), Roma 1774; R. Schöne, Le antichità del Museo Bocchi di Adria, Roma 1878; Not. d. Scavi, 1879, pp. 88 segg., 212 segg.; F. A. Bocchi, Trattato geografico-economico comparativo per servire alla storia dell'antica Adria, Adria 1880; C. Cessi, Filistina, in Ateneo Veneto, 1898; Nissen, Italienische Landeskunde, II, p. 214; Ghirardini, Il Museo Bocchi di Adria, in N. Archivio Veneto, IX (1905), p. 114 segg. Inoltre gli articoli Atria, in De Ruggiero, Dizion. epigrafico; in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie der class. Altertumswiss., e Adria, in Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte.

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