AEMILIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

AEMILIA

G. Bermond Montanari

Nella ripartizione augustea territorio corrispondente all'attuale Emilia e Romagna venne assegnato alla Regio VIII, con l'eccezione di Sarsina e Mevaniola, città di origine umbra, divenute municipi dopo la guerra sociale, che rientrarono nella Regio VI. La regione, aperta a E sull'Adriatico, mentre a O l'Appennino non ha mai costituito una barriera, è penetrabile attraverso valli quasi parallele che, sboccando in pianura lununa linea sulla quale in età romana verrà tracciata la Via Aemilia, hanno da sempre costituito un collegamento con l'Italia centrale. La pianura tra Reno e Po pare piuttosto collegata con il continente europeo attraverso le linee transalpine.

Scavi e rinvenimenti dell'ultimo ventennio hanno contribuito a chiarire la sequenza delle fasi culturali della preistoria e della protostoria, mentre le ricerche sui centri urbani hanno consentito di ampliare le conoscenze sulla formazione e sulla topografia degli insediamenti etruschi e romani.

Tra il 1978 e il 1988 è stato indagato a Fornace Cappuccini di Faenza un insediamento del Neolitico Antico, rivelando una diffusione in area padana della ceramica impressa adriatica di facies abruzzese-marchigiana nella prima metà del V millennio.

Nella seconda metà del V millennio a.C., a correnti danubiano-balcaniche sono dovuti і successivi aspetti della cultura di Fiorano, riconosciuti sia in Romagna sia in varie località dell'Emilia occidentale, a cui succederanno quelli della cultura del vaso a bocca quadrata, mentre nel Neolitico Finale in Romagna è testimoniata la cultura di Diana e in Occidente gli aspetti della cultura della Lagozza.

I dati nuovi dell'Eneolitico sono offerti dalla necropoli di Spilamberto (Modena) che ha restituito 39 sepolture a inumazione. Gli inumati sono supini e orientati N-S. Pur mostrando una similitudine di base con Remedello, e rientrando nella stessa fascia cronologica, Spilamberto sembra costituire un gruppo culturale a sé stante, che ha rapporti con le aree culturali centro-italiche e meridionali interessate dalle culture di Rinaldone e del Gaudo e con la presenza della ceramica a squame. In relazione all'area sepolcrale è stato rinvenuto l'insediamento.

A Rubiera sul Secchia e a Sant'Ilario sull'Enza sono stati individuati due insediamenti di pianura attribuibili alla cultura del vaso campaniforme, documentandone l'ampia area di diffusione. In questi siti gli elementi campaniformi mostrano una loro autonomia rispetto ai coevi gruppi indigeni e sembrano essere «puri». La questione cronologica nasce da alcune sequenze stratigrafiche e indica un inquadramento a cavallo della fine del III millennio a.C., in rapporto con analoghe manifestazioni culturali europee. Come fenomeno culturale è notevolmente complesso per la varietà d'aspetti che offrono і singoli contesti, oltre alla presenza della decorazione «marittima» o «paneuropea», si hanno variazioni che finiscono per sviluppare alсunі aspetti particolari, che vengono definiti col termine di «stile italiano».

Il Bronzo Antico resta sempre assai poco conosciuto, mentre nuovi dati si hanno sul Bronzo Medio, sul Recente e Finale.

Nell'età del Bronzo Medio e Recente la regione appare intensamente abitata, sia nell'Emilia occidentale, dove fiorisce la Civiltà Terramaricola (v.), sia nel Bolognese e nella Romagna interessate dalla civiltà appenninica e subappenninica. Le ricerche in corso nell'Emilia occidentale hanno rimesso in discussione il concetto di civiltà terramaricola. Con questo termine sono indicati gli aspetti archeologici dell'Età del Bronzo nell'area centro-padana legati a insediamenti definiti «terramare», ossia abitati di pianura con particolari caratteri strutturali, costituiti da argine e fossato, delimitanti un perimetro quadrangolare. I nuovi dati, da un lato confermano la validità del modello canonico, dall'altro individuano fasi costruttive diversificate e non attestano presenze sistematiche di strutture palafitticole.

Da una prima analisi dei materiali si presenta la possibilità di identificare fasi cronologiche e aspetti culturali distinti, per il Bronzo Medio e il Bronzo Recente. Sembra dimostrata una stretta relazione fra questi abitati e il sistema idrico, per una loro disposizione lungo і corsi d'acqua e l'utilizzazione dei medesimi per l'alimentazione dei fossati, il che fa supporre una pianificazione delle risorse idriche del territorio.

L'abbandono attorno al XII . a.C. degli insediamenti terramaricoli e dei villaggi del subappenninico del bolognese e della Romagna, che segue l'intenso sviluppo demografico riscontrato durante il Bronzo Recente, non ha trovato finora una spiegazione attendibile. Si è verificata quasi ovunque una frattura netta e una non coincidenza con il successivo popolamento dell'Età del Ferro. Solo in alcuni insediamenti è possibile riconoscere la presenza di elementi del Bronzo Finale, che indicano una continuità nel XII sec., ma raramente fino alla fase piena. Questi abitati si distribuiscono lungo la fascia pedemontana, all'incirca a N dell'attuale Via Emilia e lungo alcune valli appenniniche. Tra l'XI e il X . a.C. sembra che più consistenti occupazioni del suolo siano documentabili in particolari condizioni geografiche e ambientali, come è attestato dalla necropoli a incinerazione di Campo Pianelli a Bismantova, dove scavi recenti hanno offerto nuovi dati di conoscenza. La necropoli protovillanoviana di Bismantova viene considerata come il diretto precedente del villanoviano emiliano. Localizzata nell'alto Appennino, come altre presenze dello stesso periodo sembra indicare la scelta di siti naturalmente protetti lungo itinerarî di penetrazione verso il N dall'Italia centrale. Va segnalato un ripostiglio rinvenuto casualmente a monte Battaglia nel 1984, nell'alta valle del Senio: і bronzi si riferiscono a un orizzonte cronologico piuttosto ampio (XIII-X . a.C.) e rientrano tipologicamente nelle componenti note dei ripostigli coevi dell'Italia peninsulare.

I nuovi dati consentono di constatare per questo periodo una concentrazione di abitati attorno a Bologna e a Verucchio, punti nodali rispetto al territorio circostante e determinanti per la scelta del sito dei centri urbani della prima Età del Ferro. Il Villanoviano è rappresenta dalle necropoli di Bologna (v.), Villanova e Verucchio nel Riminese. A Bologna e a Verucchio le tombe più antiche risalgono alla metà del IX sec. a.C.: è prevalente l'incinerazione e la deposizione delle ceneri entro urne biconiche. Verucchio, centro d'altura naturalmente fortificato nella bassa valle del Marecchia, ha caratteristiche topografiche simili ai centri dell'Etruria propria. Punto centrale di un comprensorio costituito da altri insediamenti minori d'altura e di media collina, mostra stretti rapporti con l'Etruria tirrenica di cui sembra costituire un avamposto adriatico. La sincronia con la periodizzazione del Villanoviano centro-italico e bolognese è indubbia, anche se al momento non è possibile indicare una sequenza cronologica precisa. Le ricerche condotte tra il 1970 e il 1972 hanno permesso di individuare l'abitato, che era situato a Pian del Monte, mentre le necropoli erano disposte attorno alla base della collina. Il rito funebre è quasi esclusivamente quello della cremazione; le tombe sono di vario tipo: a pozzetto, a fossa, a dolio, a cassette formate da lastre di pietra, entro grandi casse lignee, a pseudocamera (formata da una copertura di assi di legno sostenute da travi, come nella tomba 85 del fondo Lippi, all'interno della quale era conservato il mоbilio ligneo, costituito da un trono e tre tavolini). L'ossuario di terracotta biconico presenta nella fase più decorazione graffita geometrica; a volte ha come copertura un elmo di terracotta, uso sconosciuto nella Воlogna villanoviana, ma noto a Veio e a Tarquinia. Un altro elemento di rapporto con l'area laziale è la presenza di tripodi di bronzo e di scudi in lamina di bronzo rinvenuti nell'area dell'abitato e databili tra la fine dell'VIII e l'inizio del VII sec. a.C. Un aspetto originale del Villanoviano di Verucchio è fornito dai cinerari decorati a stampiglie o a bottoni a rilievo e con grandi anse traforate.

Particolarmente ricca e ben documentata è la fase orientalizzante, durante la quale si hanno corredi funerari attestanti personaggi di alto rango. Il ruolo del guerriero è indicato dalla presenza di armi (elmi, asce, spade), dal carro, dai morsi di cavallo. Le condizioni ambientali hanno consentito la conservazione di arredi lignei, fra cui va citato il trono istoriato dalla Tomba 89 del podere Lippi, con scene disposte su fasce e in schema araldico: vi è raffigurata la capanna, la tessitura, il carro, і guerrieri. Abbondantissima è l'ambra usata per fini oggetti d'ornamento (fibule a drago, a sanguisuga, bottoni, ciondoli) forse di produzione locale.

La ricchezza dei corredi funebri di Verucchio non ha confronto a Bologna e sembra offrire un quadro sociale diverso, con una classe emergente ben delineata. A Bologna (v.) gli accumuli di beni (come il ripostiglio di San Francesco, che potrebbe aver rivestito il ruolo di tesoro della città) e la monumentalizzazione di aree sacre (altari di Via Fondazza) indicano piuttosto una politica accentratrice di beni pubblici. Alla ricchissima documentazione di Bologna villanoviana, proveniente dagli scavi condotti tra la fine del secolo scorso e gli inizi del '900, si sono aggiunti nuovi dati sull'abitato, sulle necropoli e sui luoghi di culto. Il periodo che ha avuto un maggiore arricchimento di conoscenze è il Villanoviano IV (680-540 a.C.), che è suddiviso in quattro fasi. La diffusione della scrittura e l'individuazione di un luodi culto portano a identificare questo momento con la nascita dl Felsina.

L'Orientalizzante non giunge qui solo di riflesso rispetagli altri centri d'Etruria: p.es., і monumenti di Via Fondazza e la già nota stele di Via Tofane dimostrano una grandissima abilità tecnica nella lavorazione della pietra, un'apertura agli influssi esterni che vanno ricercati nell'Asia occidentale. Meno chiara è invece l'entità reale della successiva città etrusca.

Recenti indagini nella necropoli dei Giardini Margherita (1962, 1986) hanno restituito tombe a incinerazione databili al Villanoviano IV C (proto Certosa) e altre a inumazione con prevalenza di ceramica attica a figure nere e a figure rosse di stile severo della fine del VI-inizio V sec. a.C.

La funzione di collegamento svolta dal fiume Reno è indicata dal centro di Casalecchio (tombe villanoviane e abitato etrusco) e poi dalla nota città etrusca sita a Pian di Misano presso Marzabotto (v.).

Da Casalecchio doveva partire una via di transito pedemontana, che portava alla penetrazione etrusca nell'Emilia occidentale. Nei territori del modenese e del reggiano il popolamento è intenso, anche se sparso; si riconoscono addensamenti in corrispondenza di confluenze di corsi d'acqua o di incroci viari come Casalecchio, Savignano, Rubiera, Sant'Ilario. Sembra che Bologna costituisca il centro primario di un comprensorio che ha come risorsa principale l'agricoltura, lo scambio, ma anche la produttività metallurgica.

A SE nuovi dati sui popolamenti d'età villanoviana sono offerti dal ritrovamento di un disco terminale di stele antropomorfa dalla bassa valle dell'Idice non lontano da un gruppo di tombe e alcune strutture abitative. Il limite più orientale sembra segnato dalle tombe villanoviane rinvenute a Montericco presso Imola e Borgo Tossignano nella Valle del Santerno.

Attorno al 600 a.C. è ben documentato l'uso della scrittura in Emilia Padana: l'anforetta Melenzani, a cui si aggiunge la scoperta (1985-1986) sul greto del fiume Secchia, presso Rubiera (RE) di due monumenti funerari d'arenaria iscritti, ornati a rilievo da animali fantastici tratti dal repertorio orientalizzante e disposti in fasce comprese entro motivi vegetali. Una delle iscrizioni menziona uno zilat. È una delle più antiche notazioni della presenza di un magistrato tra la fine del VII e l'inizio del VI sec. in un'area periferica del mondo etrusco. Il sistema grafico dei testi scritti, proprio dell'Etruria settentrionale, avvalora l'ipotesi di una espansione di Chiusi verso l'Emilia occidentale, avvenuta tramite la città etrusca di Marzabotto (v.).

Tra la fine del VI e l'inizio del IV sec. a.C. si ha il momento di massima fioritura dell'Etruria padana.

Alla conoscenza delle necropoli spinetiche di Valle Trebba (scoperte nel 1922) e di Valle Pega del 1953, si aggiunse nel 1955 l'individuazione, per mezzo delle foto aeree nella Valle del Mezzano, dell'abitato di Spina (v.) indaga a partire dal 1965. Situata quasi alla confluenza del bacino con le valli Trebba e Pega, Spina ha rivelato una pianta di forma trapezoidale di c.a 6 ha con terreno bonificato mediante argini e palizzate.

Le abitazioni hanno strutture lignee, le strade erano lastricate parzialmente e con andamento N-NO e S-SE; si sono individuati inoltre piccoli canali. Gli scavi eseguiti nel periodo 1978-1981 hanno messo in luce un'abitazione di vaste proporzioni con ambienti delimitati da travi di legno.

A Bologna è stato indagato, nella zona dell'ex Villa Cassarini, un santuario etrusco frequentato dagli ultimi decenni del VI e agli inizi del IV sec. a.C.

Le indagini compiute tra il 1966 e il 1975 hanno evidenziato in Romagna un aspetto culturale sostanzialmente omogeneo tra VI e IV sec. a.C., noto principalmente attraverso le necropoli di Montericco (Bologna) e San Martino in Gattara (Ravenna), dove le sepolture di inumati sono disposte in circolo e ricoperte di pietre. Aspetti simili, anche se meno documentati, sono riscontrabili tra la Valle del Marecchia e la Valle del Santerno, sempre nelle necropoli, mentre più scarsi sono і dati relativi agli insediamenti.

Questi fenomeni insediativi e culturali vengono attribuiti a un movimento di genti centro-italiche, tra le quali gli Umbri sono considerati і principali protagonisti. La presenza degli Umbri in Romagna è ampiamente documentata dalle fonti (Plin., Nat. hist., III, 112; Strab., v, I, 7, II, 2, I): Rimini e Ravenna vengono considerate colonie degli Umbri.

Alcuni gruppi di Celti transalpini, calati nell'Italia settentrionale all'inizio del IV sec. a.C., si stabilirono nella pianura a S del Po fino alle attuali Marche, portando un mutamento sociale ed economico, e causando la decadenza о la distruzione dei grandi centri. Tuttavia sembrano rimanere intatti і rapporti con l'Etruria, testimoniati dalla presenza di bronzi, gioielli, ceramiche nelle tombe galliche di Bologna, associati con oggetti, come fibule e armi, che indicano stretti rapporti con і gruppi celtici danubiani e centro-europei e attestano una convivenza tra Celti invasori e popolazioni indigene, come confermano le ricerche sistematiche condotte dal 1978 a Monte Bibele nel comunе di Monterenzio. Sul fianco orientale del monte denominato Pianella di Monte Savino è stato indagato un piccolo abitato d'altura, su terrazzamento artificiale, con case costruite in pietra e disposte secondo un piano regolare. La relativa necropoli, sulla sommità di Monte Tamburino, ha restituito centoventi tombe, і cui corredi confermano la fusione tra la componente autoctona etrusca e quella celtica. Tracce d'incendio indicano le cause della fine dell'insediamento; la presenza di alcune dracme d'argento d'imitazione massaliota (fine IlI-inizî II sec. a.C.) ne consente la datazione.

I ritrovamenti recenti riferibili al periodo gallico sono pochi, ma significativi come la tomba di Canova di Valbona nella Valle del Santerno, con la panoplia già documentata a Monte Bibele e in Romagna, e la tomba di Misano Adriatico con armille lateniane, che fornisce dati su una presenza celtica (La Tène B2) in un territorio quasi ai confini con le Marche.

Nel IV sec. a.C. continua a Spina l'importazione di vasi attici, attestati dai corredi funerari, nei quali a partire da questo periodo compare la c.d. ceramica alto-adriatica e la produzione a vernice nera sia d'importazione sia fabbricata localmente. Le recenti scoperte a Ravenna e a Rimini attestano realtà urbane emergenti, documentate da significativi materiali databili tra IV e III sec. a.C.: bronzi e ceramica d'importazione dall'Etruria settentrionale, ma anche oggetti di produzione locale, tra cui da segnalare una ceramica grigia stampigliata, che riprende bolli dell'atelier des petites éstampilles. Dopo la battaglia di tino (295 a.C.), і Romani, vincitori di una coalizione formata da popoli italici e da Galli, iniziano la conquista della Cispadana volta ad assicurare і porti, come testimonia la fondazione nel 268 a.C. della colonia di diritto latino di Ariminum alle foci del Marecchia, e a controllare і passaggi appenninici con la conquista dell'umbra Sarsina nella Valle del Savio. Nel 218 a.C. vengono fondate a tutela dei guadi del Po le colonie di diritto latino di Piacenza e Cremona, che, distrutte in seguito alla guerra annibalica, verranno rifondate nel 190 a.C. Il potere romano fu poi consolidato, in seguito alla sconfitta dei Boi da parte di Scipione Nasica, dalla fondazione della colonia di Bononia nel 189 a.C. e nel 183 dalla fondazione di Mutina e Parma.

Lungo il tracciato della Via Aemilia (187 a.C.) si formeranno і centri per alcuni dei quali è accertata l'origine indigena. I principali sono: Forum Popilii, Forum Livii, Faventia, Forum Cornelii, Claterna, Forum Gallorum, Regium Lepidum.

L'agro centuriato, che era stato una conseguenza della fondazione di Ariminum del 268, viene accresciuto con nuove assegnazioni e con la sistemazione territoriale torno alla Via Aemilia, con la conseguente opera di bonifica e di organizzazione agraria, di cui resta una precisa testimonianza in tutta la regione attraverso il tracciato delle vie, dei canali, delle strade poderali in asse con la Via Aemilia, che funge da decumano principale.

Tra il III e la prima metà del sec. a.C. si compie quel processo di romanizzazione della regione, che si può dire si sia completato con gli inizi dell'età augustea. L' arricchimento demografico che si riscontra al momento della deduzione delle colonie (basti considerare і seimila coIoni di Ariminum) contribuisce non solo alla trasformazione dell'assetto territoriale, ma anche all'acculturazione delle popolazioni indigene.

La documentazione archeologica degli ultimi decenni ha in alcuni casi offerto nuove conoscenze: nell'edilizia pubblica, a Rimini (v.), dove era già nota la cinta delle mura repubblicane, nuovi scavi attorno all'Arco di Augusto hanno permesso di conoscere meglio la struttura in arenaria locale a grandi blocchi diseguali, mentre il rifacimento delle mura stesse in età sillana sembra meglio documentato attorno al sito originario della Porta Montanara.

A Ravenna (v.), divenuta «latina» nell'89 a.C., sono state messe in luce le mura repubblicane, costruite con toni quadrangolari siglati. La datazione può fissarsi tra la fine del II e l'inizio del I sec. a.C. Le mura avevano successivamente perso ogni destinazione difensiva, perchè erano state spianate e sopra era stata costruita una domus nel II . d.C. Avevano un torrione ed erano larghe m 2,60.

Durante l'età sillana in varie parti della regione è documentato un rinnovamento edilizio. È lo stesso periodo, attorno alla guerra sociale, in cui divennero municipi le colonie di Rimini, Bologna e Piacenza. Elementi architettonici riferibili a questo periodo sono і capitelli corinzio-italici di San Lorenzo a Monte presso Rimini e le colonne scanalate da Piazza della Penna a Piacenza (v.).

A Bologna un teatro nasce in età repubblicana. Sorgeva immediatamente all'interno del limite meridionale della città, con і principali assi costruttivi disposti in lieve divergenza rispetto agli assi ortogonali dell'impianto urbano.

A Reggio Emilia (v.) è stata indagata tra il 1980 e il 1982, in un'area urbana di età romana fortemente trasformata in epoca medievale e moderna, parte di una domus di tipo ellenistico (inizî II-metà sec. a.C.) con pavimenti in opus signinum.

A Parma (v.), sotto il golfo mistico del Teatro Regio, uno scavo stratigrafico condotto nel 1977 ha messo in luce una domus di età augustea.

A Rimini nella prima età augustea è documentata la domus a peristilio. Nel II sec. d.C. già si avvertono i primi segni di crisi nelle ville suburbane di tutta la regione.

Alcune città nel II . invece raggiungono il momento di massima espansione: notevoli, in particolare, rinnovamenti edilizi riscontrati a Reggio Emilia e a Modena.

A Rimini nel II . d.C., contemporaneamente alla costruzione dell'anfiteatro, è testimoniata una ricca fase edilizia in corrispondenza dell'ex Palazzo Gioia.

A Ravenna, nella casa rinvenuta sotto la Basilica di Santa Croce sono documentati pavimenti musivi datati tra il II e sec. d.C.; la domus scavata nel 1980 durante і lavori di ristrutturazione della Banca Popolare ha rivelato almeno tre fasi edilizie, con intonaci e pavimenti musivi circoscritti tra il II e il III secolo d.C. A Classe l'edificio romano rinvenuto sotto la chiesa di San Severo è databile per lo stile dei mosaici geometrici in bianco e nero e per і mattoni bollati utilizzati nelle murature con il nome dell'imperatore Adriano, alla metà del II . d.C.

Per il sec. mancano riferimenti per molte città e inizia la crisi economica; a partire dalla fine del IV . è documentato in alcuni centri un rinnovamento edilizio che viene messo in rapporto con le classi dirigenti gravitanti attorno alla corte di Onorio e che è testimoniato attraverso і ricchi pavimenti musivi che adornano le domus di Rimini, Faenza (v.) e Ravenna e che attestano la presenza di maestranze di mosaicisti, attive anche in centri più lontani dalla costa, come Modena (mosaico di Vicolo dell'Asse).

Edifici urbani di età tardoantica con ricchi pavimenti a mosaici policromi sono stati rinvenuti a Rimini nella fase tarda di Palazzo Gioia, tra cui si ricorda un mosaico figurato con una scena di offerta, che si può datare al pieno V sec. d.C. A questa fase edilizia appartengono і mosaici provenienti dall'ex Hotel Commercio e dall'area del mercato coperto, і cui motivi geometrici trovano confronto a Ravenna, Classe e Aquileia (v.). E ancora un edificio tardo è stato individuato a Palazzo PalIoni, dove si succedono diverse fasi, la più tarda delle quali offre una grande stanza con motivo a esagoni centrali e quadrati impostati sui lati esterni, secondo uno schema che troverà ulteriori sviluppi per es. in San Vitale a Ravenna.

A Faenza (v.) recenti rinvenimenti di notevoli mоsaici tardoantichi indicano la presenza di importanti personaggi, forse legati alla corte di Ravenna.

L'attività di scavo a partire dal 1964 a Ravenna e Classe ha offerto nuove conoscenze su questi due cen tri. A Ravenna nel 1968 è stato indagato un insediamento palafitticolo databile tra il IV e il sec. a.C. Impianti produttivi di sigillata nord-italica a rilievo con matrici per bicchieri tipi Асо e coppe tipo Sarius Surus sono stati individuati nella zona a NO della città, vicino a un bacino portuale. Le necropoli disposte lungo dossi sabbiosi si trovavano a E della città: dietro l'abside di San Giovanni Evangelista sono state scavate tombe a incinerazione che utilizzavano cinerari in vetro e urnette di marmo.

Nel 1973, non lontano dai resti del cosiddetto Palazzo di Teodorico fu rinvenuto un sarcofago di marmo a cassapanca, con coperchio a tetto a doppio spiovente e acroteri angolari racchiudenti ritratti di fanciulli: dedicato a Tiberio Claudio Felice Vittorino, è databile entro la prima metà del sec. d.C.

A Classe, tra il 1964 e il 1969, è stata messa in luce la chiesa di San Severo consacrata alla fine del VI . d.C.: a pianta basilicale, a tre navate scandite da 12 colonne, con l'abside esternamente poligonale e internamente circolare, ha restituito numerose porzioni del pavimento musivo. La chiesa si elevava sopra una domus romana con vasche, impianti di riscaldamento e pavimenti a mоsaico geometrico in bianco e nero, databile attraverso і bolli sui mattoni, col marchio dell'imperatore Adriano, alla metà del II sec. d.C.

L'impianto portuale sito nel podere Chiavichetta è in corso d indagine a partire dal 1974. Gli scavi hanno evidenziato il canale portuale, impianti produttivi, magazzini, strade selciate. La parte esplorata riguarda il periodo tardo imperiale e bizantino.

Le ricerche nell'ambito delle necropoli classicane hanno restituito importanti dati sia sulla ubicazione topografica delle stesse, sia sulla tipologia delle sepolture.

Lungo la via Romea Vecchia, nel 1968, è stata scoperta una necropoli, con tombe a incinerazione e stele aniconiche, con ritratti, dedicate ai classiarî e ai loro familiari, databili tra la fine del I e l'inizio del II sec. d.C. Nel sepolcreto della Marabina sono stati scoperti due monumenti a tamburo, costruiti in opus testaceum; l'utilizzazione di mattoni bollati col nome dell'imperatore Commodo permette di datarli verso la fine del II sec. d.C. Si hanno ancora sepolture in anfore, sarcofagi in mattoni e sarcofagi di marmo e di pietra calcarea, come quello dedicato al liberto Vibio Proto da Vibio Seneca, prefetto della flotta (già noto da un'iscrizione trovata a Efeso, quale praepositus delle vexillationes delle flotte di Miseno e Ravenna) e databile attorno al 246 d.C. Molti sarcofagi ravennati non sono finiti e ciò suggerisce l'ipotesi che fossero attive a Ravenna officine lapidarie dove si producevano stele e sarcofagi.

Il patrimonio epigrafico ravennate si è arricchito di alcune iscrizioni particolarmente importanti, come una stele gladiatoria e un frammento di un'iscrizione onoraria di età augustea, riutilizzata nelle costruzioni dell'impianto portuale.

Una necropoli scavata a Classe nel corso del 1990 ha restituito oltre cento sepolture, alcune con vetri e gioielli, e otto epigrafi funerarie, di cui una in lingua greca, databili tra il I e il IV . d.C.

L'architettura funeraria ha un nuovo documento in un monumento a tamburo rinvenuto nel greto del Secchia presso Rubiera (RE); lo stesso dicasi per і continui ritrovamenti di aree sepolcrali o piccoli gruppi di tombe sparse in tutta la regione. Pochi sono і nuovi apporti nell'ambito della scultura colta. A Rimini, dal greto del fiume Marecchia è stata recuperata una testa in marmo raffigurante l'imperatore Augusto. Malgrado la scultura abbia una superficie molto rovinata, vi si riscontra finezza di lavorazione anche nei dettagli: può essere datata entro il primo venticinquennio del I sec. d.C. Dalla zona classicana, nell'area della basilica petriana è stata casualmente rinvenuta una testa di marmo raffigurante una Tyche, datata alla metà del II sec. d.C.

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Etruschi: G. A. Mansuelli, Formazione delle civiltà storiche nella Pianura Padana Orientale. Aspetti e problemi, in StEtr, XXXIII, 1965, pp. 3-47; G. Colonna, Ricerche sugli Etruschi e sugli Umbri a nord degli Appennini, in StEtr, XLII, 1974, pp. 3-24; id., La Romagna tra Etruschi, Umbri e Pelasgi, in La Romagna tra VI e IV sec. a.C., cit., pp. 45-65; J. Ortalli, G. Bermond Montanari, Il complesso monumentale protofelsineo di Via Fondazza a Bologna, in StEtr, LIV, 1986 (1988), p. 15-45; GColonna, Gli Etruschi della Romagna, in Atti del Convegno «Romagna protostorica», cit., pp. 37-44; G. Bermond Montanari, Romagna tra IV e III sec. a. C., ibid., p. 45; G. Sassatelli, La città etrusca di Marzabotto, Bologna 1989; G. Bermond Montanari, Nuove iscrizioni etrusche da Rubiera, in Atti II Congresso Internazionale Etrusco, Firenze 1985 (StEtr, Suppl.), Roma 1989, pp. 1567-1577.

Periodo romano: R. Chevallier, La romanisation de la Celtique du Po (BEFAR, 249), Roma 1983; D. Baldoni, N. Giordani, L. Malnati, J. Ortalli, Alcune osservazioni sulla romanizzazione della Valle Padana, in Atti del Colloquio Internazionale, Celti ed Etruschi nell'Italia centro-settentrionale dal V sec. a.C. alla romanizzazione, Bologna 1985, Bologna 1987, pp. 397-404; S. Gelichi, L. Malnati, J. Ortalli, L'Emilia centro-occidentale tra la tarda età imperiale e l'alto medioevo, in A. Giardina (ed.), Società romana e impero tardoantico, III, Le merci e gli insediamenti, Bari 1986, pp. 545-645; J. Ortalli, Il teatro romano di Bologna (Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna. Documenti e Studi, XIX) Bologna 1986; M. G. Maioli, L'edilizia privata tardoantica in Romagna. Appunti sulla pavimentazione musiva, in CorsiRavenna, XXXIV, 1987, pp. 209-251; J. Ortalli, с. De Angelis, P. Foschi, La rocca imperiale di Bologna (Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna. Documenti e Studi, XXII), Bologna 1989; Modena dalle origini all'anno Mille, Studi di Archeologia e Storia (cat.), 2 voll., Modena 1989; G. Bermond Montanari, L'impianto urbano e і monumenti, in Storia di Ravenna, I, L'evo antico, Venezia 1990, pp. 223-255; ead., Nuovi monumenti epigrafici dal territorio di Classe, in CorsiRavenna, XXXVIII, in corso di stampa.

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