AFGHĀNISTĀN

Enciclopedia Italiana (1929)

AFGHĀNISTĀN (A. T., 92)

Antonino PAGLIARO
Virginia Vacca
Michele GORTANI

Stato musulmano dell'Asia Anteriore. Il nome Afghānistān (sede degli Afghān) non corrisponde alle condizioni etnografiche (vi sono numerose popolazioni non afghāne entro i confini, e molte tribù afghāne fuori), ed è in uso soltanto dalla metà del sec. XVIII, quando si affermò la supremazia degli Afghāni sulle altre razze.

Afghān è vocabolo di origine letteraria, per cui si hanno documenti sicuri solo dal sec. XI in poi; se ne sono date varie spiegazioni ('Ασσακάνοι, Ασπάσιοι, di Arriano, 'Αστακηνοί e Ιππάσιοι di Strabone, Aśwaka del Mahābhārata, ecc.), nessuna delle quali è storicamente e filologicamente persuasiva. Cfr. qui avanti Etnografia.

Delimitazione ed estensione. - L'Afghānistān confina a N. con le repubbliche sovietiche dei Turcomanni, degli Uzbeki e dei Tāgīk (già khānati di Khīvā e Bokhārā e Turkestān russo), ad O. con la Persia, ad E. e a S. col Kashmīr, col territorio delle tribù indipendenti del confine indiano, con la Provincia della Frontiera nord-occidentale dell'India e col Belūcistān.

Superficie, circa 700.000 kmq. Si trova fra il 29°50′ e 38°35′ di lat. N., e 61°20′ e 72° circa di long. E. (74°50′ calcolando la lingua di territorio del Wakhān). Massima larghezza, da NE. a SO., 1150 km. circa; massima lunghezza, dal confine presso Herāt al passo di Khaibar, circa 950 km.

Soltanto a SE. con i monti dell'Indipendent Territory e a N. con l'Āmū Daryā l'Afghānistān possiede confini naturali ben definiti. Ad O., NO. e S. il suo territorio si confonde con le regioni circostanti, donde i frequenti conflitti coi vicini.

Morfologia e geologia. - Il territorio, ove si tolga il bacino del fiume Kābul, tributario dell'Indo, spetta alle zone asiatiche interne. l caratteri più tipici di tali zone sono presentati dall'altipiano iranico, che nonostante la relativa vicinanza del mare è fra le plaghe più aride del globo. Può considerarsi un deserto tutto l'Afghānistān meridionale, dove il corso del fiume Hilmand o Helmand (quivi generalmente asciutto d'estate) sepata la grande piana salata e steppica del Dāsht-i Margo dallo squallido deserto del Registān. I punti più depressi sono occupati da distese salate palustri e lacustri, fra cui le maggiori sono il Gōd-i Zirah (430 m.) all'estremo S., e più a N., verso la Persia, i due Hāmūn-i Farāh (o -i Salvari, 500 m circa) e Hāmūn-i Savarān [o -i Puzak, 510 m.), in cui sfociano lo Helmand e gli altri corsi d'acqua che bagnano l'Afghānistān di S. e SO. Le conche lacustri rompono l'uniformità desolata delle distese steppiche e delle desertiche sabbiose o incrostate di sali abbaglianti. Il deserto si continua, facendosi ghiaioso e petroso, anche sui monti che si elevano in mezzo o sui margini dell'altipiano; monti che appaiono ripidi, nudi, aridi, in contrasto con le valli profonde che li solcano e nelle quali si trova frescura e abbondanza di acque e di vegetazione arborea ed erbacea.

Delle catene racchiudenti l'altipiano iranico spetta all'Afghānistān solo una piccola parte del grande arco meridionale, col versante interno del Toba Kokar (Sulaimān) e del Sefīd Kūh (culminante col Sikaram a 4761 m.); mentre gli spetta per intero il sistema delle catene marginali settentrionali, a oriente della profonda incisura trasversale del medio Harī Rūd. Questo complesso montuoso, a cavaliere del quale si stende ampiamente l'Afghānistān, e che può quindi chiamarsi sistema afghāno, presenta un fascio di tre principali catene dirette da O. ad E. La catena assiale mediana, lunga più di 1300 km., nella metà occidentale prende il nome di Paropamiso o Bānd-i Bābā e culmina a 3590 m.; poi continua, sempre più elevandosi verso E., col Hindū Kush (Caucaso Indiano), le cui cime maggiori sorpassano i 7000 m. Una serie di valli longitudinali separa la catena assiale dalla catena settentrionale, che con vari nomi (Bānd-i Turkestān, Khōgiah Moḥammed ecc.) si eleva sul margine dell'altipiano, dominando le distese sabbiose che scendono all'Āmū Daryā. Ancor meglio delineata è la valle longitudinale, in gran parte percorsa dal Harī Rūd superiore, che da Herāt alla valle di Kābul si deprime fra la catena assiale e la catena meridionale del sistema: distinta quest'ultima coi nomi di Sāfīd Kōh e Kasamurgh nel settore O., Bānd-i Baiān al centro, Kōh-i Bābā nel settore E., e spingente le sue cime da 3-4000 m. nel primo tratto a 5000 e 5143 nell'ultimo. A queste o al Hindū Kush si raccordano alcune catene decorrenti dal deserto di Registān in direzione di NE., come quelle dei Kūh-i Wālā (3865 m.), Kūh-i Sāngan (3930 m.) Kūh-i Khūrd (3986 m.), e le altre che serrano il fresco bacino del fiume Kābul ricco di acque.

Morfologia e geologia di tutti questi rilievi sono poco note. Nella zona fra Herāt e Kābul tanto la catena assiale quanto la meridionale dànno l'impressione di un paesaggio montuoso assai antico, spianato dall'erosione, indi ringiovanito in seguito a energico sollevamento, con forte approfondimento della rete idrografica in un sistema di valli a ripidi versanti. Vere gole paurose sono le profondissime incisure trasversali per cui il Harī Rūd, il Murghāb e i tributarî dell'Āmū Daryā piegano scendendo verso N. Conglomerati alluvionali terrazzati di anche 100 m. di potenza riempiono il fondo delle valli, indicando un clima quaternario assai più ricco di precipitazioni; le tracce glaciali si limitano invece ai circhi elevati.

La serie geologica comprende:

1) Scisti cristallini con rocce granitiche e porfitiche, che sono presenti nelle catene maggiori e traspaiono sotto i depositi recenti anche nelle pianure verso la Persia e il Belūcistān.

2) Scisti, arenarie e calcari marini paleozoici, almeno in parte devonici e carbonici, segnalati nel Hindū Kush, nel Kūh-i Bābā e nei distretti di Herāt e Kābul: a SE. di Kāhul si hanno sedimenti paleozoici metamorfosati e ricoperti da calcari marini permo-triassici a facies himalayana.

3) Terreni giurassici d'acqua dolce e terrestri con letti di carbone, e arenarie rosse del Cretaceo inferiore, segnalati tanto nella catena assiale quanto nella catena immediatamente a S., ed anche alla base della catena settentrionale.

4) Calcari del cretaceo superiore, formanti quasi per intero la catena settentrionale e assai diffusi in gran parte della regione.

5) Terreni marini del Miocene inferiore, cui seguono potentissimi depositi miocenici d'acqua salmastra e lagunari, tanto verso la depressione aralo-caspica quanto nei bacini iranici interni; terreni pliocenici e quaternari lacustri e terrestri.

6) Rocce vulcaniche svariate che sembrano per la maggior parte terziarie.

La regione, precedentemente corrugata e soggetta a lunga erosione, subì verso la metà del Miocene un energico sollevamento, che isolò il grande bacino neogenico interno, dove la progressiva evaporazione ebbe per effetto la deposizione di ingenti banchi salini e gessosi.

Cotesti banchi sono ampiamente sfruttabili. Fra le altre risorse minerarie della regione, tuttora mal note, si citano: zolfo (almeno in parte di origine vulcanica) verso i confini con la Persia (le maggiori quantità vengono dal Hazāra e da Pīrkisrī verso il Sīstān), carbone (giurassico) nell'Afghānistān settentrionale, piombo e antimonio in varî distretti (Feringhial nella valle del Ghorband nell'alta valle del Koksha e presso Herāt), ferro (ematite devonica del Hindū Kush, magnetite della catena del Paghman), argento (antiche miniere della val Panǵshīr), oro (piccole quantità nei fiumi del Laghman), rubini (antica miniera di Susst, nell'alto Amū Daryā), lapislazzuli (miniera classica dell'alta val Kolksha, come la precedente nell'estremo NE. della regione).

La temperatura minima osservata in Kābul è di −2o°; le massime variano da 32° a 38°. I mesi più freddi sono gennaio e febbraio, i più caldi luglio e agosto. Le variazioni di temperatura giornaliere ed annue sono grandi. La variazione annua è compresa tra 25° e 28° (Kerki 27°, Pamirski Post 32°, Kelāt 20°,5, Ciāman 24°,8, Peshāwar 23°,1). La variazione diurna oscilla da 15° a 20°. Kābul è in una grande valle a conca, che in estate si scalda fortemente e d'inverno è spazzata da venti freddi.

La pressione atmosferica è massima in febbraio, minima in ottobre. Nell'inverno si hanno alte pressioni; l'aria scorre allora verso le zone di bassa pressione a S. e a SO. Come nell'Īrān, il periodo delle alte pressioni coincide con le piogge, quello delle basse pressioni con la siccità. I venti del N. soffiano dai centri di grande pressione nell'Asia centrale, quasi sempre nell'inverno. In estate, da maggio a novembre, quando la pressione è bassa, il cielo è sempre azzurro, senza nubi, e la pioggia assai rara. Anche in questa epoca nell'Īrān e nella maggior parte dell'Afghānistān si hanno venti del N. Nell'Afghānistān settentrionale le piogge cominciano a metà ottobre. Novembre è nuvoloso, con frequenti piogge; dicembre è fosco, umido, freddo. Gennaio e febbraio sono i mesi più freddi, marzo è variabile; in aprile piogge comuni, dal maggio a metà ottobre sereno.

Il Paropamiso costituisce una divisione naturale per il clima: in gennaio e febbraio cade spesso neve, specialmente sui monti fino a Giagdalak, ma verso E. la neve cessa; Gelālābād ha un clima dolcissimo, in pieno inverno fioriscono rose, narcisi, mentre a Kābul e nel Siyāh Kush si hanno freddi intensissimi.

L'Afghānistān è nel complesso una regione di transizione tra il clima dei venti etesî ed il clima dei monsoni, una regione di passaggio tra l'India e l'Īrān.

Idrografia. - I fiumi dell'Afghānistān versano nei tre bacini dell'Indo, del Helmand e dell'Āmū Daryā. La regione onde partono i principali è nel Kōh-i Bābā; lo spartiacque fra la regione senza scolo e quella periferica procede lungo la cresta del Hindū Kush, passa ad O. sul Kōh-i Bābā, prosegue in direzione S. e SE. lungo la catena dell'Afghānistān centrale, e continua col Sefīd Kōh.

Il Kābul ha origine presso il passo di Unai, sulle pendici SE. del Kōh-i Bābā, lascia a destra Gelālābād, attraversa il passo di Khaibar, e si getta nell'Indo presso Attock. Ha un percorso di circa 500 km., e riceve le acque delle pendici meridionali del Hindū Kush a sinistra, e dello spartiacque settentrionale del Sefīd-Kōh a destra. Tra i suoi affluenti sono da menzionare: a sinistra il Tagāo, che sorge dal Hindū Kush a N., il Lōghar da S. (militarmente importante ove attraversa la strada Ghaznī-Kābul), il Bara, che sorge nella regione degli Afrīdī, lo Swāt, il Panǵshīr, l'Alishang e il Kunar, che hanno origine nel Kāfiristān; a destra il Kābul riceve soltanto il Surkh-rūd. Questi fiumi, benché di scarso volume, raccolgono le acque di regioni assai vaste, e segnano importanti vie militari e commerciali fra l'India e l'altipiano.

Il Helmand (Haetumat dell'Avesta, gr. Etymandros o Erymanthos) sorge preso il Kābul, scorre in direzione SO. fino a 180 km. circa al disotto di Girishk, quindi volge ad O., e dopo un 115 km. in tale direzione, a NO., e sbocca nel Lago di Sīstān. I.'intero suo corso è di circa 1200 km. Dopo Girishk è navigabile. Viene largamente sfruttato per l'irrigazione. Il suo affluente di sinistra, l'Arghandāb (Avesta Harawaiti, gr. Arachotis), ha numerosi affluenti: Tarnak, Arghāsan, Dori e Lora. Altri fiumi ad E. del Helmand, che seguono la stessa direzione, sono: il Kash-rūd, il Farāh-rūd e il Harūt-rūd.

Il gruppo dell'Āmū Daryā comprende il Murghāb e il Harī-rūd. L'Āmū Daryā (Oxus), che nasce nell'altipiano del Pāmir, col nome di Pangiah, segna il confine N. e NE. dell'Afghānistān per un 500 km. Il Harī-rūd sorge dalle pendici meridionali del Kōh-i Siyāh, a 34°30′ di lat. e il 67° di long., e volgendo ad O. passa a S. di Herāt. Poco al di sotto di questo gomito volge a N., lascia il territorio afghāno presso la ramificazione più settentrionale del Paropamiso, e volgendo nuovamente a NE., si divide in due rami, e va a perdersi nelle paludi del Turkestān russo. Herāt e la sua valle sono irrigati da canali provenienti dal Harī-rūd. In estate le sue acque sono scarsissime. Ha un solo affluente importante, il Tagāo-Ishlan. Fra Āhenghirān e Khaussi attraversa una gola inaccessibile, dalle pareti che scendono a picco per un centinaio di metri.

Il Lago di Hāmūn, nel Sīstān, riceve dalla laguna di Naizar, nei periodi di piena, le acque dei fiumi Helmand, Farāh, Kushk e Harūd. Esso si trova parte in territorio afghāno, parte in quello persiano. Le sue acque, assai debolmente salate, sono potabili. Il suo bacino, poco esteso nei periodi di magra, si allarga enormemente in direzicne S. quando i fiumi sono in piena, raggiungendo un'estensione di 20 km. per 150, e si riversa allora nella depressione detta Gōd-i Zireh; ciò avviene ogni dieci anni circa.

Le principali suddivisioni naturali sono tre: la regione montuosa centrale, che occupa la massima parte del paese, la regione meridionale, di steppe e deserti, quella settentrionale (Turkestān afghāno) formata di steppe, colline e montagne, attraversate da fertili valli.

La regione montuosa si divide in quattro parti: a) Hazāra (v.) altipiano dell'Afghānistān centrale; b) Hindū Kugh, Paropamiso e Kōh-i Bābā; c) regione di Kābul (v.), Kāfiristān (v.) e Sefīd Kōh; d) catene indo-afghāne e del Belūcistān. La pianura del Turkestān (antica Battriana) è poco elevata; il capoluogo, Mazār-i Sherīf, è a 377 m. s. m.; i suoi fiumi, Sangalak, Ister, Balkhāb, Khulm, si perdono nelle sabbie prima di raggiungere l'Āmū Daryā, formando paludi malsane. La regione meridionale, prossima al confine persiano, è divisa dal Helmand in due zone desertiche: Sīstān ad O. e Registān ad E., di circa 150.000 kmq. complessivamente.

Per la flora e la fauna v. asia.

Etnografia.

Il territorio compreso nei confini dello stato afgāno fu occupato nell'antichità da popoli īrānici; ma le successive immigrazioni vi hanno costituito un quadro etnico assai complesso, nel quale gli elementi īrānici propriamente detti sianno accanto ad elementi indo-ariani e turco-mongolî. Al gruppo īrānico appartengono i Tāgīk (Tagicchi), i Qizilbāsh e gli Afghāni propriamente detti.

I Tāgīk sono la primitiva popolazione īrānica, diffusa in tutto il paese prima dell'espansione degli Afghāni, che li respinsero dalle valli più fertili. I Tāgīk del Pamir, pastori e agricoltori, vivono ai piedi del Hindū Kush settentrionale e negli altipiani del Pāmir orientale; essi formano tribù, mentre i Tāgīk agricoltori e artigiani del Badakhshān e dell'Afghānistān centrale sono organizzati in comunità per villaggi. I Qizilbāsh sono Turcomanni, passati in Afghānistān nel sec. XVIII; appartengono alla borghesia delle città. Gli Afghāni, dei quali si parla per la prima volta nel sec. XI, abitavano allora la regione dei M. Suleimānī, ove ancor oggi vive la tribù dei Wazīrī e si parla il pashtō più puro. Si sono estesi sempre più a N. e ad O., conservando però la sede principale a S. La tribù dominante dei Durrānī rivendica a sé sola il nome di Afghān e una mitica origine israelitica (discenderebbe da Saul, attraverso Qais ‛Abd ar-Rashīd, compagno di Maometto), pur riconoscendo la propria identità di razza e di lingua con le altre tribù che parlano pashtō e si chiamano perciò pakhtūn (plur. pakhtāna, vocabolo che in India è diventato pathān, e designa gli Afghāni di oltre confine). Tale distinzione è recente ed arbitraria.

Ecco una lista delle principali tribù afghāne, con le loro sedi: Durrānī, divisi in numerose sotto-tribù, abitano la regione di Qandahār, fino al Sīstān e alla valle di Herāt. Ghilzā'ī, numericamente superiore ai Durrānī e d'importanza poco minore, si trovano a Kābul, Ghaznī, e nella regione che va dall'altipiano a N. di Qandahār fino ai M. Suleimānī, sul confine indiano. Kākar, a S. dei Ghilzā'ī, nel Belūcistān britannico. Afrīdī, Tirāh e passo di Khaibar. Ōrakzā'ī e Zaimuht, a S. del Khaibar. Bangash, Giāgī e Tūrī, sul passo di Kuram. Shīnwārī, a O. del Khaibai e sulle pendici settentrionali del Sefīd Kōh. Mohmand, a N. del Khaibar; Yūsufzā'ī, sui monti del confine indiano a N. di Peshāwar. Darwīsh Khēl, nel Wazīristān settentrionale e occidentale. Maḥsūd, nel Wazīristān centrale. Daur sul passo di Tōcī. Batanī, nel Wazīristān orientale. Sherānī a Takht-i Suleimān.

Le tribù hanno capi ereditarî, ma la supremazia passa da una famiglia all'altra. La vendetta ereditaria è osservata come un obbligo sacro, fra tribù e nelle famiglie anche della stessa tribù. Gli Afghāni sono dediti alle armi, all'agricoltura, al brigantaggio e alla pastorizia, refrattarî all'artigianato e al commercio; hanno dimostrato recentemente notevoli attitudini meccaniche. Hanno le qualità e i difetti dei montanari, dei guerrieri, e delle popolazioni povere, fanatiche e primitive. Le nostre fonti, per lo più inglesi, insistono specialmente sui difetti.

Il gruppo indo-ariano comprende i Kāfiri, i Citrāli, i Dardi (v.).

Il gruppo turco-mongolo consta dei Ciahār Aimāq (o quattro tribù) Hazāra (v.) e Uzbeki (v.). Il territorio limitato ad E. dal 68° meridiano e ad O. dal 64° parallelo, a N. dalle pendici meridionali del Bend-i Turkestān e a S. dalla meridiana di Ghaznī, è occupato dagli Hazāra nella parte E, dagli Aimāq in quella O. e NO. In quale epoca gli Uzbeki si siano stabiliti nell'Afghānistān settentrionale non è noto.

Solo nelle regioni montuose la popolazione si è conservata pura; nelle pianure e vallate, e specialmente nelle città, è assai mista. A Herāt prevale l'elemento persiano, a Qandahār quello afghāno, a Kābul, fìn dai tempi più antichi, vi è mescolanza di elementi disparati.

I tipi di casa variano da una regione all'altra. Generalmente si costruiscono di mattoni rettangolari di argilla mista a paglia tritata, seccati al sole. Nelle città, specie a Kābul, si rinforzano con travi di pioppo per resistere ai frequenti terremoti. Per lo più hanno un solo piano e mancano di finestre sulla strada; talvolta vi è una piccola veranda di legno. Le abitazioni agiate hanno due cortili; quello interno è riservato alle donne. Nell'O. la casa è di tipo persiano, con tetto a volta a cupola (Qandahār). In montagna le case sono costruite di pietre sovrapposte; nel Hindū Kush centrale si trovano piccole abitazioni rotonde di pietra, che ricordano le jurte kirghise. Nel Kāfiristān e nelle valli del Hindū Kush i villaggi sono spesso su di un pendio, e il tetto di una casa serve da terrazzo a quella superiore. Una piccola parte della popolazione afghāna è troglodita (v. bāmyān).

L'ammobiliamento è primitivo; i poveri dormono per terra e tengono la poca roba in cofani di legno e cuoio. Nelle case agiate si usa il ciārpāi, letto formato di un telaio a quattro zampe, con rete di corde. Il riscaldamento si fa con braceri. L'uso di tappeti e stuoie per la preghiera è generale. L'alimentazione è semplice: molte frutta, poca carne, per lo più ovina, molto the, nessuna bevanda alcoolica.

Gli uomini portano tutti la barba, talvolta tinta con hennè; usano larghi calzoni (fin sotto il ginocchio nelle campagne, fino alla caviglia in città), camicia sciolta, lunga fino al ginocchio, spesso ricamata; larga cintura, panciotto di panno o velluto, imbottito e ricamato in oro; sandali a punta rialzata. Il turbante varia di forma e colore secondo le tribù. Nelle città le persone civili portano un piccolo fez di astrakan o di stoffa; i ricchi spesso adottano il costume europeo da equitazione. D'inverno portano giacche di pelle di pecora con la lana all'interno (pōstīn) o scialli di lana a righe.

Il costume femminile è un abito intero accollato, che giunge poco sopra la caviglia, con maniche al polso. Sotto, larghi calzoni chiusi alla caviglia, in testa uno zucchetto ricamato d'oro; i capelli divisi ed intrecciati, sono coperti da una reticella di seta nera, e un velo scende dal capo all'orlo della veste. Per uscire indossano un manto a campana, grigio, nero o azzurro, che copre tutta la testa e giunge fino ai piedi, con una piccola apertura per gli occhi. Le contadine e le nomadi vanno a faccia scoperta. I gioielli delle popolane sono per lo più formati di monete d'argento. Nelle grandi città, e specialmente nella capitale, le signore portano spesso il costume europeo, con un fitto velo intorno al cappello. Esemplari di costumi afghāni si conservano nel Victoria and Albert Museum di Londra.

L'afghāno Sirdār Iqbāl Ālī Shāh descrive con molto garbo, nel suo libro Afghānistān of the Afghāns, le usanze, cerimonie e superstizioni che si riferiscono alla vita familiare dei ricchi. La cornice è data dal diritto musulmano, le costumanze locali sono svariate e pittoresche. Notevole l'uso dei sayyid (discendenti di Maometto) e dei mullā (capi spirituali) di non contrarre matrimonio fuori della propria classe.

Alcune tribù afghāne praticano il levirato, presso altre i fidanzati servono i futuri suoceri per qualche anno. In alcune parti il matrimonio avviene mediante compera della sposa, e la cerimonia comprende un ratto simulato. La poligamia e il ripudio sono frequenti. Seguendo l'esempio del sovrano riformatore Aman Ullāh, alcune famiglie aristocratiche sono monogame. Le donne, specialmente in città, fanno vita strettamente reclusa.

La fede religiosa è profondamente sentita, le pratiche osservate con scrupolo. Manca per lo più ogni cultura religiosa; è invece diffuso il culto dei capi spirituali (pīr, mullā), classe potente anche politicamente, cui si attribuiscono spesso poteri soprannaturali. Le loro tombe miracolose sono meta di pellegrinaggi (Ziyārah); sembra che tribù fanatiche abbiano talvolta addirittura ucciso qualche santone per possederne la tomba. Le infrazioni all'ortodossia sono severamente punite: nelle città persone di tutte le classi venivano, e forse vengono ancora, esaminate sulle preghiere prescritte, e pubblicamente svergognate se risultavano ignoranti. Un caso di lapidazione di Musulmani passati ad una setta eretica si ebbe nel 1925. Alcune regioni sono particolarmente fanatiche, come il Zamīndāwar, ove avvengono casi di ghāzismo (furore religioso che si esplica nello sterminio dei miscredenti).

Le superstizioni afghāne sono quelle di gran parte del genere umano: malocchio, divinazione, fatture, ordalie, filtri, amuleti, esorcismi, capro espiatorio. Diffuse le pratiche di stregoneria, esercitata per lo più da donne. I mullā, specie nel Badakhshān e nella regione NE., professano la magìa e la medicina superstiziosa, con pratiche ascetiche acquistano autorità sui ginn, e trafficano in amuleti e formule magiche. Oltre ai ginn del Corano, gli Afghāni credono nelle anime dei morti insepolti, che assumono forme svariate, nelle fate (parī, di origine persiana) e nelle anime di persone pie, incarnate da animali. Il citato volume dell'Iqbāl riferisce molte notizie curiose in proposito, oltre a belle leggende, derivate in gran parte dai classici arabi e persiani, o ispirate dalle rovine greco-buddhistiche, dalle tombe di santi e dal ricordo di personaggi storici: Alessandro Magno, Tamerlano, Maḥmūd di Ghaznī, ‛Alī.

Le principali feste dell'Afghānistān sono il primo dell'anno (nīrūz persiano, 21 marzo), le note solennità musulmane per la fine del ramaḍān, la celebrazione, alla fine di luglio, della proclamazione dell'indipendenza afghāna, che si festeggia con cerimonie religiose (lettura del Corano, predica tenuta dal sovrano, preghiera pubblica) e con varî divertimenti.

Statistiche della popolazione. - La popolazione dell'Afghānistān si calcolava dai più recenti autori europei di 6-8 milioni di ab.; cifre approssimative del governo afghāno dànno 12 milioni, e un autore indiano parla perfino di 15; sembra in ogni caso non inferiore a 10. Censimenti mancano, data la difficoltà di eseguirli in regioni impervie, fra genti riottose, e l'impossibilità (per motivi religiosi) di recensire le donne. Anche per le città si hanno cifre poco sicure; le più attendibili sono: Kābul 100-150.000, Qandahār 50.000 (60.000 coi sobborghi), Herāt 120.000, Mazār-i Sherīf 46.000. È certo che la popolazione è in via di aumento; intorno al 1910 le fonti più sicure davano 4-5 milioni soltanto.

Sulla distribuzione delle lingue, statistiche ufficiali indiane dànno: Tāgīk 900.000, Afghāni (nell'Afghānistān) 2 milioni o 2 milioni e mezzo. Sui Kāfiri e sui Turco-mongoli mancano cifre; i Citrāli si calcolano 1.622.000. Il pashtō sarebbe parlato da circa 3 milioni e mezzo di persone, ma il persiano, lingua ufficiale, guadagna terreno anche come lingua parlata. Ecco alcune cifre approssimative sulle tribù:

Gli Afghāni sono tutti musulmani, e in grandissima maggioranza sunniti (di rito ḥanafita). Gli sciiti, secondo fonte privata afghāna, sarebbero mezzo milione, di cui 20.000 a Kābul. Appartengono a questa setta gli Hazāra, i Qizilbāsh, i Kayāni di Herāt e del Sīstān, i montanari del Hindū Kush (in gran parte Ismā‛īliti e Mawlā'ī) e varie tribù del confine indiano. Gli Indù, che si trovano nelle principali città (a Kābul sarebbero 30.000) sono tutti immigrati dall'India in epoca recente. Il re Aman Ullāh ha abolito le restrizioni loro imposte, parificandoli ai musulmani nei diritti civili e nei pubblici impieghi, e vietando l'uccisione delle vacche da loro venerate, allo scopo di propiziarsi l'opinione pubblica in India. Mancano cifre sulle piccole colonie ebraiche di varie città, specie del N. I Kāfiri (v.) conservano probabilmente, nelle regioni meno accessibili, la loro antica religione, che contiene tracce del culto del fuoco e dei sacrifici bramanici. I missionarî cristiani non sono ammessi nell'Afghānistān, e non esistono quivi cristiani indigeni.

Lo stato. Suddivisioni storiche e amministrative. - L'Afghānistān è diviso in nove provincie; cinque sono di prima classe, o vilāyet: Kābul, Herāt, Qandahār (capoluoghi le città omonime), il Turkestān afghāno (capoluogo Mazār-i Sherīf), e il Katāghān-Badakhshān (capoluogo Fā'iḍābād). Le provincie minori sono quelle di Gelālābād, Khōst, Farāh e Maimanah (v.) Sono amministrate da governatori (nā'ib al-ḥukūmah nei vilāyet, hākim-i anelle provincie secondarie).

La suddivisione dello stato in provincie ben definite fu incominciata da Dōst Muḥammad (morto nel 1863), che iniziò la sottomissione, compiuta da Shēr ‛Alī nel 1866, della regione a S. dell'‛Amū Daryā, ove esistevano numerosi staterelli semi indipendenti. Dal sovrano del Badakhshān dipendevano gli stati minori di Shignān, Roshān, e Wakhān. Uno dei primi atti di ‛Abd ar-Raḥmān (1879-1901) fu quello di dividere amministrativamente il Badakhshān dal Turkestān, per rompere la turbolenza della regione. Il khānato di Qunduz o Kunduz, il più importante a S. dell'Āmū Daryā, governato da un mīr, con oltre 30.000 kmq. di superficie, è passato in massima parte al Badakhshān. Ad O. di Kunduz si trovava il khānato di Khulm, città decaduta per il trasferimento dell'amministrazione locale a Tāshqurghān. Anche ad O. di Balkh esisteva una serie di piccoli khānati: quello uzbeko di Āqcia, a 64 km. da Balkh, e più ad O. Andkhūi, Shibirghān, Saripul e Maimanah, già popolosi e turbolenti, ora decaduti (v. Hamilton, Afghanistan, p. 250).

Prodotti del suolo. - La massima parte del territorio afghāno è inadatta all'agricoltura, possibile soltanto nelle pianure e nelle larghe valli, per lo più col sussidio dell'irrigazione artificiale. Gli agricoltori sono piccoli proprietarî, fittavoli che pagano un canone fisso in danaro o in natura, mezzadri, braccianti. Prima del 1895 vi erano anche servi della gleba.

Gli Afghāni sono abilissimi nel derivare canali dai fiumi e costruire condotti sotterranei (kārēz). I sistemi di coltivazione sono assai primitivi: usano ancora vomeri di legno, e la concimazione è sconosciuta. Molte regioni ora sterili potrebbero coltivarsi con mezzi moderni; il Sīstān, bene irrigato, diventerebbe, secondo Curzon, una seconda Mesopotamia.

In quasi tutto l'Afghānistān vi sono due raccolti l'anno: il primo si semina alla fine dell'autunno e si raccoglie in estate (grano, orzo, lenti, ceci, piselli e fagioli); il secondo si semina alla fine della primavera e si raccoglie in autunno (riso, miglio, panico, granturco). Abbondano il ricino, la robbia e l'assafetida; sono abbondantissime le frutta, consumate tutto l'anno da gran parte della popolazione, ed esportate secche in India in grande quantità. Il vino non si produce per motivi religiosi, ma è assai stimata l'uva da tavola, specie quella di Kābul.

L'allevamento è ancora primitivo; la lana delle pecore qarākūl (Afghānistān settentrionale) è inferiore a quella di Bukhārā. La pecora dalla coda grassa fornisce, col pollame, l'alimento carneo esclusivo della popolazione. I bovini sono pochi, scadenti, e dànno latte scarso. I cavalli e i cammelli si esportano e potranno acquistare importanza curandone meglio l'allevamento. La pesca è praticata soltanto nei laghi del Sīstān.

Lo sfruttamento delle notevoli ricchezze minerarie, già menzionate in rapporto alle condizioni geologiche, trova gravi ostacoli nella mancanza di strade, di ferrovie, di legname e d'acqua (Trinkler).

Industria e commercio. - Le sole industrie meccaniche dell'Afghānistān sono quelle statali impiantate dall'emiro ‛Abd ar-Raḥmān ad opera di tecnici inglesi e tedeschi, nella capitale: armi e munizioni, sapone e candele, conceria, calzaturificio, fabbrica di fiammiferi e di tessuti di lana. Le stoffe e le scarpe sono vendute sul mercato, a prezzi legali che i commercianti non possono superare; nessuno di questi manufatti si esporta.

Sviluppato è invece l'artigianato. Nelle città gli artigiani vivono raggruppati per mestieri e formano corporazioni. Lavorano vasellame di rame, artisticamente pregevole, vasi di terracotta (i più belli sono quelli smaltati azzurri di Istālīf), tappeti nel Turkestān (mercato principale Mazār-i Sherīf), e presso Herāt, specialmente ad Adrakshān, di colore azzurro cupo e rosso. La seta si produce a Herāt, Qandahār e dintorni, nei villaggi lungo l'Arghandāb. L'industria dei pōstīn, giacche di pelle ovina con la lana all'interno, che aveva il suo centro nella provincia di Qandahār, ha preso grande sviluppo in seguito alla domanda del mercato indiano, e si è estesa alle regioni di Kābul, Ghaznī, ecc. I feltri si fabbricano a Qandahār e si esportano in India, Persia, Transoxiana. Nel N. il pelo di cammello e di capra fornisce feltro e tessuti.

Il commercio è poco sviluppato: prima che il paese fosse aperto agli stranieri raggiungeva appena 40 milioni di franchi-carta francesi all'anno. Nel 1925 fu di un miliardo: 600 milioni di importazioni e 400 di esportazioni. I prodotti del paese sono in massima parte consumati sul posto, e buona parte del commercio con l'estero è di transito, dal Turkestān russo all'India e dall'India all'Asia centrale. I prodotti maggiormente esportati sono: uva, albicocche e mandorle secche; seguono a una certa distanza pelli e lana di pecora, tappeti, stoffe di seta. In Europa non si esporta quasi nulla, data la distanza e le cattive comunicazioni; prodotti esportabili esistono in quantità troppo limitate per sostenere la concorrenza sui grandi mercati.

Gli scambî con la Russia, secondo cifre ufficiali russe, avrebbero raggiunto, nel primo semestre del 1928, sei milioni di rubli oro. Mancano cifre sul commercio afghāno con la Persia. Il commercio con la Cina è insignificante. Gli scambi con l'India occupano il primo posto; ecco statistiche ufficiali indiane (in sterline) per il quinquennio anteriore e per quello successivo alla guerra:

Il commercio da Meshhed verso Herāt e Qandahār è fatto da Persiani, quello di Bukhārā verso Kābul e l'India esclusivamente dalla tribù dei Povindah (ramo dei Ghilzā'ī). Agricoltori, pastori, guerrieri e commercianti, essi compiono due volte l'anno il viaggio dall'India a Bukhārā con carovane di cavalli e cammelli, oltre a spedizioni minori. Viaggiano armati, forzando o comprando il passaggio attraverso i territorî delle tribù; l'estate pascono gli armenti intorno a Ghaznī e Qal‛at-i Ghilzā'ī, al principio dell'autunno passano i M. Suleimāni, vanno in India, e accompagnano le loro merci in ferrovia e in vapore fino a Calcutta, Karācī e Bombay. In aprile riformano le carovane e rimpatriano. La loro attività, rallentata dopo il 1920, è tuttora notevole.

L'India esporta nell'Afghānistān tessuti di cotone, indaco, materie coloranti, zucchero, ferramenta, cuoio, argento. Ne importa legname, frutta, legumi, grano, farine di leguminose e altri commestibili, assafetida e altre droghe, spezie, lana, seta, bestiame, pellami, tabacco. Sul commercio dell'Afghānistān con altri paesi si hanno i seguenti dati: dalla Russia l'Afghānistān importa vasellame, samovar, pelli, zucchero, aeroplani, e vi esporta lapislazzuli; dal Giappone, tessuti di cotone, chincaglierie, porcellane; dalla Germania, cappelli, oggetti di cancelleria, chincaglierie, materiale fotografico, automobili, armi, lumi, macchine agricole, vetrerie, aeroplani, e vi esporta pelli di karakul; dagli Stati Uniti, chincaglierie, lumi, oggetti di cancelleria, e vi esporta pelli, tappeti, budelli di pecora; dalla Francia, automobili, armi, materiale elettrico e radiotelegrafico, e vi esporta pelli e tappeti; in Italia importa tappeti.

Il commercio afghāno con la Germania è in gran parte in mano di una Società Commerciale Germano-Afghȧna, con sede a Kābul fin dal 1921. Agenzie commerciali afghāne esistono a Peshāwar, Quetta (Kwētā) e Parashinar in India, e alcune legazioni afghāne hanno addetti commerciali.

La valuta istituita nel 1926 è basata sull'afghānī (27 afgh. = i sterlina inglese), diviso in 100 pūl. L'antica rupìa kābulī non è stata ritirata; il suo valore, fissato dal governo, è di 11 kābulī = 10 afghānī, e 1 kābulī = 91 pūl. Vige da qualche anno nell'Afghānistān il sistema metrico.

Comunicazioni. - La ferrovia russa del Turkestān giunge fino a Termez, e quella Samarcanda-Krasnovodsk ha una diramazione da Merw fino al posto di confine di Kushinski, unito a Merw dal telegrafo; in India la ferrovia nord-occidentale giunge a New Ciāman, entro il confine afghāno. Basterebbe una linea di circa 400 km. attraverso l'Afghānistān per collegare le ferrovie russe con quelle indiane. Inutile dire che per motivi politico-militari la ferrovia transafghāna non si può fare. Sembra che durante la sua permanenza a Berlino (1928) il re Aman Ullāh abbia preso accordi con una società tedesca per la costruzione di ferrovie nell'interno.

I passi principali che dall'Afghānistān immettono in India sono quelli di Kuram, Tōcī e Khaibar. Nel Wakhān, il tratto settenlrionale del Hindū Kush è attraversato da passi che conducono a Citrāl e Gilgit (v. badakhshān).

Le principali vie commerciali dell'interno sono: dalla Persia a Herāt via Meshhed, da Bukhārā a Herāt via Merw, da Bukhārā a Kābul via Qārshī, Balkh e Khulm, dal Turkestān orientale a Kābul via Badakhshān e Kāfiristān, dall'India a Ghaznī e Qal‛at-i Ghilzā'ī per il passo di Gomal, da Ciāman a Qandahār e da qui a Kābul o Herāt, da Parashinar (Kuram) via Peiwar e per i passi di Shutagardan, a Lōgar e Kābul. Sono adatte al traffico automobilistico le strade Khaibar-Kābul, Kābul-Qandahār e Kābul-Ciāman, salvo dopo nevicate o forti piogge. Unico fiume navigabile il Helmand, nell'ultimo tratto; soltanto il legname viaggia sui fiumi in zattere.

Le strade aperte dal re Aman Ullāh sono: da Kābul alla frontiera indiana per Gelālābād, da Kābul alla frontiera settentrionale per il Turlkestān, riparazione della strada Ghaznī-Qandahār, da prolungarsi fino alla frontiera persiana. È in costruzione l'autostrada Herāt-Qandahār, con ingegneri russi, e quella verso l'India lungo il fiume Kābul. Assieme alle strade si costruiscono linee telegrafiche. Le automobili, un tempo rare, sono aumentate, negli ultimi 5 anni, fino a qualche centinaio. Nel 1922 una società italiana aveva ottenuto il monopolio delle comunicazioni automobilistiche; non lo esercitò per la difficoltà di ottenere dalle autorità locali un'adeguata manutenzione delle strade. Una linea aerea governativa collega Kābul a Tāshkent, e fa servizio ogni due settimane, trasportando passeggeri e posta.

Kābul possiede una linea telegrafica con Peshāwar, costruita da inglesi, e due stazioni radiotelegrafiche; anche Herāt e Mazār-i Sherīf hanno tali stazioni. Vi sono telefoni nelle principali città, e linee telefoniche dalla capitale a Qandahār e Peshawār; la linea Kābul-Māzar-i Sherīf è in costruzione. I telefoni sono tutti di stato.

Soltanto nel 1928 l'Afghānistān è entrato nell'Unione Postale Universale; fin allora la sua posta passava per l'India, si concentrava a Peshāwar, e veniva inoltrata a destinazione a mezzo di corrieri.

Distribuzione della popolazione e dei centri abitati. - La popolazione afghāna ha una densità di 14 ab. per kmq. circa; mancano del tutto le cifre per varie regioni. I maggiori centri si trovano alle falde dei monti, ove i fiumi sboccano nelle pianure (così Herāt, Mazār-i Sherīf, Girishk, Farāh, Qandahār) oppure all'incrocio delle principali strade: Herāt, importante nodo stradale, è sulla via da N. a S., e su quella da E. a O.; Mazār-i Sherīf sulla strada da N. a S. (Bukhārā-Termez o Kilif-Bāmyān per Kābul) e su quella da O. a E. (Maimanah-Badakhshān-Turkestān orientale), Kābul sulla strada da N. a S. (fra il Turkestān afghāno e l'India) e su quella da O. a E. (Herāt-Hazāra-Kābul, e Qandahār-Ghaznī-Kābul-India). Solo Ghaznī e Kābul si trovano in mezzo a conche fra i monti.

Nei tempi antichi Kābul non aveva l'importanza che acquistò poi come sede dei Durrānī, e il centro del paese si trovava più a N., ai piedi del Hindū Kush, presso Ciarikar-Perwan. Herāt, Qandahār e Kābul sono i punti più importanti del paese: poste nel centro di fertili vallate, possono sussistere ognuna di per sé e dominano vie importanti. Per rimanere indipendente l'Afghānistān ha bisogno di possederle tutte e tre. Dal punto di vista politico-strategico Ghaznī e Gelālābād vanno con Kābul, le antiche capitali Bust e Girishk con Qandahār, e Sabzavār con Herāt.

Gli Afghāni non sono dediti all'emigrazione, e non esistono colonie afghāne di qualche importanza fuori delle regioni confinanti con l'Afghānistān (v. belūcistān e peshāwar). Il vero nomadismo è raro: alcune tribù (Hazāra, Aimāq, Povindah) si spostano per lunghi periodi da un punto all'altro con le mandre o le carovane, altre, abitanti sul confine, passano l'inverno in India, ma tutte hanno sedi fisse. L'emiro ‛Abd ar-Raḥmān, dopo le spedizioni contro i ribelli, soleva mandare Afghāni come coloni e in esilio, per afghānizzare le popolazioni; così fece nel Hazāra, Turkestān e Kāfiristān. 16.000 prigionieri di guerra Kāfiri vennero collocati come coloni a Paghmān e Lōgar, o fatti entrare nell'esercito. Lo stesso ha fatto Amān Ullāh nel 1923, deportando nel Turkestān una parte della tribù ribelle degli ‛Alīzā'ī del Zamīndāwar, e trasportando nel loro territorio gente presa da altre tribù. Il passaggio spontaneo di tribù da una regione all'altra viene invece ostacolato dal governo, per evitare conflitti e rafforzare la presa del potere centrale.

Ordinamento generale dello stato. Costituzione, amministrazione, giustizia. - La Costituzione afghāna fu promulgata nel 1921 (sunto in Oriente Moderno, IV, 1924 p. 196). Lo stato è amministrato da un Consiglio di ministri scelto dal re e presieduto da lui o dal primo ministro. I ministeri sono sei: Guerra e Trasporti, Esteri, Istruzione (che comprende le amministrazioni delle poste e dell'igiene), Giustizia e Polizia, Finanze, Commercio e Agricoltura.

Il Consiglio di stato, il cui presidente fa parte del Consiglio dei ministri, consta di tre dicasteri: il primo studia e applica le riforme, il secondo presiede all'amministrazione, il terzo alla magistratura. I suoi membri (uno per provincia) sono in parte scelti dal governo fra i magistrati e gli ufficiali superiori, in parte dai cittadini per mezzo di elezioni di tre gradi. Ad esso spetta interpretare la costituzione.

Il Consiglio consultivo (o Girga, parimenti composto di membri eletti e nominati) è incaricato di presentare ai ministeri e al Consiglio di stato proposte atte a far progredire il paese in tutti i campi. Fino a che non saranno stati elaborati ordinamenti speciali, le questioni d'interesse pubblico vengono trattate secondo il diritto musulmano. L'organizzazione giudiziaria comprende tribunali di pace (recentemente istituiti), tribunali di prima istanza (maḥākim-i ibtidā 'iyyah), corti d'appello (maḥākim-i murāfaah), e corte di cassazione. I primi tre si trovano nei capoluoghi di provincia, la Cassazione a Kābul. Vi sono poi tribunali militari, e un'Alta corte, nominata con decreto reale. I tribunali giudicano secondo il diritto musulmano e le leggi consuetudinarie. I processi sono pubblici e i tribunali sono al sicuro da qualsiasi ingerenza.

Altre disposizioni della Costituzione afghāna sono le seguenti. L'Islām è la religione ufficiale, le altre comunità sono protette dallo stato. Tutti gli abitanti dell'Afghānistān sono eguali davanti alla legge e godono della libertà personale; la proprietà e il domicilio sono inviolabili. L'istruzione è libera, ma gli stranieri non possono aprire scuole, e tutte le scuole sono ispezionate dallo stato. Le imposte vengono esatte secondo la legge, ed ogni anno si deve compilare un bilancio.

La costituzione afghāna, come si vede, concede ai cittadini una rappresentanza elettiva assai limitata, che corrisponde però sufficientemente alla loro maturità, se pure non la supera. Essa costituzione è il prodotto di un periodo di transizione fra la scerìa e una legislazione di tipo moderno (turco) in via di elaborazione; non è dato averne un'idea esatta per mancanza di documenti, né è facile appurare in che misura i nuovi ordinamenti siano effettivamente applicati. Nel 1928 è stata istituita una nuova Assemblea Nazionale (shūrà-ī millī) di 150 membri, su cui si veda Oriente Moderno, VIII, p. 412 e 480.

L'Afghānistān ha legazioni nei seguenti stati, rappresentati a Kābul: Inghilterra, Italia, Francia, Germania, Russia, Turchia, Persia. Vi è un console generale afghāno a Delhi, consoli a Karācī, Bombay e Peshāwar. L'Inghilterra ha consolati a Gelālābād e Qandahār. Vi sono consolati afghāni a Tāshkent e Merw, e consolati russi a Herāt e Mazār-i Sherīf.

La bandiera afghāna nazionale (sostituita nel 1928 a quella della tribù regnante), è rossa, verde e nera, con l'iscrizione Allāh Mohammed, e le figure del sole, di montagne e di spighe (v. Oriente Moderno, VIII, p. 480).

Forze armate. Il servizio militare è obbligatorio, in base ad un coscritto ogni otto uomini da 20 a 50 anni, che dopo tre anni passa alla riserva. Gli effettivi in tempo di pace, secondo notizie ufficiali afghāne, sono di 60.000 fanti e 16.000 uomini fra cavalleria e artiglieria, con 400 cannoni. Un corpo d'armata ha sede a Kābul ed è composto di sette divisioni di fanteria e di una divisione di cavalleria. Il soldo delle truppe è di 14 rupìe (20 in tempo di guerra). L'aviazione comprende 30 unità; è stata organizzata dai Russi, che fornirono apparecchi e accolsero giovani afghāni nelle loro scuole di aviazione. Nel 1928 venticinque allievi afghāni hanno frequentato l'Accademia aeronautica di Caserta.

In tempo di guerra l'Afghānistān dispone di 350.000 uomini di riserva, armati parte di fucili moderni, parte di vecchi fucili a pietra, e di tribù bene armate.

La scuola militare di Kābul fu riorganizzata dopo il 1905 da una missione militare turca. La sua opera incontrò resistenza nelle idee antiquate degli alti comandi afghāni, ma la modernizzazione dell'esercito è ora assicurata dai numerosi ufficiali afghāni che vanno a istruirsi e a prestar servizio in Turchia, e da quelli che studiano in Francia (St. Cyr) e in Germania.

Finanze. - L'Afghānistān non ha debito pubblico. Le entrate dello stato sono soggette a fluttuazioni notevoli; lo Statesman's Year Book dice che la quota del governo rappresenta da 1/3 a 1/10 del reddito, secondo i raccolti. Le entrate totali si calcolano a circa 50 milioni di rupìe (in buona parte dalle dogane).

La tariffa del 1920 (testo in ‛Abd al-Ghānī, p. 285) esenta dal dazio soltanto i Corani, le armi e il materiale bellico, pone dazî del 100% sugli oggetti di lusso, e del 40, 25, 20, 15, 5, 2 e 1% sulle importazioni, in proporzione della loro utilità. I dazî di esportazione non superano mai l'80%, le merci in transito pagano dal 20 al 2% e i dazî interni sono del 5%.

Non esistono ancora banche, perché la religione musulmana proibisce di porre danaro a interesse; vi è però il progetto di una banca nazionale di credito agricolo e commerciale. L'Afghānistān finora non ha mai contratto prestiti all'estero o dato concessioni economiche a stranieri. Sembra che una società americana abbia ottenuto (1928) una concessione petrolifera.

Non esistono notevoli riserve di capitali, e lo sviluppo del paese è rallentato, anzi gravemente ostacolato, dalla mancanza di una base finanziaria, che sarebbe politicamente pericoloso cercare all'estero.

Istruzione. - Prima del 1920 l'istruzione era limitata nell'Afghānistān alle scuole primarie tenute dai mullā; solo nella capitale esistevano due istituti superiori: la scuola Ḥabībiyyah, dal nome del fondatore emiro Ḥabīb Ullāh (1901-1919), e la Scuola militare istituita nel 1905. Esse avevano allora 2-300 alunni ciascuna. Oggi, secondo notizie ufficiali afghāne, vi sono nella capitale 14 scuole secondarie, due militari, tre femminili, con 2000 alunne, scuola normale, d'ingegneria, di lingue europee, per i funzionarî, Amāniyyah (con insegnanti francesi), Amānī (con insegnanti tedeschi), scuola dei qāḍī, superiore di scienze arabe, superiore moderna.

L'istruzione, fuorché nelle due scuole di tipo europeo, è gratuita, anzi, per attirare i misoneisti, gli alunni, oltre ai libri, ricevono una gratificazione mensile. Kābul, oltre alle scuole secondarie, ha fra città e provincia 98 scuole primarie, di cui due femminili, nelle provincie di Gelālābād, Herāt, Khōst, Mazār-i Sherīf e Badakhshān vi sono 5 scuole secondarie; quelle primarie sono, in tutto il paese, 246; la popolazione scolastica totale è di 39.878.

I giovani afghāni che studiano in Europa (Francia, Germania, Russia, Italia) sono parecchie centinaia. Il re Aman Ullāh si proponeva di separare la nuova generazione da quella precedente, sostituire la mentalità burocratica a quella feudale, e formare un personale tecnico corrispondente alle nuove esigenze del paese. nella nuova capitale di Dār al-Amān (v.) dovrebbe sorgere la prima università afghāna. Biblioteche pubbliche esistono a Kābul e nella capitale estiva di Paghmān.

Nel 1922 l'archeologo francese Foucher concludeva col governo afghāno una convenzione che dava alla missione archeologica francese il diritto esclusivo di condurre scavi su tutto il territorio afghāno per trent'anni. Col contributo finanziario del governo afghāno, dell'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres e di altri istituti francesi, la missione ha compiuto scavi a Balkh, Gelālābād, Paitava e Bāmyān, sotto la direzione degli archeologhi Foucher, Godard e Hackin. Una metà degli oggetti trovati sono esposti al Louvre e al Musée Guimet di Parigi, i rimanenti, più alcuni esemplari unici, sono conservati nel Museo di Kābul; si tratta di pitture e sculture importanti, del periodo greco-buddhistico (v.). Oltre a tali oggetti, il Museo di Kābul contiene monete e manoscritti di varie epoche, statue di legno del Kāfiristān, ricami di Bukhārā, alabastri di Qandahār, collezioni di armi, oggetti di lapislazzulo.

La stampa. - Il primo giornale afghāno, Kābul, uscì nel 1878 e durò sei mesi, soppresso dagli Inglesi con la deposizione dell'emiro Shē ‛Alī. Non ne comparvero altri fino al 1901, quando uscì nella capitale il settimanale Sirāǵ-i akhbār ("lume delle notizie", con allusione all'epiteto dell'emiro Ḥabīb Ullāh, Sirāg al-mullah wa ad-dīn, "lume della comunità musulmana e della fede"). Durò fino al 1919. Dal 1920 al 1928 usciva a Kābul l'Amān-i Afghān ("sicurezza degli Afghāni", con allusione al nome del re Amān Ullāh, "sicurezza che viene da Dio") ufficioso, settimanale, di 12 pagine, stampato con caratteri mobili. L'ufficiale Iblāgh (comunicazione) è un foglio volante affisso a cura del governo nei bazar e luoghi pubblici, che stampa soltanto leggi e decreti. Nelle principali città afghāne escono numerosi altri giornali, per lo più poligrafati e settimanali, tutti redatti in persiano. La stampa è libera "nell'ambito della legge"; sono censurati i giornali esteri che arrivano numerosi nell'Afghānistān dall'India, Persia, Egitto, Turchia, Russia, e anche dall'Inghilterra e dalla Francia.

Esplorazione.

Le prime notizie diffuse nella cultura occidentale circa l'Afghānistān risalgono ad oltre ventidue secoli fa, dopo che Alessandro il Macedone ebbe percorso in ogni senso il paese e le contrade limitrofe per quasi quattro anni (330-327 a. C.). Pervenuto quivi dai territorî persiani a SE. del Caspio, discese dalla valle dell'Arius (odierno Herī Rūd) alla bassura centrale ove si versa l'Erymanthos (odierno Helmand o Hilmend), indi risalendo il corso di questo fiume, e probabilmente per la consueta via odierna di Qandahār, pervenne nella vallata del Kophes (oggi Kābul), cuore del paese. Ritornato quivi due anni più tardi, dopo la lunga guerra condotta nella Bactriana e nella Sogdiana (a N. del Hindū Kush), prese di qui le mosse nel 327 verso l'India. Il grosso dell'esercito seguì la via diretta dalla valle del Kābul all'Indo pel valico oggi detto di Khaibar; mentre Alessandro in persona colle truppe leggiere ne copriva il fianco sinistro, traversando i distretti del Kāfiristān e del Qohistān. L'ultimo fatto d'arme fu la presa della rocca di Aornos presso l'Indo, la cui posizione fu determinata con certezza da sir Aurel Stein nel 1926. Dopo la campagna di Alessandro, per molti secoli non si ha più nessuna notizia diffusa dell'Afghānistān. La via più frequentata fra l'Asia anteriore e l'India passava più a S., pel Makrān e il Belūcistān; e le traversate dell'Afghānistān, di cui la storia delle esplorazioni possa tener nota, sono assai rare. Nel sec. XIV vi passò Ibn Baṭṭūṭah, provenendo da Bukhārā attraverso all'Hindū Kush (ch'egli per primo ricorda con questo nome) e dirigendosi verso l'India (1333); tre secoli dopo (1602-3), in senso inverso, il gesuita Benedetto Goës, andando dall'India a Yārkand, ma non sopravvisse per descrivere il suo viaggio. Nel 1782-3 George Foster, un funzionario della Compagnia delle Indie, rimpatriando per la via di terra, traversò il paese da Peshāwar a Kābul, a Qandahār e a Herāt, donde passò in Persia: egli testimonia della grande tolleranza verso genti di altre religioni e razze che esisteva allora nell'Afghānistān.

Sui principî del sec. XIX, i pericolosi disegni di conquista di Napoleone I persuasero l'Inghilterra a studiare i punti deboli della frontiera NO. dell'India. Perciò nel 1808-9 fu inviato in missione politica a Kābul Mountstuart Elphinstone, insieme con alcuni specialisti, che studiarono il paese sotto varî aspetti. Nel 1810 il capitano Christie percorre la valle dell'Hilmend, il Seistān (o Sīstān) e la regione di Herāt, riportando le prime notizie delle rovine di città medievali nel Seistān.

Più importante è il viaggio di W. Moorcroft, inglese, e G. Trebeck, tedesco, finti mercanti di cavalli, che nel 1824, reduci dal Ladlak, vollero recarsi a Bukhārā per la via dell'Afghānistān. Pervenuti a Kābul da Peshāwar, raggiunsero per Bāmyān i paesi del Turkestān afghāno; fatti prigionieri da Murād Beg, solo nel febbraio (825 poterono riprendere il viaggio e pervenire a Bukhārā. Al ritorno, entrambi i viaggiatori perirono nel Turkestān afghāno, per causa non mai bene chiarita. Le note del Moorcroft, insieme colle relazioni di pochi anni posteriori del Lord e del Wood, sono tuttora di molto valore per la conoscenza dei caratteri generali del Badakhshān e dei paesi lungo l'Āmū Daryā a oriente di Balkh.

Nel 1826 il tenente Conolly ripeté in senso inverso e con itinerario di poco diverso il viaggio del Foster, recandosi dall'Inghilterra in India. Ma assai più valgono in quel torno di tempo i viaggi dell'americano Ch. Masson, il più pertinace esploratore della regione. Arrivò a Kābul nell'autunno del 1826, da Peshāwar; ne ripartì per Qandahār, rientrando in India per il Belūcistān. Viaggiò in costume pathano, ma senza dissimulare la sua razza di uomo bianco, a piedi, senza denari, vivendo col popolo, e raccogliendo una ricca messe folkloristica e copiose note d'ogni genere. Nel 1832 ritornò a Kābul, pochi giorni dopo l'arrivo di tre inglesi, l'archeologo Gerard, il rev. J. Wolff e il tenente Burnes: quest'ultimo reduce da Bukhārā, dove si era recato l'anno prima da Kābul, traversando le città del Turkestān afghāno, indossando come gli altri viaggiatori del tempo l'abito degli indigeni e vivendo tra loro senza l'ingombro di un campo proprio. Il Masson proseguendo si unì a una spedizione militare e da Bāmyān visitò il pochissimo noto bacino d'origine dell'Hilmend, poscia ritornando a stento a Kābul nel tardo inverno. Continuò di qui le sue ricerche fino al 1838, mettendo insieme una ricca raccolta numismatica, prezioso contributo alla nostra conoscenza della storia dell'Asia centrale.

Altri esploratori di questi anni, sono l'archeologo M. Honigberger e G.T. Vigne, l'esploratore del Baltistān e del Ladak, che nel 1836, partito da Derā Ismā‛īl Khān sull'Indo, traversò le catene di frontiera per una via molto interessante, pervenendo a Ghaznī. Nel 1837 il tenente E. Pottinger percorreva, primo Europeo, il paese degli Hazāra, difficile regione montuosa fra Kābul e Herāt. Nell'anno seguente faceva ritorno a Kābul, in missione ufficiale, il capitano Burnes (v.) e mandava il dott. Lord col tenente di marina Wood nel Badakhshān. Questi ultimi poterono pervenire a Qunduz per la via di Bāmyān, malgrado la stagione invernale, e il Wood diede la prima descrizione della via che riunisce Kābul col Turkestān afghāno traverso l'Hindū Kush (oggi vi sono vie di comunicazione percorribili da automobili). Da Qunduz il Wood ripartiva dirigendosi verso E. a Ṭāliqān e Fāidābād, di dove esplorava la valle del Kōkciah e gli altri sconosciuti valichi dell'Hindū Kush conducenti al Chitral (Čitrāl). Alla fine di gennaio intraprese nelle stesse contrade la sua celebre esplorazione dall'alto Āmū Daryā (v. pāmir). Richiamati a Kābul, i due esplorarono ancora altri tratti vicini delle catene dell'Hindū Kush.

Durante l'occupazione bellica inglese dell'Afghānistān nel 1839 il tenente J.S. Broadfoot, dopo aver esplorato buona parte del paese a S. di Ghaznī, rifaceva in senso inverso l'itinerario del Vigne, da Ghaznī all'Indo, riportandone molti dati geografici nuovi, così che egli è rimasto l'autorità maggiore per la conoscenza delle tribù afghāne del centro, specialmente di quelle che abitano le regioni elevate a SE. di Ghaznī.

L'esplorazione più avventurosa dell'Afghānistān è senza dubbio quella del francese J. P. Ferrier, erudito e competente osservatore, mediocre geografo. Pervenuto da Baghdād a Herāt nel 1845, si diresse di qui a N., valicando il passo Bābā, poi a NE., attraverso l'alto bacino del Murghāb e l'intiero altipiano Fīrūz-kūhī. Arrestato per via e costretto a ritornare a Herāt, ripartì più tardi diretto verso S. per raggiungere Qandahār e il Punjab (Pangiāb), ma, derubato e maltrattato da tribù fanatiche dell'Afghānistān occidentale, fu respinto a Girishk. Dopo altre peripezie, poté con miglior fortuna percorrere a lungo i piani dell'Hilmend, spingendosi fin nel Seistān e a Farāh, annotando documenti archeologici antichissimi. Il suo racconto, sebbene non tutto l'itinerario si sia potuto identificare, è generalmente ritenuto veritiero.

La missione afghāna del 1857-58, diretta dal maggiore Lumsden, raccolse dati geografici, cartografici e scientifici; fra cui notevoli le osservazioni di H. W. Bellew. Questi prese parte anche a un'altra missione sotto F. Pollock nel 1872 nel Seistān, dove si recava pure lo stesso anno Sir F. J. Goldsmid, per studî riguardanti l'impianto di linee telegrafiche indo-europee.

Il governo dell'India non mancò di servirsi anche nell'Afghānistān, come in altre regioni ostili o chiuse all'Europeo, dell'opera di esploratori topografi indiani, appositamente istruiti; tali Mīrzā Shugiā‛, che nel 1868 traversò tutto il Badakhshān, recandosi da Kābul nel Pāmir, e Ḥaider Shāh, il quale nel 1870 raggiunse da Peshāwar il Badakhishān per la via del Chitral (Čitrāl) e nel 1872-1873 percorse quivi altre vie spingendosi fin oltre l'Āmū Daryā.

Nel 1878-79 venne inviata una missione russa a Kābul sotto il generale Stoletoff. Vi arrivò da Samarcanda, per l'Āmū Daryā, Tāsh-Qūrghān, Bāmyān, e corresse gl'itinerarî del Ferrier e del Burnes. La guerra afghāna del 1879-80 e la campagna dell'81 nel Wazīrīstān diedero occasione a estesi lavori topografici e cartografici, sotto la direzione di sir Thomas Holdich, specie nella regione del passo di Khaibar e nel Wazīrīstān.

W. W. Mc Nair fu il primo Europeo a entrare nello Swāt e nel Citrāl, nel 1883, in veste di maomettano. Due anni dopo ebbe luogo la missione Lockhart al Citrāl ed a parte del Kāfiristān; il colonnello Woodthorpe, spingendo più oltre l'esplorazione, raccolse dati geografici importanti sull'Hindū Kush. Infine, è da ricordare il viaggio intrapreso sullo scorcio del 1885 dagli ufficiali J. P. Maitland e M. G. Talbot, i quali condussero una triangolazione da Herāt a Bāmyān e da Bāmyān a Tāsh-Qurghān e Mazār-i-Sharīf, nel Turkestān afghāno.

In questo frattempo era incominciata una serie di lavori provocati dalla necessità di far riconoscere alla Russia un preciso limite nella sua espansione verso l'India. Per questo, sotto la direzione di Sir Th. Holdich, la triangolazione indiana venne estesa a traverso il Belūcistān inglese fino al Hilmend e alle paludi del Seistān, poi verso settentrione fino all'Hindū Kush, compiendosi, insieme coi topografi russi, l'intiero rilevamento della regione compresa fra l'alto Murghāb e l'Āmū Daryā. I lavori durarono fino all'autunno del 1866. Dieci anni dopo venne anche delimitata da Russi e Inglesi la stretta zona di terreno a S. dell'Āmū Daryā, per la quale il territorio afghāno si addentra nel Pāmir, fino al confine della Cina.

Nell'intervallo fra le due missioni russo-inglesi furono segnati i confini orientali fra Afghānistān e Belūcistān, e fra il 1894 e il 1896 quelli meridionali; il rilevamento dei territorî occupati dalle tribù indipendenti a oriente dell'Afghānistān fu completato nel 1896. Nel Kāfiristān s'era precedentemente addentrato molto più profondamente del Lockhart G. S. Robertson, riportandone dati etnografici interessanti. Finalmente, nel 1903, G. P. Tate intraprendeva il rilevamento del Seistān e del complicato confine persiano-afghāno che lo traversa, impiegandovi più di due anni di lavoro (Missione A. H. Mc Mahon). Finita la delimitazione del territorio afghāno e cessato l'interesse politico, si affievolì anche quello geografico, fino allo scoppio della guerra europea. Questa provocò nel 1914-16 la missione tedesca di O. von Niedermayer e E. Diez, che soggiornò per un certo tempo raccogliendo osservazioni e una ricca illustrazione.

Col riconoscimento della indipendenza politica dell'Afghānistān, dopo l'ultima guerra del 1919, il paese si è messo in rapporti diretti colle nazioni civili ed ha accolto i loro rappresentanti, cosicché è da prevedere un rapido completamento della sua conoscenza.

Le maggiori lacune geografiche, che rimangono da colmare, sono nel Badakhshān, la cui minuta esplorazione sarà del maggiore interesse; poi rimane da esplorare buona parte dell'alto bacino dell'Hilmend in paese Hazāra, e le regioni a NO. ed a SE. della via diretta fra Ghaznī e Qandahār.

Storia.

Le migrazioni di popoli, gli eserciti, i commerci, che per via di terra e tanto da O. quanto da N. movevano verso l'India, hanno preso per due millennî la via obbligata dell'Afghānistān.

Rispetto all'India l'Afghānistān fu definito un vasto campo trincerato, e i padroni di quella penisola hanno sempre sentito la necessità di possederlo. La storia dell'Afghānistān è così in gran parte un capitolo di quella dell'India (e viceversa); l'Afghānistān fu il punto di partenza di tutti gl'invasori che si rovesciarono sul Pangiāb, fu anche il baluardo e la porta della conquista compiuta, che da quasi un secolo toglie il sonno agli Inglesi, i soli padroni dell'India giunti dal mare anziché dal N.

Una seconda strada taglia in territorio afghāno la via dell'India, quella che attraverso il Pāmir mette in comunicazione il Turkestān cinese con l'Occidente; è la via commerciale, importantissima, del Medioevo, seguita da Marco Polo (v. Badakhshān). Per questa strada avvennero i contatti fra la civiltà dell'estremo Oriente e quella persiana. Il Buddhismo invece, risalendo a ritroso la via degli invasori, è penetrato nell'Afghānistan dall'India e quivi si è incontrato con l'arte e col pensiero della Grecia.

L'attuale stato nazionale afghāno si formò nel sec. XVIII; prima di quest'epoca, e in minor misura anche dopo, la storia dell'Afghānistān è talmente implicata con quella dei paesi vicini, che risulta poco chiara a chi non abbia presente il movimento complessivo, anzitutto dell'Asia centrale, poi dell'India e della Persia, finalmente della Russia in Asia e in Europa e dell'Impero britannico. Il rapido cenno di storia afghāna che segue va quindi completato con dati che qui si possono toccare appena, e che sono svolti negli articoli relativi ai varî paesi.

Storia antica. - Nei primi tempi storici l'attuale territorio afghāno era abitato da popolazioni īrāniche; esso corrisponde a sei delle ventitré provincie dell'Impero achemenide:

Le quattro provincie segnate con * sono ricordate nell'Avestā. Conquistato da Alessandro Magno, questo territorio toccò, dopo la sua morte, a Seleuco; fece quindi parte dello stato indiano di Maurya fino alla morte di Aṣoka (circa 231 a. C.). Nel 196 fu riconquistato da Demetrio re di Battriana.

Nel 140 a. C. i barbari occuparono il regno di Battriana, ma la regione a S. del Hindū Kush rimase divisa in parecchi stati greci; Menandro re di Kābul, invasore dell'India (circa 155 a. C.), è probabilmente il Milinda della tradizione buddhistica.

Dal 140 a. C. al 60 d. C. circa, accanto ai sovrani greci dell'Afghānistān regnarono i capi dei barbari detti Sāka, popolazioni probabilmente īrāniche, cacciate dalle loro sedi a N. dell'Oxus dagli Yue-chi, le quali occuparono l'Aracosia e la Drangiana. Questa ultima deve a loro il nome di Sakastene, da cui Sigistān, odierno Sīstān.

Nel 90 d. C. tutto l'Afghānistān fu conquistato dai Kūshān, ramo dei Yue-chi, provenienti dal Turkestān cinese. Essi fondarono un vasto impero, che si estendeva dal confine partico al Gange, e a N. toccava la Sogdiana. Mentre in India declinarono rapidamente, nell'Afghānistān i Kūshān si mantennero fino all'invasione degli Unni bianchi (Eftaliti), i quali conquistarono Kābul e Gandāra verso il 500.

Gli Unni furono spodestati da una nuova invasione irānica dal N., ma capi Kūshān, col titolo di Shāh, regnarono a Kābul fino a quando vi comparvero i Musulmani.

I primi religiosi buddhisti che penetrarono in Cina nel sec. I a. C. erano probabilmente Kūshan. Il buddhismo fiorì nell'Afghānistān fino ai Musulmani. L'Afghānistān del periodo buddhista è descritto vivacemente dai pellegrini cinesi.

I Musulmani. - Già sotto ‛Othmān (644-656), o più probabilmente durante il califfato di Mo‛āwiyah I (661-680), i Musulmani avevano invaso il Sīstān, che occuparono stabilmente, e si erano spinti più volte fino a Kābul, senza tuttavia occuparla definitivamente fino all'871 (257 dell'ègira).

Dal sec. VII al X i Kūshān decaddero, in seguito agli attacchi musulmani e alle ribellioni dei loro sudditi Indiani, e si succedettero nell'Afghānistān dinastie musulmane e capi locali indipendenti musulmani, zoroastriani, buddhisti e pagani. Alla fine del sec. X lo schiavo turco Subuktaghīn (976-997), sovrano di Ghaznī (Ghaznah) a SO. di Kābul e fondatore della celebre dinastia che ebbe per capitale questa città, aggiunse il Zamīndāwar (regione a NE. di Qandahār) e Ghōr (regione fra Herāt e la valle del Helmand) al suo stato, ed ebbe dai Sāmānidi il governo del Khorāsān. Figlio di Subuktaghīn fu il sultano Maḥmūd di Ghaznī, il grande conquistatore dell'India. Egli tolse ai Sāmānidi il Badakhshān e il Turkestān, conquistò la Persia, e invase l'India quindici volte, dal 1001 al 1026. Alla morte di Maḥmūd (1030) l'impero ghaznavide comprendeva il Khorāsān, parte dell'‛Irāq, il Ṭabaristān, il Turkestān a S. dell'Oxus, tutto il Pangiāb e, al centro, l'Afghānistān odierno. La corte di Maḥmūd, famosa per la sua magnificenza, aveva ospitato molti poeti persiani, fra cui Firdūsī, e lo scienziato arabo al-Bīrūnī. Nelle campagne di Maḥmūd comparvero per la prima volta gli Afghāni, nei suoi eserciti composti di varî elementi, Turchi, Indiani, ecc.

Sotto i successori di Maḥmūd l'impero ghaznavide perdette il Khorāsān e i territorî occidentali per opera di Ṭoghrul Beg (1039); indebolito dalle lotte coi Selgiucidi, venne finalmente rovesciato (1186) dai proprî vassalli sovrani di Ghōr, dinastia indigena di origine tāgīk. I Ghōridi riconquistarono l'India superiore e trasportarono la capitale a Delhi (1206). Poco dopo l'Afghānistān cadeva nelle mani del re di Khwārizm (attuale Khīvā), quindi dei Mongoli che lo tennero fino al 1251 e ne fecero la base della sua conquista dell'India. Appartiene al periodo fra Cinghiz Khān e Tamerlano la dinastia tāgīk dei Kart, vassalla dei Mongoli, che nel suo maggiore splendore regnò sul Sīstān, Herāt, Ghōr, il Zamīndāwar e il Zābulistān (valle del Tarnak). Tamerlano la rovesciò e distrusse Herāt (1383).

Herāt fu poi la capitale dei successori di Tamerlano, che ebbero il Khorāsān, il Sīstān e Ghōr fin quasi all'avvento di Bāber, e divenne in questo periodo importante centro culturale. Kābul intanto era semi-indipendente sotto varî sovrani della famiglia di Tamerlano, mentre a Qandahār regnava la dinastia mongola degli Arghūn, effettivamente indipendente, a N. lo stato ūzbeko degli Shaibānī. Dal 1541 al 1526 regnò a Delhi la dinastia afghāna dei Lōdī.

I Mongoli. - Bāber, il fondatore della dinastia dei Moghul, prese nel 1505 Kābul, che fu la sua capitale. Dopo la conquista dell'India essa fece parte dell'impero di Delhi, mentre Herāt e il Sīstān toccavano alla Persia, e Qandahār, contesa fra i due stati, cambiò più volte mani, finché non fu tolta ai Moghul dalla Persia nel 1648.

Nel sec. XVI s'iniziò l'espansione degli Afghāni, che incominciarono a scendere dalle loro sedi montuose per occupare le pianure di Qandahār e del Zamīndāwar, le valli del Tarnak e dell'Arghandāb. Rimasti relativamente immuni dalle invasioni, essi si sostituirono ai Tāgīk, che avevano sostenuto l'urto dei Mongoli, e tennero testa ai governatori di Kābul, che rimase tuttavia ai Moghul fino al 1738; Qandahār appartenne alla Persia fino al 1708, quando la tribù dei Ghilzā'ī si ribellò al governatore, e il suo capo Mīr Wais divenne sovrano della città.

Mentre i Ghilzā'ī ascendevano, la tribù degli Abdālī s'impadroniva della provincia di Herāt, e vi si manteneva fino ai tempi di Nādir Shāh, nuovo sovrano della Persia, che nel 1737-38 riconquistò Qandahār ai Ghilzā'ī e tolse Kābul ai Moghul. Nādir Shāh spezzò la potenza dei Ghilzā'ī, ma si mostrò conciliante con le altre tribù afghāne, appoggiandosi specialmente sugli Abdālī.

I Durrānī. - Quando morì Nādir Shāh (1747) il capo degli Abdālī, Aḥmed Khān, della tribù Saddōzā'ī, si proclamò re a Qandahār e s'impadronì di tutta la parte orientale dello stato di Nādir, fino all'Indo, cui aggiunse poi Herāt e parte del Khorāsān. Egli assunse l'epiteto di Durr-i Durrān (perla delle perle), e la tribù degli Abdālī cambiò il suo nome in quello di Durrānī, che porta tuttora.

Aḥmed Shāh fu il fondatore dello stato nazionale afghāno, e la sua tribù è ancora sovrana. Il regime era feudale: le grandi tribù rimasero indipendenti sotto i loro capi, che ricevevano dal sovrano appannaggi corrispondenti alle milizie fornite. Le cariche erano riservate ai Durrānī, e generalmente ereditarie. Aḥmed Shāh governava assistito da un consiglio di nove capi tribù, ed ogni suo atto era ispirato al sentimento nazionale. Egli conquistò il Kashmīr e la massima parte del Pangiāb, invase più volte l'India, sconfiggendo i Mahrāṭhā a Pānīpat (1761) e guerreggiando continuamente coi Sikh. Morì nel 1773 e gli successe il figlio Tīmūr Shāh, che trasportò la capitale da Qandahār a Kābul e amministrò ottimamente lo stato, senza però consolidare o estendere le conquiste paterne. Le provincie gli si ribellarono, e perdette il Sind e Balkh. Morì nel 1793.

Cinque dei suoi figli, Maḥmūd, Zamān, Shugiāḥ al-Mulk, ‛Alī e Ayyūb iniziarono allora un periodo caotico di lotte durato oltre venti anni, regnando alternativamente, essi e i loro figli. In questo disordine i capi della tribù dei Bārakzā'ī, visir ereditarî della dinastia, sostenevano ora l'uno ora l'altro sovrano, acquistando grande autorità.

Maḥmūd prevalse sui fratelli nel 1809, e regnò mollemente fino a11818, con l'appoggio del suo grande ministro Fatḥ Khān, capo dei Bārakzā'ī, e dei fratelli di lui. Quando Kāmrān, figlio di Maḥmūd, per gelosia politica e vendetta privata, fece cadere in disgrazia e uccise Fatḥ Khān, il fratello di questo, Dōst Muḥammad, attaccò Maḥmūd e gli tolse Kābul. Il sovrano e suo figlio ripararono a Herāt, mentre i diciassette fratelli di Dōst Muḥammad si dividevano il resto del paese.

La dinastia Bārakzā'ī. - Dōst Muḥammad finì per imporsi con le armi e i compromessi ai fratelli (1826), abbandonando loro Qandahār, e divenne il capo obbedito e benvoluto di uno stato afghāno ridotto ma compatto, che comprendeva le provincie di Kābul, Qandahār, Gelālābād e Ghaznī; il Turkestān era indipendente di fatto fin dalla morte di Tīmūr, il Pangiāb fu conquistato dai Sikh dal 1818 al 1834.

I primi contatti degl'Inglesi con l'Afghānistān erano avvenuti nel 1809, quando Elphinstone fu inviato presso Shāh Shugia‛ al-Mulk a prevenire la possibilità che Napoleone, per mezzo della Russia e della Persia, tentasse qualche mossa contro l'India. Nel 1837 il viceré delle Indie, lord Auckland, a cui Dōst Muḥammad aveva domandato aiuto contro i Sikh, rifiutava, ma inviava sir A. Burnes a Kābul per controbattere l'influenza della Russia, il cui rappresentante Vitcovitch era stato chiamato a Qandahār dai fratelli del sovrano. Le trattative anglo-afghāne fallirono per l'impossibilità di ottenere dal governo dell'India aiuti contro i Sikh; Vitcovitch invece concluse un accordo fra i Bārakzȧ'ī di Qandahār e la Persia, longa manus della Russia, che s'impegnò a conquistare per loro Herāt. Alla fine del 1837 truppe persiane con ufficiali russi, francesi e italiani assediarono Herāt. Un ufficiale inglese, Pottinger, comandò la difesa e fece levare l'assedio. Questo episodio diede occasione alla guerra.

Prima guerra afghāna. - L'Inghilterra, malgrado lo scacco subìto dai Russi e da Dōst Muḥammad, il quale difficilmente poteva rappresentare un pericolo prossimo per l'India, s'impegnò a rimettere sul trono l'inetto e malvisto Shāh Shugiā‛ al-Mulk, per avere un vassallo a Kābul. Nel 1838 sir J. Keane, con 21.000 uomini, invase l'Afghānistān, prese Qandahār e Ghaznī, restaurò Shugiā‛ a Kābul (agosto 1839), e si ritirò lasciando forti presidî.

L'inviato britannico a Kābul, Macnaghten, si proponeva di affermare l'autorità del sovrano limitando quella dei capi tribù. Egli ridusse tutto il potere nelle proprie mani, esautorando così il sovrano; gli errori che commise e lasciò commettere ai proprî collaboratori inglesi condussero il programma britannico alla rovina. Preceduta da torbidi in varî punti, la rivolta scoppiò a Kābul alla fine del 1841: Macnaghten ed altri ufficiali vennero trucidati; la guarnigione in ritirata, attaccata dai Ghilzā'ī fra Kābul e Gelālābād, fu distrutta; soltanto venti uomini, di cui un solo inglese, raggiunsero l'India. Disastro che impressionò profondamente l'opinione pubblica inglese.

Nel 1842 una spedizione punitiva inglese liberò i prigionieri e distrusse il bazar e la cittadella di Kābul. Shugiā‛ al-Mulk era stato assassinato dagli insorti: Dōst Muḥammad tornò sul trono, con soddisfazione degl'Inglesi, che per quasi quarant'anni si disinteressarono dell'Afghānistān. Nel 1854 conclusero però un trattato con Dōst Muḥammad; le due parti s'impegnavano a rispettare il territorio l'una dell'altra.

Dōst Muḥammad si dedicò alla ricostruzione del suo stato riconquistò il Turkestān, Qunduz, il Badakhshān, Herāt, riebbe Qandahār succedendo ai fratelli. Nel 1856, quando la Persia riprese Herāt, l'Inghilterra le dichiarò la guerra, la sconfisse, e ne ottenne la rinuncia all'Afghānistān. Contemporaneamente fu conclusa a Peshāwar l'alleanza anglo-afghāna: l'Inghilterra inviava ufficiali presso le truppe afghāne e passava all'emiro un sussidio per le spese militari, ma s'impegnava a non ingerirsi degli affari interni.

La rivalità anglo-russa. - Dōst Muḥammad morì nel 1863. Durante il suo regno e nel decennio seguente la tensione anglorussa si sviluppò a misura che le due potenze estendevano i loro dominî asiatici. Con la conquista del Sind (1843) e del Pangiāb (1849) l'Inghilterra giunse sul confine afghāno, mentre i Russi avanzavano a SE. lungo l'Āmū Daryā. Nel 1856 la Persia attaccò Herāt, nel 1863-66 i Russi presero Tāshkent, passarono lo Iaxarte e attaccarono Khōqand; nel 1868, dopo l'occupazione di Samarcanda, Bukhārā diventò una dipendenza russa, nel 1873 la Russia conquistò Khīvā, avvicinandosi sempre più al confine settentrionale afghāno. Cresceva per l'Inghilterra l'importanza di avere l'Afghānistān dalla sua, e per l'Afghānistān la necessità di tutelare la propria esistenza.

Dal 1864 al 69 solite lotte per il trono fra i tre figli di Dōst Muhammad: il viceré lord Lawrence se ne disinteressò, inaugurando la pericolosa politica della "magistrale inazione". Shēr ‛Alī prevalse sui fratelli, fu riconosciuto dal governo dell'India, e nel 1869 s'impegnò ad essere "amico degli amici e nemico dei nemici dell'Inghilterra", ma non riescì ad ottenerne nessuna esplicita promessa di aiuto contro eventuali attacchi russi. Nel 1873, mentre la Russia occupava Khīvā, una commissione arbitrale inglese definì la frontiera del Sīstān, fra l'Afghānistān e la Persia, favorendo quest'ultima. Deluso e preoccupato, Shēr ‛Alī invocò l'alleanza britannica, ricevette soltanto vaghe assicurazioni di appoggio, e gravitò verso la Russia. Nel 1874 vennero al governo in Inghilterra i conservatori, che compresero il pericolo russo, ma Shēr ‛Alī era ormai perduto per l'Inghilterra e respinse l'offerta di un trattato di alleanza (1877). L'anno dopo ricevé un agente russo e firmò un trattato analogo a quello anglo-afghāno del 1880, rifiutando di ricevere una missione britannica. Scoppiò allora la seconda guerra afghāna.

Seconda guerra afghāna. - Tre eserciti inglesi invasero l'Afghānistān; Shēr ‛Alī, abbandonato dai Russi, morì; il figlio Ya‛ qūb Khān, riconosciuto dagli Inglesi, cedé loro tratti di territorio presso Bōlān e Kuram, e concluse il trattato di Gandamak, con cui affidava tutti i suoi rapporti esteri all'Inghilterra, ne riceveva garanzie di difesa contro aggressioni straniere, e accettava un inviato britannico a Kābul. Quattro mesi dopo, l'inviato sir L. Cavagnari e tutti i suoi dipendenti erano massacrati in una sollevazione. Spedizione punitiva: il generale Roberts prese Kābul e depose Ya‛qūb. Seguì una situazione analoga a quella del 1842, data la difficoltà per l'Inghilterra di abbandonare il paese in fermento senza un governo regolare.

Abd ar-Raḥmān. - Nel 1879 ‛Abd ar-Raḥmān, nipote di Shēr ‛Alī, che dopo aver preso le armi contro lo zio, aveva trascorso dieci anni in esilio, ospite dei Russi a Samarcanda, passò l'Amū Daryā, entrò in corrispondenza con le autorità britanniche di Kābul, e stretti con loro accordi, venne riconosciuto emiro.

Indipendente all'interno, egli rimetteva ogni suo rapporto coll'estero all'Inghilterra; questa s'impegnava a difenderlo in caso di aggressione, e rinunciava al residente a Kȧbul, limitandosi a porvi un suo agente musulmano.

Con l'occupazione del Belūcistān e di Quetta (1883) la posizione dell'India rispetto all'Afghānistān migliorò poi notevolmente; essa infatti dominò allora anche i passi di Bōlān e Khogiak, più agevoli del Khaibar. Qualche anno più tardi occupò il passo di Kuram.

Nel 1883 il viceré incominciò a versare ad ‛Abd ar-Raḥmān un sussidio di 120.000 rupie (portate a 180.000 nel'96) per la difesa del paese. Nel 1884 la Russia si annetté Merw. ‛Abd ar-Raḥmān comprese la necessità di un'esatta delimitazione dei confini NE., imperfettamente segnati dall'accordo anglo-russo del 1873, e domandò, con dispiacere della Russia, una commissione mista. Egli si mostrò accomodante sulla delimitazione della frontiera, condotta a termine nel 1887, e sacrificò il suo malcontento all'indipendenza del paese.

Dopo il 1888, col viceré lord Lansdowne, incominciò una politica sospettosa verso l'Afghānistān: l'India strinse rapporti diretti con i capi della frontiera afghāna, occupò New Ciāman, facendone il capolinea della ferrovia di Quetta, che giungeva così fin dentro il confine afghāno, e sul confine costruì tutto un sistema di fortificazioni, per premunirsi contro possibili voltafaccia di ‛Abd ar-Raḥmān, o sconvolgimenti dopo la sua morte; ciò produsse forte tensione, e la guerra fu a stento evitata per l'intervento del governo di Londra.

Nel 1893-95 la commissione anglo-russa del Pāmir delimitò il confine N. dell'Afghānistān, fino al territorio cinese, nel '93 la Commissione Durand segnò quello con l'India, non senza ulteriori sacrifici territoriali dell'Afghānistān, cui veniva però riconosciuto il possesso del Kāfiristān, che ‛Abd ar-Raḥmān conquistò e si annesse nel'96.

‛Abd ar-Raḥmān ebbe a reprimere molte e gravi rivolte. Aveva trovato il paese in uno stato d'anarchia: i capi tribù, i mullā, i tirannelli locali erano indipendenti di fatto dal potere centrale, esercitavano il brigantaggio, commettevano ogni sorta di soprusi e crudeltà. Egli li estirpò inflessibilmente, senza risparmiare la propria tribù: nell'86 si ribellarono i Ghilzā'ī, nell'88 il Turkestān e il Badakhshān, nel 91-93 gli Hazāra, tutti domati con energia talvolta feroce. Si dice che queste rivolte abbiano costato la vita a mezzo milione di persone.

Imponendo la coscrizione (un uomo ogni otto) e importando armi attraverso l'India ‛Abd ar-Raḥmān riuscì a formare un esercito regolare armato modernamente. Pur servendosi dei mullā per isolare il paese mantenendovi vivo il fanatismo, li subordinò allo stato, e confiscò i beni waqf, che furono amministrati dalla corona. Egli organizzò l'amministrazione civile, che aveva trovato deficientissima, inasprì e percepì con severità le imposte. Fondò uno stato autocratico, fortemente centralizzato, chiuso ad ogni forma di penetrazione straniera, difeso anche dal sistema di spionaggio che il sovrano aveva imparato in Russia, militarmente formidabile e tranquillo all'interno. "Ho spezzato i capi tribù, soleva dire ‛Abd ar-Raḥmān, e per trent'anni dopo la mia morte i miei successori non avranno nulla a temere da loro. Dopo, raccoglieranno quel che avranno seminato".

Egli governava assistito da un Consiglio supremo, formato dalle alte cariche civili, militari e di corte, e da un'Assemblea generale. I loro membri provenivano da tre classi: tribù reale, capi tribù e mullā. Fra le riforme dovute ad ‛Abd ar-Raḥmān sono da notare la legge sulla posizione giuridica delle donne (1883) e l'abolizione della schiavitù (1896).

‛Abd ar-Raḥmān è una delle figure più interessanti della recente storia orientale. Benché incolto, scrisse una bellissima autobiografia, e un trattato sui doveri dei Musulmani. Si riferiscono a lui le poesie di Kipling The Ballad of the King's Mercy e The Ballad of the King's Jest.

Regno di Ḥabīb Ullāh. - ‛Abd ar-Raḥmān morì nel 1901 e gli successe senza contrasti il primogenito Ḥabīb Ullāh. Egli nominò un Consiglio legislativo, che divise l'amministrazione in dodici sezioni, e funzionò da corpo consultivo del sovrano; lo sostituì però nel primo anno di regno con un consiglio di nobili, che convocava in caso di bisogno.

La sua fedeltà all'Inghilterra durante la guerra europea ha fatto dimenticare che, nei primi anni, i rapporti di Ḥabīb Ullāh con l'India furono tesi, in seguito alla protezione che l'emiro, bigotto, largiva a capi religiosi della frontiera, suscitatori di torbidi, ed anche a una troppo larga importazione di artiglierie tedesche attraverso l'India. Soltanto nel 1905 venne firmato un trattato analogo a quello dell'80. La visita dell'emiro al viceré nel 1907 ricondusse la cordialità. Nello stesso anno fu conclusa la Convenzione anglorussa: la Russia dichiarava l'Afghānistān fuori della propria sfera d'influenza, e s'impegnava a non aver rapporti con esso, fuorché per il tramite dell'Inghilterra. Questa s'impegnava a non annettersi l'Afghānistān e a non ingerirsi dei suoi affari interni; i due governi si riconoscevano parità di trattamento nel commercio con l'Afghānistān, e stabilivano che le rispettive autorità sul confine sarebbero entrate in relazioni dirette. La convenzione doveva entrare in vigore quando l'emiro avesse notificato il suo consenso, che non fu mai dato.

Dal 1908 al 1914 l'Afghānistān vive tranquillo; in questo periodo vengono istituite scuole, impiantati telegrafi e telefoni, costruite strade e canali.

Quando scoppiò la guerra europea, il governo britannico invitò l'emiro a mantenersi neutrale, ed egli vi s'impegnò, a condizione che la sicurezza e l'indipendenza dell'Afghānistān fossero rispettate. L'intervento della Turchia non lo indusse a cambiare condotta, e nel 1915-16 seppe resistere alle offerte di una missione militare turco-tedesca, di cui facevano parte anche rivoluzionarî indiani. Si adoperò anche a tenere a freno le tribù del confine indiano; a giudizio degli Inglesi la sua fedeltà fu perfetta.

Gli Afghāni tuttavia non erano soddisfatti del sovrano. Egli era prodigo; appassionato di sport, di fotografia, di cucina, di donne, trascurava lo stato. Europeizzante, lettore di giornali stranieri, aveva incaricato Maḥmūd Tarzī Bey, afghāno colto vissuto in Siria e in Turchia, di stampare il settimanale Sirāǵ-i akhbār, che contribuì alla penetrazione nell'Afghānistān delle dottrine giovani turche. Sorsero allora gruppi giovanili e società segrete: le idee avanzate e il fanatismo musulmano vi coesistevano ed erano parimenti contrarì alla politica dell'emiro. La sconfitta della Turchia, che a giudizio di molti si sarebbe potuta evitare se Ḥabīb Ullāh avesse attaccato l'India, volse contro di lui gran parte dell'opinione pubblica (si confronti la situazione italiana del 1914-15). L'emiro ricevette lettere minatorie di rivoluzionarî, nel'18 scampò a un attentato, il 20 febbraio 1919, durante una partita di caccia presso Laghman, fu assassinato nella sua tenda.

Regno di Amāh Ullāh. - Il primogenito dell'emiro, ‛Ināyat Ullāh, che si trovava a Gelālābād con lo zio Naṣr Ullāh, cedette a questo i suoi diritti al trono, e la guarnigione lo proclamò. Intanto a Kābul il terzogenito Amān Ullāh, che nell'assenza del padre era governatore della capitale, si presentò alle truppe, promise di vendicare Ḥabīb Ullāh e di conseguire l'indipendenza del paese, aumentò loro il soldo e fu proclamato emiro. La notizia dei suoi provvedimenti a favore dell'esercito e il consolidarsi della sua posizione a Kābul indussero la guarnigione di Gelālābād a dichiararsi per Amān Ullāh; lo zio e il fratello si ritirarono, un colonnello riconosciuto colpevole dell'assassinio (su cui non si è mai fatta luce completa) fu giustiziato.

Nell'aprile Amān Ullāh proclamava l'indipendenza e inviava a Mosca una missione diplomatica.

Terza guerra afghāna. - La guerra anglo-afghāna scoppiò l'8 maggio 1919. Essa era inevitabile: gli Afghāni la volevano, la fine di Ḥabīb Ullāh rappresentava per il successore un terribile ammonimento, la corrispondenza col governo dell'India, dopo la proclamazione dell'indipendenza, si era inasprita. Il momento, del resto, era propizio per l'Afghānistān: l'India aveva smobilitato da poco, il Pangiāb era in rivolta. Fino a che punto vi sia stata connivenza fra Kābul ufficiale e i rivoluzionarî indiani, è difficile dire. Il solito incidente di frontiera inaugurò le ostilità.

La guerra durò venti giorni, e si svolse su di un fronte di 800 km., da Khaibar al Belūcistān. Il 28 maggio l'emiro domandava la cessazione delle ostilità, e gl'Inglesi accettavano. Sembra che i vantaggi dalle due parti si equivalessero, fossero anzi piuttosto dalla parte degl'Inglesi. Essi hanno giustificato la loro decisione di concludere la pace con deficienze nei trasporti di viveri e medicinali, col colera, col caldo. Risulta altresì che l'ammutinamento a Wana delle milizie fornite da tribù di frontiera, Afrīdī e Wazīrī, aveva obbligato gl'Inglesi a cambiare tutti i piani di guerra. Le condizioni interne dell'India non furono certamente estranee alla decisione.

Quale fosse il programma massimo dell'Afghānistān, oltre al riconoscimento dell'indipendenza, si può solo congetturare. Nel manifesto che aprì le ostilità Amān Ullāh parlava delle ingiustizie commesse dall'Inghilterra a danno degli Indiani, ed anche nella corrispondenza col viceré durante le ostilità si poneva come difensore dell'India. Le trattative di pace furono lunghe e laboriose; il trattato firmato l'8 agosto 1919 a Rāwal Pindī conteneva le seguenti condizioni: è ristabilita la frontiera anteriore alle ostilità, l'Inghilterra riconosce all'Afghānistān il diritto d'importare armi e materiale bellico, è abolito il sussidio finanziario inglese all'Afghānistān, si conviene di riprendere i negoziati per un trattato dopo sei mesi. Il riconoscimento formale dell'indipendenza afghāna, enorme vittoria politica di Amān Ullāh, che ha esaltato oltre misura l'amor proprio afghāno, non figurava nel trattato, ma era contenuto in una lettera del ministro degli esteri del governo indiano al delegato afghāno, e fu conoiciuto in Europa più di un anno dopo (settembre 1920), quando i trattati che l'Afghānistān concludeva con altri stati sorpresero l'opinione pubblica inglese ed obbligarono il governo britannico a dichiarare che l'emiro era ormai libero nelle proprie relazioni con l'estero.

Politica estera e interna. - Dal 1920 in poi l'Afghānistān strinse relazioni con gli stati orientali ed europei, per trovare equilibrio e sicurezza fuori della tutela britannica.

Nel marzo 1920 Yūsuf Kemāl concluse a Mosca il trattato turco-afghāno, ratificato a Kābul nell'ottobre 1922: le parti riconoscevano la piena libertà e indipendenza di tutti i popoli orientali, il governo afghāno riconosceva la posizione dirigente della Turchia nel mondo islamico; se una potenza europea attaccasse l'una delle parti, l'altra s'impegnava a intervenire. Ognuna si obbligava a non concludere accordi con una terza potenza in contesa con l'altra, o trattati che potessero nuocere all'altra. La Turchia inviava nell'Afghānistān insegnanti civili e militari.

Il trattato russo-afghāno è del febbraio 1921: le parti s'impegnavano a non concludere con altri stati accordi lesivi per uno dei contraenti, venivano stabiliti consolati russi a Herat, Maimanah, Mazār-i Sherīf, Qandahār, consolati afghāni in Russia. Le merci dirette nell'Afghānistān avevano libero transito attraverso la Russia; l'Afghānistān riconosceva l'indipendenza delle nazioni orientali, e in particolare di Khīvā e di Bukhārā, i territorî di frontiera ad esso appartenuti nel corso dell'ultimo secolo gli verranno restituiti, secondo la volontà delle popolazioni, in seguito ad accordi speciali fra le parti (questa parte del trattato non ha ancora avuto effetto). La Russia aiutava l'Afghānistān con un sussidio annuo fino ad un milione di rubli oro, con la costruzione della linea telegrafica Kushk-Herāt-Qandahār-Kābul, e metteva a sua disposizione tecnici e specialisti. Nel 1926 fu concluso fra i due stati un nuovo ttattato a complemento del precedente.

Soltanto nel novembre 1921, dopo laboriose trattative, si ebbe il trattato definitivo anglo-afghāno: vi era riaffermata l'indipendenza afghāna, i confini restavano inalterati, con leggiera rettifica a vantaggio dell'Afghānistān, i due governi s'impegnavano a comunicarsi le operazioni che intendessero compiere sul confine per il mantenimento dell'ordine. Oltre al privilegio d'importare armi attraverso l'India, l'Afghānistān otteneva la franchigia per le merci in transito.

Il primo trattato afghāno-persiano è del settembre 1923: esso regolava la posizione dei sudditi afghāni in Persia e persiani in Afghānistān; le parti s'impegnavano a non aiutare un terzo stato in guerra con uno dei due.

Nel 1921 l'emiro concesse la costituzione e assunse il titolo di re (pādishāh). Nello stesso anno una missione afghāna si recò in Russia, Lettonia, Polonia, Germania, Italia, Francia, Stati Uniti, Inghilterra e Belgio, per comunicare l'assunzione al trono di Amān Ullāh e l'indipendenza afghāna. Essa concluse varî accordi per lo scambio di rappresentanti diplomatici, commerciali, e per l'invio di tecnici europei nell'Afghānistān e di studenti afghāni in Europa. Il primo fu quello con l'Italia.

La legazione britannica e quella italiana a Kābul furono fondate nel 1921, quelle francese e tedesca nel 1923. L'Italia inviò nel 1921 la missione composta di circa 50 ingegneri, medici e architetti, rimpatriati quasi tutti dopo l'incidente Piperno (nel 1925). Nostri industriali sono stati in Afghānistān per il commercio dei budelli di pecora e della seta, nel 1922 una missione mineraria presieduta dall'ingegnere Ferrari ha esplorato l'Afghānistān settentrionale, nel 1924 l'Italia ha mandato una missione sanitaria, e si annuncia (1928) una nuova spedizione di tecnici.

La Germania ha inviato nell'Afghānistān la missione universitaria organizzatrice della scuola Amānī, ufficiali che hanno impiantato la scuola di aviazione con apparecchi Junker, e una missione medica, che ha fondato due ospedali nella capitale. La Francia ha mandato la missione universitaria organizzatrice della scuola Amāniyyeh e la missione archeologica. L'Inghilterra non ha mandato nessuno; ha accolto a Peshāwar giovani afghāni quali allievi telegrafisti e ha costruito la linea telegrafica Kābul-Peshāwar.

Con l'Inghilterra l'Afghānistān ha avuto due momenti difficili: nel 1923 in occasione della nota britannica alla Russia sulla propaganda bolscevica in Oriente (che portò all'abolizione dei consolati sovietisti prossimi al confine indiano) e nell'estate del 1924, quando, in seguito a torbidi sul confine, Afghāni appartenenti a tribù indipendenti, colpevoli di aver assassinato e rapito Inglesi sulla frontiera, ripararono nell'Afghānistān. Il ministro britannico a Kābul domandò la loro consegna e finì per presentare un ultimatum. La situazione era grave, il re ne uscì inviando i colpevoli nel Turkestān.

Le riforme introdotte dal nuovo sovrano hanno incontrato opposizione negli ambienti religiosi misoneisti e presso le tribù più fanatiche. Nella primavera del 1924, nelle regioni di Khōst, Qandahār, Ghaznī, Gelālābād, scoppiò una rivolta, fomentata dai mullā, contro le leggi restrittive della poligamia, l'istruzione femminile, i tribunali civili sostituiti a quelli dei qāḍī, la coscrizione e il censimento. L'esercito, mandato contro i ribelli, non riescì a domarli: il re dovette promettere la revoca della massima parte delle riforme, e la situazione si complicò con l'arrivo di un pretendente al trono afghāno dall'India (donde pare partissero aiuti ai ribelli). Nell'autunno il re, con l'aiuto di tribù sciite, riuscì vittorioso, i ribelli furono severamente puniti e le riforme restaurate.

I rapporti dell'Afghānistān con la Russia sono stati costantemente buoni: essa ha dato importante contributo di uomini e di apparecchi all'aviazione afghāna, ed ha inviato ingegneri per la costruzione di strade importanti nel N. Solo nell'estate 1925 si ebbe l'incidente dell'occupazione russa di un'isola sull'Āmū Dary5, risolto amichevolmente.

I rapporti dell'Afghānistān con l'Italia furono turbati nell'estate 1925 dall'episodio dell'ingegnere Dario Piperno, giustiziato a Kābul per aver ucciso un soldato afghāno, dopo che già aveva pagato il prezzo del sangue alla famiglia del morto, secondo il diritto musulmano. L'Afghānistān accettò le riparazioni imposte dal governo italiano.

Dopo la rivolta di Khōst la situazione interna afghāna si è mantenuta tranquilla, permettendo al re, nel dicembre 1927, d'iniziare il suo primo viaggio fuori dell'Afghānistān. Tale viaggio, da lui definito di istruzione, aveva anche lo scopo di perfezionare le relazioni diplomatiche e commerciali concluse in passato, e di stringerne di nuove. Accompagnato dalla regina, Amān Ullāh ha visitato l'Egitto, l'Italia, la Francia, l'Inghilterra, il Belgio, la Svizzera, la Germania, la Lettonia, la Polonia, la Russia, la Turchia e la Persia, accolto dappertutto con grande cordialità, ed è rimpatriato nel giugno 1928. Di trattati da lui conclusi in questa occasione si conoscono solo quelli con la Turchia e con la Persia. Il trattato di amicizia e sicurezza turco-afghāno (maggio 1928) impegna le parti ad astenersi da accordi politici, militari o economici diretti contro una delle due nazioni; in caso di atti ostili di un terzo stato contro una delle due, l'altra si adopererà ad evitare il conflitto, ed ambedue studieranno insieme la situazione per salvaguardare i loro interessi. La Turchia manderà nell'Afghānistān esperti scientifici, giuridici e culturali. I sudditi dei due paesi avranno il trattamento della nazione più favorita, quanto alla residenza e al commercio. Il trattato vale per dieci anni. Il trattato di amicizia e garanzia afghāno-persiano (novembre 1927) vale per sei anni. I due stati s'impegnano ognuno a difendere la propria neutralità, se fosse violata da un paese in guerra con l'altro.

La propaganda dei misoneisti contro il re innovatore durante il suo viaggio in Europa riprese vigore quando egli, ritornato, cominciò ad applicare riforme più ardite (abolizione del velo femminile, prolungamento della ferma, legge elevante l'età del matrimonio, imposizione dei vestiti europei, invio di studentesse in Turchia, limitazione della poligamia, ecc.). Altre cause di malcontento, le spese eccessive del governo, le imposte gravose e la miseria, dovuta in gran parte alla corruzione dei funzionarî.

Il 2 ottobre 1928 si ebbero a Kābul dimostrazioni violente; la rivolta scoppiò a metà novembre, quando la tribù dei Shinwārī (cui si unirono nel dicembre i Khūgiānī) rifiutò di pagare le imposte. Il 14 dicembre, dei rivoltosi, guidati da tal Bačah-i Saqqā ("il figlio dell'acquaiolo"), iniziarono l'occupazione dei sobborghi di Kābul. Prolungandosi la lotta intorno alla capitale, con varie vicende, Amān Ullāh, ai primi di gennaio, revocò la massima parte delle riforme, ed offrì di costituire un senato composto di capi religiosi e capi tribù, cui spettasse la ratifica delle leggi. Troppo tardi: sembra che le truppe del re, in arretrato col soldo, non lo abbiano sostenuto. Il 14 gennaio egli abdicò a favore del fratellastro ‛Ināyat Ullāh, che a sua volta si ritirò il 17 davanti a Bačah-i Saqqā.

Quest'ultimo, divenuto l'emiro Habīb Ullāh Ghāzī, si manteneva nella regione di Kābul, con programma reazionario, mentre Amān Ullah, riparato a Qandahār, ritirava l'abdicazione e, sostenuto dalle popolazioni di Herāt e Qandahār, aspirava alla riconquista. Si segnalavano altrove pretendenti minori. Tale situazione, non nuova nell'Afghānistān, è ancora (febbraio 1929) poco chiara; impossibile prevederne gli sviluppi e riconoscere quali influenze straniere siano intervenute (v. amān ullāh, bačah-i saqqā', kābul, qandahār).

Lingua e letteratura.

La lingua nazionale degli Afghāni è il cosiddetto pashtō (o pakhtō nel dialetto sud-occidentale), il cui dominio però non coincide con i confini politici dello stato. Nell'ambito di questo, oltre al turkī del gruppo turco mongolo nella zona dell'Āmū Daryā e dei Čahār Aimāq e ai dialetti indiani dei Kāfiristān, il persiano, irrigidito in una fase alquanto arcaica, è parlato dai Qizilbāsh, nella zona di Kābul e di Herāt, e dagli Hazara, e con particolari caratteristici dialettali dai Tāgīk (v. -sopra Etnografia). Fuori dei confini politici dell Afghānistān il pashtō si estende largamente su territorî che fanno parte dell'India inglese. Il numero complessivo degli individui che lo parlano è all'incirca di 3.500.000.

La lingua afghāna o pashtō è un dialetto iranico. Le scoperte recenti di testi redatti in dialetti iranici orientali (il sogdiano e il sacio) consentono di individuare nettamente la posizione dell'afghāno come di un dialetto nord-orientale abbastanza vicino al sogdiano e ai dialetti nord-occidentali.

Di fronte al persiano, alla cui base sta il dialetto della Perside propriamente detta, dialetto quindi sud-occidentale, l'afghāno presenta caratteri di profonda differenziazione, per i quali si è potuto erroneamente pensare che si tratti di un dialetto di confine fra l'iranico e l'indiano. Come fatti più specialmente tipici della fonologia dell'afghāno si possono ricordare: ā continuata da ō, ū (calōr di contro a pers. čahār); il dittongo au continuato da va (gvaž "orecchio", pers. mod. gōš; rvaj "giorno", pers. mod. rōz); il nesso hv iniziale continuato con v o nv (nvar "sole", av. hvar, pers. mod. khuršēd); il passaggio in l di t intervocalico attraverso δ, y e di d sia all'inizio sia all'interno di parola (gal "ladro", av. gada; pal "piede", pers. mod. pai "orma"), av. pada; las "dieci", pers. mod. dah, av. dasa). Di contro al persiano del]e iscrizioni degli Achemenidi, al pahlavī e al persiano moderno che hanno sostituito la spirante sonora z protoiranica con d, l'afghāno ha z con l'avestico e tutti i dialetti iranici nord-occidentali e orientali (zrå "cuore", pers. mod. dil, av. zərəd-); la palatale č in posizione iniziale di parola diventa affricata sorda c e in posizione interna affricata sonora j (calōr:. quattro", pers. mod. čahār, pinja "cinque", pers. mod. panj, av. panja); in posizione interna č continua šk (vuš "asciutto", pers. mod. khušk), ecc.

Nella morfologia sono da notare: il caso obliquo del sing. in å e quello del plurale in o, ūnō che continuano rispettivamente l'antico strumentale in ā ed il gen. plur. in (ān)ām (fatto questo per cui l'afghāno si raccosta al sogdiano e al gruppo nord-occidentale); la formazione di infiniti in -al, originariamente certo forme participiali; la formazione di causativi in -av, certo per influsso dei dialetti indiani, sia da temi verbali sia da temi nominali.

Quanto al lessico, l'afghāno presenta una quantità notevole di imprestiti, particolarmente dal persiano, dall'arabo e dai dialetti indiani, i quali debbono attribuirsi non soltanto a scambî diretti di contatto, ma anche ad influenze letterarie.

La forma originaria è in parte conservata specialmente nelle parole arabe pervenute attraverso mediazione persiana, ed in parte modificata per adattamento alla fonetica afghāna. Nelle parole prese in prestito dal Sindī sono mantenuti i suoni cerebrali del tutto estranei agli idiomi iranici.

L'alfabeto usato dagli Afghāni è l'arabo con alcune aggiunte. Nell'ambito dell'afghāno esistono lievi varietà dialettali (nord-orientale con centro a Peshāwar, sud-occidentale con centro a Qandahār) dovute principalmente a diversità di pronuncia dei suoni c e s, ma tale diversità non si riflette nella lingua scritta. Per gli altri linguaggi parlati nell'Afghānistān v. pāmir, kāfiristān, iraniche lingue.

La letteratura d'arte afghāna ha principio nel sec. XVI con il mistico Pīr Rōshan delle cui opere andate perdute abbiamo notizia attraverso citazioni di Akhūn Darwēza, avversario di lui ed autore di una storia degli Afgnāni (Makhzani-i Afghāni). Nel secolo XVII sono da ricordare i nomi di Mīrzā Khān Anṣārī, mistico, Kushāl Khān, che fu prigioniero alla corte del sultano mongolo dell'India Awrangzēb e che poetò non senza vigoria e di ‛Abd ur-Raḥmān di Peshāwar, il quale fra i suoi compatrioti è considerato come il maggiore poeta nazionale.

Ma più che nella poesia d'arte la quale si muove, alquanto fiaccamente in verità, sulle orme della poesia persiana, l'anima del popolo afghāno si manifesta nella poesia popolare, della quale, ad opera particolarmente del Darmesteter, del Thorburn e del Howell, è stata raccolta larga messe di documenti. Si tratta di canti di soggetto prevalentemente guerriero ed amoroso, in metri derivati dalla poesia indostana e dalla persiana. Ancor oggi il poeta popolare che declama le sue canzoni, accompagnandosi con il suono di una specie di chitarra, gode presso gli Afghāni di ben più grande favore che il poeta letterato, imitatore pedissequo della poesia araba e persiana.

Bibl.: E. Trinkler, Afghanistan, eine landeskundliche Studie, Gotha 1928 (Ergänzungsheft n. 196 delle Petermann's Mitteilungen). Opera fondamentale, specialmente per la parte geografica, la migliore fra le più recenti. Contiene una bibliografia amplissima, cui si possono aggiungere le seguenti opere: ‛Abdul Ghanī, A Review of the political Situation in Central Asia, Lahore 1921, di un Indiano che ha passato vent'anni a Kabul e occupato cariche importanti; Sirdār Iqbāl, ‛Alī Shāh, Afghānistān of the Afghāns, Londra 1928, interessante specialmente per la parte etnografica; contiene alcuni trattati. Inoltre M. Pernot, En Asie musulmane, cap. I: En Afghānistān, Parigi 1927. In italiano esistono le seguenti opere: Un Italiano, Il problema dell'Asia Centrale e la politica estera italiana, Roma 1913; C. Negri, Riflessioni geografiche e politiche sui progetti inglesi e russi di nuove comunicazioni ferroviarie fra l'Europa e l'Asia, Miilano 1878; Nisci Tocugirò, L'Asia Centrale, note di viaggio e studî di un diplomatico giapponese, traduzione (con molte aggiunte) di L. Nocentini, Torino 1911. Contiene numerosi documenti.

Per l'esplorazione, v.: Th. Holdich, Gates of India, Londra 1910; G. Foster, Journey from Bengal to England, Londra ed. 1798, e ed. 1808, voll. 2; M. Elphinstone, Account of the Kingdom of Kabul, Londra 1809; W. Moorcroft e Trebeck, Travels, ed. H. Hayman Wilson, voll. 2, Londra 1841; A. Conolly, Journey to India overland, ecc., voll. 2, Londra 1834; Ch. Masson, Journeys in Beluchistan, Afghanistan and the Panjab, 1842; A. Burnes, Travels into Bokhara ecc., voll. 3, Londra 1934; A. Burnes, Cabool, a Personal Narrative (1836-38), Londra 1842; G. T. Vigne, A Visit to Ghuzni, Kabul and Afghanistan, Londra 1840; E. Pottinger, Letters from Herat, in Selections from Travels and Journals in the Bombay Secretariat, ed. da G. W. Forrest, Bombay 1906; D'Arcy Todd, Report, ivi; J. Wood, Narrative of a Journey to the Source of the Oxus (1836-38), Londra 1841-1872; J. Sutherland Broadfoot, Reports on Parts of the Ghilzi Country, ecc., in Roy. Geogr. Soc., Suppl. Papers, 1882-85, I, p. 341; J. P. Ferrier, Voyages et aventures en Perse, dans l'Afghanistan, ecc., dal ms. francese inedito, Parigi 1870; H. Walter Bellew, Mission to Afghanistan under Lumsden, Londra 1862; id., From the Indus to the Tigris (1872), Londra 1874; H. Trotter, Report on Trans-Himalayan Explorations in 1873-75, 1876; J. L. Javorski, Missione russa nell'Afghanistan e Bukhara, voll. 2 (in lingua russa), Pietroburgo 1882-83; Russo-Afghan Boundary Commission (1886) e Pamir Boundary Commission (1896), in Indian Survey Reports; The Kafirs of the Hindu Kush, Londra 1896; O. von Niedermayer e E. Diez, Unter der Glutsonne Irans, Dachau 1925; E. Trinkler, Quer durch Afghanistan nach Indien, Berlino 1925. Cfr. anche gli scritti di F. J. Goldsmid, di Mirza Shuja, di Haidar Stah, di T. H. Holdich, del col. H. C. Tanner, di W. W. Mc Nair, di Maitland e Talbot, di A. H. Mc Mahon, di G. S. Robertson, pubblicati dal 1870 in poi nei Proceedings of the R. Geogr. Society di Londra, nel Journal della Società stessa, nel Geographical Journal.

Per la storia, è fondamentale Malleson, History of Afganistan, del 1879.

Sulla lingua, v. principalmente W. Geiger, Die Sprache der Afgānen, in Grundriss der iranischen Philologie, I, ii, p. 201 segg.; G. Morgenstierne, Report ona a linguistic Mission to Afghanistan, Oslo 1926; A. G. Raverty, The Pushto Manual, 2ª ed., Londra 1890. I canti popolari sono raccolti in J. Darmesteter, Chants populaires des Afghans, Parigi 1888-90; S. S. Thorburn, Bannu, or our Afghan Frontier, Londra 1876; E. B. Howell, Some border Ballads of the North-West Frontier, in Journal of the Roy. Asiatic Society, 1907, p. 791 segg.

Ottime carte sono quelle dell'opera citata del Trinkler e quella edita dalla casa Fleming di Berlino. Discreti lavori d'insieme sono: il volumetto di R. Furon, L'Afghānistān, Géographie, Histoire, Ethnographie, Voyages, Parigi 1926, e Hamilton, Afghanistan, del 1907, con molte illustrazioni. Molto materiale si trova in riviste, specialmente inglesi, tedesche e russe. Dal 1921 in poi serve bene la rivista Oriente moderno, stampata a Roma dall'Istituto per l'Oriente.

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