CLEMENTI, Africo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

CLEMENTI (Clemente), Africo (de)

Salvatore Adorno

Figlio di Francesco, nacque a Padova dove esercitò come notaio. I suoi rogiti si trovano a partire dal 3 maggio 1550 sino al 9 marzo 1602. È probabile (ma mancano prove concrete) che sia appartenuto ad un ramo della famiglia De Clementi che, dalla fine del Trecento sino alla seconda metà del Seicento ebbe a Padova una marcata tradizione notarile.

Iniziò a stipulare privatamente. Il 23 marzo 1530 superò l'esame per diventare notaio pubblico; da allora poté non solo contrarre rogiti e registrare testamenti, ma anche dirimere cause giudiziarie. A quella data doveva avere almeno vent'anni che era l'età minima richiesta per partecipare alla prova.

Il C. è noto per aver pubblicato a Venezia nel 1572 un trattatello di agricoltura dal titolo Dell'agricoltura di M. Africo Clemente padovano ... accomodato all'uso de' nostri tempi et serve ad ogni paese. L'opera si rifà alla tradizione erudita e compilativa della Geoponica bizantina.

È possibile seguire la sua genesi. Tra i rogiti del C. si trovano alcune decine di pagine ricoperte di fitti appunti in latino presi dai testi degli antichi georgici romani, più precisamente da Plinio, Catone, Varrone, Columella. Sul primo foglio si legge la data 1567. Si tratta di una accurata opera di schedatura. Il C. affronta gli autori uno alla volta separatamente. Parte da Plinio e finisce con Columella. Il lavoro è così condotto per una ventina di pagine. Si possono dedurre dalla diversità del tratto numerosissime pause e riprese anche brevissime. A questo punto il lavoro continua in forma diversa. Il C. riunisce sotto singole sigle tutte le notizie dei vari autori riguardanti la stessa coltura. Si arriva così a quella che sarà poi la struttura del libro: diviso classicamente in giornate ognuna delle quali ordinata in capitoletti riguardanti diversi comparti agricoli. Il metodo di lavoro seguito dal C. rende più esplicita la matrice erudita del libro. Esso appare infatti il frutto di un lavoro compiuto a tavolino, più che di una diretta osservazione del mondo agricolo. Nell'edizione a stampa oltre ai georgici latini appaiono più volte citati Pier Crescenzi, Pontano, Palladio e la Geoponica nella traduzione di Pietro Lauro. Evidentemente anche questi autori subirono lo stesso trattamento degli altri. E C. dovette leggere anche l'opera quasi coeva di Agostino Gallo: gli accenni più interessanti sugli avvicendamenti delle varie colture e sulla vite sembrano pedissequamente copiati dalle Venti giornate. In questo caso il C. non rivela la fonte; egli stesso però ricordava nel proemio di aver letto i "discorsi di molti antichi e moderni autori". Non emerge traccia di una eventuale lettura del Ricordo di Tarello.

Sempre tra i rogiti si trova un inventario dei beni che il C. possedeva nel 1571. Fra il mobilio, che è numeroso e denota uno stato di agiatezza economica, egli elenca anche "libri d'agricoltura e d'altra sorte", ma non dice quanti e quali. Attraverso questa fonte sappiamo che abitava in città e che aveva un'altra casa in Prato della Valle che dava a "livello", cioè in affitto. Possedeva anche "campi" dati a "livello" a "Toni Bersello che mi paga - scriveva il C. - ogni anno lire 3.36" ed elencava anche le onoranze annuali: "nove galline due polli e cinquanta ova". Non scrive dove, quanti e di che estensione fossero i campi. Ma si può dedurre che non dovessero essere né molti né troppo grandi. Il fatto che il canone fosse pagato in moneta e la mancanza di indicazioni su eventuali obblighi del contadino lasciano supporre che si trattasse di livelli molto vicini al fitto semplice. Si tratta di una pratica contrattuale che in quel periodo era abbastanza diffusa nel Padovano soprattutto in riferimento alla piccola proprietà. Così che spesso il contadino per integrare il magro reddito prendeva in affitto più campi contemporaneamente e in altri lavorava a salario (Giorgetti). Contro questa tendenza si scaglia il Clementi. In una delle rare pagine originali del libro scrive che nel Padovano i contadini erano soliti prendere in affitto molte terre, sovracaricandosi di lavori che non riuscivano poi ad eseguire: "quantunque poi lavorino assai hanno sempre poche biade, son sempre poveri, hanno ogni anno debiti e quasi morono de fame". Queste osservazioni dovevano essergli suggerite dalla sua condizione di proprietario, ma anche da quella di notaio: molti dei suoi atti riguardano denunce di debiti dei contadini; non mancano stipule di contratti agrari.

La sua posizione di proprietario si rispecchia nel libro in maniera assai vaga. Nel testo manca ogni riferimento ai rapporti contrattuali. Quando nel proemio accenna alla necessità che il contadino lavori con diligenza e fatica, e che il padrone gli "dia in cambio quella pensione et salario convenevole secondo il carico che gli si è imposto" non fa altro che volgarizzare le più articolate indicazioni di Agostino Gallo in materia. Anche se il C., in quanto proprietario, era interessato all'aspetto produttivo, il suo rapporto con la tecnica agraria appare fortemente mediato e falsato dalla componente erudita.

Non si conosce l'anno della sua morte. Secondo il Vedova il C. era ancora vivo nel 1606.

L'opera del C. ebbe molte edizioni nel Seicento e qualcuna nel Settecento. Si ricordano: Venezia 1573 e 1577; traduzione tedesca, Sieben Bücher vom Feldbau und Ackerwerk, di "Hieremiau Martium", Strassburg 1580; Venezia 1608; Trevigi 1623, 1677, 1692, 1696; Venezia 1772, con il titolo L'agricoltura sperimentale,ovvero piano sperimentale d'agricoltura per uso dell'Italia. Quest'ultima edizione ricevette una durissima recensione da parte di Filippo Re, il quale sosteneva che il libro poteva andare bene per il periodo in cui era stato scritto, e continuava: "Ma che quest'opera siasi riprodotta pochi anni sono coi medesimi errori di metodo, di precetti e di stile; che a fine di renderne più sicura la diramazione, se ne cambi il frontispizio... è veramente cosa da muover la bile ad ogni anche mediocre agronomo".

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Padova, Indice notarile, buste 3919-3930, soprattutto busta 3928, pp. 296-332, e busta 3930, pp. 136-168, Archiviogener. pergamene 218, 296 A e B; Collegio dei Notari I/A; J. P. Seguierio, Bibliotheca botanica…, Hagae 1760, p. 351; A. von Haller, Bibliothecabotanica…, I, Tiguri 1772, p. 345; M. Listri, Biblioteca Georgica..., Firenze 1787, p. 30; F. Re, Diz. ragionato dei libri di agricoltura..., II, Venezia 1808, pp. 132-133; G. Vedova, Biografie degliscrittori padovani, I, Padova 1832, pp. 265-267; O. Giorgetti, Contadini e proprietari nell'Italiamoderna, Torino 1074, p. 118; A. Saltini, Storiadelle scienze agrarie, Bologna 1979, pp. 137-138.

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