Afroamericani Americani di origine africana, che condividono l’eredità storica della deportazione in schiavitù, iniziata nel 16° sec. e conclusa tre secoli dopo.
Nel Nordamerica i primi Africani giunsero nelle colonie inglesi intorno al 1620 e giuridicamente ebbero all’inizio un trattamento contrattuale non dissimile da quello dei più umili lavoratori bianchi: servi vincolati a un contratto a termine. Ben presto però (nel 1661 in Virginia) furono ridotti a una servitù perpetua che, non essendo prevista dal diritto inglese, li privava di qualsiasi protezione di fronte alla legge. Al contrario di quanto avveniva nell’America Latina, furono negati loro il matrimonio, la famiglia e ogni traccia della propria eredità culturale.
La grande domanda di manodopera nelle piantagioni favorì il rapido accrescimento degli schiavi provenienti dalle coste occidentali dell’Africa; la tratta fu esercitata da Francesi, Olandesi, Inglesi e soprattutto da sudditi britannici delle colonie del Nord. Alla vigilia della guerra d’indipendenza la popolazione nera contava circa 500.000 individui (contro 3.000.000 di Bianchi). Poi, in parte il clima rivoluzionario, ma soprattutto la crisi del mercato del tabacco (gli schiavi erano consegnati nelle colonie del Sud in cambio di tabacco e melassa per la produzione del rhum) sembrarono promettere un lento estinguersi dello schiavismo. Difatti, tra il 1777 e il 1804 la schiavitù fu abolita in tutti gli Stati a N del Maryland e fu minacciata anche nel Sud dalla proibizione della tratta (1807); ma lo sviluppo della coltura del cotone e la crescente richiesta di materia prima da parte dell’industria tessile inglese le ridettero vita. Lo schiavismo conobbe una sfrenata espansione verso il Sud (Florida, 1819), l’Ovest (
Nonostante ciò, le speranze di un rapido inserimento degli ex schiavi nella società americana andarono presto deluse: i grandi proprietari terrieri del Sud riacquistarono il potere e, ricorrendo a mezzi terroristici (➔ Ku-Klux Klan) e a capziosi provvedimenti legislativi, riuscirono a impedire agli A. l’esercizio dei diritti politici, nonostante il XV emendamento (1870) vietasse agli Stati di revocare o limitare
Nel frattempo la popolazione a., attratta dalla richiesta di manodopera durante la
A seguito della decisione della Corte Suprema del 1954 contro la segregazione scolastica, gli A. si rivolsero alla politica: dai boicottaggi di Montgomery (1955) alla marcia di Selma (1965) emerse la teoria dell’azione massiva non violenta di M.L. King, teoria applicata soprattutto nel Sud dal Southern christian leadership council (SCLC) da lui fondato, che riuscì a ottenere dal Congresso le leggi sui diritti civili (1957-64). Ma la crescente delusione di fronte alle promesse governative non mantenute e all’inosservanza delle leggi sui diritti civili da parte delle autorità federali, insieme al progressivo deterioramento delle condizioni di vita nei ghetti, finirono per provocare, nel 1964-68, una serie di sommosse popolari che minacciarono in alcuni casi di degenerare in rivolte armate (
Negli anni successivi la carica contestativa a carattere civile si andò depotenziando, apparendo come generalmente acquisita la parità di diritti, mentre restò invece impregiudicata per parte della popolazione a. una condizione di emarginazione e povertà.
2. America Centrale e Meridionale
Per quanto concerne l’America Centrale e Meridionale, gli Africani apparvero poco dopo la scoperta del continente, trasportati dall’Africa in stato di schiavitù e destinati a sostituire nel lavoro le decimate popolazioni indigene. Nel 1502 un primo carico di schiavi giunse a
La maggiore densità di popolazione a. si ha nelle Antille: ad
L’opposizione alla schiavitù fu tenace e attuata con tutti i mezzi possibili: la morte per inedia (banzo), il suicidio (fondato sulla concezione che l’anima ritorna ai luoghi degli antenati), l’aborto (per evitare al nascituro la schiavitù), il sabotaggio del lavoro, la fuga, le rivolte, che furono numerose e sanguinose. Rivolte celebri si ebbero ad Haiti, a
Le fughe diedero invece origine a persistenti comunità di A. detti marrones (dallo spagnolo cimarrón, «porco selvatico»), rifugiatisi in località inaccessibili dove poterono far sopravvivere tratti integrali di culture africane, anche se contaminati dall’eterogeneità dei loro componenti. L’esempio più tipico/">tipico è quello dei Bush negroes (poi quasi scomparsi) che nel 18° sec. costituirono nelle Guiane gruppi organizzati che riuscirono perfino a fondare degli Stati, con i quali i governatori bianchi dovettero concludere trattati di amicizia. Altri gruppi finirono invece assorbiti dalle popolazioni aborigene. Da rilevare che l’incrocio tra A. e Amerindi fu meno comune, soprattutto a causa di una politica di controllo messa in atto dai Bianchi (il figlio di un’india era libero e il padrone perdeva uno schiavo). Tuttavia schiavi di origine africana e popolazioni amerinde si sono talvolta fusi dando luogo a un tipo di meticcio detto cafuso o carioca in Brasile e zambo o lobo nell’America spagnola.