STEFFANI, Agostino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STEFFANI, Agostino

Raffaele Mellace

STEFFANI (Stefani), Agostino. – Nacque a Castelfranco, nel Trevigiano, il 25 luglio 1654, quinto di sette figli di Camillo e di Paolina Terzago, sua seconda moglie. Oltralpe, modificò poi in Steffani la grafia del cognome paterno, Stievani o Stefani. Fu allevato a Padova dallo zio Marcantonio Terzago, unitamente al fratello maggiore Ventura Giacomo, nato il 2 gennaio 1648 (adottato dal congiunto, ne assunse il cognome e si trovò poi a collaborare con Agostino a Monaco di Baviera; morì a Brugine il 21 ottobre 1693). A Padova studiò, coltivò amicizie durevoli (tra cui il conte Girolamo Frigimelica Roberti), entrò ragazzo nella Cappella del Santo diretta da Antonio Dalla Tavola, come soprano dal 1° ottobre 1664 al luglio del 1667: lì poté acquisire dimestichezza con i generi musicali ecclesiastici. Carlo Pallavicino, «organista ai concerti» al Santo, dovette coinvolgerlo nelle recite del suo Aureliano, andato in scena nel teatro di S. Moisè a Venezia nel Carnevale 1666 (tra i personaggi cantanti compare un’«Erinda bambina»). Il 31 dicembre uno dei presidenti dell’Arca chiese che Agostino potesse cantare di nuovo in teatro a Venezia nel Carnevale.

Ferdinando Maria elettore di Baviera, ascoltatolo a Padova nel giugno del 1667, lo condusse a Monaco. Già il 6 novembre si esibì nella parte dell’Aurora nel torneo Le pretensioni del Sole di Johann Caspar Kerll: costui, già allievo a Roma di Giacomo Carissimi, dal luglio del 1668 all’ottobre del 1671 lo ospitò e gli diede lezioni di tastiera e di teoria. Nominato musicista di corte e di camera, nel 1670 Steffani guadagnava quanto l’organista di corte e poté negoziare un consistente supplemento per il vestiario. Dall’ottobre del 1672 e per quasi due anni fu mandato a Roma a studiare con Ercole Bernabei, maestro della Cappella Giulia e campione dello stile antico. Ammesso nella Congregazione dei musici di Roma, scrisse le prime composizioni pervenuteci (l’antifona Triduanas a Domino, la cantata Occhi miei, lo miraste) e allestì l’edizione della Psalmodia vespertina volans a otto voci (Roma 1674), dedicata agli elettori di Baviera (nel 1776 Giambattista Martini incluse nel suo Esemplare o sia Saggio fondamentale di contrappunto la dossologia del Magnificat).

Partito Kerll per Vienna, al suo posto fu nominato Bernabei, che prese servizio a Monaco nel luglio del 1674 accompagnato da Steffani. Sebbene risulti organista di corte e camera solo in un documento del 4 luglio 1678, Steffani doveva aver operato già da tempo come coadiutore del predecessore, componendo anche musica da chiesa (oggi quasi del tutto perduta). Tra il 1676 (data di un Beatus vir oggi ad Assisi) e il 1677 chiamò a Monaco il padre, indi la madre, la sorella Ippolita, poi madre superiora delle visitandine, e il fratello Ventura Terzago, impiegato come segretario e poeta di corte (firmò una decina di libretti fino al 1686; cfr. Timms, 2003, p. 21). La chiamata a Monaco del figlio di Bernabei, Giuseppe Antonio, come vicemaestro di cappella creò nuovi attriti, risolti con un secondo viaggio d’istruzione, stavolta a Parigi. Alla corte di Luigi XIV, cugino di Enrichetta Adelaide di Savoia, elettrice di Baviera, risiedette dal luglio 1678 alla primavera del 1679: poté familiarizzarse con lo stile di Marc-Antoine Charpentier e di Lully, di cui il 31 gennaio 1679 andò in scena il Bellérophon. Prima del rientro a Monaco, a metà maggio 1679 fu a Torino, dove si fece ascoltare da madama reale, Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours. Probabilmente nell’estate del 1680 venne ordinato sacerdote.

Spirato l’elettore il 26 maggio 1679, il successore, Massimiliano II Emanuele, nominò Steffani direttore della musica da camera dal 1° gennaio 1681, con lo stesso stipendio del vicemaestro. Un mese dopo Steffani allestì la sua prima opera, Marco Aurelio, dramma per musica di suo fratello. Seguirono Solon e il torneo Audacia e rispetto (Carnevale 1685); Servio Tullio, per le nozze dell’elettore con Maria Antonia d’Asburgo (gennaio 1686; il libretto contiene le incisioni del teatro e delle scene), tutte opere firmate dal fratello; Alarico il Baltha, cioè L’audace re de’ Gothi (Luigi Orlandi, 18 gennaio 1687; ed. a cura di H. Riemann, Leipzig 1911); Niobe, regina di Tebe (V. Terzago, Carnevale 1688; ed. a cura di J. Jacobi - P. O’Dette - S. Stubbs, Bremen 2011), tutti allusivi ai regnanti. Provvide inoltre a serenate encomiastiche, come quella epitalamica del giugno 1682. Nel 1685 diede alle stampe e dedicò all’elettore l’ambiziosa raccolta Sacer Ianus quadrifrons, dodici mottetti con il basso continuo da eseguirsi in quattro diverse modalità, tali e quali oppure omettendo una qualsiasi delle tre voci previste. Scomparso Bernabei senior nel dicembre 1687, la nomina dello iuniore a maestro di cappella il 16 gennaio 1688, unitamente a un grave affronto subito a corte dal fratello, dovette suggerire agli Steffani di proseguire altrove il proprio cammino.

Fin da novembre 1680 l’elettore si era valso di Steffani in missioni diplomatiche segrete. La più cospicua fu a Hannover, nel 1682-83, per sondare in via discreta la disponibilità della mano della principessa Sofia Carlotta. L’affare non andò in porto, ma il compositore si guadagnò la stima della giovane aristocratica, che gliela conservò a lungo, anche dopo essere divenuta regina di Prussia. Gli commissionò dei duetti come, nel 1698-99, Crudo Amor, morir mi sento, su versi propri, Placidissime catene, Che volete, o crude pene e Inquieto mio cor, lasciami in pace, che nel 1702 la sovrana si faceva cantare a Berlino da Giovanni Bononcini e Attilio Ariosti. Nel 1703 le relazioni con il musicista veneto tuttavia si guastarono, per un dissidio circa la permanenza berlinese di Ariosti.

Sempre nel 1683 Steffani fu inviato in Francia e a Colonia. A dicembre 1682 aveva ottenuto dal papa, grazie ai buoni uffici dell’elettore, un beneficio prepositurale nella parrocchia protestante di Löpsingen, nella contea degli Oettingen. Probabilmente nel 1688, stando a una lettera del 4 aprile, incontrò Gottfried Wilhelm von Leibniz, bibliotecario di corte a Hannover, inviato a Monaco dal duca per ricerche nella biblioteca elettorale: conoscenza che dovette poi consolidare a Hannover, dove sin dal 1682 era entrato in familiarità con il poeta aulico Ortensio Mauro, veneto anch’egli.

Passato da Venezia in maggio, il 27 giugno 1688 si stabilì a Hannover come maestro di cappella del duca Ernesto Augusto, con il generoso salario di 1200 talleri annui. Dopo i ventun anni di Monaco, nei quindici trascorsi a Hannover, Steffani poté sfoggiare appieno il proprio duplice talento, sia musicale sia diplomatico, in funzione del progetto politico del sovrano. Da un lato si adoperò nella trattativa con l’imperatore Leopoldo I per elevare Hannover al rango elettorale; l’accordo fu siglato nel marzo 1693, e tra le condizioni ci furono l’erezione di una chiesa cattolica e la libertà di culto per i fedeli di Roma. Dall’altro, il nuovo, splendido teatro ducale fu inaugurato il 30 gennaio 1689 con il suo Henrico Leone, scoperta esaltazione delle antiche radici della dinastia a mezzo millennio dal vittorioso assedio di Bardowick. A Hannover aveva trovato una cappella musicale in prevalenza francese. Collaborò a stretto contatto con il citato Mauro, che, pur debuttante come librettista (nell’agosto del 1688 confidava a Leibniz le difficoltà incontrate nell’Henrico Leone; Leibniz, 1970), gli fornì poi tutti i successivi drammi hannoverani, come pure un Turno composto nel 1693-97 ma inscenato soltanto nel 1709 a Düsseldorf. Nei sei drammi allestiti nel teatro di corte di Hannover si racchiude il meglio della sua produzione di operista: dopo Henrico Leone, furono il divertimento drammatico di soggetto ovidiano La lotta d’Hercole con Acheloo (estate 1689; ed. facsimile a cura di J.H. Roberts, New York 1986), la grandiosa Superbia d’Alessandro (febbraio 1690, rifatta l’anno dopo come Il zelo di Leonato), l’ariostesco Orlando generoso (febbraio 1691), Le rivali concordi (febbraio 1692; ed. facsimile a cura di H.M. Brown, New York 1978), La libertà contenta (3 febbraio 1693) e, per il Carnevale 1695, il dramma eroico I trionfi del Fato e una pastorale data «nel picciolo theatro» (Baccanali); di alcuni di questi drammi vi furono riprese negli anni seguenti. Dal 1693 l’attività diplomatica prevalse, costringendo Steffani dal 1695 ad assenze sempre più protratte.

Da Hannover l’influsso di Steffani si espanse sul mondo musicale tedesco. A differenza delle opere fatte a Monaco, i drammi hannoverani circolarono tradotti in tedesco da Gottlieb Fiedler e vennero ripresi ad Amburgo tra il 1695 e il 1699 (Orlando generoso vi comparve di nuovo nel 1707 e nel 1720; Der hochmüthige Alexander del 1726 combinò i recitativi tedeschi della Superbia d’Alessandro con le arie italiane dell’Alessandro di Georg Friedrich Händel) ma anche, per mano di Reinhard Keiser e Georg Caspar Schürmann, a Braunschweig (1697-1700), Stoccarda (1699-1701), Augusta (1698). I più agili Baccanali si videro tra il 1700 e il 1719 a Berlino, Salzdahlum e Wolfenbüttel, con titoli diversi e anche con musica altrui. Ventisei tra arie e duetti dall’Orlando di Amburgo furono pubblicati a Lubecca (1699); un libro di Sonate da camera a tre, riduzione di 83 numeri da ouvertures e danze operistiche delle opere hannoverane, uscì ad Amsterdam (1706). Nel 1702 Steffani diede lezioni a Johann Ernst Galliard; indirettamente influenzò Christian Heinrich Postel, Johann Mattheson, Georg Philipp Telemann e fors’anche Johann Sebastian Bach, che attorno al 1730 copiò l’ouverture della Superbia d’Alessandro per i concerti del proprio Collegium musicum lipsiense. A Hannover Steffani dovette incontrare il giovane Händel, forse già nell’estate del 1703, per incrociarlo di nuovo vuoi a Roma nel 1708-09, vuoi a Hannover nel 1710. Händel, che trasmise poi molte notizie al protobiografo di Steffani (J. Hawkins, Memoirs of the life of sig. Agostino Steffani, London, 1750 circa, poi nella sua General history of the science and practice of music, IV, London 1776, pp. 287-305), datò «Roma 1706» un volume contenente dodici duetti di Steffani, evidente modello per i propri, e ricorse a numerosi imprestiti, già negli anni romani ma soprattutto nella maturità (tra l’altro per Ariodante, gli oratori Solomon e Theodora, i concerti grossi op. 6), dalla Lotta d’Hercole con Acheloo, La superbia d’Alessandro, Orlando generoso e La libertà contenta; il libretto stesso dell’Alessandro händeliano (Paolo Rolli, 1726) discende direttamente dalla Superbia d’Alessandro, di cui Händel poté vedere la partitura autografa, giunta a Londra al seguito di re Giorgio I. Sempre a Hannover Steffani stese il trattatello Quanta certezza habbia da’ suoi principii la musica et in qual pregio fosse perciò presso gli antichi, pubblicato ad Amsterdam nel 1695 forse in risposta a una lettera del marchese romano Angelo Gabrielli (ed. mod. a cura di M. Geremia, Treviso 2011), e tradotto in tedesco da Andreas Werckmeister (Send-Schreiben, Quedlinburg-Aschersleben 1699; riedizione aumentata, a cura di J.L. Albrecht, Mühlhausen 1760). Da Hannover sviluppò rapporti con gli Este: a Modena approdarono l’unica raccolta di cantate solistiche del compositore e nel 1694-95 una partitura delle Rivali concordi dedicata al duca Rinaldo, le cui nozze con Carlotta Felicita di Braunschweig-Lüneburg vennero festeggiate a Hannover nel novembre 1695 con la ripresa dei Trionfi del Fato e dei Baccanali e con una serenata perduta (Keppler, 1968, p. 346), probabilmente di Steffani.

Coinvolto in questioni di Stato sin dal 1689, già nel 1693 Steffani – benché non nobile, cattolico e forestiero – era stato inviato a Bruxelles presso il suo precedente padrone bavarese, divenuto governatore dei Paesi Bassi spagnoli, per offrire in isposa all’elettore da poco vedovo Sofia Carlotta di Hannover (invano). Nel Brabante tornò nel 1695, e dall’anno dopo e fino al 1701 vi funse da envoyé extraordinaire, nel contesto delle trattative tra elettori per l’equilibrio dei poteri nelle terre dell’impero. Alla corte fiamminga di Massimiliano Emanuele non prese ufficialmente parte alla ricca vita musicale, ma sviluppò il gusto per il collezionismo (dipinti, libri, medaglie, sculture e reliquie). Ebbe frequenti scambi epistolari con la sorella dell’elettore, Violante Beatrice, gran principessa di Toscana, ch’egli rifornì di musiche sue; soggiornò spesso all’Aia, anche in occasione della firma del trattato di Rijswijk del 20 settembre 1697; dal dicembre 1698 fu in missione alla corte lorenese a Nancy, e tra il 1699 e il 1701 in varie missioni presso gli elettori cattolici, a Treviri, Colonia e Düsseldorf. Qui incontrò spesso l’elettore palatino Giovanni Guglielmo, melomane come la consorte Anna Maria de’ Medici. Scoppiata la guerra di successione spagnola, si adoperò per convincere l’elettore di Baviera – lo raggiunse a Monaco nel giugno del 1702 – a schierarsi con l’imperatore contro Luigi XIV. Il fallimento di una missione tanto importante, che nell’estate l’aveva portato anche a Vienna, innescò una grave crisi morale: tornò allora a dedicarsi alla musica, al punto da non staccarsi mai dal clavicembalo, come scrisse a Sofia Carlotta il 9 novembre 1702.

Una volta di più, un incontro in missione diplomatica determinò una svolta esistenziale. Deceduto nel 1698 l’elettore Ernesto Augusto, deterioratosi lo status del personale non aristocratico a corte, chiuso il teatro d’opera di Hannover, il 2 marzo 1703 Steffani entrò al servizio di Giovanni Guglielmo alla corte di Düsseldorf come presidente del Consiglio spirituale per il Palatinato e il ducato di Jülich-Berg: una carica in vista, che comportava un appannaggio di 1800 talleri annui (il doppio di quello da maestro di cappella), quattro servi e otto cavalli. A novembre divenne presidente del Governo e concilio palatino, incarico creato ad hoc, con il compito di contrastare la corruzione e fare le veci dell’elettore durante le prolungate assenze. Il 12 dicembre, sebbene non aristocratico né cattedratico, fu nominato rettore dell’università di Heidelberg, indi, scaduto l’incarico annuo, tra i curatori dell’ateneo che riformò dando ampio spazio ai gesuiti e assicurando la restituzione di proprietà alienate durante la guerra. Impegnato nel «gran negotio» di restaurare il cattolicesimo nella Germania settentrionale, l’elettore ottenne per Steffani, già suo grand’elemosiniere e dal 1695 protonotario della S. Sede, la nomina a vescovo di Spiga in Asia minore (con mera titolarità). La consacrazione avvenne il 2 gennaio 1707 a Bamberga, dalle mani di Franz Lothar von Schönborn, principe-vescovo di Bamberga ed elettore-arcivescovo di Magonza (fu poi tra gli amici più stretti), assieme a Francesco Arnoldo von Wolff-Metternich, vescovo di Münster e Paderborn.

Dal 1710 al 1718 servì anche come vescovo suffraganeo di Münster in Vestfalia e Paderborn.

Tra le missioni diplomatiche intraprese per conto dell’elettore – già nel 1703 fu all’Aia per negoziare il rafforzamento militare dei Paesi Bassi in funzione antifrancese – spicca quella, segreta e coronata da successo, avviata nel settembre del 1708 a Roma per riavvicinare papa e imperatore in piena guerra di successione spagnola. Nell’occasione fu in contatto con il cardinale Pietro Ottoboni che, fin dal 1693, possedeva sue musiche e ancora nel 1714 gli commissionò l’acquisto di quadri in Olanda. In segno di riconoscenza, Clemente XI lo nominò suo prelato domestico, vicario apostolico e assistente al trono pontificio, gli concesse il beneficio dell’abbazia di S. Stefano a Carrara nel Padovano, mentre per poter godere di quello già conferitogli della prepositura di Seltz, in Alsazia, fruito dai gesuiti francesi, Steffani dové battersi vita natural durante, coinvolgendo elettore e papa, ma con scarso esito. In tanta attività la musica restò fatalmente in secondo piano, anche per una deliberata presa di distanza. Forse fin dall’investitura episcopale firmò e menzionò le proprie composizioni sotto lo pseudonimo di un copista, Gregorio Piva.

A Düsseldorf, benché esterno alla cappella elettorale, poté collaborare con il poeta Stefano Benedetto Pallavicino, figlio di Carlo, che gli fornì i libretti del ‘pasticcio’ Arminio (Carnevale 1707, confezionato con pagine dalle sue opere di Monaco e Hannover, e diretto dal maestro di cappella Johann Hugo von Wilderer) e dell’unico titolo nuovo, la «tragedia per musica» Tassilone (17 gennaio 1709, ma forse risalente già al 1707; ed. a cura di G. Croll, Düsseldorf 1958), allegoria dello scontro in atto tra imperatore ed elettore di Baviera; fu proposto assieme al virgiliano Amor vien dal destino (Mauro), concepito in origine per Hannover con il titolo Turno. Nel 1709 Giorgio Maria Rapparini incluse nell’encomio manoscritto dell’elettore (Le portrait du vrai mérite, facs. Neusäß 1988, pp. 47-49) un medaglione che ritrae Steffani, la cui effigie è tramandata anche da un dipinto di Gerhard Kappers (1714) che lo raffigura in abito prelatizio, corrispondente alla descrizione datane dal principe Ernesto Augusto jr. il 15 aprile 1708 (sull’iconografia di Steffani cfr. Croll, 2018, pp. 270-275).

Pur conservando i titoli palatini, nel 1709 fu nominato dal papa «ad partes septentrionales et per Saxoniam vicarius apostolicus», con la responsabilità di ricondurre alla confessione cattolica le popolazioni di Brandeburgo, Braunschweig e Palatinato, area dilatata in taluni momenti fino a Brema, Amburgo, lo Schwerin, la Danimarca e la Svezia: un compito immane, più diplomatico che pastorale, documentato da 86 volumi custoditi in Vaticano, nell’Archivio storico della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (già de Propaganda Fide; su di essi si fondano in gran parte le importanti Notizie di mons. Agostino Steffani vescovo di Spiga stilate dall’erudito suo concittadino Giordano Riccati, nella Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, XXIII (1779), pp. 3-26). Il 5 novembre si stabilì di nuovo a Hannover, posizione geografica strategica e ambiente amico. Il 4 novembre 1718 gli riuscì di consacrare la prima chiesa cattolica in città dall’epoca della Riforma, concessagli dall’elettore e intitolata a S. Clemente in onore del papa regnante (progetto di Tommaso Giusti, pala d’altare di Gianantonio Pellegrini). Il 3 dicembre 1712 a Braunschweig aveva consacrato la chiesa di S. Nicola, pagata con una colletta internazionale e in parte di tasca propria, nel 1711 a Celle la cappella dei Ss. Pietro e Paolo. Numerose furono le conversioni in Sassonia (217 solo nel periodo 1706-12, tra cui nel 1710 quelle del duca Anton Ulrich di Braunschweig e di due sue figlie): fallì tuttavia con la corte prussiana, nonostante la visita a Berlino del 1711. Stabilì invece delle missioni a Halle e Dessau. L’incarico comportava viaggi onerosi (soltanto nel biennio inaugurale della missione, 1710-11, Steffani coprì in un vasto programma di visite pastorali oltre 2000 km; si stima che in tutta la sua vita abbia sfiorato i 50.000 km) e spese ingenti (anche per il mantenimento di una équipe di una quindicina di persone, tra cui due segretari per il disbrigo della corrispondenza in quattro lingue), cui le rendite da vicario non bastavano.

Dal 1719 pensò al ritiro, minacciato sin dal 1712 ma ritardato dalla ricerca di un successore. Fu angustiato da una controversia ereditaria, scatenata dal decesso, nel 1716, della sorellastra Elena Perina, figlia di primo letto del padre, l’unica rimasta in patria. Dall’estate del 1722 all’estate del 1725 fu in Italia: a Padova (ospite per un certo tempo del munifico Frigimelica Roberti, trovò la città decaduta dai tempi della giovinezza), a Venezia, e probabilmente anche a Torino, dove Vittorio Amedeo II di Savoia gli avrebbe affidato la trattativa, poi naufragata, delle ventilate nozze con Amalia d’Este. Il rientro a Hannover fu problematico: la congregazione de Propaganda Fide rifiutava di saldargli i debiti, mentre la corte non intendeva accettare il successore pro tempore. Nel febbraio del 1724 si acconsentì a mantenere in carica Steffani, ma la situazione economica del vicario rimase precaria, nonostante i 12.000 fiorini elargitigli dall’imperatore nel 1726/27.

La presenza della musica non venne tuttavia meno nella vita del sessagenario. Nel 1720-22 approvvigionò il vescovo di Würzburg, Johann Philipp von Schönborn, dei duetti che questi gli aveva commissionato. Strinse legami importanti con Giuseppe Riva, il residente estense sul Tamigi, con cui carteggiò dal 1720 in avanti. Da Londra, l’elettore di Hannover essendo asceso al soglio inglese, provenne nel 1720 il progetto, discusso fino all’ottobre del 1721 anche con il librettista Pallavicino ma mai concretatosi, di riprendere il Tassilone con la direzione di Giovanni Bononcini, il quale scherzosamente chiamava Steffani «quel s. Agostino della musica» (Lindgren, 2016, pp. 307-314). A Londra, dove già nel 1707 il pasticcio Thomyris, queen of Scythia doveva contenere arie sue, la musica di Steffani era nota: nell’agosto del 1719 ne cantava in privato dei duetti John James Heidegger; nel luglio del 1721 il re ordinò che si eseguissero alcuni duetti nel teatro di Haymarket (ma «il successo fu indifferente, perché altri che i buoni pittori ed i conoscitori della pittura gustano i disegni di Raffaele»; ibid., p. 313). Il 1º giugno 1727 la Academy of vocal music in London (poi Academy of ancient music), unanime, lo nominò suo primo presidente e gli chiese delle musiche, innescando un’ultima, memorabile ancorché breve stagione creativa: entro la fine del 1726 scrisse il madrigale Gettano i re dal soglio (probabilmente ripreso ancora nell’accademia del 14 gennaio 1731) nonché, pare, il duetto La canzona che volete, ed entro giugno del 1727 il mottetto Qui diligit Mariam, mentre l’11 gennaio 1728 offrì lo Stabat mater, forse iniziato a Monaco sin dal 1679-80, di cui si dichiarò assai soddisfatto (ed. mod. a cura di H. Sievers, Wolfenbüttel 1956; cfr. Timms, 2019, pp. 67-70, 73-78). Nell’ottobre del 1727 aveva lasciato Hannover alla volta dell’Italia; trattenutosi a lungo presso l’amico elettore-arcivescovo Schönborn a Magonza, da lì nel gennaio del 1728 passò a Francoforte sul Meno, dove fu colpito da un ictus.

Morì a Francoforte nella canonica del duomo nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 1728. Il 14 fu sepolto in duomo, nella cappella di S. Maria Maddalena.

Cresciuto entro il codice espressivo dell’opera veneziana di metà Seicento (da Francesco Cavalli a Giovanni Legrenzi), Steffani fu un esponente di spicco della generazione di Alessandro Scarlatti e Henry Purcell. Contenuti nel numero ma distribuiti su tre decenni, i suoi drammi per musica, fondati sulla storia o sul mito antico, sulla storia medievale tedesca e in un caso sulla letteratura moderna (Orlando generoso), ebbero un ruolo culturale e politico cruciale nel diffondere l’opera italiana in terra tedesca, vuoi come instrumentum regni vuoi come affermazione di un gusto musicale che influenzò poi le generazioni successive di Keiser, Telemann e Händel. Cantante di suo, Steffani ebbe straordinaria sensibilità per la scrittura vocale, florida ed espressiva, suadente nella condotta melodica e retorica, rigorosa nel tessuto contrappuntistico, da lui sistematicamente indagato in particolare nella scrittura a tre parti dei duetti da camera, che ancora nel 1739 un autore progressivo come Mattheson considerava un modello esemplare (Der vollkommene Capellmeister, Hamburg 1739, p. 215). Furono infatti popolarissimi: il Catalogo della musica esistente presso Fortunato Santini in Roma ne registra «moltissimi» (Roma 1820, p. 42); 81 sono quelli senz’altro autentici, quasi tutti ante 1702 (ed. mod. a cura di C. Timms, Madison, Wis., 1987), contro sette sole cantate a voce sola, tra cui gli Scherzi giovanili custoditi a Modena ma composti probabilmente a Monaco (ed. mod. in Cantatas, a cura di C. Timms, New York 1985). Estremamente avanzata è la sensibilità timbrica sfoggiata in un’orchestrazione assai più prodiga e variopinta che nell’uso italiano coevo (con frequente ricorso a strumenti obbligati, abbondante impiego dei legni, impasti squisiti), ed evidentemente influenzata dal modello francese, al pari della scrittura di ouvertures e danze teatrali (non v’è invece traccia di musiche strumentali da camera nel catalogo di Steffani). Nel mediare tra istanze stilistiche contrapposte, il compositore palesò dunque un’attitudine non inferiore a quella esercitata, con singolare scaltrezza e assidua capacità di contatti, nella vita di corte e nella molteplice carriera di diplomatico, uomo di Stato e di Chiesa.

Fonti e Bibl.: La bibliografia critica, dal XVIII al XX secolo, è ampiamente compendiata in C. Timms, Polymath of the Baroque: A. S. and his music, New York 2003 (con catalogo delle opere). Qui si segnalano i lavori di maggior momento: A. Ebert, Briefe A. S.s an die Königin Sophie Charlotte von Preussen, in Die Musik, VI (1906-1907), pp. 158-171; A. Einstein, Die Briefe der Königin Sophie Charlotte und der Kurfürstin Sophie an A. S., in Zeitschrift der Internationalen Musik-Gesellschaft, VIII (1906-1907), pp. 85-90; A. Untersteiner, A. S., in Rivista musicale italiana, XIV (1907), pp. 509-534; H. Bauer, A. S. und die Festoper des Barock, in Bayerns goldenes Zeitalter. Bilder aus dem Barock und Rokoko, a cura di H. Schindler, München 1968, pp. 36-48; P. Keppler, A. S.’s Hannover operas and a rediscovered catalogue, in Studies in music history. Essays for Oliver Strunk, a cura di H. Powers, Princeton (N.J.) 1968, pp. 341-354; G.W. von Leibniz, Sämtliche Schriften und Briefe, s. 1, Allgemeiner politischer und historischer Briefwechsel, V, Berlin 1970, n. 111, XIII, 1987, nn. 143, 169, 265, 272, 295, XXIII, 2013, n. 48; M. Roth, Ein Komponist als Rektor. S.-Oper zur 600-Jahrfeier der Universität Heidelberg, in Das Orchester, XXXV (1987), pp. 27-30; A. Luppi, Leibniz e la considerazione storica della musica, in A. Luppi - M. Padoan, Statuti della musica. Studi sull’estetica musicale tra Sei e Ottocento, Como 1989, pp. 79 s.; M.F. Feldkamp, Der Nachlass des Komponisten, Diplomaten und Bischofs A. S. (1654-1728) im Archiv der Propaganda Fide, in Quellen und Forschungen aus italienischen Bibliotheken und Archiven, LXXII (1992), pp. 230-313; G. Pestelli, Il melodramma italiano nei territori tedeschi e negli altri Paesi, in Musica in scena. Storia dello spettacolo musicale, a cura di A. Basso, II, Torino 1996, pp. 38 s., 43-54; C. Kaufold, Ein Musiker als Diplomat: Abbé A. S. in hannoverschen Diensten (1688-1703), Bielefeld 1997; A. Luppi, S. e Leibniz ad Hannover. L’universo e la sua armonia ‘musicale’, in Il teatro musicale italiano nel Sacro Romano Impero nei secoli XVII e XVIII, a cura di A. Colzani et al., Como 1999, pp. 179-212. Tra le pubblicazioni recenziori: C. Timms, S., A., in Grove music online, 2001, https://doi. org/10.1093/gmo/9781561592630.article.26611 (7 gennaio 2019); L. Lindgren - C. Timms, The correspondence of A. S. and Giuseppe Riva, 1720-1728, and related correspondence with J.P.F. von Schönborn and S.B. Pallavicini, in Royal Musical Association research chronicle, 2003, vol. 36, 1; S. Leopold, S., A., in MGG Online, 2006, https://www.mgg-online.com/mgg/stable/ 46565 (7 gennaio 2019); M. Wunder - J. Martin, Löpsingen. Die Geschichte eines Rieser Dorfes, Löpsingen 2013, pp. 176-178; George Frideric Handel: collected documents, a cura di D. Burrows, I-II, Cambridge 2013-2015, ad ind.; T. Eggington, The advancement of music in Enlightenment England: Benjamin Cooke and the Academy of ancient music, Woodbridge 2014, pp. 25-34, 111 et passim; L. Lindgren, Gioseffo Riva (1682-1739), a diplomatic arbiter of buon gusto in the London of George I, in Il Saggiatore musicale, XXIII (2016), pp. 307-314, 369 s., 373; C. Timms, Migration and biography: the case of A. S., in Musicians’ mobilities and music migrations in early modern Europe, a cura di G. zur Nieden - B. Over, Bielefeld 2016, pp. 35-49; Id., S.’s “Orlando generoso”: drama and music, in Musik an den Welfenhöfen, a cura di R. Emans - S. Hiemke - O. Huck, Frankfurt a.M. 2017, pp. 193-235; A. S. europäischer Komponist, hannoverscher Diplomat und Bischof der Leibniz-Zeit, a cura di C. Kaufold - N.K. Strohmann - C. Timms, Göttingen 2017; G. Croll, A. S. Musiker, Politiker und Kirchenfürst, a cura di W.A. Kautz-Lach, Wien 2018; C. Timms, “La canzona” and “Stabat Mater”: S.’s first and last gifts to the Academy of Ancient Music?, in Early Music, XLVII (2019), pp. 65-82; Id., Stradella, Steffani, Bernabei and “Benedictus”: Reflections on Stradella sources in England, in Il Saggiatore musicale, XXVI (2019), pp. 191-216.

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