Césaire, Aimé

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Poeta antillano di lingua francese (Basse-Pointe, Martinica, 1913 - Fort-de-France, Martinica, 2008), uno dei maggiori esponenti, con L. S. Senghor, della negritudine. Studiò prima a Fort-de-France, poi a Parigi (all'École normale supérieure), dove nel 1939 apparve in ed. parziale su rivista il suo celebre poema Cahier d'un retour au pays natal (ed. in vol. 1947; trad. it. 1978). Tornato in patria (1939) per svolgervi un'intensa attività politica, fu tra gli animatori della rivista Tropiques, su cui pubblicò le poesie surrealiste poi riunite in Les armes miraculeuses (1946; trad. it. 1962). Il suo impegno traspare nei saggi (Discours sur le colonialisme, 1950; Lettre à Maurice Thorez, 1956; Toussaint Louverture, la révolution française et le problème colonial, 1960; Discours sur l'art africain, 1966), ma soprattutto nelle poesie e nel teatro, in cui C. esprime con suggestiva forza verbale la consapevolezza orgogliosa della sua appartenenza alla popolazione delle Antille discendente dagli schiavi. Tra le raccolte di liriche ricordiamo: Soleil cou coupé (1948); Corps perdu (1949); Ferrements (1959); Cadastre (1961); Moi, laminaire (1982); La poésie (1994). Tra i drammi: Et les chiens se taisaient (1956); La tragédie du roi Christophe (1963; trad. it. 1968); Une saison au Congo (1966); Une tempête (1969).

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