RINUCCINI, Alamanno Zanobi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RINUCCINI, Alamanno Zanobi

Lorenz Böninger

RINUCCINI, Alamanno Zanobi. – Primo di nove fratelli, nacque il 22 maggio 1426 a Firenze da Filippo di Cino e da Tessa, figlia di Neri d’Agnolo Vettore; la sua antica famiglia risiedeva in S. Croce (gonfalone del Bue).

Dal 1433 membro dell’arte dei medici e speziali, fu emancipato nel 1440. I suoi primi studi umanistici risalgono agli anni Quaranta, anche se mancano notizie circostanziate sui nomi dei suoi maestri. Ma forse già dal 1442-43 studiò il greco con Giorgio da Trebisonda allo Studio fiorentino; nei suoi scritti nominò anche Carlo Marsuppini e Giannozzo Manetti come suoi maestri. Prese parte agli incontri del circolo umanistico riunito intorno a Niccolò della Luna (morto nel 1450), insieme a Tommaso Ceffi, Andrea Alamanni, Antonio del Rosso, Marco Parenti, Piero e Donato Acciaiuoli. Questo gruppo si era dato il titolo di ‘achademia’ e nel 1454 giocò un ruolo decisivo nella nomina di Giovanni Argiropolo a professore di lingua greca e filosofia aristotelica e platonica allo Studio (1455).

Nel gennaio del 1452 Rinuccini accompagnò l’imperatore Federico III d’Asburgo a Roma per la sua incoronazione. Due anni dopo, quando fu estratto per il prestigioso posto di priore della libertà, era impedito in quanto debitore del Comune (cioè era ‘a specchio’). Di un suo figlio di nome Piero, nato intorno al 1454 da una Mona Nanna, abbiamo notizie solo dalla sua ‘portata’ al Catasto del 1458. Nel 1456 sposò Lisa di Bartolomeo Capponi con cui ebbe almeno tre figli tra i quali Alessandra Lisa (nata nel 1462), Filippo Maria (nato nel 1465) e Ginevra Cecilia (nata nel 1469).

Con i Capponi ebbe forti legami, in particolare con il cognato Cappone Capponi che, dopo la congiura di Luca Pitti del 1466, fu esiliato da Firenze e dal 1475 al 1480 fu finanziatore di un’impresa tipografica. Tra il 1471 e il 1474 Rinuccini investì 300 fiorini in una società commerciale con Matteo e Cappone Capponi in Maremma; di circa un decennio più tardi è un altro suo investimento in una società con Giovanni d’Angelo Vernacci (tra gli ammoniti e condannati del 1470-71), e Mico di Niccolò Capponi.

Per motivi politici, nel 1458 lo stesso Rinuccini fu brevemente escluso dai tre uffici maggiori che componevano la Signoria, per essere riammesso un anno dopo. Negli anni Sessanta iniziò così un importante cursus honorum politico (1460 priore, 1462 membro dei Dodici Buonuomini, 1464 membro del Consiglio del Comune, 1465 squittinante, 1466 membro della Balìa). È stato affermato che questa carriera subì un’altra interruzione dal 1466 fino al 1471 (V.R. Giustiniani, A. Rinuccini 1426-1499, 1965, pp. 24 s.), cioè fino all’inizio del governo laurenziano, quando fu nuovamente cooptato a membro della Balìa. Il rapporto di Rinuccini con i Medici fu quindi caratterizzato da una certa ambiguità, tra dichiarazioni di fedeltà e dediche delle sue traduzioni dal greco prima a Cosimo, a Piero e poi a Lorenzo – al marzo del 1466 risale anche un testo latino di Rinuccini per il conferimento del titolo di pater patriae al defunto Cosimo de’ Medici –, ma anche grande vicinanza a rappresentanti della contemporanea o futura opposizione.

Tra il 1455 e il 1475 Rinuccini compose la maggior parte dei suoi scritti, soprattutto traduzioni dal greco in latino. Vespasiano da Bisticci lo elogiò come uno dei traduttori di Plutarco («omo doctissimo et eloquentissimo et nelle lettere greche et nelle latine, et bonissimo filosofo», Le Vite, II, 1970, p. 502), senza dedicargli una propria biografia.

Tuttavia solo le versioni latine del De mulierum virtutibus di Plutarco (1464/ 1465) e della Vita Apollonii Tyanei di Filostrato (circa 1473), pubblicata nel 1501 da Filippo Beroaldo, erano legate al suo nome sin dall’inizio, mentre le traduzioni delle biografie plutarchee di Nicias e Crassus (1455), e poi Agis et Cleomenes (1458) furono inizialmente attribuite ad altri umanisti. Le sue versioni delle pseudo-plutarchee Vita Agesilai (1462), delle Vitae decem oratorum (1459-1460) e della Consolatio ad Apollonium (1463) non furono d’altro canto mai pubblicate, come anche l’Oratio ad Nicoclem di Isocrate con dedica al duca Federico da Montefeltro (1471).

Una sua lettera di dedica della Vita Apollonii a Federico da Montefeltro (28 aprile 1473) contiene un elogio dell’arte e della letteratura umanistica moderne; indirizzò inoltre una lunga lettera-trattato al figlio Filippo, nella quale, seguendo Guarino Veronese e Leonardo Bruni, propose un dettagliato ‘curricolo’ umanistico (15 gennaio 1474). Ampio spazio viene dato in questo testo allo studio della lingua latina, della musica, dell’aritmetica, della retorica, della logica, dell’etica, della fisica, dell’astrologia e della geometria, fino alla metafisica.

Accanto a Donato Acciaiuoli, Rinuccini fu uno dei più autorevoli rappresentanti del vecchio umanesimo oligarchico ‘civile’, in cui lo studio dei testi dell’antichità era indissolubilmente unito alla vita activa, all’impegno pubblico. Oltre a servire in numerosi uffici comunali durante il periodo mediceo (e poi in quello savonaroliano), Rinuccini fu tre volte tra i cinque Ufficiali dello Studio; ricoprì tale incarico proprio nel 1473 quando l’università fiorentina fu trasferita a Pisa, ed ebbe dunque responsabilità importanti per l’avviamento della nuova sede. Non a caso, quando passò a miglior vita Rinuccini fu sepolto con i massimi onori «tamquam patronus et defensor Studii nostri» (Verde, 1973-2010, IV, 3, p. 1338).

L’apice della sua carriera politica fu l’ambasciata a Sisto IV nel 1475-76, nel pieno di una grave crisi diplomatica tra Firenze e il pontefice. Uno degli scopi principali di questa missione era di abbassare le richieste papali di un contributo fiorentino alla crociata contro i turchi, accanto a varie altre questioni finanziarie. Nonostante l’impegno, confermato tra l’altro dal carteggio con la Signoria fiorentina e alcune lettere a Lorenzo de’ Medici conservate, al suo ritorno a Firenze Rinuccini fu travolto dalle tensioni cittadine e dalle polemiche seguite agli attacchi antimilanesi e forse anche antifiorentini del papa. La conseguente esclusione dalla politica estera, con la quale Medici lo punì, e i cambiamenti politici dopo la congiura de’ Pazzi dell’aprile 1478, furono tra i motivi che un anno dopo spinsero Rinuccini a scrivere il dialogo De libertate, sicuramente il più famoso manifesto politico antimediceo prodotto nel Quattrocento.

Nei due libri del dialogo, mai pubblicato dall’autore e riscoperto soltanto nell’Ottocento, si confrontano tre personaggi, Aliteo il ‘Veridico’ (forse un ritratto postumo di Donato Acciaiuoli), Microtosso e, infine, Eleuterio, l’‘Amante della libertà’, cioè lo stesso Rinuccini. Considerazioni filosofico-politiche e racconti autobiografici si alternano nel testo, per ribadire il supremo valore della libertà, della legge e dell’uguaglianza dei cittadini davanti a essa. Dedicato in buona parte alle affermazioni di Aliteo, il primo libro inizia con un suo elogio dell’attentato dei Pazzi contro le derive autocratiche del governo di Lorenzo de’ Medici. Una forte critica riguarda inoltre l’esercizio della giurisdizione del tribunale della Mercanzia il quale, secondo un certo topos caro ai mercanti fiorentini, nel passato attraeva mercanti desiderosi di risolvere i loro contenziosi anche da terre lontane, ma ormai era soggetto ai soprusi di ogni sorta da parte dei potenti. Nei consigli comunali la sacrosanta libertà di parola aveva ceduto il passo a una generale ‘taciturnità’, mentre le grandi questioni politiche passavano per le mani di pochi cittadini e i candidati agli uffici pubblici venivano scelti arbitrariamente, abolendo di fatto la tradizionale estrazione a sorte. Osserva infine Aliteo che i colpevoli di reati gravi rimanevano spesso impuniti, anche quando erano già stati condannati con sentenza definitiva.

Il secondo libro del dialogo è in gran parte dedicato alle risposte di Eleuterio sul sommo bene, e alla giustificazione della scelta di ritirarsi transitoriamente a vita contemplativa in campagna. Le recriminazioni più importanti di Eleuterio riguardano infatti i pericoli affrontati da chi partecipava in buona fede alla vita pubblica: in particolare, egli si difende argomentando contro Lorenzo de’ Medici che si era risentito quando Rinuccini nel 1475-76 aveva indirizzato alla Signoria fiorentina i suoi delicati dispacci diplomatici da Roma invece che a lui in segreto. Il dialogo termina quindi con la denuncia della «crudelissima tirranide» dello stesso Medici.

Lo stesso argomento viene più volte toccato anche nei ricordi della famiglia Rinuccini, iniziati da suo padre Filippo di Cino (le annotazioni del quale coprono gli anni dal 1282 al 1459) e continuati prima da Alamanno e successivamente da suo fratello Neri. Una grande attenzione viene data da Rinuccini alle riforme costituzionali dello Stato fiorentino. Già a proposito delle divisioni cittadine del 1466 Rinuccini caratterizzava il partito di Luca Pitti come quello che voleva «ridurre il popolo a libertà», mentre il suo avversario Piero di Cosimo de’ Medici si dimostrava contrario al «vivere libero della città» e aveva «appitito di signoreggiare». Di conseguenza Rinuccini giudicava anche la congiura de’ Pazzi dodici anni dopo come «giusta e onesta per liberare la patria loro» e Lorenzo de’ Medici un «maligno tiranno» (Ricordi storici, 1840, pp. C, CIII, CXXVIII, CXLVI). Il ritratto di Lorenzo offerto nel momento della sua morte nell’aprile del 1492 rimane tra i più memorabili di tutto il Quattrocento.

Morì il 12 maggio 1499 e fu sepolto, secondo le indicazioni del suo testamento, nella cappella di famiglia a Santa Croce.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 84, c. 235; 86, c. 72; 87, c. 80; 88, c. 8; 604 cc. 6r, 113r, 155v; 607, c. 144; 1115, c. 56; Camera del Comune. Provveditori poi Massai, Libri del Giglio, 57, c. 53r; Catasto 615, cc. 395r-396r 243 (1442); 660, cc. 380r-v (1447); 800, cc. 239r-240v (1458), 912, cc. 13r-14r (1469); Catasto 1003, cc. 111r-112r (1480); Notarile antecosimiano, 6152, c. 3v; 7914, c. 122v; 7284 (23 dicembre 1484); 20257 (primo testamento: 9 novembre 1480); 20258, c. 120bisr-120trisr (codicillo), 10r-171v, 175r-177v; 1740, cc. 396r-399r (secondo testamento, 19 maggio 1491); 16841, cc. 349r-352r (terzo testamento: 6 giugno 1497); 16285, cc. 229r-231r (ultimo testamento: 8 marzo 1499); Mercanzia, 4487, c. 450r; 7284 (23 dicembre 1484); Soprastanti alle Stinche, 110, c. 4v (una lista più completa di tutte le fonti archivistiche riguardanti Rinuccini si trova in V.R. Giustiniani, A. R., infra, pp. 276-281); Ricordi storici di Filippo di Cino Rinuccini dal 1282 al 1460 colla continuazione di Alamanno e Neri suoi figli fino al 1506, a cura di G. Aiazzi, Firenze 1840, pp. 139-146, 225-250 (il carteggio di Rinuccini con la Signoria durante la legazione a Roma nel 1475-76), LXXXIX-CLXII; A. Rinuccini, Lettere ed orazioni, a cura di V.R. Giustiniani, Firenze 1953; A. Rinuccini, Dialogus de libertate, a cura di F. Adorno, in Atti e memorie dell’Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, XXII (1957), pp. 267-303; Vespasiano da Bisticci, Le vite, a cura di A. Greco, Firenze 1970, ad. ind.; Lorenzo de’ Medici, Lettere, II (1474-1478), a cura di R. Fubini, Firenze 1977, ad ind.; Marco Parenti, Ricordi storici 1464-1467, a cura di M. Doni Garfagnini, Roma 2001, ad ind.; Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina 1495-1497, a cura di D. Fachard, prefazione di G. Cadoni, Genève 2002, pp. 18, 28, 62, 228, 519; A. Rinuccini, La libertà perduta. Dialogus de libertate, testo latino di F. Adorno, traduzione, introduzione e note di G. Civati, Monza 2003; Lorenzo di Francesco Guidetti, Ricordanze, a cura di L. Böninger, Roma 2014, pp. 153, 171.

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