PINCHERLE, Alberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PINCHERLE, Alberto

Marcello Ciocchetti

PINCHERLE (Pincherle Moravia), Alberto. – Nacque a Roma il 28 novembre 1907 da Carlo e da Teresa Iginia (Gina) de Marsanich, secondo di quattro fratelli: preceduto da Adriana (1905) e seguito da Elena (1909) e Gastone (1914).

Dal padre architetto, discendente da una agiata famiglia ebraica di origine veneta, ereditò il doppio cognome; la madre, marchigiana, ma di lontane origini slave, aveva lavorato da giovane come dattilografa. Fino all’età di otto anni studiò privatamente, acquisendo tra l’altro una buona padronanza della lingua francese. Nel 1915 iniziò a frequentare la quarta classe elementare presso l’Istituto italo-inglese Crandon. L’anno successivo la famiglia si trasferì da via Sgambati a via Donizetti, in un villino più ampio e di recente costruzione. Si manifestarono già allora i sintomi della coxite, una forma di tubercolosi ossea all’anca. Per alcuni anni trascorse le vacanze estive in Versilia: sulla spiaggia di Viareggio conobbe il pressoché coetaneo Mario Soldati.

Nel 1918, conclusi con qualche difficoltà gli studi elementari, venne iscritto al liceo-ginnasio Tasso di Roma, ma il protrarsi della malattia lo costrinse a interrompere la frequenza; proseguì gli studi in casa, assistito da insegnanti privati. La forzata immobilità favorì l’ampliamento degli orizzonti di lettura: il cugino Carlo Rosselli, nel regalargli una copia di Delitto e castigo, lo introdusse alla conoscenza dell’opera di Dostoevskij; alla scoperta dei romanzieri russi contribuì anche Andrea Caffi, raffinato intellettuale e giornalista. Si aggiunsero quindi i simbolisti francesi (Rimbaud), gli autori di teatro (Goldoni, Shakespeare, Molière) e i ‘classici’ italiani (Dante, Ariosto, Manzoni); tra i contemporanei D’Annunzio.

Nel luglio del 1922 ottenne il diploma di licenza ginnasiale. A ottobre iniziò a frequentare, sempre al Tasso, la prima classe di liceo, ma una nuova recrudescenza del male lo costrinse, dopo appena due mesi, ad abbandonare gli studi. Amelia Rosselli, sorella del padre, convinse i parenti a consultare i medici dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna: la nuova terapia diede benefici immediati. Per completare la cura, ai primi di giugno del 1924 venne ricoverato presso l’Istituto elioterapico Codivilla di Cortina d’Ampezzo, sezione montana del Rizzoli. I Rosselli fecero pervenire a Moravia giornali e riviste e lo abbonarono alla Biblioteca del Gabinetto Vieusseux di Firenze: «[…] sette volumi ogni settimana, e all’arrivo del nuovo pacco avevo già esaurito il contenuto del precedente» (cfr. A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, 1978, p. 98). A certificare il graduale insorgere di una ‘vocazione’ narrativa fu il carteggio con la zia Amelia, già destinataria delle sue prime prove poetiche.

A settembre poté finalmente congedarsi da Cortina. Trascorse quindi due mesi a Bressanone, dove avviò la stesura del suo romanzo d’esordio; a fine novembre fu di nuovo a Roma, a festeggiare in famiglia il diciottesimo compleanno. A dispetto delle sollecitazioni materne decise di non riprendere gli studi regolari; si impegnò anzi in una serie di viaggi: Merano, Monaco, Garmisch, Courmayeur, di nuovo Cortina. Nell’ottobre 1926, a Perugia, conobbe Umberto Morra di Lavriano, amico di Carlo e Nello Rosselli. Sollecitato dalla lettura di un brano dell’Ulysses sul primo cahier di 900, compose un breve saggio sullo scrittore irlandese e lo spedì al cugino Carlo, il quale lo fece pubblicare a firma A.P. e con il titolo J. Joyce sul settimanale milanese Il Quarto Stato (23 ottobre 1926). Un altro articolo sulla ‘crisi del romanzo’, contestualmente inviato (con il sostegno di Morra) a La Fiera letteraria, vide la luce solo un anno dopo (9 ottobre 1927); l’omonimia suscitò però le proteste di un altro Alberto Pincherle, storico delle religioni: da qui la decisione di Moravia di eleggere a nome d’arte il suo secondo cognome.

Mentre Morra lo introduceva nella cerchia cortonese (facendogli conoscere tra gli altri Pietro Pancrazi, Guglielmo Alberti e Bernard Berenson), per il tramite di Andrea Caffi e Corrado Alvaro entrò in rapporti con la redazione di 900: nel Cahier de printemps 1927 venne pubblicato il suo primo testo narrativo, Lassitude de courtisane. La collaborazione si estese ad altre due testate ‘novecentiste’, L’interplanetario e I Lupi; fu qui che nel gennaio del 1928 venne annunciata l’imminente pubblicazione, per i tipi dell’editrice Sapientia di Roma, di dodici romanzi: tra questi anche quello di Moravia, con il titolo ancora provvisorio di Cinque persone e due giorni (modificato in La palude in un successivo avviso). Rifiutato dal primo editore, il romanzo – con il definitivo titolo Gli indifferenti – venne pubblicato dalla Alpes di Milano grazie al beneplacito del direttore Cesare Giardini e al contributo finanziario del padre di Moravia.

Dal fine stampa (2 maggio 1929) alla prima recensione trascorsero quasi due mesi: sul numero del 30 giugno del quindicinale Augustea – diretto da Franco Ciarlantini, fondatore della Alpes – uscì un articolo a firma A.R. Ferrarin. Il 21 luglio, ne L’Italia letteraria e nel Corriere della sera apparvero altre due recensioni a firma Cesare Zavattini e Giuseppe Antonio Borgese: fu quest’ultima a determinare la fortuna dell’opera, che nel corso dell’estate guadagnò l’attenzione delle principali testate. Alle riserve avanzate da alcuni critici (sui difetti strutturali del romanzo e/o l’incompiutezza artistica dei personaggi), fecero seguito le accuse di morbosità e disfattismo lanciate dalle frange più accese della pubblicistica fascista, che trovarono un’insperata sponda ‘politica’ nel presidente della Alpes, Arnaldo Mussolini: in un discorso tenuto il 31 ottobre 1929 alla Casa del fascio di Milano il fratello del duce definì Moravia «negatore di ogni valore umano» (ai primi di dicembre venne anche aperto un fascicolo a suo nome da parte della Regia Questura di Roma).

Diversi furono i viaggi compiuti dopo l’uscita del romanzo: Viareggio, Firenze (dove conobbe Eugenio Montale), Zermatt; a Divonne-les-Bains visse un’intensa storia d’amore e compose uno dei suoi racconti migliori, Inverno di malato.

Nell’agosto 1930 avviò una collaborazione al quotidiano La Stampa, allora diretto da Curzio Malaparte; vi pubblicò qualche novella e le sue prime corrispondenze (dall’Inghilterra). Nell’estate del 1931 si trasferì alla Gazzetta del popolo, cui destinò nuovi articoli di viaggio e altre prose narrative. Scrisse alcuni saggi critici per le riviste Fronte, L’Italia letteraria e Oggi, il settimanale diretto da Mario Pannunzio; nell’agosto 1933 tradusse per L’Italiano di Longanesi una novella di Hemingway (I sicari); saltuaria la sua partecipazione a Quadrivio. L’evento biografico più rilevante del periodo fu la turbinosa liaison sentimentale con la pittrice svizzera Lélo Fiaux, durata circa sei mesi tra l’inverno e l’estate del 1934. Ad agosto, assieme a Nicola Chiaromonte (conosciuto tre anni prima), si recò a Pontigny per partecipare a una décade sul tema dell’intolleranza. Nel febbraio del 1935 l’editore Carabba pubblicò la raccolta di racconti La bella vita. Partecipò alla realizzazione di Caratteri, il mensile diretto da Pannunzio e Antonio Delfini (il primo fascicolo uscì a marzo). Affidò il suo secondo romanzo, Le ambizioni sbagliate, all’editore Mondadori, ma il nulla osta alla stampa venne revocato dopo la pubblicazione su Giustizia e libertà di un articolo in cui si denunciavano interventi censori a danno dell’opera. Sospeso anche dalla Gazzetta del popolo, Moravia protestò inviando – sollecitato forse dall’editore o dallo zio Augusto de Marsanich, fratello della madre nonché sottosegretario alle Poste e Telegrafi – una prima lettera a Benito Mussolini e Galeazzo Ciano (26 marzo) e una seconda a quest’ultimo (giugno). La stampa del volume venne infine autorizzata (luglio), ma la sospensione dal giornale confermata (agosto). Ulteriormente amareggiato dall’insuccesso del romanzo, nel dicembre del 1935 accettò l’invito di Giuseppe Prezzolini, direttore della Casa Italiana della Columbia University, a recarsi negli Stati Uniti dove tenne alcune conferenze su temi letterari. Tornato a Roma in aprile, tentò invano di riattivare i rapporti con la Gazzetta del popolo; una nuova lettera a Mussolini (9 luglio 1936) gli consentì di riprendere servizio al giornale.

Nel febbraio 1937, mentre si trovava in Cina come inviato, Bompiani pubblicò L’imbroglio. Ai primi di giugno, appresa la notizia dell’assassinio di Nello e Carlo Rosselli, si ritirò a Capri in compagnia di Elsa Morante, presentatagli mesi prima dall’amico Giuseppe Capogrossi. Il lavoro per la Gazzetta del popolo proseguì senza intralci fino al luglio 1938, allorché il direttore Ermanno Amicucci gli comunicò che, per effetto dei provvedimenti razziali, il rapporto doveva considerarsi interrotto. Moravia inviò una vibrante lettera al duce («Io ebreo non sono […] mia madre è di sangue puro e di religione cattolica», 28 luglio): la collaborazione poté riprendere, ma agli inizi del 1939, mentre era in Grecia per conto del giornale, Le ambizioni sbagliate e L’imbroglio vennero inseriti nell’elenco dei «Libri epurati dalla Commissione della bonifica libraria». Fu forse l’insieme di tali ‘molestie’ a indurlo a ricorrere al primo dei suoi pseudonimi: sul terzultimo numero di Omnibus del 14 gennaio 1939 figurò come Renzo Diodati (firma poi replicata sul settimanale Tutto e su Oggi, il rotocalco di Benedetti e Pannunzio).

Dall’ottobre 1939 subentrò come segretario di redazione di Prospettive al direttore Malaparte, impegnato sui fronti di guerra. Durante il 1940 si dedicò prevalentemente al lavoro per il cinema e alla stesura di alcuni ‘pezzi di fantasia’ destinati a una raccolta, I sogni del pigro, data alle stampe il successivo settembre. Nel gennaio 1941 inviò a Bompiani il testo de La cospirazione (mutato poi in La mascherata). Nonostante una velina del 13 febbraio invitasse i giornali a «non occuparsi di Moravia e delle sue pubblicazioni» e una nota ministeriale del 26 ribadisse il divieto alla distribuzione de Le ambizioni sbagliate e de L’imbroglio, ad aprile l’ufficio censura del ministero della Cultura popolare (Minculpop) diede il nulla osta alla pubblicazione de La mascherata. Contestualmente il direttore della Stampa italiana Gherardo Casini imponeva a Moravia il divieto di firmare i propri articoli; sul numero di maggio del mensile Documento fece la sua prima comparsa il nom de plume di Pseudo.

Il 14 aprile 1941 Moravia si unì in matrimonio con Elsa Morante (officiante il gesuita Pietro Tacchi Venturi, testimoni Longanesi, Pannunzio, Capogrossi e Morra); in estate i novelli sposi si trasferirono ad Anacapri. L’8 settembre una circolare indirizzata ai prefetti dal ministro della Cultura popolare, Alessandro Pavolini, invitava i «direttori di quotidiani e periodici locali at non più (dicesi non) pubblicare scritti di Alberto Moravia»; il 27 settembre fu imposto il divieto alla ristampa de La mascherata. La morte del fratello Gastone sul fronte libico (30 settembre) e l’ormai acquisita condizione di coniuge di «donna di razza italiana» indussero le autorità a rimuovere il veto (31 ottobre). Rimase tuttavia l’obbligo di firmare sotto pseudonimo: ai già collaudati Pseudo e Renzo Diodati si aggiunsero Tobia Merlo e Giovanni Trasone.

Frattanto intensificò il lavoro per il cinema collaborando – non accreditato – alle sceneggiature di Tragica notte di Soldati, Un colpo di pistola e Zazà di Renato Castellani e La freccia nel fianco di Alberto Lattuada (marginale il suo contributo a Ossessione di Luchino Visconti); svolse alcune traduzioni per Americana, l’antologia curata da Elio Vittorini per Bompiani. Nell’agosto del 1942, a Capri, scrisse Agostino ma lo pospose alla pubblicazione di una nuova raccolta di racconti, L’amante infelice; la distribuzione del volume, pronto il 20 luglio del 1943, fu sospesa dopo la crisi di governo.

Durante l’interregno badogliano venne contattato da Corrado Alvaro, assurto alla direzione del Popolo di Roma, sul giornale romano firmò in chiaro due coraggiosi articoli: Folla e demagoghi (25 agosto) e Irrazionalismo e politica (7 settembre). Dopo l’annuncio dell’armistizio apprese di essere nella lista dei ricercati; Moravia ed Elsa Morante tentarono di raggiungere Napoli ma il treno si fermò alla stazione di Fondi. Trascorsi alcuni giorni «presso dei contadini non lontano dalla città», si inerpicarono a più alta quota e vennero infine ospitati in località Sant’Agata dal contadino Davide Marrocco, in «una piccola stalla addossata alla sua casa»; qui trascorsero quasi nove mesi «passati a cercare roba da mangiare e a discutere la situazione militare»; finalmente «il ventun maggio [1944], i tedeschi se ne andarono e giunsero le prime pattuglie alleate» (A. Moravia, Vita nella stalla, in Mercurio, dicembre 1944, pp. 203-206). Moravia raggiunse Napoli e da qui si recò a Sorrento a far visita a Benedetto Croce; sulla rivista Aretusa pubblicò le prime note di un suo Diario politico.

Verso la fine di giugno Moravia e Morante fecero ritorno a Roma. Andarono ad abitare nella casa di via Sgambati, lasciatagli in eredità dal padre nel frattempo deceduto. La partecipazione ai numeri d’esordio di Domenica (6 agosto) e Mercurio (1° settembre) sancì l’immediata ripresa delle collaborazioni alla stampa. A offrire nuove opportunità fu l’ex direttore del mensile Documento, Federigo Valli, che nei mesi in cui Moravia era rifugiato a Sant’Agata aveva già dato alle stampe il racconto La cetonia e il romanzo breve Agostino (in 500 copie e con due litografie di Renato Guttuso). La Documento Editrice – che agiva in accordo con Bompiani, bloccato a Milano – pubblicò ancora la raccolta L’epidemia e affidò a Moravia la direzione della collana Il Moto perpetuo (primo titolo il saggio La speranza ossia cristianesimo e comunismo).

Rilevante il contributo al settimanale Città, alla cui direzione vennero nominati Moravia, Guido Piovene e Goffredo Bellonci in rappresentanza degli altri redattori (Bontempelli, Maselli, Masino e Savinio); sulla rivista Moravia curò la rubrica I sogni del pigro e pubblicò le sue prime cronache cinematografiche; l’esperienza di Città si arenò al sesto numero (21 dicembre 1944), logorata dalle scarse vendite e da sopraggiunti attriti con la proprietà. Nel dicembre 1944 Moravia iniziò a collaborare a La nuova Europa: al settimanale di Luigi Salvatorelli affidò alcuni aforismi politici e numerose recensioni di film. Nel febbraio 1945 partecipò come cronista di cinema al varo del quotidiano L’Epoca, diretto da Leonida Répaci e redatto da Giacomo Debenedetti; dopo qualche settimana si trasferì a Libera Stampa, il giornale edito da Luigi Barzini jr.; collaborò anche a Risorgimento, il mensile einaudiano diretto da Carlo Salinari; altri interventi su temi politici e d’attualità apparvero su La città libera. Tra il settembre e il dicembre 1945 pubblicò sul Corriere d’informazione alcuni racconti ispirati alle esperienze vissute in Ciociaria.

Il compimento del processo di Liberazione ridefinì anche gli assetti editoriali: tra la primavera e l’estate del 1945 le opere di Moravia vennero riproposte da Bompiani (a eccezione de Gli indifferenti, uscito a luglio per le edizioni Darsena, Roma, e del volume Due cortigiane e serata di Don Giovanni pubblicato in agosto da L’Acquario, Roma). Decisiva per la fortuna del romanzo la ristampa di Agostino, che nel marzo 1946 fece guadagnare al suo autore le 100.000 lire del premio indetto dal Corriere lombardo. Interrotti i rapporti con La nuova Europa e Libera Stampa, Moravia iniziò a lavorare per L’Europeo e Il Tempo: sul quotidiano diretto da Renato Angiolillo pubblicò, tra il 1946 e il 1948, racconti e articoli di attualità. L’uscita de La romana nel maggio 1947 rinnovò, a quasi vent’anni di distanza, il successo del romanzo d’esordio; la pubblicazione di altri due romanzi brevi – La disubbidienza (1948) e L’amore coniugale (1949) – consolidò il rapporto con l’editore di Milano.

Nel settembre 1948 Moravia vendette la casa di via Sgambati e con il ricavato acquistò un appartamento in via dell’Oca 27. Dall’ottobre 1948 iniziò la lunga collaborazione con il Corriere della sera, proseguita fino al 1990.

Durante il 1949 pubblicò diverse cronache letterarie su Il Mondo, il settimanale diretto da Pannunzio. Nel febbraio 1950 avviò su L’Europeo una rubrica di critica cinematografica (proseguita fino all’aprile 1954). Sempre nel 1950 con il cortometraggio Colpa del sole si cimentò nella sua unica esperienza di regia cinematografica. Il 15 aprile 1951 Bompiani licenziò Il conformista: il romanzo, per i riferimenti più o meno espliciti alla tragica vicenda dei fratelli Rosselli, fu da subito oggetto di critiche molto aspre. Nell’aprile 1952 uscirono I Racconti 1927-1951; lo stesso mese la Congregazione del S. Uffizio decretò l’inclusione dell’opera omnia di Moravia nell’Indice dei libri proibiti; la comunità letteraria reagì assegnando a I Racconti il premio Strega.

Nel marzo 1953 fondò con Alberto Carocci – e il sostegno finanziario di Adriano Olivetti – il bimestrale Nuovi Argomenti. Nel febbraio 1954 Bompiani pubblicò la prima serie dei Racconti romani (premio Marzotto) e, in novembre, il romanzo Il disprezzo, ben accolto dalla critica. Fin dal primo numero de L’Espresso (2 ottobre 1955) Moravia assunse la titolarità della rubrica di cinema.

Dopo le rivelazioni di Nikita S. Chruščëv al XX Congresso del PCUS, promosse sul n. 20 (maggio-giugno 1956) di Nuovi Argomenti l’inchiesta 9 domande sullo stalinismo (tra gli intervistati: Cassola, Jemolo, Silone e Togliatti). Nello stesso anno si recò in Russia al seguito di una delegazione invitata dalle autorità sovietiche (diario dell’esperienza il volume Un mese in URSS, 1958). Nel maggio 1956 riunì ne L’Epidemia. Racconti surrealistici e satirici i ‘pezzi di fantasia’ già compresi nelle raccolte del 1940 e 1944 con l’aggiunta di altri successivamente composti.

Nell’aprile 1957 uscì La ciociara: l’immediato apprezzamento del romanzo e il successivo rilancio (conseguente alla trasposizione cinematografica di Vittorio De Sica nel 1960) ne fecero uno dei suoi titoli più fortunati.

Nel gennaio 1958 subì un delicato intervento chirurgico per sospetto tumore allo stomaco. A fine anno viaggiò in Iran con la moglie Elsa. Trascorse in quel periodo diverse estati a Fregene, spesso in compagnia di amici e artisti. Nel giugno 1959 uscirono i Nuovi Racconti romani. In veste di presidente del Pen Club, si recò in Brasile nel luglio dell’anno seguente. Nel novembre 1960 venne pubblicato La noia; l’assegnazione del premio Viareggio 1961 ne sancì il successo di critica e pubblico.

Nel gennaio 1961 compì con sua moglie e Pier Paolo Pasolini – da tempo amico della Morante – un viaggio in Oriente (dall’esperienza nacque il volume Un’idea dell’India, 1962). La rottura del rapporto coniugale si consumò alla fine dello stesso anno, quando ad accompagnare Pasolini e Moravia nel programmato viaggio in Africa fu Dacia Maraini, conosciuta due anni prima. La nuova relazione determinò, sul piano logistico, il trasloco nell’appartamento di Lungotevere della Vittoria e su quello esperienziale la scoperta dell’Africa, meta di reiterati viaggi le cui cronache andarono poi a comporre le raccolte A quale tribù appartieni? (1973), Lettere dal Sahara (1981) e Passeggiate africane (1987). Sul piano intellettuale il rapporto suscitò una nuova attenzione al tema dei diritti delle donne, che trovò espressione in tre raccolte di racconti ‘al femminile’: Il Paradiso (1970), Un’altra vita (1973) e Boh (1976). Di poco precedente fu la ripresa della scrittura teatrale (rimasta ferma all’unicum di Beatrice Cenci, pubblicata in Botteghe oscure nel 1955). Moravia, Maraini ed Enzo Siciliano – conosciuto anni prima in casa di Attilio Bertolucci – diedero vita al Teatro del Porcospino: l’intrapresa, avviata nella stagione 1966-67 con la messa in scena di un atto unico di Moravia (L’intervista) e altre pièces dei due sodali, non incontrò il favore del pubblico e si concluse l’anno seguente. Altre esperienze notevoli del periodo furono un viaggio a Cuba e l’incontro con Fidel Castro (1966), la presidenza della Biennale cinematografica di Venezia (1967), le interviste a Yasser Arafat e Tito per L’Espresso (1971).

Cruciale in quegli anni la presenza di Pasolini, che già dal 1966 affiancava Moravia e Carocci alla direzione di Nuovi Argomenti. Compagno ormai assiduo nei viaggi di lavoro e nelle prime estati trascorse a Sabaudia (dove nel 1972 i due amici divennero proprietari di due appartamenti contigui), lo scrittore friulano si impose come interlocutore nelle battaglie ideali del periodo. Momento topico di tale confronto fu la contestazione studentesca: entrambi oggetto delle critiche del movimento (cfr. i dibattiti Processo a Moravia e Vi odio cari studenti, in L’Espresso, 25 febbraio e 16 giugno 1968) furono poi solidali nel denunciare le indagini ‘deviate’ sulla strage di piazza Fontana. Il dissidio sul tema dell’aborto, consumatosi sulle colonne del Corriere della sera nel gennaio 1975, ebbe il suo contraltare nell’orazione pronunciata da Moravia a Campo dei Fiori il 5 novembre, tre giorni dopo il rinvenimento del cadavere di Pasolini sul litorale di Ostia.

Il periodo successivo alla pubblicazione de La noia vide l’uscita della raccolta L’automa (1962), della silloge L’uomo come fine e altri saggi (1964), del romanzo L’attenzione (1965) e dei racconti Una cosa è una cosa (1967). Il decennio editoriale si chiuse con la pubblicazione dei testi teatrali Il dio Kurt (1968) e La vita è gioco (1969); ad aprire quello seguente fu il romanzo Io e lui (1971). Era ormai evidente l’ingresso, nell’universo narrativo di Moravia, di temi quali il sesso, l’alienazione borghese, l’incomunicabilità «enucleati nel loro valore sociale e socio-simbolico in tutte le loro sfaccettature. Da critico del paleocapitalismo borghese de Gli indifferenti Moravia trascorre alle nuove e più sofisticate ambiguità e menzogne della società neocapitalistica e del benessere» (G. Pampaloni, Realista utopico, in A. Moravia, Opere 1927-1947, Milano 1986, p. LVIII).

Negli anni dell’impegnativa stesura de La vita interiore, Moravia e il suo editore proseguirono nel riordino del già pubblicato, affidato alle eminenti cure di Siciliano (dal 1972 anche condirettore di Nuovi Argomenti in sostituzione dello scomparso Carocci). Il romanzo uscì nel giugno del 1978, poco prima della conclusione del rapporto con Dacia Maraini. Nel settembre 1979 il procuratore della Repubblica de L’Aquila ordinò il sequestro del libro per oscenità; analogo provvedimento colpì il film che ne trasse, l’anno seguente, Gianni Barcelloni.

Nel gennaio del 1982 venne avviata la terza serie di Nuovi Argomenti sotto la direzione di Moravia, Siciliano e Leonardo Sciascia. Nel corso dell’anno uscirono il romanzo 1934 (premio Mondello) e la raccolta di fiabe su animali parlanti Storie della preistoria. Nell’ottobre 1982 effettuò il suo terzo viaggio in Giappone: la visita a Hiroshima fu all’origine di un interesse crescente per la questione nucleare, cui dedicò articoli e inchieste su L’Espresso. Nel 1983 si recò in Portogallo con Carmen Llera, conosciuta due anni prima a Sabaudia: alla nuova compagna dedicò la raccolta dal titolo La cosa e altri racconti (Milano 1983). Dopo aver declinato l’invito a candidarsi al Senato nelle elezioni del 1983, si presentò alle ‘europee’ del giugno 1984 come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano (PCI). Durante il suo mandato intervenne più volte a Strasburgo sui temi del nucleare, della carestia in Etiopia e dei diritti umani; nel dicembre 1985 gli venne conferito il premio Personalità Europea.

Il 27 gennaio 1986, due mesi dopo la scomparsa di Elsa Morante, sposò con rito civile Carmen Llera. Compì ancora altri viaggi (Yemen, Siria, Giordania, Iraq, Irlanda) spesso in compagnia del fotografo e regista Andrea Andermann; risalgono a questo periodo i commenti parlati ad alcuni servizi realizzati per la RAI da Gianni Barcelloni. Pubblicò ancora due romanzi: L’uomo che guarda (1985) e Il viaggio a Roma (1988); due raccolte: L’angelo dell’informazione ed altri scritti teatrali (1986) e L’inverno nucleare (a cura di R. Paris, 1986).

Dopo aver trascorso l’ultima estate a Sabaudia, Moravia morì a Roma, nella sua abitazione di Lungotevere della Vittoria, la mattina del 26 settembre 1990.

Opere. A una prima serie delle Opere complete di A. M. (I-XVII, Milano 1952-67) e a una seconda d’impianto tematico (I-VI, Milano 1967-74) seguì una terza – cronologicamente ordinata – composta da Opere 1927-1947, a cura di G. Pampaloni (Milano 1986) e Opere 1948-1968, a cura di E. Siciliano (Milano 1989). Postumi la raccolta d’inediti Romildo, a cura di E. Siciliano (Milano 1993) e i volumi Viaggi. Articoli 1930-1990 e Romanzi e racconti 1929-1937, entrambi per cura e con introd. di E. Siciliano, postfaz. di T. Tornitore e Cronologia di E. Romano (Milano 1994 e 1998); a cura di Siciliano anche la silloge Le chiese rosse e altri racconti (Pistoia 1998). Postumi sono usciti inoltre La villa del venerdì e altri racconti (Milano 1990), La donna leopardo (Milano 1991); Diario europeo (Milano 1992); I due amici, a cura di S. Casini (Milano 2007). Dopo la pubblicazione dei Racconti dispersi 1928-1951, a cura di S. Casini - F. Serra (Milano 2000) è stata avviata l’edizione integrale delle Opere, diretta da E. Siciliano, di cui sono usciti – con la Cronologia di S. Casini e puntuali Note ai testi – i volumi 1. Romanzi e racconti 1927-1940, a cura di F. Serra (Milano 2000); 2.… 1941-1949, 3.… 1950-1959 [in due tomi] e 4.… 1960-1969, a cura di S. Casini (Milano, rispett. 2002, 2004 e 2007).

Fra gli scritti autobiografici e le interviste: Confessioni di scrittori (Interviste con se stessi), Torino 1951, pp. 73-77; Ritratti su misura di scrittori italiani, a cura E.F. Accrocca, Venezia 1960, pp. 288-291; J. Duflot, Entretiens avec A. M., Paris 1970; E. Siciliano, M., Milano 1971 (poi ampl., in A. M. Vita, parole e idee di un romanziere, Milano 1982); A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, a cura di N. Ajello, Bari 1978; Id., Impegno controvoglia, a cura di R. Paris, Milano 1980, pp. V-XIX; Breve autobiografia letteraria, in Id., Opere 1927-1947, cit., pp. VII-XXXIII; D. Maraini, Il bambino Alberto, Milano 1986; A. Moravia, Io e il mio tempo. Conversazioni critiche con Ferdinando Camon, Padova 1988; Id. - A. Elkann, Vita di M., Milano 1990; A. Moravia, Dialoghi confidenziali con Dina d’Isa, Roma 1991; R. Paris, M. Una vita controvoglia, Firenze 1996; C. Llera, Finalmente ti scrivo, Milano 2000; R. de Ceccatty, A. M., Paris-Milano 2010.

È imminente la pubblicazione, a cura di Alessandra Grandelis, di una prima tranche dell’epistolario moraviano. Tra i carteggi editi, si vedano: A. Moravia - G. Prezzolini, Lettere, Milano 1982; Caro Bompiani. Lettere con l’editore, a cura di G. D’Ina - G. Zaccaria, Milano 1988, in partic. pp. 454-479; A. Moravia, Lettere di viaggio 1934-1939, in Nuovi Argomenti, s. 3, 1991, 39, pp. 15-30; Id., Lettere inedite a Nicola Chiaromonte, ibid., s. 4, 1996, 7, pp. 49-60; Id., Lettere ad Amelia Rosselli con altre lettere familiari e prime poesie (1915-1951), a cura di S. Casini, Milano 2010; L’amata. Lettere di e a Elsa Morante, a cura di D. Morante con la collab. di G. Zagra, Torino 2012 (in partic. pp. 137-172 e 345-364); A. Moravia, Lettres d’amour à Lélo Fiaux, a cura di A. Ferrari - A. Grandelis, Genève 2014.

Per gli scritti dedicati alle arti: Nota bibliografica alla sezione Alberto Moravia e l’arte, a cura di A. Cau, in Quaderni, 2002, 2, pp. 112-117; C. Poppi, A. M. scrittore d’arte, in Poetiche, X (2008), 1-2, pp. 287-301; A. Grandelis, «Preferisco la pittura alla letteratura». A. M. e gli scritti d’arte, in Arabeschi, 2013, 2, pp. 71-84; L. Giordani, Cultura figurativa di A. M. (con un regesto dei suoi scritti sull’arte e gli artisti), in Letteratura e arte, 2013, 11, pp. 159-211. Per gli scritti sul teatro: A. Moravia, Teatro, a cura di A. Nari - F. Vazzoler, Milano 1998. Per gli scritti sul cinema: A. Moravia, Al cinema. Centoquarantotto film d’autore, Milano 1975; M. al/nel cinema, a cura di A. Aprà - S. Parigi, Roma 1993, in partic. pp. 174-201; M. e il cinema, a cura di N. Genovese, Messina 2007; A. Moravia, Cinema italiano. Recensioni e interventi 1933-1990, a cura di A. Pezzotta - A. Gilardelli, Milano 2010.

Fonti e Bibl.: La Casa Museo Alberto Moravia in Lungotevere della Vittoria 1 (Roma) conserva la biblioteca personale e l’archivio dello scrittore: alla loro tutela provvede dal 1991 l’Associazione Fondo A. M., ora presieduta da D. Maraini (responsabile N. Melehi); editi dall’Associazione il semestrale Quaderni (a cura di T. Maraini, 1997-2004) e i cataloghi M. e Roma (2003) e Casa Museo A. M. (2013). Attestazioni bioiconografiche in R. Paris, A. M., Firenze 1991. Dati sui rapporti editoriali di M. presso l’Archivio Bompiani e la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori di Milano. Per i documenti conservati nei fondi dell’Arch. centrale dello Stato di Roma si rinvia a: G. Fabre, Sul «caso M.», in Quaderni di storia, XXI (1995), 42, pp. 181-196; Id., L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino 1998, in partic. pp. 33-38, 396-402; S. Casini, M. e il fascismo. A proposito di alcune lettere a Mussolini e a Ciano, in Studi italiani, XIX (2007), 2 - XX (2008), 1, pp. 189-237.

Un repertorio degli scritti di M. è stato approntato da P. De Marchi - G. Pedrojetta in A. Moravia, Romanzi e racconti 1927-1937, cit., pp. 1331-1363. Per la genesi dei primi testi si rinvia a M. Ciocchetti, Sugli esordi di A. M., romanziere e saggista (1926-1927), in Esperienze letterarie, XXXVIII (2013), 4, pp. 67-96; un elenco degli articoli pubblicati nel 1944-45 è in Id., Percorsi paralleli. M. e Piovene tra giornali e riviste del dopoguerra, Pesaro 2010, pp. 227-248.

A fronte di una bibliografia critica quantitativamente sterminata, si segnalano i contributi più generali. Basilare il profilo tracciato da G. Manacorda in I Classici italiani nella storia della critica, dir. da W. Binni, III, Firenze 1977, pp. 775-835; si veda anche La fortuna critica, in A. Moravia, Opere 1927-1947, cit., pp. 1129-1160. Notevole per mole di dati F. Alfonsi - S. Alfonsi, An annotated bibliography of M. criticism in Italy and in the english-speaking world (1929-1975), New York-London 1976 (del solo F. Alfonsi i voll. A. M. in America… e A. M. in Italia… (1929-1969), rispett. Catanzaro 1984 e 1986); la bibl. fu poi aggiornata al 1993 da P. De Marchi - G. Pedrojetta, op. cit., pp. 1364-1375. Alcune recensioni al primo romanzo sono state riproposte, a cura di L. Desideri, in appendice a Gli indifferenti (Milano 2007 e 2012), pp. 347-432; utili i regesti di T. Tornitore, Gli indifferenti e la critica, in Nuovi Argomenti, s. 3, 1991, 37, pp. 60-98 e Agostino e la critica [in tre parti], ibid., 40, pp. 16-36; 1992, 41, pp. 23-42, e 43, pp. 20-35. Buone rassegne critiche ‘ragionate’ sono Il punto su M., a cura di C. Benussi, Bari 1987, e P. Voza, M., Palermo 1997. Imprescindibili le monografie M., a cura di O. del Buono, Milano 1962, ed E. Sanguineti, A. M., Milano 1962; di G. Pampaloni si veda il profilo A. M., in Storia della letteratura italiana (Garzanti), IX, Il Novecento, Milano 1969, pp. 667-681 (poi Milano 1987, pp. 471-483) nonché il saggio Realista utopico, in A. Moravia, Opere 1927-1947, cit., pp. XXXV-LXI. Pregevoli gli studi di R. Manica, M., Torino 2004, e di G. Dego, M. in bianco e nero. La vita, le opere, i viaggi, Lugano 2008. Si vedano anche i tre numeri ‘speciali’ di Nuovi Argomenti (s. 3, 1991, 37; s. 5, 2000, 12; 2007, 40), il fascicolo di Poetiche, X (2008), 1-2, a cura di V. Mascaretti e la sezione Per A. M., in L’immaginazione, XXVII (2010), 258. Gli Atti dei convegni di Sabaudia (A. M. e gli amici, 2010), Fondi (A. M. e «La ciociara»…, 2010 e 2012) e Avellino (A. M. e Pier Paolo Pasolini…, 2011) sono raccolti in più ‘speciali’ di Sinestesie: i primi tre a cura di A. Fàvaro (Avellino 2011, 2012 e 2014), il quarto a cura di A. Granese (Avellino 2014). Notevoli per ampiezza di indagine A. M. e l’America. Atti della conferenza… 2011, a cura di F. Capoferri - P. Prebys, Roma 2012, e A. M. tra Italia ed Europa, Atti del convegno… 2014, a cura di S. Casini - N. Melehi, introd. di D. Maraini, Firenze 2015.

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