ALBINO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALBINO

Paolo Lamma

Fausto A. iunior discese con ogni probabilità dalla famiglia dei Deci, forse figlio di Cecina Decio Massimo Basilio iunior, console nel 480, e fratello di Avieno Teodoro Importuno, console nel 493. Nel 503 viene ricordato come "vir inlustris" e "patricius". Fu incaricato di provvedere ai giochi nel 507-509 insieme con Avieno e venne lodato per la sua attività di costruttore. Fu parente di Fausto, prefetto del pretorio, capo della fazione filobarbarica del Senato. Nel 507-508 ebbe un incarico alla corte di Ravenna; fu prefetto del pretorio nel 512-514; Sotto il pontificato di Simmaco, insieme con la moglie Glafira, fece innalzare a Roma una basilica su terreni di sua proprietà. Sembra che abbia preso parte alle trattative per l'unione ecclesiastica con l'Oriente nel 519. Fu accusato intorno al 523 dal referendario Cipriano, davanti a Teodorico, di aver cospirato segretamente contro il re con l'imperatore Giustino.

Sui motivi della delazione - poiché di delazione si trattò e non solo di relazione al re si è discusso a lungo. L'Anonimo Valesiano, che riferisce, in termini ambigui, però, la notizia, pensa di poter individuare la ragione dell'accusa ad A. nella "cupiditas"di Cipriano, forse in vista, come nota il Picotti, degli uffici che ricoprì dopo la delazione. E certamente questi motivi dovettero avere il loro peso; nè pare si possa, ormai, pensare alla effettiva esistenza di un complotto con Giustino, le cui prove, cadute in mano di Cipriano, sarebbero state da quest'ultimo rivelate al re, per debito d'ufficio (Cessi), perché è stato dimostrato che il passo di Suida, in cui il Gabotto e il Cessi credettero di trovare la prova dell'esistenza della lettera di A., è una derivazione da Erodiano e l'Albino in questione èun altro personaggio. Ma all'interesse personale di Cipriano si deve aggiungere la sua sicura appartenenza all'elemento più strenuamente filogotico che circondava Teodorico. Tale appartenenza gli costò una diminuzione di potenza nei primi mesi del regno di Amalasunta ed un ritorno in auge al tempo di Atalarico. A., dunque, fu una vittima illustre del contrasto più vasto che opponeva Goti e Romani, nella critica situazione degli ultimi anni teodoriciani.

A., convocato dinanzi al re, non fu probabilmente difeso efficacemente dal "quaestor" Decorato, suo difensore d'ufficio; ma a favore dell'accusato intervenne Boezio, "magister officiorum", che negò ògni veridicità alla delazione. L'accusa per il momento cadde, ma venne ripresa contro A. e contro Boezio, sempre per opera di Cipriano, che agi, tuttavia, nascostamente, per mezzo di una "longa manus" rappresentata dal fratello Opilione. Nuove testimonianze vennero prodotte dinanzi al re e A., condotto in prigione a Pavia, spari dalla scena politica, nè si può dire, come è stato opinato, che possa identificarsi con lui l'Albino ricordato come vivo nel 547, nel Liber Pontificalis (Picotti, p. 221, n. 3).

Fonti e Bibl.: Cassiodori Variae, a cura di Th. Momnisen, l. I, e pp. 20, 33, in Monumenta Germ. Hist., Auctores Antiquissimi, XI, Berolini 1894, pp. 25, 33; Ennodii Epistolae, II, 21; VI, 12; Carmina, II, 99, in Ennodii Opera, a cura di F. Vogei, ibid., Auctores Antiquissimi, VII, Berolini 1885, pp. 73, 181, 221 s.; Anonymus Valesianus, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXIV, 4, a cura di R. Cessi, pp. 19 s.; Severini Boethii De Consolatione philosophiae, a cura di H. F. Stewart, London 1926, pp. 13 s.; J. Sundwall, Abhandlungen zur Geschichte des ausgehenden Romertums, Helsinki 1919, pp. 87 s.; G. B. Picotti, Il Senato romano e il processo di Boezio, in Arch. stor. ital., s. 7, XV (1931), pp. 205-228 (con i rinvii alle opere, citate nel testo, del Gabotto e del Cessi); W. Ensslin, Theodorich der Grosse, Hildesheim 1947, pp. 78, 223, 253, 317 ss.; E. Stein, Histoire du Bas Empire, I, Paris 1959, pp. 255-257, 462.

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