DE GASPERI, Alcide

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

DE GASPERI, Alcide (App. II, 1, p. 762)

Luigi SALVATORELLI
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Uomo di stato, morto a Sella di Valsugana (Trento) il 19 agosto 1954. Il sesto ministero da lui formato nell'aprile 1948 durò fino al luglio 1951, e fu probabilmente il più importante (v. italia: storia, in questa App.). Il settimo ministero, fondato sulla coalizione DC-PRI durò fino al giugno 1953. Questo ministero culminò con l'estremo tentativo di De Gasperi di dare definitivamente spazio in parlamento alla coalizione dei partiti democratici di centro, adottando un nuovo sistema elettorale maggioritario. Il fallimento elettorale della coalizione DC-PSDI-PLI-PRI, che non ottenne la maggioranza assoluta per poche decine di migliaia di voti, rappresentò la fine del periodo di governo degasperiano. L'ottavo ministero De Gasperi, formato dalla sola DC, fu battuto alla presentazione alle Camere (28 luglio 1953) dai voti combinati comunisti, socialisti, monarchici e neofascisti. Rassegnate le dimissioni, De Gasperi fu nel settembre eletto segretario della DC, e si dedicò all'organizzazione del partito, notevole peraltro rimanendo la sua influenza sugli affari di Stato (in gran parte a lui sembra sia stata dovuta la caduta del ministero Pella, la cui politica estera lo aveva preoccupato). Come segretario del partito, guidò i lavori dell'importante congresso democristiano tenutosi a Napoli nel giugno 1954. Dimessosi dalla carica di segretario poco tempo prima della morte, fu eletto presidente onorario del partito.

Prima di divenire capo del governo italiano, De Gasperi, aveva fatto un doppio tirocinio politico: nel Trentino ancora politicamente austriaco, in difesa dell'italianità entro il quadro legalitario; e nell'Italia del primo dopoguerra, come uno dei membri più autorevoli del P. P. I., e, dopo il ritiro di Sturzo, come segretario politico del partito stesso. In quest'ultima qualità, egli fu tra i capi dell'opposizione democratica antifascista, in parlamento e sull'"Aventino", e poi tra i perseguitati dal fascismo trionfante. Mantenne in povertà laboriosa intatte la sua coscienza, la sua volontà, le sue capacità politiche.

Così doppiamente temprato, De Gasperi fu tra i primi conduttori della lotta clandestina, con la penna di "Demofilo", con la direzione politica del nuovo raggruppamento democristiano, con la partecipazione a quel Comitato di Liberazione Nazionale che salvò la continuità e l'unità nazionale, assicurando al tempo stesso l'autodecisione del popolo italiano. Da questo momento apparve dominante in De Gasperi la coscienza dell'uomo di governo, il senso dello stato. Qui si ritrova l'elemento unificatore, la linea direttiva della sua attività decennale di ministro e presidente del Consiglio.

L'opera ebbe i suoi difetti, in particolare l'imperfetto adeguamento dell'apparato amministrativo alle nuove esigenze, nonché la persistenza di difetti e abusi nel costume burocratico, e altresì la non sufficientemente controllata riammissione di vecchi infidi elementi sul piano politico-statale. Ma è semplice giustizia ricordare che ogni uomo di governo, dinanzi al compito necessario e urgente, deve pure adoperare gli strumenti che si trova fra le mani.

Ma forse il suo contributo più importante alla costruzione della nuova Italia democratica fu, in una situazione politico-confessionale difficilissima, di avere evitato all'autorità civile e all'autonomia statale, se non ogni pregiudizio, almeno ogni danno irreparabile, ogni abdicazione essenziale. Egli assicurò per quanto poté il concorso al governo dei partiti rappresentanti la tradizione risorgimentale-liberale; tenne fermi, e anzi accentuò nei suoi ultimi giorni, i valori fondamentali di libertà e di democrazia; deprecò, in un appello testamentario, ogni ritorno alle lotte fra guelfi e ghibellini.

Il senso dello stato di De Gasperi è stato anche senso della nazione. Alla conferenza della pace egli parlò con dignità d'italiano e commozione di patriota; lui presidente, per opera soprattutto di Sforza e sua, si compì la revisione del trattato di pace, successo di alto valore morale. Insieme con Sforza, egli effettuò il superamento del nazionalismo, portando la politica italiana sul piano europeo; guidato in ciò non solo da una visione ideale, ma dalla percezione dei veri interessi italiani.

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