ALCOOL

Enciclopedia Italiana (1929)

ALCOOL (fr. alcool; sp., ingl. alcohol; ted. Alkohol)

Luigi SESSA

Col nome di alcool (sono sinonimi aquarzente e spirito) si indica comunemente l'alcool etilico. Chimicamente esso appartiene alla categoria degli alcoli (v.) ed ha la composizione indicata dalla formula CH3 − CH2 − OH. Esso è un liquido incoloro, volatile, facilmente accendibile, di sapore bruciante, che si ricavò dapprima dalla distillazione del vino e molto più tardi anche dalla distillazione di altre sostanze.

Etimologia. - Essa è parecchio curiosa. Il nome deriva dall'arabo al-koél (ove al- è l'articolo), che designa la polvere finissima, impalpabile del solfuro d'antimonio od anche della galena (solfuro di piombo), la quale, mescolata con acqua, si adoperava fin dall'antichità in Oriente, soprattutto dalle donne, per tingere di nero le sopracciglia, le ciglia e l'orlo delle palpebre. Il nome e la cosa passarono in Occidente con le traduzioni di libri arabi in latino; in Spagna anzi entrambi furono dell'uso popolare fino nel sec. XVI ed ancor oggi la lingua spagnuola ha il verbo alcoholar nel significato di "tingersi in nero" gli orli delle palpebre, ecc. e l'aggettivo alcoholado per qualificare bestiame che abbia molto nero il contorno degli occhi. In Europa i chimici estesero il vocabolo a designare anche qualsiasi specie di polvere impalpabile; uso attestato ancora dal dizionario di Trévoux (1771). Questo significato generico fu arbitrariamente applicato dal famoso Teofrasto Paracelso (1493-1541) allo spirito di vino, ch'egli, quale quintessenza e parte essenziale e più nobile del vino, chiamò alcohol vini; questa nuova denominazione passò a poco a poco a chimici ed a medici, che finirono con l'omettere il vini. Tutto ciò è documentato dalle minute indagini di E. O. von Lippmann, P. Richter e J. Ruska.

Notizie storiche. - L'antichità fin da epoca remotissima (con i testi babilonesi si risale al III millennio a. C.) conobbe non solo il vino, ma anche bevande inebbrianti fabbricate mediante la fermentazione del miele, del grano, del succo della palma da datteri, ecc.; ma ignorò necessariamente l'alcool, perché non conosceva la distillazione. I primi apparecchi per distillare furono scoperti dagli alchimisti greci alessandrini non prima del sec. I d. C.; senonché risulta ormai in modo indubbio che essi non distillarono mai il vino.

Anche gli Arabi non produssero l'alcool, e ciò anche perché il divieto musulmano di ber vino non era propizio agli esperimenti con questa sostanza; invece l'alcool, come risulta dalle ricerche di M. Berthelot, di E. O. von Lippmann (poi da lui stesso raccolte nei suoi Beiträge zur Geschichte der Naturwissenschaften und der Technik, Berlino 1923, pp. 56-127) e di J. Ruska, fu ottenuto per la prima volta nel sec. XII in Europa, probabilmente in Italia. Se ne ha la prima menzione in una ricetta interpolata in un manoscritto del sec. XII (manca nei manoscritti più antichi dell'opera) del noto libro chimico Mappae clavicula de efficiendo auro "chiavetta dell'indicazione per fare l'oro"; vi si dice che, cuocendo in vasi a ciò idonei (ossia distillando) una miscela di vino puro e fortissimo con un terzo di sale, si produce un'"acqua" che, accesa, fiammeggia senza bruciare la materia (su cui si trova). In un'altra interpolazione che ricorre in un manoscritto della fine del XIII o del principio del XIV secolo del Liber ignium (Libro dei fuochi) attribuito a un Marco Greco, si descrive la distillazione dell'aqua ardens, mediante la distillazione del vino mescolato con altre sostanze (sale, zolfo vivo e tartaro). Questo nome di aqua ardens divenne poi comune e dette origine all'italiano acquarzente, ora antiquato. In uno scritto del sec. XIV, intitolato De conservanda iuventute e forse inesattamente attribuito al catalano Arnaldo da Villanova (nato nel 1235 o 1248, morto nel 1312 o 1314?), sono lodate le virtù farmaceutiche di quest'acqua, perciò detta aqua vitae (la nostra acquavite) e raccomandata ai principi per farne liquori. Questo nome di acquavite è rimasto ancor oggi a indicare il prodotto della distillazione di vini e di vinacce ad un grado alcoolico parecchio inferiore al massimo.

Gli alchimisti che nei secoli XV e XVI preparavano l'acquavite, si circondavano di grande mistero, e gli alambicchi che usavano per la distillazione erano primordiali e di dimensioni ridotte: il primo distillato alcoolico rimase così fino al sec. XVII uno specifico di prezzo elevato per sovrani e principi, e soltanto successivamente passò dall'alchimia al campo industriale con gli studî sulla fermentazione, con le ricerche sulla trasformazione degli amidi in zuccheri, con la costruzione di apparecchi meno rudimentali e di capacità maggiori.

Il fenomeno della fermentazione era conosciuto solo per la forma visiva del fenomeno stesso dovuto allo sviluppo di bolle gassose. Van Helmont (1577-1654) aveva infatti osservato che la fermentazione era accompagnata dallo sviluppo di un gas asfissiante, che chiamò spirito silvestre e sembrava necessario un fermento per produrlo, ma il Leeuwenhoek (1680) con un microscopio da lui costruito e con un ingrandimento di 150 diametri, individuò che il lievito è costituito da piccole cellule e stabilì le basi delle future ricerche microscopiche, e il Macbride (1764) identificò il gas chiamato silvestre come anidride carbonica.

Al Lavoisier (1789) dobbiamo la prima spiegazione della scissione per opera fermentativa del glucosio in alcool e anidride carbonica, poiché, applicando il suo principio che nulla si crea e nulla si distrugge, dimostrò come ad una determinata quantità di zucchero fermentescibile corrispondesse altrettanto alcool ed anidride carbonica, e se in pratica l'equazione non era esattamente quantitativa, ciò era dovuto alla formazione durante la fermentazione di altre sostanze, quali alcoli superiori, glicerina, acido succinico, ecc. eguali in peso all'alcool e all'anidride carbonica mancanti.

Nel 1815 il Gay-Lussac, basandosi sui lavori del Lavoisier e sulle formule allora conosciute, stabilì l'equazione

Nel 1830 il Dubrufaut mise in evidenza che lo zucchero ordinario doveva essere invertito prima di fermentare, e che coll'inversione ottenuta per mezzo di un acido si producevano quantità uguali di zuccheri fermentescibili secondo l'equazione

Nel 1836 il Cagniard de la Tour dimostrò che il lievito è un microrganismo che si riproduce e il Turpin ammise che l'alimento del lievito fosse uno zucchero e i prodotti dell'azione vitale l'alcool e l'anidride carbonica.

Nel 1854 Schroeder e von Dusch dimostrarono la possibilità della sterilizzazione, arrestando la fermentazione col portare il liquido all'ebollizione e impedendo all'aria d'introdurvi nuovi germi.

Il Pasteur nel 1872 enunciò la teoria che i fermenti vivono a spese dell'ossigeno, e quando vengono immersi in liquidi zuccherini non potendo più assimilare l'ossigeno dell'aria, lo sottraggono allo zucchero formando alcool ed acido carbonico. Nel 1896 questa teoria venne scossa dalla scoperta del Buchner, che, comprimendo del lievito fresco, otteneva un estratto il quale presentava gli stessi fenomeni del microrganismo vivente. Risultò quindi che l'azione dei fermenti più che al fenomeno biologico della vita di questi organismi era dovuta all'azione di sostanze chimiche a composizione complessa, che essi possono produrre. Tali sostanze vennero chiamate enzimi o fermenti non figurati.

Per quanto riguarda gli apparecchi, fino al sec. XVIII non esistevano che piccoli alambicchi, e nessuna miglioria venne fatta salvo aumentarne la capacità: il maggior alambicco che si ricordi sarebbe quello fatto costruire dal Baumé sulla fine del 1700 in Francia, della capacità di pinte 6000 (l. 5360). Il 2 luglio 1801 Edoardo Adam brevettò in Francia un alambicco, nel quale i vapori alcoolici all'uscita dalla caldaia passavano successivamente in una serie di vasi ovoidali, disposti orizzontalmente e che contenevano essi stessi del vino. I vapori si arricchivano progressivamente di alcool, e davano, condensandosi, un liquido alcoolico a titolo elevato. Questa invenzione si può considerare come la base di partenza per la distillazione industriale dell'alcool, e le modifiche del Cellier Blumenthal (1813), e del Pistorius (18I7), che sostituirono ai vasi dei piatti sovrapposti, e successivamente i perfezionamenti apportati a questo principio da Derosne, Savalle, Egrot, ecc. giunsero fino alle attuali colonne di rettifica le quali possono produrre direttamente, dai vini o mosti a bassissimo grado, alcool alla concentrazione elevata richiesta dal commercio.

Quando l'industria trovò nell'alcool non solo un prodotto per la preparazione di acquavite e liquori, ma anche un ausiliario prezioso per nuove applicazioni più utili all'umanità, l'alcool dal vino divenne insufficiente, dato che la produzione era limitata ai paesi vinicoli. Le regioni meno fortunate s'industriarono allora ad estrarre alcool da altre sostanze ed ebbe così origine la fabbricazione dell'alcool da grani, da patate, da barbabietole, da melasso, ecc. La prima fabbrica di alcool da patate sorse in Germania a Monheim nel 1750, le prime distillerie da grani specialmente segale ed orzo) in Francia nel 1840 e da barbabietole nel 1850. Per quanto riguarda l'Italia la prima fabbrica di alcool da grani (mais) venne fondata in Milano nel 1852 dall'industriale Carlo Sessa.

Materie prime. - Prescindendo dall'alcool ottenuto per sintesi, di cui faremo cenno successivamente, la materia prima per la fabbricazione dell'alcool è quella che contiene uno zucchero fermentescibile. Gli zuccheri che fermentano naturalmente appartengono ai monosaccaridi od esosi (C6H12O6), il glucosio o destrosio ed il fruttosio o levulosio, che si trovano nell'uva, nella frutta matura e nel miele. Questi zuccheri si possono anche ottenere mediante processi diversi da due altri gruppi di sostanze: dai polisaccaridi zuccherini e non zuccherini. Al gruppo dei polisaccaridi zuccherini e precisamente ai biosî appartengono il maltosio e il saccarosio (zuccheri di canna e barbabietola) dalla formula C12H22O11. Al secondo gruppo appartengono sostanze di natura chimica complessa, non ancora ben definita, rappresentati oggi dalla formula (C10H10O5)n.H2O, tra i quali gli amidi, le fecole e le cellulose. Da queste ultime sostanze al glucosio si passa attraverso diversi prodotti o destrine, che si differenziano per il loro comportamento verso lo iodio, e si dividono in amidodestrine, eritrodestrine e maltodestrine.

Le materie prime possono quindi suddividersi in quattro gruppi principali, comprendendo nel primo gruppo i vini e la birra, poiché l'alcool che già contengono, proviene da una precedente fermentazione dello zucchero, preesistente nella materia prima.

I° gruppo. Materiali che già contengono alcool:

a) vini, birra, ecc.

II° gruppo. Materiali zuccherini da:

a) frutti (uva, mele, fichi, datteri, carrube, pere, susine, ecc.);

b) radici (barbabietole, topinambour, genziana, cicoria);

c) tigli (canna da zucchero, sorgo, alfa, ecc.);

d) melassi (dalla fabbricazione dello zucchero di canna e bietola).

III° gruppo. Materiali amidacei da:

a) grani di cereali (mais, frumento, segale, orzo, avena, sorgo, durra, ecc.);

b) grani di leguminose (pisello, fava, lenti, soia, ecc.);

c) tubercoli (patate, arrowroot, salep, ecc.);

d) frutti (ghiande, castagne, castagne d'India, ecc.);

e) radici (manioca, gialappa, ecc.).

IV° gruppo. Materiali contenenti cellulosa:

a) legno;

b) torba;

c) residui solfitici della lavorazione della cellulosa.

Preparazione industriale. - Partendo dalle materie prime sopra citate, l'alcool si prepara mediante un seguito di operazioni, più o meno complesse a seconda del materiale di partenza e precisamente si risolve nella semplice distillazione per i materiali appartenenti al primo gruppo, nella fermentazione e distillazione per quelli del secondo, nella preparazione del materiale zuccherino, fermentazione e distillazione per quelli appartenenti al terzo e quarto gruppo.

La totalità di queste operazioni ha la più estesa applicazione pratica nella produzione dell'alcool dalle sostanze amidacee, per cui ne descriveremo brevemente il processo, dato che con piccole varianti le singole operazioni possono essere applicate a tutti i gruppi.

Il processo di preparazione industriale si può suddividere in:

1. Preparazione dell'amido dai cereali.

2. Trasformazione dell'amido in zucchero (saccarificazione).

3. Trasformazione dello zucchero in alcool (fermentazione).

4. Distillazione e rettifica.

Preparazione. - Le materie prime amidacee non possono subire le azioni successive se il loro amido non è trasformato in una semisoluzione (salda o colla d'amido) trattandolo con acqua o vapore a temperatura elevata. I grani d'amido sopra i 50° si gonfiano, si screpolano ed assimilano facilmente l'acqua: le temperature più favorevoli per ottenere la semisoluzione sono per la fecola di patate 65°, per l'amido di mais 75°, per quello d'orzo, segale, avena, frumento, riso, durra 80°.

Le materie prime vengono dapprima macinate (cereali) o sfarinate (patate), poi mescolate con acqua e portate alla temperatura sopraccennata con vapore diretto a due o tre atmosfere per diverse ore in speciali autoclavi conici, noti sotto il nome di Hentze.

Saccarificazione. - Preparata così la salda d'amido, si procede alla saccarificazione, la quale può avvenire mediante tre processi:

a) con gli acidi diluiti;

b) con la diastasi;

c) con fermenti amidolitici.

a) Con gli acidi diluiti si ottiene la trasformazione quantitativa dell'amido in glucosio, trasformazione che ha molto maggiore importanza per la fabbricazione del glucosio stesso che non per quella dell'alcool, specialmente perché, dato il trattamento acido, non si può più utilizzare il sottoprodotto, la borlanda, come mangime del bestiame.

b) Importantissimo è invece il secondo metodo, il quale si fonda sul fatto che nel primo periodo della germinazione di un grano di cereale (mais, orzo, segale, ecc.), si forma il cosiddetto malto verde. Il malto contiene un enzima, la diastasi, che a determinata temperatura trova la condizione favorevole per trasformare l'amido in destrine, maltosio ed isomaltosio, cioè in materie atte alla fermentazione.

Gli enzimi sono sostanze prodotte da cellule viventi, che agiscono cataliticamente per determinare reazioni chimiche su altre sostanze, senza che quest'azione sia legata al processo di vita: essi infatti non fanno che facilitare la reazione e alla fine si ritrovano intatti. La loro natura chimica non è stata definita, poiché sinora non si è potuto isolare alcuno di questi composti.

Gli enzimi vengono generalmente divisi in tre gruppi principali, a seconda che favoriscono la trasformazione dei grassi, degli zuccheri o delle sostanze proteiche, e precisamente in esterasi, carboidrasi o saccarasi, e proteasi. Per l'industria dell'alcool interessano in modo speciale quelli del secondo gruppo, e tra essi:

la diastasi o amilasi, che trasforma l'amido in maltosio o destrina e, come abbiamo visto, viene prodotta per germinazione dai grani, o, come vedremo successivamente, per opera di alcuni funghi (fermenti amilolitici);

la maltasi, che trasforma il maltosio in glucosio: essa accompagna la diastasi nei semi appena germogliati ed è secreta da alcuni microrganismi;

la zimasi, che determina la fermentazione alcoolica del glucosio, ed è prodotta dal lievito;

l'invertasi, che scompone il saccarosio in glucosio e levulosio, esercita la stessa azione degli acidi diluiti e si trova pure nei lieviti.

Gli enzimi sono solubili in acqua e caratteristica è la loro sensibilità alla temperatura, per cui esercitano il massimo della loro azione verso i 50°, divenendo inattivi al di sopra di 60°-70°. Se vengono essiccati nel vuoto possono sopportare temperature più elevate (120°-150°). Altra caratteristica è la loro sensibilità a determinate sostanze chimiche, che agiscono su di loro come veleni e così pure alle sostanze da essi stessi prodotte, quando raggiungano una percentuale elevata.

Dei diversi malti usati il più attivo è quello d'orzo, che in minor quantità saccarifica una maggior quantità d'amido; seguono poi quelli di frumento, segale, mais. Nella pratica industriale è solo la convenienza economica che regola l'uso di uno piuttosto che di un altro prodotto.

La preparazione del malto d'orzo costituisce la base dell'industria della birra, ed è fondata su una scelta della qualità del grano, che deve dare la massima percentuale di germi, percentuale che dovrebbe raggiungere il 95% di grani germinati, poiché quelli infecondi contengono diastasi in quantità insignificante. Il processo di germinazione è legato poi alla quantità d'acqua contenuta nel cereale, alla temperatura e ad una buona circolazione d'aria.

Per preparare il malto si lava l'orzo in appositi recipienti in modo che assorba una determinata quantità d'acqua (circa il 4%), poi si distende in strati di 50 cm. circa su pavimenti di cemento o asfalto, in locali arieggiati, generalmente in cantine, dove si possa mantenere la temperatura a circa 15°. Ogni sei o sette ore si rimuovono gli strati, diminuendone progressivamente l'altezza, allo scopo di mantenere uniforme il tenore d'umidità, fornire l'aria necessaria e impedire l'innalzamento della temperatura. Dopo il secondo giorno incominciano i primi germogli, e dopo otto o al massimo dieci giorni si hanno delle radichette lunghe 2-3 volte il grano: s'interrompe la germinazione e si ha il così detto malto verde. La maggior quantità di diastasi si trova nel germe e nelle radichette. Da kg. 100 d'orzo si ottengon0 kg. 140-145 di malto verde.

Gli stabilimenti moderni hanno adottato dei germinatoi meccanici per evitare di rimuovere manualmente la massa: sono apparecchi costituiti da due tamburi in lamiera concentrici, di cui l'interno è forato e si può far ruotare a intervalli determinati di tempo, mentre continuamente arriva una corrente d'aria umida.

Per ottenere la saccarificazione si aggiunge alla colla d'amido, precedentemente ottenuta, una quantità variabile di malto verde, triturato e spappolato per avere la diastasi libera; per questa operazione si usano gli apparecchi Hentschel, semplici recipienti in cui per mezzo di un serpentino, dove circola l'acqua, si raffreddano le salde d'amido provenienti dagli apparecchi Hentze, si aggiunge il malto e si mantiene la temperatura finché si è avuta la completa trasformazione dell'amido in zucchero con fluidificazione del liquido. Appena ultimata la saccarificazione i mosti si raffreddano e si passano nelle tine di fermentazione.

c) Il Calmette verso il 1890 studiando la fermentazione del riso per la preparazione del sake o vino di riso dei Giapponesi, poté isolare una muffa, l'Amylomyces Rouxii, che ha la proprietà di trasformare l'amido in alcool direttamente, sostituendo così la funzione dei due enzimi, diastasi e zimasi. Successivamente s'individuarono altre muffe, o mucedinee, che posseggono la medesima proprietà. Questi funghi esercitano la loro azione solo su sostanze amidacee, e si sviluppano fuori del contatto dell'aria, cioè totalmente immersi nel liquido. La loro azione saccarificante è rapida, mentre la fermentazione è più lenta, di modo che industrialmente non si evita l'aggiunta di lievito.

L'applicazione dei fermenti amidolitici è nota industrialmente sotto il nome di processo amylo, e siccome queste muffe sono molto sensibili alle infezioni si lavora in ambienti nei quali il mosto è stato preventivamente sterilizzato e in recipienti completamente chiusi. Il processo amylo permette quindi di ottenere in un unico apparecchio la saccarificazione e la fermentazione, di cui parleremo in seguito, ed ebbe, in origine, speciale importanza nei paesi caldi, dove avvenendo la fermentazione in tine aperte era difficile evitare le infezioni durante la fermentazione.

La salda d'amido nel processo amylo passa direttamente dall'apparecchio Hentze a quello di fermentazione, che è di ferro, completamente chiuso, e si raffredda a 39°. A questa temperatura viene aggiunta la muffa, allevata precedentemente su riso, e dopo 25-30 ore essa si è così accresciuta nel mosto che la trasformazione dell'amido in zucchero avviene rapidamente. Si aggiunge allora del lievito, mantenendo la temperatura mediante raffreddamento a 38°. Il processo completo di saccarificazione e fermentazione dura quattro giorni. È stato applicato dapprima nelle distillerie di mais e adesso va generalizzandosi nelle distillerie da altri grani ed anche da patate.

Fermentazione. - È noto che il mosto preparato pigiando l'uva, dà luogo dopo qualche ora a un'effervescenza con sviluppo d'anidride carbonica: questo costituisce il fenomeno che prende il nome di fermentazione ed è provocato dalla presenza naturale negli acini dell'uva, e di conseguenza nel mosto, di fermenti o lieviti, che, per effetto dell'enzima da essi prodotta, la zimasi, determinano la trasformazione dello zucchero in alcool e anidride carbonica.

Questo fenomeno deve essere provocato artificialmente nell'industria, infettando i mosti zuccherini all'uopo preparati da materie prime diverse (amidi, fecole, melassi, ecc.) con lieviti espressamente allevati.

I lieviti appartengono alla categoria delle piante inferiori e precisamente al gruppo degli ascomiceti. La loro riproduzione avviene generalmente per gemmazione, raramente per spore, rappresentando questa una forma protettiva, che si manifesta specie quando i lieviti sono costretti a vivere in liquidi poco nutritizî. Si presentano al microscopio sotto forma di cellule ovali più o meno allungate o anche rotonde. La forma e le dimensioni dei lieviti non sono fisse, variano secondo lo sviluppo (da 0,004 a o,0084 mm.) e la famiglia a cui appartengono in base alla specifica proprietà di agire su determinati zuccheri. Preferiscono mezzi nutritizî acidi: gli elementi minerali, pur importanti per la loro nutrizione, sono il potassio, il calcio, il magnesio, il fosforo e lo zolfo: non potendo essi fissare l'azoto atmosferico, bisogna che lo assimilino da composti ammoniacali, da composti ossigenati dell'azoto e anche da sostanze organiche azotate complesse. Gli amino-acidi, i peptoni, l'asparagina e l'acido aspartico sono ottimi elementi. La loro azione sugli zuccheri si esercita mediante i due enzimi, che essi producono: l'invertasi, che scompone il saccarosio in glucosio e levulosio, e specialmente la zimasi, che scompone gli zuccheri fermentescibili in alcool e anidride carbonica.

Le diverse specie dei lieviti provengono tutte originariamente da spore di lieviti che si trovano nei frutti maturi e in modo speciale nell'uva, e vennero per selezionamento divise in razze adattate all'ambiente in cui dovevano agire con caratteristiche diverse. È quindi logico che nelle distillerie si dia una grande importanza alla preparazione del lievito madre, che deve essere immesso nelle tine di fermentazione e che meglio si adatta ai varî sistemi di lavorazione e alle varie materie. Per arrivare a questo le grandi distillerie hanno laboratorî propri di selezionamento dei lieviti o si rivolgono per ottenere la coltura pura ad istituti appositi. La coltura pura si ottiene o col sistema del selezionamento o col sistema naturale. Il primo, introdotto dal Hansen in Danimarca nelle fabbriche di birra e da Delbruck e Lindner in Germania nelle distillerie, si fonda sul principio di isolare un'unica cellula di lievito e di riprodurre con questa una razza pura su mosti sterilizzati. Il secondo invece, pure studiato dal Delbruck, consiste nel formare un ambiente chimico, dove la razza più forte si sviluppa a scapito della più debole, e con diversi trapianti si arriva ad isolare, se non una razza pura nel senso dell'assoluta unità della specie, una razza che abituata all'ambiente dà buone fermentazioni. Queste colture servono poi nell'industria per preparare il lievito madre.

La preparazione del lievito madre avviene in apparecchi diversi, conosciuti sotto il nome di chi li introdusse: noti in modo speciale quelli di Hansen e Kuhle, di Jacquemin, di Fernbach, di Barbet. In sostanza essi, con procedimenti diversi, dànno la possibilità di sterilizzazione assoluta dell'apparecchio e del liquido nutritizio, generalmente mosto d'orzo. Si procede quindi a un'acidificazione naturale mediante aggiunta di batterî lattici, si uccidono i medesimi, elevando la temperatura a 70°-75°; arrivati a una determinata acidità, si raffredda e si introduce nell'apparecchio la coltura pura di lievito, mantenendo il mosto a una temperatura costante durante tutto il processo della fermentazione, sia con un raffreddamento indiretto ad acqua, sia introducendovi aria sterilizzata, che aumenta fortemente la riproduzione del lievito. Con questi apparecchi ogni distilleria produce giornalmente il quantitativo di lievito madre necessario per alimentare le proprie tine di fermentazione.

I mosti, che provengono dagli apparecchi di saccarificazione, entrano in grandi tine di legno, raffreddate con serpentini dove circola l'acqua: vi si aggiunge una quantità di lievito madre determinata in rapporto alla quantità di mosto. La fermentazione procede allora per tre fasi successive: a) fermentazione preliminare: il lievito si sviluppa e cresce a una temperatura favorevole di 17°-21°; b) fermentazione principale: fermenta il maltosio e glucosio, speciaimente fra i 21° e i 30°; c) fermentazione secondaria: fermentano le destrine, poiché mentre il mosto si riscalda la diastasi continua a saccarificare specialmente fra i 25° ed i 27°.

La fermentazione dura in media 36-40 ore e la densità del mosto va gradatamente diminuendo man mano che si forma l'alcool. Questo fatto prende il nome di attenuazione o grado di fermentazione, e viene frequentemente controllato. Arrivati al massimo grado di attenuazione, e con un contenuto in generale dall'8 al 10% di alcool, i mosti fermentati o vini passano all'apparecchio di distillazione.

Negli stabilimenti più moderni si tende ad applicare nella fermentazione apparecchi chiusi, anziché le tine aperte, come abbiamo già accennato per il processo amylo: con questo si ottiene una migliore fermentazione, con probabilità minori d'infezioni, maggiori rese in alcool e possibilità di ricupero dell'anidride carbonica, come sottoprodotto.

Distillazione e rettifica. - È questa l'ultima fase del processo della fabbricazione dell'alcool e consiste nell'asportare completamente l'alcool etilico dalle altre sostanze che lo accompagnano, approfittando della differenza dei punti di ebollizione (alcool etilico a 78°,3, a. 760 mm.). Il processo, semplice in apparenza, non consiste nella sola separazione di due liquidi (alcool ed acqua colla differenza ide punti di ebollizione di 22°), ma nel separare altresì tutte le altre sostanze solubili in acqua e volatili provenienti o dalle materie prime o da reazioni secondarie della fermentazione, come acidi, aldeidi, eteri, alcoli superiori, ecc.

Industrialmente si opera in due tempi. In una prima distillazione si ottiene il cosiddetto alcool greggio o flemme, che con una gradazione dal 50 all'80% di alcool in volume si accompagna ancora con tutte le sostanze volatili sopra citate. In una seconda distillazione o rettifica, partendo dalle flemme, si arriva all'alcool etilico al 90-95%.

Un apparecchio moderno di distillazione è costituito da tre parti essenziali:

a) la caldaia dove si riscalda il liquido alcoolico;

b) la colonna di rettifica;

c) il condensatore o refrigerante.

I vapori provenienti dal liquido alcoolico o vino, che bolle nella caldaia mediante riscaldamento indiretto a vapore, sono obbligati a passare attraverso la colonna, un tubo metallico munito di un dispositivo che si riattacca alla vecchia scoperta del Blumenthal, ed è costituito da tanti piatti, i quali obbligano il vapore, che sale, a gorgogliare attraverso il liquido che ridiscende. I vapori in quest'ascesa vanno sempre più arricchendosi di alcool, mentre si esaurisce il liquido che rimane nella caldaia, e che viene a costituire la vinaccia o borlanda a seconda del materiale di partenza. I vapori di alcool, arrivati all'uscita della colonna, si condensano attraversando un refrigerante provvisto di raffreddamento ad acqua, ed escono generalmente attraverso un dispositivo sotto una campana di vetro, dove un densimetro speciale o alcoolometro indica la concentrazione (v. distillazione).

Con una colonna di 23-30 piatti e un'altezza di 8-10 metri si arriva a separare un alcool greggio al 60-65%, che con una seconda distillazione dà un buon alcool industriale al 95-96%, se si ha l'avvertenza di separare la prima produzione, che distilla fino ad 85°, o prodotto di testa, raccogliere il prodotto che distilla fra 85° e 100°, e separare in seguito il prodotto di coda, che generalmente rimane nei piatti e costituisce l'olio di flemma o fusel oil. Il rapporto quantitativo fra prodotti di testa, centro e coda, varia a seconda della materia prima di partenza e a seconda della finezza del prodotto che si vuol ottenere: così si può avere dell'alcool "buon gusto extra" separando il 20% fra testa e coda, e alcool "buon gusto" separandone solo il 5%.

Attualmente nell'industria s'impiegano apparecchi con altezza fino a 20 metri e a rettificazione continua, cioè che producono contemporaneamente la distillazione e la rettifica, mediante speciali colonne e condensatori o deflemmatori, che eliminano i prodotti di testa e di coda contenuti in soluzione nell'alcool stesso, prodotti che subiscono poi una distillazione a parte per il ricupero dell'alcool. Si arriva così ad ottenere un alcool a 90°-95° con una semplice operazione. Con la distillazione e rettifica non si può superare questo grado alcoolico, poiché 95,57 di alcool e 4,43% di acqua formano una miscela con punto d'ebollizione costante a 78°,15.

Misuratori d'alcool - Alcoolometria. - In quasi tutte le nazioni la fabbricazione dell'alcool è soggetta a tassa di fabbricazione, per cui gli apparecchi di distillazione sono collegati direttamente con un misuratore meccanico o contatore, che indica automaticamente la quantità d'alcool puro al 100%.

L'alcool si vende a volume e non a peso: un litro d'alcool anidro o assoluto pesa kg. 0,7937; quindi un kg. di alcool misura l. 1,2694. Siccome però in commercio non si vende alcool assoluto, ma con una determinata percentuale d'acqua, si dà il titolo dell'alcool in litri grado, cioè un alcool a 90° contiene il 90% d'alcool ed il 10% d'acqua in volume.

Per determinare questo grado alcoolico nella pratica si usano speciali densimetri od alcoolometri, che variano secondo le nazioni e generalmente sono fissati dalla legge. Gli alcoolometri determinano la percentuale in volume o in peso di alcool assoluto a una determinata temperatura.

In Italia, Svizzera, Germania si usa l'alcoolometro di Tralles a 15°,56 C.; il medesimo alcoolometro viene usato dall'Austria e dalla Svezia, ma alla temperatura di 15°. In Francia, Belgio, Norvegia, Portogallo si usa l'alcoolometro del Gay-Lussac a 15°, in Olanda quello di Bamuchener (15°), in Spagna quello di Cartier (12°,5), in Danimarca quello di Spendau (11°,2), in Romenia e Jugoslavia quello di Baumé e Wagner. Date le difficoltà di fare la misurazione sempre alla temperatura stabilita dall'alcoolometro, esistono in ogni stato speciali tabelle che conguagliano la percentuale di alcool per la differenza fra la temperatura riscontrata all'atto dell'esame e quella stabilita per l'alcoolometro.

In Inghilterra si segue per la deteminazione del grado alcoolico un criterio diverso dal precedente: si riferisce cioè la ricchezza in alcool non in base alla percentuale in alcool assoluto, ma in rapporto alla quantità rispetto a un determinato spirito preso come termine di confronto o tipo (proof spirit). Come spirito tipo s'intende quello che ha un peso specifico di 0,93808 alla temperatura di 51° Fahrenheit (10°,55 C.) rispetto all'acqua distillata alla stessa temperatura, oppure di 0,91984 alla temperatura di 60° Fahr. (15°,56 C.): corrisponde a una ricchezza alcoolica di 57°,17 Tralles. Se un alcool possiede un grado alcoolico superiore a quello dello spirito tipo, allora si ha la così detta sopra prova (over proof), in caso contrario si ha la sotto prova (under proof): uno spirito che segna 40 over proof significa che con 100 l. di esso si possono ottenere per diluizione con acqua 140 litri dello spirito tipo: invece uno spirito che segna 25 under proof indica che 100 litri contengono 75 litri dello spirito tipo.

Negli Stati Uniti si segue un sistema simile all'inglese, usando l'idrometro di Gendar o Tagliabue, che è un alcoolvolumometro graduato alla temperatura di 60° Fahr. (15°,56 C.), e segna 0 nell'acqua, 100 nell'alcool preso come tipo, corrispondente a 50° Gay-Lussac, e 200 nell'alcool assoluto. Il grado 100 indica proof spirit, da 0 a 100 si hanno i gradi under proof, da 100 a 200 i gradi over proof (v. alcoolometria).

Rese da diversi materiali. - La scissione teorica semplice in anidride carbonica e alcool assoluto dai carboidrati, dovrebbe dare le seguenti quantità di alcool

Tali rese non si ottengono praticamente neppure in laboratorio poiché la fermentazione produce oltre all'alcool altri prodotti. Coi fermenti selezionati e con impianti sempre più perfetti si sono bensì elevate le rese da quelle che erano un tempo, ma siamo ben lontani dalle rese teoriche.

Le rese medie, calcolate in litri anidri di alcool, dalle singole materie prime, si possono ritenere industrialmente tali quali risultano dalla seguente tabella:

Dalla materia prima all'alcool nell'industria. - Abbiamo accennato alle singole operazioni per ottenere l'alcool, specialmente partendo dalle materie amidacee; descriveremo ora brevemente il procedimento da tutte le materie prime che finora hanno avuto sfruttamento industriale o si presume possano averlo per l'avvenire.

Da materiali zuccherini. - a) Frutti diversi. - Prescindendo dall'alcool ottenuto dall'uva o dalle vinacce, che si risolve nella preparazione del vino e nella sua distillazione, la fabbricazione industriale dalla frutta è generalmente solo occasionale, dipendendo dal trovarsi sul mercato grandi quantitativi di prodotti inesitabili, generalmente avariati e che non possono essere usati per l'alimentazione del bestiame. In Italia ad es. sono stati applicati industrialmente i fichi secchi e le carrube. La lavorazione si riduce alla macerazione del materiale in acqua o all'estrazione del mosto zuccherino mediante diffusori del tipo in uso nell'industria dello zucchero, e nel curare la fermentazione, che generalmente avviene spontanea, in modo che non si producano infezioni tali da diminuire le rese in alcool. Si procede poi alla distillazione del mosto fermentato nelle usuali colonne di rettifica.

b) Barbabietole. - La fabbricazione dell'alcool partendo dalla barbabietola da zucchero è industria sorta essenzialmente in Francia, ma generalmente si preferisce ottenere dalla barbabietola lo zucchero, e rilavorare solo il sottoprodotto, il melasso. La lavorazione della barbabietola è analoga a quella della preparazione dei succhi nelle fabbriche di zucchero, e cioè consiste nel lavaggio della bietola stessa, nel tagliuzzamento in fettucce e nell'esaurimento delle medesime mediante acqua nelle batterie di diffusione o estrattori. Ottenuto così il sugo zuccherino, che comunemente ha 8-10° Balling (il grado Balling dà il tenore di zucchero su 100 parti in peso di liquido, e viene determinato industrialmente mediante un convenzionale apparecchio o saccarometro, studiato dal Balling, il quale stabilì con soluzioni di zucchero greggio i diversi gradi in base alle concentrazioni alla temperatura di 17°,5), la lavorazione procede come per il melasso.

c) Melasso. - Il melasso è uno sciroppo denso, bruno, che si ottiene come prodotto secondario nelle fabbriche di zucchero. Contiene dal 47 al 50% di saccarosio, unito a moltissimi sali organici e inorganici. Per poter fermentare, il melasso deve prima essere diluito con acqua a circa il 16% di zucchero, e acidificato leggermente con acido solforico. Il lievito madre viene preparato a parte in un mosto di orzo tallito, e successivamente in soluzioni di melasso con acidità sempre più elevate e maggiori percentuali di sali. La difficoltà di ottenere, in passato, una buona fermentazione era dovuta alla forte percentuale di sali contenuta nel melasso stesso: con una selezione delle razze di lieviti e, sostituendo a quelli di birra colture pure ottenute da lieviti di vino, si ottengono oggi fermentazioni ottime e rapide. Il melasso diluito e acidificato posto nelle tine di fermentazione per aggiunte di lievito fermenta rapidamente e al massimo la fermentazione è completa in due giorni, ottenendosi un vino coll'8-10% di alcool in volume, liquido che passa alla colonna di rettifica.

Il melasso da zucchero di canna fermenta più rapidamente di quello da bietola, e per la sua fermentazione occorre avere fermenti abituati a climi caldi.

Da materiali amidacei (cereali, patate). - La materia prima macinata o sfarinata si cuoce negli apparecchi Hentze con acqua (150-180 litri per 100 kg. di materiale amidaceo). Alla salda d'amido raffreddata alla temperatura di 50° si aggiunge il malto per la saccarificazione; ogni nazione usa il malto che più le conviene, ma in generale i più applicati sono i malti d'orzo, mais e segale. La quantità di malto in rapporto alla quantità d'amido varia a seconda della potenza diastasica del malto stesso, in generale dall'8 al 15%. La saccarificazione dura circa un'ora alla temperatura di 60°; poi si eleva a 75° allo scopo di paralizzare i fermenti nocivi sempre presenti. Indi si fa discendere la temperatura a 50° e si determina l'acidificazione del mosto provocandovi la fermentazione lattica per aggiunta di speciali colture di batterî, oppure acidificando con acidi minerali, specialmente acido fluoridrico (processo Effront); la massa, raffreddata a 20° con separazione dei residui insolubili dal succo zuccherino, passa alle tine di fermentazione. La concentrazione del mosto ha generalmente 19-21° Balling; la fermentazione dura in media 2 giorni, e quando è ultimata i vini segnano 3-4° Balling e passano alla colonna di rettifica.

Per i materiali amidacei si sviluppa sempre più il processo amylo, che abbiamo già precedentemente descritto.

Da materiali cellulosici. - a) Legno. - I due processi sinora studiati si fondano sull'idrolizzazione della cellulosa mediante acido solforoso o acido solforico alla temperatura di 140-150° per circa un'ora. Si estrae dal legno idrolizzato il sugo zuccherino usando una batteria di diffusori, si neutralizza la maggior parte dell'acidità con calce, si filtra e si porta nelle tine di fermentazione, aggiungendovi il lievito nel modo usuale. Con questi trattamenti si otterrebbero da 100 kg. di segatura di legno secco circa 17-20 kg. di zucchero e 7-9 litri di alcool al 100%.

b) Torba. - Il processo è sempre fondato sull'idrolisi della cellulosa con acido solforico a pressione, sulla neutralizzazione e fermentazione. Da 100 kg. di torba secca si sarebbero ottenuti 6 litri di alcool.

La preparazione dell'alcool dal legno e dalla torba non ha avuto sinora effettive applicazioni industriali.

c) Dalle acque solfitiche. - Questo processo trovò essenzialmente la sua fonte nel problema di smaltire le acque solfitiche di rifiuto delle cartiere, che costituivano un pericolo notevole per l'inquinamento dei fiumi, nei quali le acque stesse si scaricavano, ed ha avuto quindi sinora un discreto sviluppo in Svezia, dove per l'abbondanza del legno ha assunto grande importanza l'industria della carta e della pasta di cellulosa. Da 2400 kg. di legno secco si ottengono circa 10.000 litri di acque solfitiche e 180 kg. di cellulosa solfitica. Le acque solfitiche hanno un peso specifico di 1,05 e contengono 100-115 gr. di sostanza organica, di cui il 2,5% di zuccheri e 12-15 gr. di sostanze minerali. Dalle acque solfitiche che si ricavano dalla preparazione di 1000 kg. di cellulosa solfitica si possono ottenere 60 l. di alcool. L'alcool è molto impuro e non può essere usato per bibita.

Alcool sintetico. - Per quanto il costo elevato in rapporto all'alcool di fermentazione non ne permetta attualmente la fabbricazione, né se ne preveda la possibilità a breve scadenza, accenneremo alla preparazione dell'alcool per sintesi, poiché essa è stata sperimentata industrialmente e ha tuttora applicazione sotto una forma analoga per la preparazione dell'acido acetico.

Il metodo applicato durante la guerra mondiale, parte dall'acetilene prodotto dal carburo di calcio, facendolo gorgogliare in acqua acidulata in presenza di un catalizzatore (sali di mercurio) e trasformandolo in aldeide acetica. Si riduce in seguito l'aldeide col metodo di Sabatier facendo passare una miscela d'aldeide e idrogeno a 140° su nichel ridotto. Dall'apparecchio di catalisi esce un gas composto d'idrogeno, vapori d'alcool e aldeide acetica passando attraverso un refrigerante si separa il primo, che ritorna in ciclo, e si condensano gli ultimi due, che si separano successivamente per distillazione. Da kg. 1,62 di carburo si ottiene un kg. d'alcool.

Classificazione degli alcool. - Gli alcool si dividono in alcool naturali e industriali. Vengono chiamati alcool naturali quelli che, generalmente sotto il nome di acquavite, si consumano per bibita, come si ottengono dalla distillazione. Il loro titolo alcoolico va da 50° a 70°, ed hanno un boccato speciale scernibile da un palato abituato, a seconda del frutto o prodotto da cui derivano. Si hanno così le acquaviti da vini di frutti, il cui gusto può variare secondo la qualità del frutto di partenza, il terreno in cui il medesimo venne coltivato o il processo di distillazione. Specialmente noti sono i cognac francesi provenienti dai vini Champagne della Charente e gli armagnacs dai vini dei dipartimenti francesi di Gers e delle Landes, i calvados dai sidri o vini di mele, il Quetsch ottenuto per fermentazione delle susine, il Kirsch e il maraschino dalla ciliegia della Selva Nera o di Zara. Inoltre le acquaviti da graspi d'uva, il cui gusto particolare è dato dagli olî contenuti nei semi (acquaviti comuni); l'idromele, ottenuto per fermentazione di uno sciroppo di mele; i rum, dai melassi di canna da zucchero della Giamaica, ed alcuni alcool provenienti da sostanze amidacee, come lo squidam (Olanda), il Goldwasser (Danzica), il sake (Oriente), la vodka (Russia), il whisky (Inghilterra), lo Schnaps (Germania). In Italia si classificano sotto la parola acquavite i liquidi alcoolici derivanti dalla distillazione diretta dei vini d'uva, dalle vinacce e fecce, e le miscele di questi con alcool di cereali e patate. Le acquaviti provenienti dalla distillazione dei vini vengono vendute naturali o con semplici aggiunte di erbe aromatiche, oppure s'invecchiano in botti di legno, generalmente di quercia: in quest'ultimo caso assumono una leggiera colorazione giallognola per soluzione di una piccola percentuale di sostanze tanniche derivanti dal legno stesso, e passano in commercio sotto il nome di cognac, come in Francia. Le acquaviti ottenute invece da vinacce e fecce si distinguono sui nostri mercati, a seconda della provenienza, in acquavite piemontese, padovana, friulana, emiliana, pugliese, ecc.

Gli alcool industriali vengono classificati assegnando denominazioni diverse a seconda della concentrazione e del loro grado di purezza: si hanno così le flemme che contengono dal 50 al 60% di alcool e costituiscono il prodotto ottenuto per semplice distillazione in apparecchi con piccole colonne, quindi assai impuro. Col termine di spirito greggio si indica il prodotto ottenuto da una prima distillazione con colonna e con gradazione dall'80 all'85% di alcool; generalmente si aggiunge al termine anche l'indicazione della materia prima di partenza: si ha così ad es. lo spirito greggio di patate, di melasso, ecc. Col termine spirito rettificato s'indica il prodotto sottoposto a distillazione e conseguente rettifica, che un tempo veniva a sua volta suddiviso in: spirito rettificato di seconda, quello col 90-92% d'alcool in volume; spirito rettificato di prima, col 94-96%; spirito rettificato fino, col 95-97%, l'alcool più puro contenente ancora una percentuale d'acqua. Oggi non esiste che quest'ultima qualità. Gli alcool volgarmente si distinguevano pure con altre denominazioni e si aveva così lo spirito "buon gusto" quando era limpido, senza sapori speciali, "cattivo gusto" se aveva odore empireumatico di prodotti di coda e di testa, e inoltre, a seconda del grado, spirito semplice, doppio, triplo, quadruplo.

Alcool assoluto od anidro. - L'alcool esente da acqua si preparava una volta in piccole quantità per scopi esclusivamente scientifici, ora si può preparare su scala industriale a prezzo modico, trovando impiego in miscela con altri idrocarburi come carburante per motori a scoppio. Abbandonati i vecchi sistemi di distillare su calce, su solfato di rame anidro, ecc., oggi si arriva all'alcool anidro distillando nella colonna di rettifica alcool a 95° con sostanze che siano capaci di dare miscele azeotropiche, le quali cioè hanno un punto d'ebollizione inferiore a quello dell'alcool. Una di queste miscele è data per es. dal 18,5% d'alcool, 74% di benzolo e 7,4% d'acqua: si separa prima per distillazione una miscela ternaria a 64°,85 costituita da acqua, alcool e benzolo, poi una binaria a 68°,25 di alcool e benzolo e infine alcool puro a 78°,3 ottenendosi così alcool al 99,8%. Oltre al benzolo vennero studiate altre sostanze per raggiungere il medesimo scopo, ma non col medesimo risultato industriale.

Alcool denaturato. - Essendo l'alcool in tutti gli stati gravato da tasse fiscali, deve venir denaturato quando debba essere usato non per bevanda, ma per scopi industriali ed essere esente da questa tassa. La denaturazione è fatta con sostanze capaci d'impartire all'alcool un sapore e un odore particolarmente sgradevoli, e tali da rendere difficile la loro eliminazione con mezzi tecnici ordinarî. Vi è generalmente per ogni nazione un denaturante generale, costituito da prodotti che derivano dalla distillazione del legno, da catrame di carbon fossile o da scisti bituminosi, principalmente alcool metilico, piridina o idrocarburi, e un colorante d'anilina. Vi sono poi denaturanti speciali per alcuni prodotti in cui non si può usare il denaturante generale: vernici, pellicole fotografiche, seta artificiale, reticelle per incandescenza a gas, etere solforico, collodio, ecc.

Sottoprodotti dell'industria dell'alcool. - Numerosi sono i sottoprodotti che derivano dall'industria dell'alcool e si possono suddividere in due classi distinte. Nella prima sono compresi i sottoprodotti generali, cioè quelli che si possono ricavare in quantità maggiori o minori in ogni distilleria, prescindendo dalla materia prima di partenza; nella seconda quelli legati a quest'ultima.

Nella prima classe abbiamo l'anidride carbonica e gli olî di flemma o fusel oils.

L'anidride carbonica non è ricuperata da tutte le distillerie anzi si può asserire che solo alcuni anni fa andava totalmente perduta, dato che la fermentazione si effettuava in tine aperte. Ora invece, come abbiamo visto, sia col processo amylo sia con gli altri, si ha la tendenza a ottenere la fermentazione in tine chiuse, le quali portano apposite tubazioni di scarico del gas, che ne permettono il ricupero. L'anidride carbonica, quale si svolge dalle tine, è però impura per la presenza di eteri, aldeidi, alcoli superiori, che le impartiscono un odore sgradevole, ed è perciò necessario farle subire una purificazione, dopo la quale si comprime nelle comuni bombole d'acciaio. Si può ricuperare l'80% dell'anidride carbonica prodotta dalla fermentazione.

Gli olî di flemma costituiscono la cosiddetta coda di distillazione, sono cioè i prodotti più pesanti, che si separano nella rettificazione dell'alcool greggio, e sono costituiti dall'insieme di diverse sostanze e cioè acqua, alcool etilico e alcoli superiori, principalmente butilico e i tre isomeri dell'amilico. Il colore è giallognolo, l'odore sgradevole; i diversi costituenti si separano per distillazione frazionata e trovano svariate applicazioni, specialmente per la preparazione degli eteri composti usati nella fabbricazione dell'essenza di frutta e come solventi. A seconda della materia prima e del modo di condurre la fermentazione, varia la quantità e la qualità di questi olî di flemma: le patate sono tra le materie prime che ne dànno il maggior quantitativo.

Alla seconda classe appartengono i sottoprodotti che sono inerenti alla materia prima di partenza. Così dalle vinacce, dopo ricavato l'alcool, si può ottenere l'acido tartarico sotto forma di tartrato di calcio, le graspe, le bucce e i vinaccioli. Le graspe e le bucce s'impiegano come mangime, come combustibile o come fertilizzante, mentre dai vinaccioli si estrae un olio, che trova impiego per la fabbricazione di vernici, di lubrificanti, nell'industria dei saponi, o viene rilavorato dalle raffinerie d'olî per farne olio commestibile.

Il liquido che rimane dalla distillazione dell'alcool da melasso di barbabietola ha una grande importanza, trovando largo impiego come fertilizzante per i sali di potassio in esso contenuti. Questo liquido ha circa il 10% di sostanze solide, costituite da sali inorganici ed organici. La lavorazione per ottenere un prodotto solido, il così detto salino potassico, consiste nel concentrare il liquido mediante concentratori a multiplo effetto e nel bruciare successivamente il concentrato in apposito forno, eliminando così tutta la sostanza organica, mentre rimane il salino, costituito prevalentemente da carbonati, cloruri e solfati di potassio e sodio, fosfati, sabbia, carbone ed altri prodotti secondarî, che, tal quale o rilavorato, si usa come concime.

I residui, che rimangono invece dalla distillazione dell'alcool ottenuto dalle patate o dai cereali, prendono il nome generale di borlande. Sono liquidi di aspetto denso, che contengono pure il 7-9% di materie solide. La composizione di queste borlande varia non solo in rapporto alla materia prima dalla quale provengono, ma anche al metodo di fermentazione seguito, alla quantità maggiore o minore di malto aggiunto e così via: contengono una notevole quantità di sostanze azotate, sotto forma di albuminoidi se provenienti da cereali, in combinazione ammidica se dalle patate. Queste borlande vengono usate essenzialmente per il nutrimento di animali lattiferi o destinati al macello, e si preferisce somministrarle liquide e calde. Siccome però questo è possibile solo se la distilleria si trova in una plaga agricola, che ne assorba facilmente la produzione giornaliera, spesso si procede all'essiccamento di tali borlande e alla formazione di panelli pure destinati all'alimentazione del bestiame.

Applicazioni. - L'alcool è un prodotto usato su larga scala, avendo esso moltissime applicazioni. Gli usi principali si possono così riassumere: sotto forma di alcool puro nella preparazione dei liquori o bibite alcooliche; nelle preparazioni farmaceutiche come sciroppi, elisir, alcoolati, linimenti, balsami; in profumeria aggiunto a essenze, tinture, ecc. Sotto forma di alcool denaturato nell'industria chimica, e specialmente per la fabbricazione dell'aceto, dell'etere solforico, delle materie coloranti, degli esplosivi, della seta artificiale, delle vernici, ecc. Viene poi usato per riscaldamento, per illuminazione ed attualmente come carburante per motori a scoppio. Per quest'ultima applicazione non si usa da solo, ma generalmente misto ad altri idrocarburi, e, come abbiamo visto, sotto forma di alcool assoluto o anidro.

Consumo e produzione. - Il consumo medio anuo dello spirito, in litri di alcool anidro per abitante, era valutato anteguerra nei principali paesi, come segue: Austria-Ungheria 5,1; Belgio 3,7; Danimarca 7,0; Francia 2,2; Germania 4,1; Inghilterra 2,3; Italia 0,6; Norvegia 1,6; Olanda 3,9; Russia 2,5; Stati Uniti 2,7; Svezia 3,9.

La produzione mondiale si calcolava anteguerra in cifra approssimativa in 25.000.000 di ettanidri di alcool annui, e la produzione media di ogni singolo paese era così valutata:

Per l'Italia trascriviamo alcuni dati di produzione ricavati da quelli comunicati dal Ministero delle finanze, divisi per esercizio e materie prime di partenza.

La produzione di alcool denaturato a scopo d'illuminazione, riscaldamento, forza motrice e altri usi industriali è stata nei seguenti stati e per l'anno segnato tra parentesi:

In Italia la produzione di denaturato è stata valutata nei seguenti esercizî:

Tasse di fabbricazione e vendita. - Abbiamo già accennato che l'alcool puro è soggetto in ogni stato a una tassa di fabbricazione e in alcuni stati è oggetto di monopolio. Riportiamo in lire italiane le tasse di fabbricazione applicate in alcuni stati anteguerra:

Riportiamo per l'Italia le tasse di fabbricazione applicate dall'origine ad oggi:

Bibl.: J. A. Nettletin, The manufacture of spirits, Londra 1893; C. Ciapetti, L'alcool industriale, Milano 1903; Märcker Delbrück, Handbuch der Spiritusfabrikation, Berlino 1907; id., Anleitung zum Brennereibetrieb, Berlino 1909; L. Jacquet, L'alcool, Parigi 1912; A. Wagner, Die Spiritusfabrikation und ihre Nebenprodukte, Brunswick 1925; I. Ceruti, L'alcool, Milano 1927; J. Fritsch e A. Vasseux, Fabrication de l'alcool, Parigi 1927. Periodici: Jahrbuch des Verein der Spiritusfabrikanten, Berlino 1901-1927; Zeitschrift für Spiritusindustrie, Berlino; Die Spiritusindustrie, Budapest; Zeitung f. Spiritus und Starkeindustrie, Monaco; Alcohol, Berlino; Annales de la Brasserie et de la Distillerie, Parigi.

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