ALESSANDRO di Fere

Enciclopedia Italiana (1929)

ALESSANDRO di Fere

Vincenzo Costanzi

Figlio di Polidoro e nipote di Giasone di Fere, che fu assassinato nell'anno 370 a. C. Dopo l'uccisione di Giasone, gli succedettero nella tirannide i due fratelli Polidoro e Polifrone; ma Polidoro fu quasi immediatamente assassinato dal fratello Polifrone, e questi, dopo un anno (369), dal figlio di Polidoro, Alessandro. Questi riprese la politica imperialistica di Giasone, senza averne però il prestigio e la larghezza dei disegni. Gli Alevadi di Larissa impensieriti chiamarono in loro aiuto Alessandro II re di Macedonia, il quale riprese i disegni di Archelao, di estendere il suo impero in Tessaglia, e pose dei presidî macedonici a Larissa e a Crannone. Ma avendo Alessandro dovuto allontanarsi, perché Tolomeo di Aloro, drudo della madre Euridice, tentava di usurpare il regno, A. riprese la sua opera d'invasione. Allora dai Beoti fu mandato nuovamente Pelopida per rimettere ordine: nelle cose di Tessaglia e di Macedonia. In Macedonia l'azione di Pelopida non fu infruttuosa. Ma in Tessaglia, venuto a parlamento con A. insieme con Ismenia, venne fatto prigioniero. A. strinse allora alleanza con Atene (368). Un esercito tebano, mandato a liberare Pelopida, si trovò a mal partito; in ogni modo l'anno seguente Pelopida fu liberato da Epaminonda. A. proseguì la sua opera conquistatrice, sottomettendo la Magnesia e la Ftiotide, e in questa occasione procedette con efferatezza cieca, secondo le fonti che forse sono inclini a esagerare. Nel 364 fu mandato di nuovo Pelopida in Tessaglia in aiuto degli Alevadi e delle città che volevano conservare la loro indipendenza, ma Pelopida cadde a Cinoscefale, località in cui doveva svolgersi poco meno di due secoli dopo un. altra ben più celebre e più decisiva battaglia. Peraltro l'anno seguente un'altra spedizione militare dei Tebani obbligò A. a evacuare le città ftiotiche e magnetiche.

Egli cominciò a esercitare la pirateria, danneggiando il commercio d'Atene. Siccome non cessava dalle incursioni in Tessaglia (Tebe, dopo la battaglia di Mantinea, pur essendo riuscita vittoriosa, era rimasta spossata, e in Tessaglia poco v'era da sperare del suo intervento), i dinasti riuniti sotto la sovranità d'un arconte strinsero alleanza con gli Ateniesi (361-60). Tuttavia riuscì ancora ad A. d'infliggere una sconfitta alla flotta ateniese a Pepareto, una piccola isola settentrionale dell'Egeo. A. fu ucciso (358) da Tisifono e Licofrone, fratelli della moglie Tebe, i quali però seguirono le tracce di Alessandro.

Nell'antichità vi era concordia nel giudicare A. assai crudele, tanto che la sua figura diventa quella tipica del tiranno sanguinario. Forse questa rappresentazione si è perpetuata nel Medioevo; e se anche Dante, nell'Inferno (XII, 107), quando mette Alessandro insieme con Dionisio fero, si riferisce ad Alessandro il grande, con tutta probabilità presenta un'immagine di costui contaminata con quella di A. di Fere. Però, considerando che la tradizione tende sempre a stilizzare in un senso o in un altro certe figure, potremmo anche supporre che la fama di crudeltà cieca sia alquanto esagerata; dato il fine della conquista e conoscendo la tenacia delle opposizioni, bisogna vedere se Alessandro poteva agire diversamente. Egli non spinse lo sguardo, come Giasone, fino a rendersi assertore d'una politica panellenica, e forse quest'aspirazione non ebbe mai, ma è pur vero che questa bandiera non si poteva inalberare, se non dopo essersi creata una base d'operazione in un ampio stato territoriale.

Fonti: Senofonte, Elleniche, VI, 4, 33 seg.: Diodoro, XV, 71, 80; XVI, 14, 1: Plutarco, Pelop., 21, 26, 34; Pausania, IX, 15, z; Polieno. VI, 2; Eliano, Var. Hist., XIV, 40; Valerio Massimo, IX, 13 (ext.).

Bibl.: Schaefer, Demosthenes, 2ª ed., I, Lipsia 1885, p. 79 seg. e passim; E. Meyer, Geschichte des Altertums, V, p. 398 segg. e passim; Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., III, i, p. 182 e passim; ii, pp. 81-83, 244.

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