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FARNESE, Alessandro

di Carlo Capasso - Enciclopedia Italiana (1932)
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FARNESE, Alessandro

Carlo Capasso

Figlio di Ottavio e di Margherita d'Austria, figlia di Carlo V, nato a Roma il 27 agosto 1545. Nel nome riviveva il bisnonno Alessandro Farnese, divenuto papa Paolo III. La sorte non gli riserbò grande compito come reggitore dei suoi stati, ma fece di lui uno dei maggiori condottieri e delle più accorte menti politiche del suo tempo, a servizio della monarchia spagnola. Poiché, mentre suo padre Ottavio, primo duca di Parma, Piacenza e Guastalla, nella più che decennale lotta per ricuperare intero il suo ducato, toltogli in parte da Carlo V, si era appoggiato prevalentemente alla Francia, A., come del resto aveva già cominciato a far suo padre negli ultimi anni, passò alla Spagna; e dopo di lui, la stessa politica seguirono abbastanza durevolmente i successori. Contribuì a questo mutamento di rotta, per quel che riguarda A., tanto l'influenza della madre e degli ambienti spagnoli (compresa Madrid) in cui quella, quasi sempre lontana dal marito, visse; quanto il predominio acquistato ormai, in Italia e in Europa, dalla Spagna, dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559). Prime manifestazioni esteriori di questa sua tendenza furono da parte di A., l'avere stabilito a Madrid la sua residenza e poi di aver sposato nel 1565, a Bruxelles, città di dominio spagnolo, Maria principessa di Portogallo.

Iniziò presto la sua carriera militare. Fu presente onorevolmente a Lepanto, nel 1571, sotto gli ordini di don Giovanni d'Austria amico e coetaneo, che assai ne apprezzava le virili qualità. Passò nel 1577 a Bruxelles, dove don Giovanni governava le Fiandre, e mise lì in bella luce la sua energia, il suo colpo d'occhio sicuro, il suo spirito d'iniziativa e di organizzazione. Il governatore, di fronte alla rinnovata energia rivoluzionaria dei Fiamminghi, si sentiva ormai impari all'arduo compito. Il principe d'Orange lo minacciava nelle sue stesse basi. Ed ecco allora il F. rianimare il campo spagnolo e portare in poco tempo un decisivo mutamento nelle rispettive posizioni. La sua vittoria di Gembloux, nel 1578, non solo lo fece grandemente emergere come condottiero e creò la fama attorno al suo nome, ma portò alla Spagna grande giovamento politico. I Fiamminghi e protestanti furono arrestati nella loro avanzata e costretti a retrocedere, Bruxelles e il territorio cattolico poterono considerarsi definitivamente liberati. Pochi mesi dopo, don Giovanni moriva, e parve naturale che la successione fosse affidata allo stesso Farnese.

In questo nuovo compito, il politico non si dimostrò in nulla inferiore al generale. L'arte diplomatica del nuovo governatore fu senza dubbio mirabile; e Guglielmo il Taciturno, abilissimo egli pure, ebbe nel Farnese un degno rivale. Giuoco emozionante e veramente grandioso, nel quale A., come del resto anche i suoi predecessori, e in genere tutti gli uomini di governo e di guerra di quell'epoca, non guardava eccessivamente al sottile per quel che si riferiva ai mezzi da impiegare. Il risultato fu che la Spagna poté esasperare i dissensi, che minavano il blocco degli avversarî e trasformarli addirittura in profonda discordia. Egli diede speranze, vigore, consistenza al partito detto dei "malcontenti", ossia a tutti quei nobili che si erano uniti ai protestanti non già per ragioni di difesa religiosa, ma invece per garantire la libertà e l'indipendenza dei privilegi e dei diritti tradizionali, minacciati dal regime assolutistico accentratore e livellatore della Spagna; a quei nobili che erano, dunque, cattolici e a cui ormai pesava non poco l'intransigenza dei protestanti e l'irriguardoso loro procedere in materia religiosa. Avvenne dunque che ad Arras, nel gennaio del 1579, le provincie cattoliche si staccarono dalla lega che avevano stretta con i protestanti e, sotto il comando del Farnese, aderirono nuovamente al re.

Di contro, i protestanti procedettero ad una specie di serrata, proclamando a loro volta l'Unione di Utrecht, ossia l'unione delle sette provincie settentrionali protestanti, il loro distacco dalla Spagna e la loro indipendenza. Da quel momento, il blocco dei Paesi Bassi si divise definitivamente in due: l'uno, il maggiore, quello dei protestanti, costituì il nucleo di quella che in futuro doveva divenire l'Olanda; l'altro, il minore, il cattolico, francese o vallone, tornò alla Spagna e fu il nucleo del futuro Belgio. Senza il Farnese, si sarebbe perduto, con molta probabilità, non una parte, sia pure la maggiore, ma tutto.

Del resto, intenzione del Farnese non era di accettare per sempre questa condizione di cose. Essa doveva essere, per lui, un riassetto temporaneo. Si propose infatti di riconquistare il territorio perduto ed egli stesso iniziò subito tale impresa e la condusse vigorosamente innanzi per molti anni, affrontando con capacità tecnica e strategica veramente non comune le maggiori difficoltà, ricuperando terre naturalmente e militarmente forti. In tal modo le città Maastricht, Tournai (1581), Breda, Bruges, Gand e in ultimo anche Anversa, difesa da Filippo de Marnix di S. Aldegonda e dall'ingegnere italiano Giambelli, vennero in suo potere. La caduta di Anversa, che avvenne nel 1585, e destò profonda impressione in tutta quanta Europa facendo esaltare il Farnese come grandissimo capitano, segnò la fine della resistenza protestante nella zona occidentale e in quella meridionale, che così tornarono definitivamente sotto il dominio di Filippo II.

L'Olanda vera e propria fu, per il momento, lasciata in pace. Altri disegni volgeva il re di Spagna: assalire l'Inghilterra. Allestì per questo la celebre armata; preparò nel nord delle Fiandre, di contro alle coste orientali inglesi, un poderoso esercito da sbarco, a guida del quale nessun uomo parve al re più adatto del Farnese. Perciò gli negò più volte l'autorizzazione di marciare verso l'Olanda, a compimento di un suo piano di riconquista anche delle terre orientali. Il Farnese dovette invece dedicarsi alla preparazione dell'esercito di sbarco. Ma l'opera era appena iniziata, che fu resa inutile dal disastro dell'armata; mentre lo scoraggiamento e la prostrazione in cui cadde il re impedirono che si potesse da lui ottenere la ripresa del piano di riconquista delle Provincie Unite. Andò perduto così un momento assai favorevole all'azione, sagacemente compreso da A.: il momento, cioè, in cui il nemico, travagliato e indebolito da interne rivalità e discordie, dopo la morte del suo grande capo, Guglielmo d'Orange, si trovava in condizioni di resistenza tutt'altro che liete, dal 1586 in poi. Qualche anno dopo, anche se A. avesse potuto disporre di mezzi maggiori, era già troppo tardi: le Provincie Unite avevano ritrovato il loro nuovo capo nel giovane Maurizio di Nassau; avevano soprattutto ritrovato la concordia e la disciplina.

Gli anni che seguirono furono i più difficili per il F. Ma i suoi talenti militari forse mai come allora brillarono, anche se non ebbero compenso in imprese di larga rinomanza e in grandi successi. Inviato in Francia a difesa della Lega cattolica e contro Enrico di Navarra, lasciato senza mezzi finanziarî dal suo re quasi in fallimento; il Farnese moltiplica le sue energie, provvede a tutto, affronta anche la ribellione dei suoi stessi soldati reclamanti la paga. Avutone l'ordine, marcia su Parigi e la libera dall'assedio di Enrico di Navarra (1590). Ritorna poi nelle Fiandre; ma, sollecitato una seconda volta, pur essendo alle prese con Maurizio di Nassau, corre a liberare Rouen (1591). Ferito a Cau de Bec, A. deve abbandonare l'esercito. È stremato dalle fatiche e dalla febbrile attività. E il 3 dicembre del 1592 muore nell'abbazia di S. Waast, dove i suoi lo avevano portato. A Bruxelles gli vengono fatti funerali veramente splendidi. Le sue ceneri riposano a Parma, nella tomba di famiglia.

Dal 1586, Alessandro Farnese era diventato anche duca di Parma e Piacenza, per successione al padre, morto nel 1580. Egli avrebbe volontieri assunto il governo del suo piccolo stato e ne fece anzi domanda al re. Ma questo desiderio non fu esaudito: l'assenso gli fu negato.

Fonti: La corrispondenza del Farnese è stata edita finora soltanto parzialmente da L. P. Gachard, Correspondance d'Alexandre Farnèse, Prince de Parme, gouverneur général des Pays-Bas, avec Philippe II dans les années 1578, 1579, 1580 et 1581, in Comptes rendus des séances de la Commission royale d'histoire, s. 1ª, IV, Bruxelles 1852; da A. Rodríguez Villa, Correspondencia de A. Farnese, in Revista de archivos, bibliotecas y museos, Madrid, 1883 (s. 2ª, IX). Da confrontarsi anche: L. van der Essen, Correspondances d'Alexandre Farnèse avec le comte de Henin (1578-1585), in Comptes rendus des séances de la Commission royale d'histoire, LXXXII (1913). Molto importante materiale ancora inedito si trova nei fasci farnesiani degli archivî di stato di Parma e Napoli.

Bibl.: P. Fea, Alessandro Farnese duca di Parma, Roma 1886; De Terrier-Santans, Campagnes d'Alexandre Farnèse (1591-92), Rouen 1888; M. H. J. P. Thomassen, Krijgsbedrijven van Alexander Farnese in Limburg en aangrenzende gewesten, 1578-1579 (Azioni belliche di Alessandro Farnese nel Limburgo e nelle regioni confinanti dal 1578 al 1579), Maastricht 1890. Delle varie narrazioni contemporanee, v. C. Campana, Imprese nella Fiandra di A. F., Cremona 1595.

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