GRANDI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GRANDI, Alessandro

Augusto Petacchi

Incerti sono il luogo e la data di nascita di questo importante compositore attivo nei primi decenni del XVII secolo. La frequente attribuzione di natali siciliani trae origine dall'erronea ricostruzione di un lessicografo settecentesco basata sulla ristampa palermitana (1620) dei primi cinque libri di mottetti (1610-19) del Grandi. Le prime notizie documentarie risalgono a un periodo immediatamente posteriore al 1597 e si riferiscono alla sua assunzione in qualità di cantore (soprano) da parte dell'Accademia della Morte a Ferrara. Successivamente, in data imprecisata, il G. assunse l'incarico di maestro di cappella presso la medesima istituzione. Un decreto della cappella di S. Marco a Venezia del 25 luglio 1604 nel quale si nominava "giovane di coro" l'allora diciottenne G., derogando al prescritto requisito del compimento del ventesimo anno di età in considerazione della sua già eccellente fama di cantore e compositore, autorizzerebbe a collocarne la nascita nel 1586. Ne consegue che la succitata nomina a maestro di cappella dell'accademia ferrarese, nonostante la precocità del suo talento, dovrebbe essere necessariamente fatta risalire a un periodo di non molto anteriore al 1604.

La presenza del G. a Venezia è attestata ancora nel 1607, anno in cui si ha notizia di sette giovani di coro, tra cui il G., sospesi dal servizio per negligenza e successivamente reintegrati nel ruolo dietro petizione. La prima indicazione di un suo allontanamento da Venezia risale al 10 marzo 1610, data della dedica contenuta ne Il primo libro de motetti a due, tre, quattro, cinque et ottovoci (Venezia 1610), nella quale egli risulta essere "Maestro di Capella del Spirito Santo in Ferrara". Il G. diresse la cappella dell'Accademia dello Spirito Santo, la più importante accademia musicale ferrarese dell'epoca, almeno fino al 20 ag. 1614. Dal frontespizio della sua prima raccolta di Madrigali concertati a due, tre et quattro voci (Venezia 1615) si apprende che il 17 giugno 1615 egli era stato nominato maestro di cappella del duomo di Ferrara, il più elevato incarico musicale che la città potesse offrirgli dopo lo scioglimento della cappella di corte avvenuto nel 1598. Il G. ricoprì questa carica fino al 31 ag. 1617, data della sua nomina a cantore nella cappella di S. Marco a Venezia. L'anno seguente, il 21 ag. 1618, fu scelto per sostituire G. Locatello come maestro di canto nel seminario ducale di S. Marco, con un compenso annuo di 50 ducati. Il 17 nov. 1620, sempre in S. Marco, il G. successe a M.A. Negri in qualità di vicemaestro di cappella, al fianco di C. Monteverdi, arrivando a percepire un salario annuale di 120 ducati. È noto che a Venezia egli prese parte alle feste della Scuola di S. Rocco nel 1619 e nel 1624, ed è lecito supporre che queste siano solo due delle molte occasioni in cui prestò servizio per altre istituzioni veneziane, come era del resto consuetudine per i musicisti di S. Marco.

L'attività veneziana del G. si interruppe nel 1627, allorché la chiesa di S. Maria Maggiore a Bergamo gli offrì la direzione della cappella musicale, incarico che egli assunse ufficialmente il 18 marzo dello stesso anno. Tra le sue mansioni vi era anche l'insegnamento del canto figurato ad alcuni studenti del collegio, e proprio a tale proposito egli si rivolse ripetutamente al consorzio dei reggenti per chiedere un aumento di stipendio. L'arrivo del G. a Bergamo fu determinante soprattutto per quanto concerne il rinnovamento del repertorio musicale. A un repertorio tendenzialmente tradizionalista, incentrato sui cori spezzati di G. Asola, G. Croce, L. Viadana, O. Vecchi e G. Belli, egli sostituì la propria consistente produzione di mottetti concertati concepiti durante il periodo veneziano e fulcro delle innovazioni compositive di quegli anni nell'ambito della musica sacra. La stima e la notorietà che il G. seppe guadagnarsi a Bergamo sono eloquentemente testimoniate dalla modifica che il consorzio si risolse ad apportare all'orario dei vespri per consentire a un maggior numero di fedeli di assistere all'esecuzione dei suoi nuovi lavori.

Il G. morì a Bergamo di peste, insieme con la famiglia, nel 1630, certamente dopo il 28 giugno, data della dedica de Il sesto libro demotetti a due, tre et quattro voci (Venezia 1630).

La notizia secondo la quale il G. sarebbe stato un allievo di G. Gabrieli, benché non documentata, è plausibile, in considerazione della sua presenza in S. Marco proprio durante gli ultimi anni di vita del celebre maestro veneziano. I giovani compositori che operavano nell'ambito di influenza di Gabrieli durante la prima decade del Seicento costituiscono di fatto una scuola alle cui suggestioni il G. non rimase indifferente.

Anche il rapporto intercorso tra il G. e Monteverdi è di non facile decifrazione. Sono in molti a sostenere che parte della produzione del G. riveli un'indiscutibile influenza monteverdiana. In effetti, i due compositori operarono in prossimità geografica per più di un ventennio venendo spesso a contatto con le medesime istituzioni, come nel caso della ferrarese Accademia degli Intrepidi, cui dedicarono rispettivamente la prima (1615) e la quarta (1603) raccolta dei propri madrigali. Quella che potrebbe essere stata una conoscenza casuale nel corso dei loro rispettivi incarichi a Ferrara e a Mantova nel periodo compreso tra il 1597 e il 1612, divenne in seguito una stretta collaborazione professionale a Venezia. È quindi realistico supporre che proprio l'influente vicinanza di Monteverdi sia all'origine del radicale cambiamento stilistico del G., contrassegnato dalla predilezione per i mottetti a voce sola e dalla grande cura per la resa espressiva del testo avvenuto all'indomani della sua venuta a Venezia nel 1617. In questa prospettiva, anche la rinomata maestria del G. nell'arioso sarebbe riconducibile al carattere dolente dei lamenti operistici monteverdiani; e i numerosi effetti coloristici presenti nei lavori del periodo bergamasco (in particolare il tremolo d'archi) dovrebbero presumibilmente molto agli esempi monteverdiani di stile concitato. In alcuni casi, spingendosi ben oltre la documentabilità, si è giunti ad affermare che il G. fu una scoperta di Monteverdi, e che da questo venne personalmente indirizzato verso il servizio veneziano. In realtà, al momento della sua prima nomina a Venezia (1604) il G. era già conosciuto e stimato, e le circostanze dell'assunzione testimoniano piuttosto di un invito interessato a unirsi alla cappella. La nomina a vicemaestro di cappella di S. Marco nel 1620, al contrario, fu certamente l'esito del personale interessamento di Monteverdi.

Il G. è indubbiamente uno fra i più maturi e completi compositori del primo Seicento per quel che concerne la tecnica e le capacità espressive. Alla sua produzione profana appartengono le prime composizioni nella storia della musica a essere intitolate cantate; brani che, a dispetto della novità della denominazione, si limitano in realtà a fondere in un particolare tipo di variazione strofica della melodia su ripetizioni identiche del basso lo stile espressivo del madrigale concertato e la forma dell'aria evolutasi nel solco tracciato da G. Caccini. La loro caratteristica più evidente è la pronunciata impronta ritmica conferita dalla regolarità del disegno in semiminime del basso e l'estrema cantabilità della linea melodica, l'unico elemento a essere variato, prevalentemente nel ritmo e nell'ornamentazione, in funzione del contenuto testuale.

La produzione sacra del G. occupa un posto di rilievo nella storia dello stile concertato. I mottetti giovanili sono tra i primi esempi di un impiego maturo e consapevole di questa prassi stilistica, e benché debbano molto da un punto di vista formale alle Sacre cantilene (1610) di G. Croce, mostrano già in larga misura anche il suo stile personale. Particolarmente interessante è il trattamento della voce solista, alla quale vengono affidati estesi passaggi solistici affini a quelli presenti nei lavori profani, emancipandola così da una scrittura contrappuntistica all'epoca ancora tendenzialmente imitativa. Anche in questo repertorio il compositore si dimostra molto attento all'interpretazione del contenuto testuale, ricorrendo spesso a un uso espressivo dell'ornamentazione e dell'armonia. Tutt'altro che raro è il ricorso ai cromatismi, alle dissonanze e ad audaci modulazioni anche verso regioni armonicamente piuttosto remote.

Come già sottolineato, nei lavori scritti dal G. dopo la nomina del 1617 alla basilica di S. Marco è possibile rinvenire una netta trasformazione stilistica almeno in parte riconducibile all'influsso esercitato da Monteverdi. In questo nuovo corso il mottetto concertato (scritto su testi non liturgici, generalmente mariani, agiografici o tratti dal Cantico dei Cantici) assume una fisionomia dichiaratamente solistica, più drammatica e di più robusta forza espressiva, con ogni probabilità anche in virtù del virtuosismo canoro dei solisti legati alla cappella marciana. La tarda produzione di musica liturgica per grande organico del G. è altresì importante per lo sviluppo di questo repertorio nel XVII secolo. Questi lavori, apparentemente concepiti secondo i canoni del doppio coro in stile veneziano, sfruttano in realtà il contrasto ottenuto dalla contrapposizione di parti solistiche a parti di ripieno. I lavori del G. erano ampiamente diffusi già ai suoi tempi e la loro popolarità è valutabile dal numero considerevole che ne fu stampato anche all'estero. Con i suoi lavori in stile concertato egli esercitò un notevole influsso su molti compositori austriaci e tedeschi del barocco, in particolar modo su H. Schütz, che ebbe modo di conoscerlo nel 1629 durante il suo secondo soggiorno in Italia. Tra tutti sembra averne avuto grande stima e ammirazione l'editore veneziano A. Vincenti, il quale continuò a raccogliere e pubblicare molti dei suoi lavori anche dopo la morte.

Oltre alle opere citate si ricordano le seguenti, pubblicate a Venezia salvo diversa indicazione: Il secondo libro de motetti a due, tre et quattro voci, 1613; Motetti a cinque voci con le Letanie della B. V., Ferrara 1614; Il terzo libro de motetti a due, tre et quattro voci, con le Letanie della B.V. a cinque voci, 1614; Il quarto libro de motetti a due, tre, quattro et sette voci, 1616; Celesti fiori… Libro quinto, dei suoi concerti a due, tre et quattro voci, 1619; Cantade et arie a voce sola, 1620; Motetti a cinque voci… con l'aggionta di motetti di diversi auttori, 1620; Motetti a voce sola, 1621; Motetti a una et due voci con sinfonie d'istromenti, 1621; Madrigali concertati a due, tre et quattro voci… Libro secondo, 1622; Motetti a una, due et quattro voci con sinfonie d'istromenti… Libro secondo, 1625; Arie et cantade a doi e tre voci concertate con doi violini, 1626; Cantade et arie a voce sola… Libro terzo, 1626; Motetti a una, et due voci con sinfonie di due violini… Libro terzo, 1629; Salmi brevi a otto voci, 1629; Cantade et arie a voce sola… Libro quarto, 1629; Messa et salmi concertati a tre voci, 1630; Raccolta terza… de Messa et salmi… a due, tre et quattro voci, 1630. Per l'elenco dettagliato delle opere del G. si rimanda alla voce curata da J. Roche e R. Miller per The New Grove Dictionary (ed. 2001).

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