MAZZUCOTELLI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAZZUCOTELLI, Alessandro

Rosanna Ruscio

– Nacque a Lodi il 30 dic. 1865 dal commerciante di ferro Giovanni Valente e da Rosa Caprara. Nel 1883, dopo il fallimento dell’azienda familiare, lasciò il ginnasio e si recò a Milano, dove cominciò a lavorare come fabbro ornamentista nella bottega di D. Oriani. Qui entrò in contatto con i pittori O. Bignani, P. Mariani, A. Cagnoni, con lo scultore E. Butti e con l’architetto C. Boito.

Nel 1891 rilevò la bottega presso la quale aveva svolto il tirocinio, avviando una stretta collaborazione con il pittore-teorico G. Mentessi, l’artigiano del vetro G. Beltrami e gli ebanisti C. Bugatti ed E. Quarti. Negli stessi anni si recò a Roma e a Firenze e conobbe gli architetti A. Campanini, C. Mazzocchi, U. Stacchini, E. Pirovano e G. Sommaruga, con i quali iniziò a lavorare in qualità di maestro artigiano del ferro battuto, dando prova delle sue capacità tecniche nel realizzare soggetti floreali e zoomorfici. Fu tuttavia nel 1902, in seguito al successo ottenuto all’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna di Torino, dove espose alcune opere in ferro (Pica, 1902), che il M. ricevette le prime commissioni importanti.

Le forme tratte dall’osservazione diretta della natura, che improntavano il suo lavoro, divennero temi per ringhiere, cancelli, balconi, lampade e altri elementi di arredo, nel palazzo della Nuova Borsa di Milano, ora delle Poste (1901-02), nella villa E. Ottolini di Busto Arsizio (1903-04), nelle ville Fabbro e Antonini di Treviso (1904-05).

Nel 1903 cominciò a dedicarsi all’insegnamento presso la Scuola umanitaria di Milano, proponendo innovativi criteri didattici, basati sullo studio teorico della natura e sulla sperimentazione diretta dei materiali. Tra il 1903 e il 1904 compì con i giovani collaboratori C. Rizzarda e D. Macagno una serie di viaggi in Europa, approfondendo la conoscenza delle idee moderniste di H. van de Velde, W. Morris e di Arts and crafts. Tornato a Milano, abbandonò i modelli internazionali, indirizzando la sua ricerca verso forme libere e rigorose, dai virtuosismi asciutti e scarni, in cui la perentorietà fisica della materia raggiunse i livelli più alti nella casa Maffei (Torino, 1906), progettata dall’architetto A. Vandone. È il periodo in cui il M. fece ricorso a uno dei suoi repertori più cari, quello del nastro o cordicella, ripiegato e spiegazzato che inserì poi largamente nelle opere di edilizia industriale, come il fabbricato della ditta Cusini a Milano (1908-10). Nel 1906 partecipò all’Esposizione internazionale del Sempione a Milano, esponendo, tra le varie opere in stile liberty, il Cancello dei gladioli (Feltre, Galleria d’arte moderna C. Rizzarda). Inoltre intervenne con una serie di ferri battuti, a villa Romeo a Milano (1907-08) e al Kursaal di San Pellegrino Terme (1908).

Durante questo periodo, il M. si impegnò nella ricerca di nuove soluzioni formali, combinando elementi zoomorfi e floreali con strutture portanti di tipo astratto. Disegnò grandi e piccoli capolavori, approfondendo i temi da rappresentare nel ferro con una serie di studi dal vero: schizzi, progetti, disegni esecutivi e scritti, molti dei quali conservati nella Civica Raccolta Bertarelli di Milano.

Nel 1909 aprì una nuova sede della sua ditta alla Bicocca degli Arcimboldi, lavorando incessantemente su nuovi progetti in Italia e in Sudamerica. Intervenne nelle case plurifamiliari di Milano, come casa Tensi (1908) e palazzo Berri Meregalli (1913), e in alcuni edifici celebrativi, tra cui la cappella espiatoria eretta in onore di re Umberto I a Monza (1910); decorò i balconi di villa X a Buenos Aires e, con L. Bistolfi, i cancelli del teatro Nacional di Città del Messico

Nel 1915, mentre la sua fama era in ascesa, il M. ritornò a un repertorio di temi storicistici, con simmetrie grafiche neorinascimentali e fredde circonvoluzioni di un manierato rococò. Diminuita la tensione creativa e mutato il sodalizio alla pari con gli architetti, demandò l’esecuzione dei progetti ai suoi allievi di bottega. Nel 1922 il M. fu tra i fondatori dell’Università delle arti decorative, poi Istituto superiore per le industrie artistiche (ISIA), nella villa reale di Monza. Partecipò sia come coordinatore sia come espositore alla I Biennale di Monza (1923), dove presentò la cancellata Groviglio di serpi (Milano, Arch. della Triennale).

Nel corso degli anni Venti, la committenza aristocratica lo spinse a privilegiare lo stile déco costituito da complicati e fantasiosi rovelli grafici. In questa direzione realizzò Il gallo (ferro battuto, 1923: Feltre, Galleria d’arte moderna C. Rizzarda), le ringhiere della Banca commerciale italiana (1925), i lampadari a traforo per il bar Camparino (1925: Milano, Galleria Vittorio Emanuele II), le cancellate e gli alberelli del villino Maria Luisa (1925) a Milano, dove, accanto al tema dei nodi per le inferriate, inserì quello degli uccellini e della corbeille di fiori lavorati a ritaglio, secondo un gioco calligrafico quasi rococò. Celebrato e vezzeggiato dalla critica e dal pubblico, il M. fu tra gli artisti chiamati da G. D’Annunzio (1925) a decorare la fastosa dimora del Vittoriale di Gardone Riviera con fioriere e candelieri (Bossaglia - Quesada, 1988, tavv. 346-348).

Invitato all’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi (1925) e alla II e III Biennale di Monza (1925 e 1927), il M. ottenne importanti incarichi all’estero e nel 1929 fu eletto deputato al Parlamento italiano.

Fu inoltre autore di contributi teorici, che andarono negli anni ad affiancare le sue altre attività, tra i quali gli articoli: Le lezioni d’arte decorativa, in L’Umanitaria, VIII (1911), 2, p. 24; L’industria d’arte e i suoi bisogni, in Arte pura e decorativa, I (1922), 6, p. 14, e ancora Io M. fabbro dei fabbri, in Secolo XX, XXVII (1928), p. 239.

Durante gli anni Trenta, continuò a progettare ferri battuti in una versione più modesta. Le ultime sue apparizioni pubbliche furono quelle organizzate nell’ambito della Triennale di Milano (1930, 1933 e 1936), dove si presentò in veste di semplice operatore del ferro.

Il M. morì a Milano il 29 genn. 1938.

Fonti e Bibl.: A. Melani, Il nuovo palazzo della Borsa, in Edilizia moderna, 1901, n. 9, pp. 37-40; V. Pica, L’arte decorativa all’Esposizione di Torino, Bergamo 1902, pp. 374-377; U. Ojetti, I ferri battuti di A. M., Milano 1912; V. Pica, L’arte decorativa all’Esposizione di Milano, in Emporium, XXIV (1906), pp. 330-334; G. Marangoni, Il ferro battuto, in Enc. delle moderne arti decorative italiane, II, Milano 1926, p. 42; R. Sacchetti, A. M. grande maestro del ferro, in L’Illustrazione italiana, LXXII (1945), p. 904; R. Bossaglia, L’iter liberty dell’architettura torinese, in Commentari, n.s., XVII (1966), p. 182; R. Rizzarda, Carlo Rizzarda, fabbro maestro, Feltre 1967, pp. 114 s.; R. Bossaglia - A. Hammacher, M.: l’artista italiano del ferro battuto liberty, Milano 1971 (con ampia bibl.); I. Arestizábal, L’archivio Mazzucotelli, in Kalòs, XI (1972), pp. 3-15; E. Bairati - R. Bossaglia - M. Rosci, L’Italia liberty: arredamento e arti decorative, Milano 1973, pp. 282-291; S. Coppa, Opere del M. nella prepositurale di Trezzo d’Adda (1925-27), in Arte lombarda, n.s., 1975, nn. 42-43, pp. 197-200; C. Onesti, Lo stile liberty in M. fabbro ornamentista lodigiano, in Arch. stor. lodigiano, s. 2, XXVI (1978), pp. 95-102; A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale, Milano 1978, pp. 18 s., 25, 27, 134, 144, 162, 182, 186; Ferro e liberty: A. M., architettura, fabbri di oggi, a cura del Gruppo architettura storia dell’arte, Milano 1979, pp. 48-63, 76-115; Gabriele D’Annunzio e la promozione delle arti (catal., Gardone Riviera), a cura di R. Bossaglia - M. Quesada, Milano 1988, pp. 226 s.; M. Amari, Le arti decorative a Milano: dall’artista-artigiano all’architetto-designer, in Arte a Milano 1906-1929 (catal.), a cura di P. Biscottini, Milano 1995, pp. 241-245; La Collezione Rizzarda. Dal secondo Ottocento alle arti decorative degli anni Venti, a cura di N. Comar, Milano 1996, pp. 15-40, 169, 172-174; 1923-1930: Monza verso l’unità delle arti (catal., Monza), a cura di A. Pansera, Cinisello Balsamo 2004, pp. 24, 39, 43 s., 47 s., 50 s., 55, 60, 66, 68, 74-78, 83, 89, 95, 112, 126 s., 186; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 316.

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