RICCI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RICCI, Alessandro

Federico Tognoni

RICCI, Alessandro. – Figlio di uno scalpellino di origine fiorentina, Angelo Ricci, e di Rebecca Gabrielli di Siena, poco è dato sapere della sua giovinezza. Neppure la data di nascita del resto è nota, anche se è stata fissata al 1795 per via indiziaria (Sammarco, 1929, p. 300).

Quanto ai suoi studi, informazioni preziose si ricavano dalla Raccolta biografica di illustri Senesi di Ettore Romagnoli, cronaca manoscritta conservata nella Biblioteca comunale di Siena (edita da Sammarco, 1930), da cui si apprende che Ricci si laureò in medicina nello Studio senese e che «dopo la morte del padre si pose a viaggiare abbenché poco fornito di fortuna» (ibid., pp. 3-4; Romagnoli, 1838, II, c. 202).

Secondo Patricia Usick, che individua in Ricci il dottore che curò al Cairo una ferita al piede del reverendo Thomas Robert Jolliffe, il medico senese giunse in Egitto nel 1817 (Usick, 1999, p. 115). Qui rimase fino al 1822, esplorando molti nuovi siti descritti nei suoi accurati appunti di viaggio e attraverso numerosi disegni. Dopo il primo anno, quasi sicuramente passato a esercitare la professione medica, nel 1818 Ricci venne ingaggiato dall’esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni. Al seguito della spedizione, finanziata dal console generale britannico Henry Salt, Ricci raggiunse Tebe, dove per nove mesi copiò scene e testi geroglifici della tomba di Sety I (KV17), scoperta appena l’anno prima dallo stesso Belzoni. Al suo ritorno a Londra (1820), Belzoni, oltre a pubblicare il resoconto delle sue spedizioni in un volume riccamente illustrato con tavole di Ricci (Narrative of the operations and recent discoveries [...], London 1820, pls. II-III, VI-VIII, XIII, XV, XVII; Salvoldi, 2009, p. 114), organizzò anche un’esposizione con i reperti raccolti nella campagna d’Egitto e numerosi disegni e acquerelli del medico senese, oggi suddivisi tra il British Museum e il Bristol Museum.

Nel corso di questa prima spedizione, le perlustrazioni di Ricci si spinsero fino a Berenice, città sulla costa appena scoperta dal mineralogista Fréderic Caillaud. A causa di un litigio con Belzoni, accusato di aver rubato alcuni suoi disegni, Ricci decise di tornare al Cairo e abbandonare la missione, a cui parteciparono anche Salt, l’archeologo greco Demetrio Papandriopulo, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Giovanni d’Athanasi, e il segretario del consolato britannico Henry William Beechey.

Nell’ottobre del 1818, Ricci partì per una nuova perlustrazione della valle del Nilo, organizzata da Salt e dal viaggiatore ed egittologo inglese William John Bankes. In compagnia di Louis Maurice Adolphe Linant de Bellefonds, al servizio di Mohammed Ali, del ciambellano prussiano Sebastian Albert Freiherr von Sack e altri esploratori, Ricci si spinse fino all’alta Nubia raggiungendo la terza cateratta del Nilo e segnatamente l’isola di Meroe.

Informazioni precise su questa perlustrazione si traggono dalle sue annotazioni di viaggio (conservate nella residenza di Bankes a Kingstone Lacy nel Dorset), che registrano spostamenti della carovana, indicazioni climatiche e talvolta naturalistiche dei siti visitati. Si conservano inoltre piante, mappe disegni e rilievi di estrema importanza giacché molti dei monumenti descritti furono distrutti poco dopo il passaggio della spedizione: i templi di Amenhotep III e Ramesse II a Elefantina (distrutti nel 1822) e il tempio di Montu e Rattaui ad Armant, il tempietto di el-Hilla (distrutto nel 1828).

Tornato al Cairo il 30 maggio 1819, Ricci ottenne da Bankes l’incarico di copiare i rilievi delle tombe di Beni Hassan, che non portò mai a termine. Preferì svolgere la professione di medico per conto di Salt fino al febbraio del 1820, quando si presentò l’occasione di partire alla volta dell’oasi di Siwa.

Sfruttando le mire espansionistiche di Mohammed ῾Ali contro la Repubblica di Siwa, la spedizione – composta dal console francese di origine piemontese, Bernardino Drovetti, Linant e il viaggiatore originario di Saravezza, Enegildo Frediani – giunse nell’oasi di Siwa il 18 marzo 1820. Iniziò così una capillare ricognizione dell’area e in particolare del tempio che ritenevano di Giove Ammone, visitato da Alessandro Magno.

Rientrato al Cairo il 17 aprile 1820, nel settembre dello stesso anno Ricci si recò nuovamente nell’oasi di Siwa. Con l’amico Linant, per quattro mesi e mezzo Ricci percorse la via dei pellegrini in cammino verso il Sinai, visitando Maghara, Wadi Sidri, Wadi Mukattab, il monastero ortodosso di S. Caterina e il Monte Sinai. Testimonianza di questo viaggio sono numerose iscrizioni e disegni oggi conservati a Kingstone Lacy tra le carte di Bankes.

Al giugno del 1821 risale l’ultimo e più lungo viaggio di Ricci nell’alto Egitto. Ad assoldarlo fu il barone tedesco Johann Heinrich von Minutoli, incaricato dal re prussiano Federico Guglielmo III di esplorare l’Egitto. Anche in questo caso, grazie all’intervento di Salt, Ricci, accompagnato da Linant, seguì la spedizione militare guidata da Ibrahim pascià, figlio adottivo del governatore egiziano. Ricci poté rivedere Tebe e la Valle dei Templi, Gebel Silsila, Kom Ombo, Elefantina, Wadi Halfa, Dongola. Passata la confluenza fra il Nilo Bianco e Nilo Azzurro, superò Sennar per spingersi fino a Verkal, il punto più a Sud toccato dalla spedizione. Nonostante le cure di Ricci, le precarie condizioni fisiche di Ibrahim pascià costrinsero la spedizione a riprendere la via del Cairo, dove, nel febbraio del 1822, il medico senese venne lautamente ricompensato da Mohammed ῾Ali per aver prestato le proprie cure al figlio (Sammarco, 1930, pp. 158 s.; Salvoldi, 2009, pp. 118 s.).

Ricci passò i successivi mesi a Giza e a Saqqara per copiare alcuni rilievi epigrafici; il 28 novembre decise di tornare in Italia, dove giunse per il Natale del 1822. Trasferitosi a Firenze nella casa paterna in via S. Gallo, il medico senese espose la sua cospicua collezione: una sorta di piccolo museo egizio che attirò l’attenzione anche di Jean-François Champollion.

Nel corso del suo soggiorno toscano, il francese incontrò Ricci, incitandolo a pubblicare un giornale di viaggio. L’idea del resto era stata maturata dallo stesso Ricci già al tempo del suo soggiorno egiziano. In una lettera inviata a Patrizio Rontani il 13 novembre 1819, Ricci aveva illustrato il progetto all’amico (Sammarco, 1930, p. 151). Alla ricerca di un mecenate, nel 1827, Ricci si recò alla volta di Parigi da Champollion e lasciò all’archeologo francese Jacques-Joseph Champollion, detto Champollion-Figeac, «un manoscritto di circa 200 pagine con annessi disegni relativi al suo primo viaggio in Egitto e al Monte Sinai, con la verbal convenzione tra loro di pubblicarli a tempo opportuno» (lettera di Ippolito Rosellini a Neri Corsini del 6 giugno 1836, in Sammarco, 1930, pp. 40-42). Nonostante i molteplici tentativi condotti da Ricci, tuttavia, il giornale non vide mai la luce.

Vani furono gli sforzi di Rosellini per ottenere la restituzione delle tavole e del manoscritto lasciato in Francia. Molte delle tavole che accompagnavano il testo di Ricci del resto erano già apparse in altri importanti volumi come il Voyage à l’Oasis de Syouah di Edme-François Jomard (Paris 1823, tav. III, VII, XIV-XVIII) e il Reise zum Tempel des Jupiter Ammon del barone Johann Heinrich Carl von Minutoli (Berlin 1824, tav. X, XIII-XIV, XX-XXI, XXIII-XXIV; cfr. Salvoldi, 2009, p. 115). Creduto perduto, il manoscritto è riaffiorato nel 1928, anno in cui venne acquistato dall’architetto Ernesto Verrucci Bey «per conto di S.M. Fuad I, dalla libreria Moscato in Cairo, dove il ms. era pervenuto da una libreria antiquaria di Parigi» (Sammarco, 1930, p. VI). Solo recentemente una copia dattiloscritta del giornale di viaggio è stata rintracciata nel National Archive of Egypt (Fondo italiano, cartella 61; cfr. Savoldi, 2009).

Fu sicuramente la permanenza a Parigi che valse a Ricci un posto nella spedizione franco-toscana in Egitto e in Nubia, che tra il 1828 e il 1829 perlustrò il Delta del Nilo tra Alessandria e Il Cairo per poi spingersi a Tebe fino a raggiungere Wadi Halfa. Nel corso della spedizione, diretta da Rosellini per il granduca Leopoldo II, Ricci fu al centro di un episodio ampiamente riportato anche dal Giornale della spedizione. La puntura al tallone di uno scorpione, al quale qualche anno più tardi verrà attribuita l’infermità e la conseguente morte.

Al ritorno in Italia, Ricci venne incaricato da Rosellini di promuovere i risultati della spedizione in Germania e in Inghilterra, al fine di favorire il finanziamento dell’opera attraverso una pubblica sottoscrizione. Nello specifico sappiamo con certezza che nel maggio del 1831 Ricci era a Dresda, con parte della sua collezione di antichità egizie; circa trecento pezzi vennero acquistati per conto dello Stato tedesco, quasi tutti confluiti nel Museo Albertinum della città nel 1894 (Elsner, 1993, pp. 6-11).

Rientrato in Italia, Ricci si ammalò gravemente e venne ospitato dal pittore Giuseppe Angelelli, con il quale aveva condiviso l’esperienza franco-toscana; Gino Capponi venne nominato suo curatore. Fu quest’ultimo a proporre l’acquisto della collezione di Ricci a Leopoldo II in cambio di 1500 lire e di un vitalizio. La collezione Ricci è oggi visibile presso il Museo Egizio di Firenze, compresi 150 disegni raffiguranti rilievi epigrafici ricondotti alla sua mano (Usick, 1998; Guidotti, in L’Egitto in età ramesside, 2011).

Morì a Firenze l’11 gennaio 1834, secondo Patricia Usick (1999, p. 116) non a causa dell’infermità dovuta al morso dello scorpione, bensì più verosimilmente per aver contratto la sifilide.

Fonti e Bibl.: Biblioteca Comunale di Siena, ms. Z.II.31: E. Romagnoli, Raccolta biografica di illustri Senesi che a seguito alle Pompe Senesi del P. Ugurgieri, informemente in parte accozzata da E.R. [Siena 1838], II, c. 202.

A. Sammarco, A. R. da Siena e il suo giornale dei viaggi recentemente scoperto, in Bulletin de la Société royale de géographie d’Égypte, XVII (1929), pp. 293-326; Id., A. R. e il suo giornale dei viaggi, II, Documenti inediti o rari, Il Cairo 1930; Id., Sull’inedito giornale di viaggio di A. R. nell’Egitto e nelle Regioni adiacenti (1817-1822), in Oriente moderno, 1931, n. 11, pp. 555-570; Id., Ippolito Rosellini e A. R. da Siena, in Studi in memoria di Ippolito Rosellini nel primo centenario della morte, 4 giugno 1843-4 giugno 1943, I, Pisa 1949, pp. 107-116; G. Rosati, A. R., in Il Nilo sui lungarni. Ippolito Rosellini egittologo dell’Ottocento (catal.), Pisa 1982, pp. 39-42; L’Egitto fuori dell’Egitto. Dalla riscoperta all’egittologia. Atti del Convegno internazionale... 1990, a cura di C. Morigi Govi - S. Curto - S. Pernigotti, Bologna 1991 (in partic. P. R. Del Francia, I Lorena e la nascita del Museo Egizio fiorentino, pp. 159-190; M.C. Guidotti, A proposito di Deir el Medina prima della scoperta: un pezzo della collezione R. nel Museo Egizio di Firenze, pp. 27-31); G. Elsner, Ägyptische Altertümer der Skulpturensammlung (catal.), Dresden 1993, pp. 6-11; P. Usick, The Egyptian drawings of A. R. in Florence. A list of drawings from a portfolio in the Museo egizio di Firenze, in Göttinger Miszellen, 1998, 162, pp. 73-92; Ead., Note on the travel journal of A. R., in Studies in Egyptian antiquities. A tribute to T.G.H. James, a cura di W.V. Davies, London 1999, pp. 115-121; La piramide e la torre. Due secoli di archeologia egiziana, a cura di E. Bresciani, Ospedaletto 2000, ad ind.; D. Salvoldi, A. R.’s travel account: story and content of his journal lost and found, in Egitto e vicino Oriente, XXXIII (2009), pp. 113-119; L’Egitto in età ramesside. Atti del Convegno..., Chianciano Terme... 2009, a cura di D. Picchi, Cinisello Balsamo 2011 (in partic. M.C. Guidotti, A. R. nel Museo Egizio di Firenze: la collezione e i disegni, pp. 27-31; D. Salvoldi, R., Belzoni, Salt and the works in the Valley of the Kings. New light from the R. travel account, pp. 33-41).

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