TIARINI, Alessandro

Enciclopedia Italiana (1937)

TIARINI, Alessandro

Aldo Foratti

Pittore. Nacque nel 1577 a Bologna, dove morì nel 1668. Entrato presto nella scuola di Prospero Fontana, poi in quella del Cesi, fu a Firenze in relazione col Passignano, che gli si mostrò assai benevolo. Sollecitato da Lodovico Carracci, ritornò a Bologna, dove commissioni e onori non si fecero attendere. Fra i suoi dipinti giovanili si ricorda S. Barbara in gloria nel S. Petronio, inferiore per l'esecuzione e per l'unità espressiva a S. Domenico che risuscita il bimbo. Al ciclo dei trentasette affreschi, iniziato dal più anziano dei Carracci nel chiostro di S. Michele in Bosco (1604), il T. partecipò con una larga composizione, ora quasi irriconoscibile a causa dei guasti e dei ritocchi. Nella chiesa attigua appartengono al 1614 la decorazione parietale e la tavola con il Transito di S. Carlo nella cappella consacrata allo stesso. La S. Francesca romana nella cappella dirimpetto non guadagna nel confronto con il quadro consimile della basilica di S. Petronio, ma le felici esperienze dell'arte e l'immediatezza del gusto barocco si riconoscono nella Presentazione della Vergine al tempio (S. Maria dei Servi, coro) e progrediscono nella drammatica Pietà della Pinacoteca, creazione ricca di fervore pittoresco, che attenua gl'inaspriti contrasti della luce e del chiaroscuro con le più sincere effusioni del sentimento e con un insolito vigore asimmetrico. I temi sacri, i miracoli, le folle eccitate dei fedeli esercitano la fantasia e la bravura del T., che si mostra sempre pronto e fecondo, ma che disperde talvolta le forze del pensiero nella facilità d'una fattura frettolosa e convenzionale. Il Pentimemo di S. Giuseppe (Parigi, Louvre), notevole per le masse solide e gli effetti sintetici, si collega con il gruppo di dipinti rimasti a Bologna. Ne ricordiamo i principali: S. Martino che risuscita il figliuolo della vedova (Bologna, museo di S. Stefano) vale per la straordinaria luminosità e per la grandezza morale del santo che, con lo sguardo e con il gesto, domina la scena. S. Lorenzo e S. Giorgio (Bologna, Pinacoteca) differiscono nella struttura e nell'espressione; nella stessa galleria l'Estasi di S. Caterina segue il pietismo rappresentativo del tempo, senza omettere i particolari aneddotici di un angelo che sostiene la santa e di un altro che le accomoda il cuscino sull'inginocchiatoio. Reminiscenze romane, e forse indirette, si distinguono nel Santo Vescovo con due martiri, frammento di una composizione semicircolare; carraccesco e dotato d'una fine spiritualità è il lunettone della Vergine di S. Carlo, quantunque in esso il colorito fosco e gli annerimenti sacrifichino lo sviluppo delle forme nello spazio.

L'artista meditativo e potente lavora a intervalli d'anni e di decennî (fra il 1618 e il '26, e fra il 1651 e il '53) a Reggio nell'Emilia. Né le quattro Sibille né le otto Virtù con altrettanti Angeli, affrescati nella cappella Brami della Madonna della Ghiara, giustificano le lodi dei vecchi storici, ma nella Cacciata di Lucifero, che supera il carraccismo più nell'intenzione dell'inventore che nella debolezza dell'aiuto, cui furono affidati i disegni, si prevede la capacità decorativa dell'eclettico il quale narra pacatamente la Storia d'Abisag e la Presentazione di Samuele, per naufragare poi nella mimesi postcorreggesca dell'Assunzione della Vergine. Nella galleria di Reggio c'è un appassionato Miracolo di S. Giovanni, e in quella di Dresda il romantico episodio di Angelica e Medoro ha un commento libero come il Rinaldo con Armida della Galleria Borghese.

Bibl.: C. C. Malvasia, Felsina pittrice, 2a ed., Bologna 1841, pp. 119-124; G. Cantalamessa, A. T., in Rass. Nazionale, XIII (1891), pp. 651-674; Fr. Malaguzzi Valeri, A. T., in Cronache d'arte, I (1924), pp. 133-154; U. Ojetti, L. Dami, N. Tarchiani, La pitt. it. del '600 e del '700 alla mostra di Palazzo Pitti, Milano-Roma 1924; L. Magnani, A. T. (1577-1668). The Burial of St. Carlo Borromeo, in Old Master Drawings, X (1935), pp. 24-26; id., Dipinti e disegni inediti eseguiti dal T. per Bologna e Parma, in aurea Parma, XX (1936), pp. 54-58.