VITALI, Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2021)

VITALI, Alessandro

Valentina Catalucci

Non è certa la data di nascita, che si colloca presumibilmente intorno al 1580, dato che quando morì nel 1630 un documento conservato nei registri dell’Archivio diocesano di Urbino lo definisce «di anni 50» (Negroni, 2007, p. 111); nacque probabilmente a Pesaro, perché in vari atti notarili è indicato come «de Pisauro incola Urbini» (ibid.). Era figlio di Domenico, forse impiegato a servizio del duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere e nipote di Ventura, cuoco di corte, resta sconosciuto il nome della madre. Nel 1607 s’impegnò a sposare Ippolita figlia di Vincenzo Purini e di Giovanna Basili, da cui ebbe cinque figli.

Si formò nella bottega di Federico Barocci, del quale fin da subito si mostrò un devoto e preciso allievo, e si distinse per la capacità di produrre copie dalla notevole resa mimetica delle opere del grande pittore. Questi, comunque, interveniva spesso nei dipinti del giovane, com’era prassi nella sua bottega.

Il primo pagamento noto a favore di Vitali fu effettuato nel 1598, quando egli aveva 18 anni, e riguardò copie di dipinti del maestro su commissione del Duca (Marchi, 2005).

Nel 1598 eseguì anche la S. Agata in carcere, oggi nella Galleria nazionale delle Marche, proveniente dalla chiesa di S. Agata a Pian di Mercato a Urbino (Negroni, 1979, pp. 89 s.). Citata dalle fonti come opera di Vitali (Dolci, 1775, 1933, p. 300; Lazzari, 1801), essa si fonda sugli studi che Barocci stava realizzando per la composizione di una santa in estasi, di cui rimangono disegni e bozzetti in varie collezioni: l’idea, forse pensata per la S. Caterina di Cortona (ritrovata da Claudio Pizzorusso; Marchi, 2005), sfociò nel 1606 nella celebre Beata Michelina per S. Francesco a Pesaro, oggi alla Pinacoteca Vaticana.

Il nuovo secolo si aprì per il pittore con una serie di importanti commissioni che caratterizzarono tutto il primo decennio. Nel 1600, dopo una lunga gestazione dell’opera, commissionata a Barocci, Vitali ricevette i pagamenti per la pala con il Perdono di s. Ambrogio concesso all’imperatore Teodosio (Arslan, 1960): in questo dipinto l’orchestrazione delle figure è un vero e proprio assemblaggio da dipinti del maestro urbinate. Il risultato è efficace anche dal punto di vista del messaggio dottrinario, discusso in dettaglio tra Vitali e i rappresentanti della Fabbriceria del duomo, come dimostrano alcune lettere pubblicate da Fert Sangiorgi (1982).

Nel 1601 Alessandro dichiarò di aver ricevuto «in casa di Federico Barocci» dei pagamenti (15 aprile e 30 agosto) per la Visione di s. Giovanni a Patmos, commissionatagli dal Collegio dei dottori di Fermo, e ancora oggi su uno degli altari laterali del duomo della città (Dania, 1968, p. 72). L’opera è una delle più felici del pittore (probabilmente v’intervenne anche il maestro). La figura di s. Giovanni è ripresa dal Cristo dell’Ultima Cena di Barocci nella cappella del Sacramento del duomo urbinate, ma Vitali, comunque, organizzò molto bene il dipinto, in cui la visione ultraterrena trapassa all’ambiente reale con un lento diradarsi delle nubi e dell’oscurità.

Il 3 settembre 1602 il Capitolo del duomo di Urbino chiamò il pittore, al posto di Federico Zuccari, a eseguire la Caduta della manna, da porre di fronte all’Ultima Cena di Barocci; tale incarico fu conferito su invito del duca, che sperava che vi intervenisse anche il grande artista urbinate. Vitali venne proposto «sia per il suo valore proprio, sia perché il Barocci lo avrebbe aiutato» (Gronau, 1936, p. 172). L’opera fu collocata solo dopo il 6 settembre 1606, e rimase al suo posto fino al 1801, per poi andar perduta.

Il 16 maggio 1605 nacque l’erede ducale Federico Ubaldo della Rovere, del quale Alessandro divenne ritrattista ufficiale. Realizzò sette dipinti del bambino a diverse età, tra cui i più significativi sono il Federico Ubaldo neonato (1605, Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti) e quello all’età di due anni (1607, Lucca, Museo nazionale di Villa Guinigi). Nel primo, il bambino è derivato dal piccolo Gesù della Natività di Barocci al Prado: Vitali perseguì con lucida implacabilità la raffigurazione delle stoffe e delle passamanerie, «arnesi a maraviglia lavorati a compassi di perle orientali e gioi» (Solennità celebrate..., 1605, p. 43). Nel secondo ritratto, realizzato sotto la supervisione di Barocci, il piccolo duca è rappresentato in piedi, all’età di due anni, con la tipica veste all’ungherina e, nelle mani, una paletta e una pallina. Il volto vivace è realizzato con pochi colpi di pennello, e molto raffinata è la resa della stoffa cangiante dell’abito.

In contemporanea con questi dipinti, Vitali continuò a produrre opere di carattere religioso e copie da Barocci. Nel 1603 dipinse una perduta Incredulità di s. Tommaso su commissione di Giordano Giordani per la chiesa di S. Agostino a Pesaro. Per la sagrestia del duomo di Urbino realizzò una S. Agnese, oggi nel Museo diocesano Albani della città, in cui rielaborò spunti tratti dall’Immacolata Concezione e dalla Madonna di s. Simone di Barocci, entrambe presso la Galleria nazionale delle Marche.

L’Annunciazione proveniente dalla chiesa dell’Annunciata degli Scalzi di Urbino (oggi nella Galleria nazionale delle Marche) fu considerata da Luciano Arcangeli (1979) opera di un pittore baroccesco realizzata forse a fine Seicento, ma è stata restituita convincentemente a Vitali da Alessandro Marchi (2005). Copia del celebre dipinto di Barocci a Loreto, la pittura mostra i caratteri di lucentezza metallica tipici di Vitali. Un documento ritrovato nel 2007 da Franco Negroni colloca, infine, la realizzazione della tela entro il 14 gennaio 1603, assegnandola definitivamente al pittore.

Per la chiesa di S. Agostino della stessa città Vitali eseguì la pala con la Vergine e il Crocifisso che appaiono a s. Agostino (ancora in situ), opera dalla difficile datazione. È l’unico dipinto pervenutoci che presenta la firma, in basso a sinistra, con un’iscrizione che recita «…VITALIS FED.GI … ALN[NUS] FACIEBAT…» (la data è perduta; Arcangeli, 1979, p. 14).

Due dipinti appartenenti alla Pinacoteca di Brera, riconducibili alla mano del pittore e forse realizzati nella parte finale della sua vita, raffigurano entrambi la Natività della Vergine (in deposito rispettivamente presso la chiesa di S. Simpliciano a Milano e presso la chiesa di Copreno). Non è chiaro se il primo possa essere identificato con uno commissionato in origine a Barocci ma realizzato da Vitali per la chiesa conventuale di S. Paolo Converso a Milano (Emiliani, 1985, II, p. 367), oppure se sia arrivato da Montegranaro (Ascoli Piceno) nel 1811 con le spoliazioni napoleoniche. L’altra tela è invece forse riconducibile a quella sottratta durante le campagne di Bonaparte alla chiesa di S. Maria della Torre a Urbino, dove la vide Andrea Lazzari prima del 1801 (Bona Castellotti, 1992).

A Vitali sono attribuite una copia della Madonna della gatta di Barocci (Firenze, Gallerie degli Uffizi), che si trova nella chiesa di S. Agostino a Mondolfo, dai colori un po’ raggelati e dalle pieghe «metalliche», e la Madonna con il Bambino e i ss. Rocco e Francesco in S. Maria Nuova a Ginestreto, che rivela un momento di grande ortodossia baroccesca sia nel colorismo sia nell’assemblaggio delle citazioni (primo decennio del Seicento).

Intorno al 1609 Alessandro dovette realizzare per la chiesa di S. Giacomo Maggiore a Bologna una copia dell’Istituzione dell’Eucarestia del maestro (Roma, S. Maria sopra Minerva), che gli si può attribuire per l’atmosfera vitrea e rarefatta e per il nitore metallico dei colori (Arcangeli, 1979). Durante il restauro del 1975 sono emersi una parziale scritta in cui il nome di un Alessandro è posto vicino a quello di Barocci e, sull’intera composizione, segni di ricalco dal cartone originale (Emiliani, 1985, II, p. 387).

Giovan Pietro Bellori (1672, 1976) ricordò come nella Crocifissione per la Compagnia della Morte di Urbino, iniziata da Barocci, intervenne Vitali nelle figure della parte inferiore. Nel dipinto, che sarebbe stato poi colpito da un fulmine (Arcangeli, 1979), la critica ha individuato la presenza del pittore nella s. Maria Maddalena, il cui manto rivela il consueto bagliore metallico a lui caro.

Resta ancora da fare uno studio approfondito per riconoscere i disegni prodotti dall’artista nell’ambito della bottega baroccesca. Sono da segnalare una carta dipinta con una Vergine annunciata in collezione privata, pubblicata da Lionello Puppi nel 2003, e una bella testa di una S. Caterina, riconosciutagli da Grazia Calegari nel 2001 (Pesaro, Biblioteca Oliveriana).

Dopo la morte di Barocci (1612), scomparve quasi completamente l’attività di Vitali, anche se abbiamo alcune notizie documentarie sulla sua vita. La Compagnia del Corpus Domini di Urbino assegnò al pittore la realizzazione di una «Madonna de rilievo» e di alcuni santi per la sagrestia dell’oratorio e gli affidò il restauro di una Sacra conversazione di Giovanni Santi e di una S. Margherita di Barocci (Calzini, 1906).

Nel 2007 Negroni ha pubblicato un’interessante notizia, secondo cui Vitali tra il 1608 e il 1617, pur tornando saltuariamente a Urbino, soggiornò a Roma, anche se non sappiamo le ragioni che lo spinsero nell’Urbe.

Morì il 4 luglio 1630 e fu sepolto nella chiesa della SS. Annunziata a Urbino (Arcangeli, 1979, p. 14).

Fonti e bibliografia

Solennità celebrate in Urbino per lo nascimento e battesimo del serenissimo prencipe, Urbino 1605, p. 43; G.P. Bellori, Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni (1672), a cura di E. Borea, Torino 1976, p. 194; M. Dolci, Notizie delle pitture che si trovano nelle chiese e nei palazzi d’Urbino (1775), in Rassegna marchigiana, XI (1933), pp. 281-367; A. Becci - G.A. Lazzarini, Catalogo delle pitture che si conservano nelle chiese di Pesaro. Si aggiunge la Dissertazione sopra l’arte della pittura del Sig. Canonico Gio. Andrea Lazzarini, Pesaro 1783, pp. 53 s.; A. Lazzari, Delle chiese di Urbino e delle pitture in esse esistenti, Urbino 1801, pp. 98 s.; Degli uomini illustri di Urbino: comentario del p. C. Grossi, con aggiunte scritte dal conte P. Gherardi, Urbino, 1856, pp. 172 s.; E. Calzini, La scuola baroccesca. Alessandro Vitali, in Rassegna bibliografica dell’arte italiana, IX (1906), pp. 181-188; Id., Federico Barocci e il suo mecenate (con documenti inediti), ibid., XVI (1913), pp. 54-64; Id., Documenti: la scuola baroccesca, ibid., pp. 123-126; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, La pittura del Cinquecento, 7, Milano 1934, pp. 976-978; G. Gronau, Documenti artistici urbinati, Firenze 1936, in part. pp. 172 s., 186 s., 206 s.; E. Arslan, Le pitture del Duomo di Milano, Milano 1960, pp. 27, 35, 100 (con riferimenti documentari); H. Olsen, Federico Barocci, Copenhagen 1962, pp. 207 s., 228; L. Dania, La pittura a Fermo e il suo circondario, Milano 1968, pp. 72 s. (con riferimenti archivistici e bibliografici); M. Valsecchi, Le pitture del Duomo di Milano, in Il Duomo di Milano, I-II, Milano 1973, II, p. 188; Federico Barocci (catal.), a cura di A. Emiliani, Bologna 1975, pp. 212 s.; L. Arcangeli, Alessandro Vitali e catt. nn. 1-3, in Pittori nelle Marche tra ’500 e ’600 (catal.), Urbino 1979, pp. 12-18 (con riferimenti archivistici); G. Bernini Pezzini, Federico Barocci, Crocifissione, in Dieci schede di restauro. Galleria nazionale delle Marche. Quaderni, I, Urbino 1979, pp. 26-29; F. Negroni, Appunti su A. Vitali, C. Ridolfi e G. Cialdieri, in Notizie da Palazzo Albani, VIII (1979), 2, pp. 89-92 (con riferimenti archivistici); Committenze milanesi a Federico Barocci e alla sua scuola nel carteggio Vincenzi della Biblioteca Universitaria di Urbino, a cura di F. Sangiorgi, Urbino 1982, pp. 43 s.; A. Emiliani, Federico Barocci (Urbino 1535-1612), I-II, Pesaro 1985, II, pp. 376, 387; L. Arcangeli, Vitali, Alessandro, in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori - E. Schleier, I-II, Milano 1989, II, p. 864; M. Bona Castellotti, cat. n. 86, in Pinacoteca di Brera. Scuola dell’Italia centrale e meridionale, Milano 1992, pp. 208-210; B. Casiere, Le tele restaurate della chiesa di S. Maria Nuova a Ginestreto, in Pesaro città e contà, VII (1996), pp. 117-125; C. Calegari, cat. n. 38, in Da Raffaello a Rossini. La Collezione Antaldi: i disegni ritrovati (catal., Pesaro) a cura di A. Forlani Tempesti - C. Calegari, Ancona 2001, pp. 94 s.; B. Montevecchi, Immagini di un piccolo duca: Federico Ubaldo della Rovere nella pittura del primo decennio del Seicento, in I Della Rovere nell’Italia delle corti, Atti del Convegno, Urbania… 1999, II, Luoghi e opere d’arte, a cura di B. Cleri et al., Urbino 2002, pp. 223-244; L. Puppi, Due dipinti inediti tra Urbino e Venezia (con una notarella iconografica), in Arte documento, (2003), n. 17-19, pp. 386-391; A. Marchi, Alessandro Vitali (Urbino, 1580 - 4 luglio 1630), in Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, Umbria e Siena, a cura di A. Ambrosini Massari - M. Cellini, Milano 2005, pp. 134-141; I. Verstegen, Barocci, Cartoons and the Workshop: A Mechanical Means for Satisfying Demand, in Notizie da Palazzo Albani, XXXIV-XXXV (2005-2006), pp. 101-123; F. Negroni, Un “dipinto baroccesco” controverso restituito dai documenti ad Alessandro Vitali, in Accademia Raffaello. Atti e studi, n.s., II (2007), pp. 109-113 (con riferimenti archivistici).

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