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alfabeto

di Francesco De Renzo - Enciclopedia dei ragazzi (2005)
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alfabeto

Francesco De Renzo

Comunicare facilmente e con rapidità

L'alfabeto consiste in una serie di segni grafici, le lettere, che usiamo per rappresentare in forma scritta le parole e i suoni di una lingua, e costituisce una delle più importanti scoperte dell'umanità. Del resto, come vi orientereste in un mondo senza alfabeto? Sarebbe molto faticoso, poiché diverse cose che facciamo abitualmente, come trovare un numero telefonico, studiare, scegliere una videocassetta o un DVD, leggere un romanzo, si possono fare solo perché vi sono parole scritte con le lettere dell'alfabeto.

Quali sono i vantaggi dell'alfabeto?

Nella storia dell'umanità vi sono stati lunghi periodi in cui gli uomini hanno vissuto senza alfabeto. Ancora adesso esistono vari sistemi di scrittura ‒ comunque ugualmente in grado di esprimere qualsiasi concetto ‒ che non usano un sistema alfabetico. Per esempio, se foste in Cina e in Giappone vi trovereste di fronte a una scrittura diversa e molto più difficile da imparare: la scrittura ideografica, composta cioè da ideogrammi. Gli ideogrammi sono simboli grafici complessi che rappresentano solitamente un oggetto, un'intera parola e, solo in alcuni casi, anche suoni. Come si sa, le parole di una lingua sono numerosissime, per cui saper leggere e scrivere in questi sistemi significa conoscere un grande numero di segni o di caratteri (altrettanto numerosi, quindi, sono gli ideogrammi da apprendere): infatti in Cina e in Giappone i bambini per imparare a scrivere devono mandarne a memoria più di duemila. Tutt'altra cosa invece il funzionamento dell'alfabeto, che con pochi semplici segni, le lettere (per l'italiano 26: le 21 tradizionali più j, k, w, x, y) permette di leggere e scrivere tutte le parole. Infatti, se incontrate una parola nuova e poco comune che forse non conoscete, come, per esempio, ierofantide, siete comunque in grado di leggerla e anche di scriverla perché conoscete le lettere dell'alfabeto. Poi basterà prendere un dizionario e ne conoscerete anche il significato, che in questo caso è "antica sacerdotessa greca o egizia". Inoltre, se scriviamo in italiano porta e porto, possiamo notare che basta cambiare solo l'ultima lettera, la a con la o, per avere due parole diverse. Lo stesso vale per parole come rapa e rana, uomo e uovo. Se invece avessimo usato gli ideogrammi, per ognuna di queste parole ne avremmo dovuto utilizzare di completamente diversi. Provate a pensare a quante parole differiscono per pochi suoni e capirete quale risparmio di energia si ottiene. In altre parole, con l'alfabeto siamo in grado di scrivere con molta meno fatica e tutti possono imparare a farlo con poco sforzo.

Una lunga storia

Tuttavia, vi è stato un lungo e faticoso cammino prima di giungere alla scoperta dell'alfabeto. La sua lunga storia si intreccia con quella del suo stesso nome. Vi siete mai chiesti perché l'alfabeto si chiama così? La risposta più frequente sarà che il nome alfabeto deriva dalle prime due lettere dell'alfabeto greco: alfa e beta. In effetti è vero, è questa l'origine del nome. Solo che manca un particolare importante e fondamentale: non sono stati i Greci a inventare né quelle due lettere né l'alfabeto. La storia dell'alfabeto comincia molto prima, in un luogo non molto distante dall'Italia, nel Vicino Oriente. E coincide con la storia della nascita della scrittura.

Già gli uomini preistorici avevano sentito la necessità di tracciare segni grafici per fissare fatti e attività importanti, senza affidarsi solo alle parole dette a voce o alla memoria. Per molti studiosi i primi tentativi di scrittura sono le incisioni preistoriche su pietre, ossa e pareti. Si trattava di tacche (linee, linee tratteggiate, sbarre) o disegni geometrici, di animali e, più raramente, di figure umane. Le prime incisioni, però, non sono scritture, poiché non rappresentano graficamente le parole di una lingua.

Un passo successivo avviene con l'uso di pittogrammi, che consistono nella rappresentazione grafica di oggetti, idee e situazioni, e altri oggetti o concetti collegati. Per esempio, il disegno del Sole può voler dire sole, ma anche calore, splendere, astro celeste, giorno, luce, e altro ancora. Neanche per i pittogrammi si può parlare propriamente di scrittura, poiché essi non rappresentano ancora i suoni della lingua, ma l'oggetto. Per esempio il disegno di un gatto sta per l'animale gatto, e non per il suono della parola 'gatto'.

Nasce la scrittura, ma non l'alfabeto

In questo senso, la scrittura nasce, per esigenze commerciali, tra il 3250 e il 3100 a.C., in Mesopotamia, presso la prima grande civiltà urbana dei Sumeri. Le prime testimonianze provengono dalla città di Uruk, nell'odierno Iraq meridionale: si tratta di 1.500 tavolette di argilla dove venivano annotati i generi delle merci (animali, grano, olio, tessuti, e altro), le quantità e i nomi dei fornitori e dei clienti. Ma perché solo adesso possiamo parlare di scrittura? Perché adesso i segni impressi sulle tavolette di argilla, oltre a rappresentare un oggetto come i pittogrammi, hanno anche valore fonetico, rappresentano cioè i suoni delle parole.

Per scrivere sull'argilla fresca si usava uno stilo, cioè un'asta di metallo, osso o canna, e siccome le tavolette erano piccole e morbide i disegni divennero sempre meno fedeli, fino a quando il rapporto con l'oggetto non si perse del tutto e diventarono ideogrammi, come per il cinese. La prima scrittura sumerica era dunque una scrittura ideografica e mista, nella quale cioè a un ideogramma poteva corrispondere un oggetto, un'idea astratta o anche il suono della parola. In seguito la scrittura sumerica si sviluppò fino a diventare sillabica, con un gran risparmio dunque di segni, poiché il numero delle sillabe di una lingua è molto inferiore al numero delle parole. Ma non giunse a utilizzare i segni alfabetici.

I geroglifici: una scrittura mista a rebus

I Sumeri trasferirono il loro precedente principio di scrittura mista agli antichi Egizi. infatti, contrariamente a quanto si sarebbe istintivamente portati a credere (e a quanto si è creduto per molto tempo), anche i segni geroglifici rappresentavano in gran parte i suoni della lingua dell'antico Egitto. Così, nella scrittura geroglifica troviamo ideogrammi che valgono per l'oggetto, per l'intero suono della parola, per una serie di suoni, ma anche ideogrammi 'alfabetici', che valgono cioè per un solo suono. Dunque, gli antichi Egizi erano andati più in là dei Sumeri, fino a scoprire il principio alfabetico. Tuttavia leggere queste scritture miste era molto complicato, poiché esse funzionavano come veri e propri rebus, dove lettere e disegni vanno letti insieme per formare parole e frasi. Se, per esempio, in un rebus vogliamo rappresentare la parola trambusto, basta disegnare un tram e un busto: tram+busto=trambusto. Oppure, per avere la parola pasta, possiamo scrivere una p e disegnare accanto un'asta: p+asta=pasta. Ora, i geroglifici non avevano le lettere, per cui si deve immaginare al posto della p il disegno di un oggetto dove il suono p sia facilmente riconoscibile, come per esempio il disegno di una pipa.

Gli antichi Egizi conoscevano dunque il principio alfabetico, ma non avevano realizzato un loro alfabeto. Infatti, perché si possa parlare di alfabeto non basta che solo alcuni segni siano corrispondenti a un singolo suono, ma occorre in primo luogo che non vi sia confusione sul valore da attribuire a un segno e in secondo luogo che tutti i segni ‒ non solo alcuni ‒ valgano sempre uno e un solo suono (non parole intere, né sillabe, né serie di suoni). Nel sistema geroglifico ciò non avveniva, poiché un ideogramma, talvolta lo stesso ideogramma, poteva avere tutti questi valori fonetici diversi, oltre che rappresentare direttamente l'oggetto.

Le prime iscrizioni alfabetiche

Ma allora quando e dove nacque l'alfabeto? In realtà non si hanno risposte certe. Secondo la teoria più accettata, in un periodo imprecisato tra il 17° e il 15° secolo a.C., alcuni lavoratori di lingua semitica ‒ che era diversa da quella egiziana ‒ delle miniere di rame e turchese del Sinai tracciarono i primi segni che possiamo considerare alfabetici. Come avevano fatto? Partendo dai geroglifici avevano escogitato un sistema semplice e ingegnoso: il principio dell'acrofonia, che vuol dire "primo suono". In pratica, presero dei geroglifici già esistenti e li usarono per indicare il suono iniziale della parola nella loro lingua.

Ecco un esempio: il segno geroglifico della pianta di una casa o di una tenda non si legge come la parola egiziana, ma viene usato per indicare solo il suono iniziale della parola nella loro lingua. Ora, in semitico casa o tenda si diceva beth, e così quel segno passò a designare il suono iniziale di beth, cioè b. Ci sono rimaste poche iscrizioni di questa scrittura, e finora si è riusciti a decifrare solo qualche parola isolata, ma esse sono di grande importanza poiché sarebbero all'origine del primo alfabeto della storia: quello fenicio, databile intorno all'11°-10° secolo a.C.

I veri inventori dell'alfabeto: i Fenici

In effetti i Fenici possono essere considerati i reali inventori dell'alfabeto, poiché ripresero il principio alfabetico e lo estesero a tutti i suoni della lingua. Anch'essi di lingua semitica, avevano sviluppato un'importante civiltà marittima nel Mediterraneo, sulle coste dell'attuale Libano. Data la complessità dei loro rapporti commerciali, sentivano la necessità di dotarsi di un sistema di scrittura adeguato. L'alfabeto era l'ideale, poiché più semplice, efficace e preciso dei rebus geroglifici e sumerici.

Anche i segni dell'alfabeto fenicio derivano dai geroglifici, attraverso il già visto principio acrofonico. Così, oltre all'evoluzione del geroglifico che rappresentava la pianta di una tenda per la lettera b, riconosciamo il profilo di un cammello, gamal, per la g, il disegno di una porta, dalet, per d, e così via. In realtà l'alfabeto fenicio notava solo le consonanti e non le vocali, poiché nelle lingue semitiche sono le consonanti la struttura portante della parola. Questo principio vale anche per lingue semitiche odierne, come l'ebraico e l'arabo. Ma i Fenici fecero anche di più: elencarono i segni secondo un ordine e una successione stabile, e utilizzarono quest'ordine come criterio di classificazione. Dunque, oltre all'alfabeto, inventarono anche l'ordine alfabetico, che continuiamo a utilizzare per classificare ed elencare, così come avviene nei dizionari, nelle enciclopedie, nelle guide telefoniche. Insomma, come disse un famoso studioso, i Fenici furono i più grandi benefattori dell'umanità.

I Greci inseriscono le vocali

L'alfabeto fenicio è alla base di quasi tutti gli alfabeti successivi, compresi quelli odierni.

Da esso derivò l'alfabeto greco (attestato intorno all'8° secolo a.C.) che ne ereditò sia i nomi delle lettere (beta, gamma, delta, e così via), sia i caratteri. Tuttavia i Greci (Grecia antica) non si limitarono a prendere l'alfabeto fenicio così com'era, ma lo modificarono in funzione delle esigenze della loro lingua, inserendo le vocali e modificando posizione e orientamento della scrittura.

Già con i Fenici e ancor di più con i Greci, i caratteri grafici avevano perso la somiglianza con l'oggetto originariamente raffigurato. Infatti i caratteri fenici venivano tracciati inclinati verso sinistra, poiché la direzione di scrittura fenicia era appunto sinistrorsa, cioè andava da destra verso sinistra. Al contrario, la direzione di scrittura dei Greci fu dapprima bustrofedica (cioè con una direzione alterna: una riga da destra verso sinistra e la successiva da sinistra verso destra, come il tracciato che un aratro trascinato da un bue disegna sul campo) e in seguito essa divenne solamente destrorsa, cioè da sinistra verso destra. Con i Greci i caratteri diventano più diritti e stabili e la direzione di scrittura dei Greci fu adottata da tutti i popoli che ne acquisirono l'alfabeto.

Per le vocali i Greci presero in prestito alcuni caratteri fenici indicanti consonanti semitiche che però non esistevano nella lingua greca. Così, per la a presero il segno che raffigurava la testa di un bue, il cui nome semitico è 'alef (a dispetto delle apparenze, il suono iniziale della parola semitica 'alef è una consonante). In greco questo suono non esisteva, e così quel segno fu usato per indicare la vocale a, conservando tuttavia il nome fenicio per la lettera, che appunto si chiamò alfa.

In seguito, dai Greci l'alfabeto passò agli Etruschi e ai Latini, e dai Latini all'intero mondo occidentale. Ma dall'alfabeto fenicio derivarono anche l'alfabeto arabo e l'alfabeto ebraico e probabilmente anche la scrittura indiana.

La diffusione dell'alfabeto

Fino a ora abbiamo parlato di alfabeto; in realtà possiamo parlare di alfabeti, poiché ne esistono di vari tipi. Intanto gli alfabeti sono diversi per i tipi di caratteri grafici usati. Per l'italiano, così come per l'inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo e per molte altre lingue, si utilizzano i caratteri dell'alfabeto latino. Per il greco si continuano a utilizzare i caratteri già in uso nella Grecia classica. Per alcune lingue slave, come il russo, si usa l'alfabeto cirillico, così chiamato perché la tradizione attribuisce la sua introduzione ‒ con caratteri greci modificati ‒ agli evangelizzatori Cirillo e Metodio.

Per l'ebraico esistono caratteri specifici, così come per l'arabo, che è, dopo quello latino, l'alfabeto più diffuso al mondo, poiché in arabo sono scritti i testi sacri della religione islamica praticata da numerosi fedeli in vaste zone del globo.

Inoltre, ogni lingua ha il suo alfabeto. Esiste un alfabeto italiano, uno inglese, uno francese, uno turco, uno danese, uno arabo e così via: questi alfabeti differiscono infatti per numero e tipi di lettere, e anche per le corrispondenze stabilite tra lettere e suoni, poiché col passare del tempo l'iniziale corrispondenza tra un solo suono e un'unica lettera non rimase stabile in nessun alfabeto. Così, per esempio, in italiano per il suono k si ha la lettera c in parole come casa, cono e curva, la lettera q in quadro e questo, la lettera k per koala o Katia, e anche due lettere, ch, come nella parola chiesa. Inoltre la stessa lettera c può rappresentare suoni diversi come in cera e cane. Solo per fare un esempio di altre lingue, in inglese accade la stessa cosa: la lettera i può rappresentare sia il suono i come in give ("dare"), sia il suono ai in five ("cinque").

Perché l'alfabeto è così importante?

La vera civiltà della scrittura comincia in realtà con l'alfabeto. Se pensiamo alla quantità di opere scritte prodotte dall'uomo, a cominciare proprio dall'antichità greca e latina, ci rendiamo conto di quanto importante sia stata la scoperta dell'alfabeto per la diffusione della scrittura e quindi del sapere in generale. L'importanza dell'alfabeto è tale che esso è diventato sinonimo di conoscenza, e non conoscerlo sinonimo di ignoranza. Molte espressioni linguistiche ricordano questi aspetti: "tizio non sa nemmeno l'alfabeto" significa che "tizio è del tutto ignorante"; oppure "non conoscere nemmeno l'abbiccì" di un argomento vuol dire non saperne nulla (così come "conoscere l'abbiccì" vuol dire avere una conoscenza elementare di qualche cosa). Si chiama alfabetizzazione, inoltre, l'apprendimento degli elementi di base di un argomento, come per esempio l'alfabetizzazione informatica, scientifica, e così via. Infine - anche se esistono sistemi di scrittura diversi - viene chiamato 'analfabeta' chiunque non sia in grado di scrivere e leggere.

La scrittura ha oltre cinquemila anni di storia, l'alfabeto oltre tremila, eppure durante tutto questo periodo sono stati sempre più numerosi gli analfabeti che gli alfabetizzati. Per conoscere l'alfabeto e la scrittura occorre avere scuole e far sì che tutti vadano a scuola, e per molti secoli la maggioranza della popolazione mondiale non ha potuto realizzare tutto ciò. Anche in Italia, vi erano fino quasi al secolo scorso più analfabeti che persone che sapevano scrivere. Per fortuna ora non è più così, e gli analfabeti, che pure esistono, sono una piccolissima percentuale. Tuttavia esistono ancora nel mondo centinaia di milioni di bambini e adulti analfabeti, soprattutto nei paesi più poveri, e questa è una delle cause principali del loro mancato sviluppo.

Vedi anche
grafema Nella terminologia linguistica, la minima unità grafica di un sistema alfabetico o sillabico o ideografico ecc., cioè un segno che in un determinato sistema grafico si distingue da tutti gli altri segni del sistema e pertanto è in grado di far distinguere sul piano grafico una parola da altre. vocale Nella grammatica scolastica e nella fonetica tradizionale, suono del linguaggio articolato caratterizzato (in contrapposizione alla consonante) dall’apertura, diversa secondo le varie vocali, del canale di fonazione, dalla continuità dell’articolazione e quindi dal fatto di essere, di norma, il centro ... sillaba La minima unità fonica (autonoma e distinta sotto l’aspetto dell’articolazione) in cui si possono considerare divise le parole. ● La sillaba è costituita da un punto vocalico o centro o apice, formato da una vocale o da un dittongo o anche da una sonante con valore vocalico (così, per es., la sonante ... consonante Ciascuno dei fonemi di una lingua che vengono pronunciati con il canale vocale chiuso ( consonante occlusive o momentanee o esplosive) o semichiuso ( consonante semiocclusive o affricate e costrittive o fricative o continue) e che non possono fare sillaba da sé, in contrapposizione alle vocali, che possono ...
Indice
  • 1 Quali sono i vantaggi dell'alfabeto?
  • 2 Una lunga storia
  • 3 Nasce la scrittura, ma non l'alfabeto
  • 4 I geroglifici: una scrittura mista a rebus
  • 5 Le prime iscrizioni alfabetiche
  • 6 I veri inventori dell'alfabeto: i Fenici
  • 7 I Greci inseriscono le vocali
  • 8 La diffusione dell'alfabeto
  • 9 Perché l'alfabeto è così importante?
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