ALICARNASSO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi ALICARNASSO dell'anno: 1958 - 1973 - 1994

ALICARNASSO (v. vol. I, p. 251 e S 1970, p. 33)

P. Pedersen; K. Jeppesen

Per quanto concerne la cinta di Α., i resti meglio conservati sono quelli della Porta di Myndos, che si apriva sul lato occidentale del circuito murario e includeva, come si può ancora oggi notare, un cavedio a scopo difensivo.

La città del periodo arcaico e della prima età classica scomparve quasi completamente al momento della fondazione della nuova A. da parte di Mausolo. Un grande frammento decorato a ovuli, riferibile all'età arcaica, oltre ad alcuni bei capitelli ionici della prima fase classica e ad alcuni collarini di colonna decorati, suggeriscono l'ipotesi che alcuni santuarî più antichi fossero sopravvissuti alla ristrutturazione ecatomnide della città.

Probabilmente quasi all'inizio del regno, cioè verso il 370 a.C., Mausolo fece di A. la nuova capitale; egli realizzò un sinecismo fra sei città dei Lelegi della penisola di Alicarnasso. Il sinecismo fu accompagnato da una completa rifondazione della città che alterò del tutto l'aspetto topografico precedente.

Come è chiaramente testimoniato dai resti ancora esistenti ad Α., la nuova città ricevette una pianta ortogonale. Fu evidente l'intenzione, da parte di Mausolo e dei suoi architetti, di introdurre i più recenti sviluppi dello schema urbanistico di tipo ippodameo. Probabilmente Rodi fu una fonte di ispirazione sia per il sinecismo che per il piano urbano, mentre specifici elementi architettonici, come le terrazze monumentali e l'applicazione dell'ordine ionico, si inseriscono nell'ambito dell'antica tradizione ionica e lidia. Presumibilmente Priene è, per molti aspetti, un riflesso dell'urbanistica di Alicarnasso.

Immediatamente a Ν della terrazza, su cui si imposta il Mausoleo, corre l'asse principale della città, seguendo una direzione in senso E-O. A occidente esso conduce direttamente alla Porta di Myndos, terminando probabilmente in corrispondenza del cavedio, ancora oggi visibile. Questo asse è stato individuato in diversi punti della città e, almeno nella zona presso il Mausoleo, raggiunge una larghezza non inferiore ai 15 m, misura che, naturalmente, è eccezionale. In un altro punto si può supporre una larghezza di 4,5 m, normale per un asse ordinario che procede in senso N-S.

Tranne le pochissime strade conosciute grazie alle testimonianze archeologiche, l'ubicazione approssimativa di molte altre può essere rilevata dalla sopravvivenza di esse nel tracciato viario della moderna Bodrum. Un reticolato urbano con modulo di 36,5 X 54,5 m trova corrispondenza nella situazione odierna. Senza dubbio le aree destinate ad accogliere importanti strutture come l'agorà, il Mausoleo e il Santuario di Marte, dovettero essere previste già al momento della progettazione urbana. Nel piano urbano il Ν non coincide con quello magnetico, ma è spostato di sei gradi verso O.

Sul lato S della strada principale, 300 m a E della terrazza del Mausoleo, C. T. Newton mise in luce delle fondazioni, alcune orientate N-S e E-O, altre NO-SE. Lungo queste ultime si trovava un immenso deposito di figurine di terracotta datate c.a al V-IV sec. a.C. Nelle vicinanze egli notò un'iscrizione facente riferimento a Demetra e Persefone e ipotizzò che provenisse da un tempio situato in quest'area. Molti elementi architettonici appartenenti a un tempio di ordine corinzio si possono ancora vedere nella zona e sono forse attribuibili a questo contesto.

Il Santuario di Marte deve essere identificato con la grande terrazza situata nella parte settentrionale della città, sebbene la descrizione di Vitruvio crei al riguardo alcuni problemi. La terrazza presenta una larghezza di 105 m come quella su cui si imposta il Mausoleo, una dimensione che può in qualche modo essere stata determinata dal modulo della planimetria urbana. Un bel tratto del muro di terrazzamento in blocchi bugnati è conservato presso l'angolo NE. Nella parte centrale della terrazza il Newton eseguì lo scavo di una parte delle fondazioni del tempio, ma molto poco dell'alzato fu rinvenuto in quell'occasione.

Tra i minuscoli frammenti e le scaglie di marmo bianco disseminati oggi sul terreno si possono notare alami blocchi di grandi dimensioni, oltre ad alcuni frammenti di rocchi di colonne di ordine ionico, che attestano un diametro originario di c.a 1,2 m come è ricordato dal Newton e dai primi viaggiatori. W. R. Lethaby ha avanzato un'ipotesi ricostruttiva di un tempio prostilo tetrastilo simile al Tempio di Zeus a Priene, ma le dimensioni troppo grandi non si addicono a un tempio prostilo di età classica.

A c.a 200 m a NE di questo punto sono conservate le rovine del monastero di Haghia Marina, così chiamato dal Newton che scavò in questa zona parte di un antico terrazzamento. Una fiorente attività edilizia, sviluppatasi nella località in età post-antica, determinò la riutilizzazione di alcuni materiali da costruzione provenienti da diverse strutture antiche situate nelle vicinanze. Tra i blocchi reimpiegati visibili sul luogo, notevoli sono i resti di una costruzione ionica molto raffinata, probabilmente databile nell'ambito del IV sec. a.C. Frammenti di rocchi e basi di colonne, di un capitello ionico e di alcune antefisse, tutti in marmo bianco, indicano presumibilmente l'esistenza in questa zona di un tempio. Tali materiali, infatti, si mostrano non adatti a un secondo uso ed è improbabile, quindi, che siano stati trasportati qui da altre località. L'ubicazione precisa di quel tempio non è, comunque, nota. L'identificazione del complesso come un gymnàsion può difficilmente essere tuttora sostenuta. Si tratta, infatti, di una piccola altura rocciosa circondata da una pianura e c'è ragione di credere che le iscrizioni relative a un ginnasio siano state trasportate qui dalla stoà dorica, situata poco più avanti a occidente.

Lo stadio di A. è stato recentemente scoperto durante alcuni lavori edilizî ed è stato parzialmente scavato dalla direzione del museo di Bodrum. L'edificio è situato nella parte orientale dell'area indicata col nome di Great Terrace nella carta del Newton; infatti parte di questo muro di terrazzamento utilizza alcuni sedili di pietra provenienti dallo stadio. È stata rinvenuta soltanto la parte orientale dell'edificio, ma le sue tracce si possono seguire per almeno 200 m. La struttura è orientata in senso N-S, ma mostra una deviazione di 4-6 gradi rispetto all'orientamento del piano urbano, probabilmente per permettere una migliore utilizzazione del pendio collinare orientale. Alcuni sedili di pietra recano sulla fronte caratteri iscritti e altri sono decorati con zampe e piedi di leone: con tutta probabilità si tratta dei sedili contigui alle rampe di scale che permettevano l'accesso alle gradinate. Rimangono tracce di almeno cinque o sei file di sedili ed è ancora conservato un muro che dalla fila più bassa scende fino al livello dell'arena, non ancora, comunque, riportata alla luce.

Per quanto riguarda il teatro, gli scavi condotti da Ümit Serdaroğlu hanno riportato alla luce resti cospicui della scena, dell'orchestra e delle prime gradinate in pietra. Il teatro aveva 53 file di gradini e un diametro di 110 m. Lo scavo ha evidenziato diverse fasi costruttive, il cui esame ha indotto Serdaroğlu a ritenere che la struttura debba risalire, nella sua prima attuazione, alla metà del IV secolo. In un periodo successivo la scena fu adornata con marmo bianco proveniente dal peribolo del Mausoleo.

Durante l'età romana gli edifici più antichi continuarono ad avere un ruolo importante nell'aspetto generale della città. Questo vale per il ginnasio, per gran parte del santuario, per l'antico palazzo di Mausolo e, naturalmente, per il Mausoleo. Il tempio corinzio dedicato presumibilmente a Demetra fu costruito in questo periodo, e nello stesso tempo furono largamente abbelliti con pietra e marmo lo stadio e il teatro.

Un grande edificio di carattere industriale di età tardo-ellenistica, situato nell'angolo nord-occidentale del tèmenos del Mausoleo, continuò probabilmente a sopravvivere come lanificio. Comunque, A. romana è conosciuta soprattutto per le ville e i mosaici che continuano a venire alla luce durante i moderni lavori edilizî.

La più conosciuta è la grande villa scavata dal Newton nel settore occidentale della città, riccamente ornata di mosaici, oggi conservati al British Museum (v. vol. I p. 252). La localizzazione nella pianta redatta dal Newton non è corretta, ma l'area è senza dubbio esatta, dal momento che tale zona conserva ancora molte altre tracce di simili ville e di pavimenti in mosaico. Dalla stessa area di Eski Çeşme-Yeniköy provengono alcune sculture e alcuni notevoli ritratti di età romana. I resti di una bella villa marina giacciono, parzialmente sommersi, lungo il pendio occidentale della collina di Kaplan Kalesi, al di là del porto. La villa, ancora visibile lungo la spiaggia, aveva probabilmente una loggia dorica sul lato che si affacciava verso il mare, e un mosaico pavimentale a tessere bianche e nere raffigurante delfini.

A. bizantina è documentata da importanti resti purtroppo non datati, concentrati soprattutto nella zona situata tra il monastero di Haghia Marina (Türkkuyusu) e la terrazza occupata dal Santuario di Marte. Il presunto monastero consiste in un recinto fortificato, del quale si può ancora oggi osservare una torre circolare. Nelle adiacenze del suo lato Ν vi sono i resti di una grande basilica, a E dei quali è visibile una grande abside e, accanto a essa, le tracce di una più piccola abside laterale. A c.a 30 m si notano alcuni resti di mosaici policromi, probabilmente appartenenti al nartece della chiesa. Frammenti di capitelli corinzî provengono presumibilmente dall'interno della chiesa stessa.

Altre testimonianze bizantine si trovano nell'area meridionale dell'angolo SE della terrazza del Santuario di Marte. Si tratta principalmente di muri realizzati in pietra e malta, alcuni dei quali mostrano la presenza di nicchie coperte ad arco, ma non esistono tuttora studi concernenti la funzione di tali strutture.

Sparsi sul terreno circostante si trovavano frammenti di mosaici e, immediatamente al di sotto dell'angolo della terrazza, alcuni capitelli trapezoidali di ottima fattura, decorati con croci incise di differenti tipologie.

Bibl.: T. Spratt, On Halicamassus, in Transaction of the Royal Society of Literature, V, 1856, p. I ss.; W. R. Lethaby, The Temple of Ares at Halicamassus, in The Architectural Review, luglio 1915, p. 117 ss.; R. A. Higgins, Catalogue of the Terracottas in the Department of Greek and Roman Antiquities British Museum, I, Londra 1959, p. 102; E. Bean, Turkey beyond the Maeander, Londra 1971; Κ. Jeppesen, Zur Gründung und Baugeschichte des Maussolleions von Halikarnassos, in IstMitt, XXVII-XXVIII, 1977-78, p. 169 ss.; S. Hornblower, Mausolus, Oxford 1982; Ü. Serdaroglu, Bautätigkeit in Anatolien unter der Persischen Herrschaft, in Palast und Hütte. Beiträge zum Bauen und Wohnen im Altertum von Archäologen, Vor- und Frühgeschichtlern, Berlin 1979, Magonza 1982, p. 355; P. Pedersen, Zwei ornamentierte Säulenhälse aus Halikarnassos, in Jdl, XCVIII, 1983, pp. 87-121; W. Hoepfner, E.-L. Schwander, Haus und Stadt im klassischen Griechenland, Monaco 1986, p. 187 ss.; K. Jeppesen, The Ancient Greek and Latin Writers, in The Maussolleion at Halikarnassus, II, Aarhus 1986, p. 85 ss.; P. Pedersen, Town-Planning in Halicarnassus and Rhodes, in Archaeology in the Dodecanese, Copenhagen 1986, Copenaghen 1988, pp. 98- 103; id., Two Ionic Buildings in Halicarnassus, in V. Arastirma Sonuçlan Toplantist, Ankara 1987,1, Ankara 1988, pp. 359-368; id., The Maussolleion-Terrace at Halicarnassus and 4th c.B.C. Planning in South-Western Asia Minor, in Πρακτικα του XII Διεθνούς Συνεδρίου Κλασικής Αρχαιολογίας, Αθήνα 1983, Atene 1988, pp. 155-159.

(P. Pedersen)

Mausoleo (v. vol. IV, p. 934). - Negli anni 1967-1977 una missione archeologica danese ha ripreso gli scavi nell'area dove sorge il Mausoleo.

L'ampia terrazza su cui si imposta il monumento è stata individuata per tutta la sua estensione: c.a 105 X 242 metri. Approssimativamente al centro del lato orientale, che era foderato con blocchi di calcare bluastro finemente lavorati e che si presume offrisse la veduta principale della terrazza, furono rinvenuti i resti di una struttura quadrangolare sporgente rispetto al filo della terrazza stessa, interpretabile come il propileo attraverso il quale si accedeva al Mausoleo dall'agora quadrata menzionata da Vitruvio (II, 8, 11). Questa posizione preminente sembra confermare l'ipotesi che Mausolo fosse venerato come héros synoikìstès (o anoikistès) di Α., equivalente al tradizionale hèros ktìstes del periodo della colonizzazione.

Poiché il Mausoleo vero e proprio, cioè il monumento sepolcrale, era situato nell'angolo NE della terrazza, sembra che avanzasse parecchio spazio per disporre le strutture supplementari come, p.es., la pira funeraria e le piste per le gare funebri. D'altra parte l'intera area può essere stata ideata come un paràdeisos di stile persiano.

I sondaggi hanno soltanto rivelato nell'angolo NO della terrazza le fondazioni di una grande costruzione, larga c.a 17 m e lunga 105 m, di fattura più scadente (pietre e argilla) e databile fra la tarda età ellenistica e l'età romana. Adiacente al lato settentrionale della terrazza correva una strada, larga c.a 15 m, presumibilmente la platea ampia latitudine facta ricordata da Vitruvio (II, 8, 11). Alcuni resti di abitazioni che costeggiavano il lato Ν della strada, menzionati brevemente dal Newton, furono oggetto di nuove indagini negli anni 1966-1977. I disegni eseguiti dal Pullan, riproducenti il taglio nel banco in cui furono allettate le fondazioni del monumento sepolcrale (il c.d. Quadrangle), sono risultati inadeguati e parzialmente svianti. Durante i nuovi scavi, numerosi elementi significativi, precedentemente trascurati, sono stati esaminati con la dovuta considerazione.

All'interno della grande piattaforma di fondazione rinvenuta in situ dal Newton c'è un corridoio dal quale, attraverso una doppia porta di marmo bianco della quale rimangono alcuni frammenti, si accedeva alla camera sepolcrale che misurava 6,2 X 6,8 m circa. Tale camera era circondata e protetta da massicci filari di lastre di fondazione di tufo verdastro, alte ognuna c.a 30 cm. Alcuni resti dei filari inferiori si possono osservare in situ al di sopra della superficie livellata del banco. La camera era probabilmente coperta da una volta ad aggetti progressivi, realizzata utilizzando lo stesso materiale. Al di sotto del pavimento correva un elaborato sistema di canali di scolo collegato con un corridoio sotterraneo chiamato dal Newton Lower Gallery. Nella camera sepolcrale, nel corridoio e nelle sue immediate vicinanze e soprattutto nella cavità a forma di vasca scavata nel fondo della camera sepolcrale (che traeva origine da un corridoio sotterraneo probabilmente abolito al momento dell'erezione del Mausoleo), furono rinvenuti molti resti di corredo. Si tratta, in particolare, di pregiata ceramica attica dello stile di Kerč, di appliques e fili d'oro relativi a oggetti di vestiario, di pietre semipreziose e di oggetti d'avorio, presumibilmente lasciati dai clandestini che aprirono e saccheggiarono la tomba di Mausolo. Al di là della scala, davanti all'entrata della camera sepolcrale, fu rinvenuta una serie di blocchi di roccia locale che risultarono coprire un imponente deposito sacrificale di animali uccisi e macellati, in parte osservato ma non scavato dal Newton.

Lungo i lati Ν e S delle fondazioni sono visibili i resti di pilastri equidistanti, posti l'uno di fronte all'altro, realizzati grossolanamente con blocchi di pietra locale; la loro funzione è incerta. Vi è soltanto un pilastro sul lato orientale e a questo ne corrisponde un altro sul lato opposto, mentre altri due sono sistemati simmetricamente su entrambi i lati dell'asse della camera sepolcrale, per motivi ancora ignoti.

La struttura che si eleva al di sopra della tomba ha goduto di una grande fama grazie alla sua ricca decorazione scultorea (Plinio, Vitruvio). L'importanza di tale decorazione è confermata dai numerosi frammenti di scultura in rilievo e a tutto tondo che il Newton rinvenne sul posto. La maggior parte di questo materiale non viene considerata nella ricostruzione di Fritz Krischen, mentre Geoffrey Waywell dedica scarsa attenzione all'evidenza architettonica recentemente ricostruita. Inoltre entrambi si rifanno alla versione tradizionalmente accettata della descrizione di Plinio (Nat.hist., XXXVI, 30), in base alla quale l'altezza totale del monumento era di 140 piedi. In realtà, una parte delle informazioni di Plinio è compatibile con l'evidenza archeologica. È comprovata, p.es., l'esistenza delle trentasei colonne, dei ventiquattro gradini del tetto e della quadriga di marmo sulla sommità; ma altri passi non si adattano direttamente a una coerente descrizione del monumento. In ogni caso, tuttavia, il testo di Plinio risulta una fonte indispensabile di informazioni, e i problemi che solleva debbono essere affrontati, seppure soltanto in via di ipotesi.

L'autore descrive, in primo luogo, la parte inferiore della costruzione comprendente il colonnato, fornendo la misura del perimetro (440 piedi, equivalente a quella del taglio di fondazione rilevato durante lo scavo) e dell'altezza (25 cubiti = 37,5 piedi). Poi, dopo aver parlato dei quattro scultori che realizzarono la superba decorazione di questa parte, chiamata pteròn, passa a descrivere la struttura superiore di 24 gradini che sormontava lo pteròn e la quadriga di marmo che coronava il monumento, collocata a un'altezza di 140 piedi. Tuttavia, dal testo conservato (si segue qui l'edizione della Loeb), basato sulle diverse lezioni dei manoscritti, non è chiaro se nei 140 piedi sia compresa anche la quadriga stessa o solo la sua base. È probabile che Plinio abbia terminato l'ultima frase della sua descrizione con un'osservazione personale: come se il monumento non fosse abbastanza alto, pur nei suoi 140 piedi di altezza, fu tuttavia considerato ultimato solo con l'aggiunta della quadriga. Inoltre l'altezza di 25 cubiti sarebbe stata sufficiente solo per il colonnato, e non per tutta la facciata compreso il podio. Se, con un lieve emendamento, invece di in altitudinem XXV cubitis accogliamo la lezione in altitudinem LXXV cubitis, possiamo suggerire la seguente serie di misure dell'altezza:

facciata comprensiva del colonnato 75 cubiti = 112,5 piedi

ventiquattro gradini

del tetto 22,5 piedi

base della quadriga 5,0 piedi

totale 140 piedi

L'altezza del Mausoleo era, dunque, di 140 piedi, più l'altezza della quadriga, per complessivi 155 piedi circa. Si ritiene che la misura di 27,5 piedi, che rappresenta la differenza fra le due altezze riportate da Plinio, comprenda 22,5 piedi per l'altezza dei gradini e 5 piedi per la base della quadriga, considerando che la misura del piede, deducibile da questa e da altre parti della costruzione, è di c.a 32 cm.

Le ricostruzioni che abbiamo proposto trovano conferma nel fatto che l'altezza di 155 piedi si adatta a ricevere convenientemente le composizioni scultoree che devono aver rivestito il podio inferiore, mentre un'altezza complessiva di soli 140 piedi o, al contrario, addirittura di 180 piedi (la misura riportata in una lista latina di meraviglie attribuita a Vibius Sequester) avrebbe reso il monumento estremamente tozzo e goffo, oppure eccessivamente alto.

In base all'ipotesi che la misura dell'intercolumnio sui lati lunghi fosse di 2,88 m (corrispondenti a 9 piedi), la misura di 3 m c.a (corrispondenti a 9'6») che si può ricavare dall'esame di due architravi completi identificati nel Castello, deve riferirsi ai lati frontali della costruzione.

La forte contrazione dell'intercolumnio sui lati lunghi del colonnato offre i seguenti vantaggi: a) fornisce spazio sufficiente per le basi delle statue sui lati corti del podio, sufficiente persino per includere la statua colossale seduta (Waywell n. 33) che richiede uno spazio di c.a 165 cm; b) fa in modo che la costruzione sembri quadrata invece che oblunga sia nella planimetria che nell'alzato (rapporto fra i lati del colonnato di 5:6 invece che di 4:5), riducendo, di conseguenza, la sua pesantezza; e inoltre permette un abbassamento proporzionale delle colonne così da renderle conformi all'evidenza dei resti conservati, che suggeriscono un'altezza media di c.a 9 m.

Si può ipotizzare la seguente ricostruzione del monumento, rifacendosi alle dimensioni precedentemente proposte e tenendo conto delle testimonianze archeologiche offerte sia dai resti architettonici che da quelli scultorei superstiti.

Il podio si elevava al di sopra di un krepìdoma di tre gradini (cfr. il Mausoleo di Belevi) sormontato da un basamento di marmo bianco al quale possono essere attribuiti i frammenti di un'elaborata modanatura, decorata con kỳma lesbio al di sopra del cavetto.

Si suppone che questo basamento sostenesse su ogni lato grandi composizioni di sculture a tutto tondo, alte in media c.a 3 m. Sul lato occidentale dovevano essere collocati gruppi relativi a scene di caccia (tra cui il cavaliere persiano e il cavallo che, a quanto riferito, furono rinvenuti nella parte centrale del lato O del Quadrangle, Waywell n. 34); sui lati lunghi, invece, dovevano trovarsi gruppi relativi a scene di sacrificio, raffigurati forse secondo lo schema di processioni che avanzavano da entrambi i lati culminando nel lato frontale orientale, come nel fregio del Partenone. A questo lato deve essere assegnata la figura maschile seduta, Waywell n. 33 (rinvenuta, a quanto si dice, nella parte orientale del Quadrangle) che forse rappresentava lo stesso Mausolo, nell'atto di ricevere omaggio in una scena di udienza o di sacrificio.

Un secondo basamento di calcare bluastro, poggiante sul primo, era decorato con gruppi scultorei a tutto tondo e a grandezza naturale, relativi a scene di combattimento fra Greci e Persiani che si affrontavano a piedi o a cavallo. Di questa seconda base sono stati identificati molti frammenti della modanatura superiore, decorata con kỳma ionico al di sotto del cavetto, che presenta alcuni incavi adeguati alle dimensioni delle sculture. Inoltre, un numero ragguardevole di frammenti di blocchi dimostra che il calcare bluastro deve essere stato largamente utilizzato nelle parti esterne del Mausoleo, molto probabilmente anche nella parte superiore del monumento.

Al di sopra dei basamenti la pianta del podio fu sistemata in maniera tale da adattarsi alle dimensioni del colonnato soprastante. Rivestito di marmo bianco, esso era decorato nella parte superiore da un fregio con Amazzoni, al di sopra del quale vi era una cornice costituita da una decorazione incisa a astragali e perline, coronata da un cavetto. Dal segno della corrosione sulla cornice si desume il profilo dello stilobate, costituito probabilmente da un unico gradino (cfr. il monumento delle Nereidi a Xanthos), in quanto la presenza di due o tre gradini avrebbe occupato lo spazio necessario per il krepìdoma e per le composizioni scultoree ai piedi del podio.

Nel corso degli ultimi lavori di scavo sono stati individuati resti di elementi di ordine ionico: i plinti quadrati di colonna in calcare bluastro e la modanatura inserita fra la decorazione a dentelli e la cornice. È possibile anche ricostruire in ogni dettaglio i cassettoni riccamente decorati, elementi tra i più celebri e più preziosi del Mausoleo. Nella parte superiore del muro della cella, situato dietro al colonnato, era probabilmente collocato il fregio con carri. Notevoli resti di decorazione dipinta sulla modanatura di tale fregio indicano che, analogamente al fregio del Partenone, anche questo era collocato in una posizione riparata che assicurava una qualche protezione contro gli agenti atmosferici.

Tra le sculture di grandi dimensioni (c.a 3 m di altezza) vi sono resti di statue maschili e femminili che sembrano essere state progettate per una posizione frontale, alcune delle quali mostrano un'evidente somiglianza con le figure di Idreo e Ada sul rilievo di Tegea. Con ogni probabilità erano allineate fianco a fianco, come nei gruppi aviti quali quello di Daochos a Delfi o quello di Filippo e della sua famiglia nel Philippèion di Olimpia, ma è difficile immaginare che potessero essere state collocate sulla stessa base dei gruppi relativi a scene di caccia o di sacrificio, situati ai piedi del podio; inoltre lo spazio disponibile non avrebbe reso possibile l'inserimento di un'ulteriore base in aggiunta alle due già previste nella nostra ricostruzione. Se il monumento comprendeva una galleria di statue-ritratto riproducenti i membri eminenti della dinastia ecatomnide e i suoi antenati - e, considerando il carattere celebrativo del monumento, l'ipotesi sembra molto probabile - tale galleria poteva essere sistemata soltanto su una base isolata collocata lungo il muro della cella posto dietro al colonnato (cfr. analoghi allestimenti raffigurati, in rilievi o pitture, sul sarcofago delle Piangenti da Sidone, sull'altare del Santuario di Atena a Priene e sulla Tomba di Leukadià in Macedonia). In tale sistemazione le statue di Mausolo e Artemisia sarebbero state presumibilmente poste al centro del lato frontale E, fiancheggiate dalle statue dei cortigiani e delle ancelle riprodotte in scala più piccola (p.es., la c.d. Artemisia, Waywell n. 27), mentre si può supporre che le statue dei loro antenati, in particolare quelle del padre Hekatomnos e del nonno Hyssaldomos, accompagnati dalle mogli e dal corteo dei servitori, abbiano occupato gli altri lati del colonnato. Forse, per creare un contrasto con il marmo bianco del colonnato, la base era rivestita di calcare bluastro.

La scelta di un numero dispari di colonne su ogni lato del monumento (rispettivamente 9 e 11), può essere stata dettata da considerazioni riguardanti la decorazione scultorea. In questo tipo di impianto ci dovevano essere due intercolumni doppi collocati simmetricamente su ogni lato dell'asse, destinati a ricevere una coppia di statue (p.es. quelle di Mausolo e di Artemisia), piuttosto che la statua di una persona in particolare. In caso contrario, infatti, le statue collocate sullo stilobate fra le colonne sarebbero apparse troppo grandi rispetto al diametro delle colonne stesse. Più adatta a essere inserita negli intercolumni è la serie delle statue «eroiche» in abbigliamento greco o persiano (alt. c.a 2,40 m), che Waywell suppone fosse, invece, collocata su una base isolata intorno alla parte inferiore del podio. I personaggi raffigurati possono difficilmente essere interpretati come antenati, e più probabilmente rappresentano guardie del corpo e altri membri dell'entourage dei satrapi.

Alcuni gradini del tetto mostrano incavi per la messa in opera di sculture: quasi certamente, le statue di leoni stanti dei quali rimangono tanti imponenti resti. Il carattere individuale di ogni leone è poco compatibile con una distribuzione in file affrontate, suggerita da Waywell, nella quale ci si aspetterebbe un'uniformità di tipo orientale (cfr. i grifoni del Mausoleo di Belevi), piuttosto che una varietà di tipo greco. Si può difficilmente dubitare del fatto che i leoni fossero sistemati in coppia l'uno di fronte all'altro e che ogni coppia fosse, con ogni probabilità, messa ritmicamente in rapporto con il colonnato sottostante. È possibile, però, che i leoni fossero connessi con altri tipi di sculture come, p.es., statue antropomorfe che creavano un collegamento fra i gruppi al fine di determinare una composizione coerente.

Recentemente è stata riconosciuta una base frammentaria, larga c.a 1,5 m, con un incavo nella parte superiore pertinente verisímilmente a un acroterio riproducente un gruppo figurato. Probabilmente acroterî simili dovevano essere collocati in ogni angolo dell'edificio. A essi possono essere attribuiti alcuni frammenti scultorei a tutto tondo che non sembrano adattarsi in modo convincente a nessun contesto scultoreo fra quelli che decoravano il colonnato o la parte inferiore del podio: si tratta di una testa femminile, una testa di Apollo e una testa maschile giovanile (Waywell nn. 30, 46, 48), la cui torsione indica che devono essere appartenute a figure rappresentate in forte movimento. Forse appartenevano a gruppi che rappresentavano la scena dell'uccisione dei Niobidi, cioè a una figurazione che doveva somigliare molto alla ben nota composizione scultorea di età ellenistica che raffigurava lo stesso soggetto.

Dalla graduale contrazione del tetto che corrisponde a ventiquattro gradini di due differenti grandezze, rispettivamente per i lati lunghi e per i lati corti (ben attestate dai numerosi gradini rinvenuti nello scavo), si arriva a una piattaforma che, a giudicare dal racconto di Plinio, deve aver sostenuto una base separata alta 5 piedi (1,6 m) atta a sostenere la quadriga che coronava il monumento. Si ritiene che la base fosse larga 5,6 m c.a (sui lati E e O) e lunga 6 m c.a, dimensioni queste sufficienti per ospitare la quadriga che può essere ricostruita sulla base dei resti superstiti dei cavalli e delle ruote, e in conformità con le proporzioni oblunghe, a volte approssimativamente quadrate, conosciute dalle basi di quadrighe rinvenute in altre località (Atene, Delfi, Olimpia). Si presume che i suoi lati siano stati rivestiti da un fregio raffigurante centauri, del quale stranamente è rimasto molto meno che dei fregi con carri e Amazzoni.

Non c'è motivo di dubitare del fatto che una statua di Mausolo (probabilmente un po' più alta del c.d. Mausolo) fosse sistemata nella quadriga. Accanto a lui potevano essere state collocate altre figure delle quali, tuttavia, non si conosce nulla. Waywell ritiene che i cavalli siano di razza asiatica, ma a una più attenta osservazione sembrano soltanto idealizzati e non diversi da quelli raffigurati nelle sculture a tutto tondo o nei rilievi delle altri parti del Mausoleo. L'influenza orientale non risulta evidente in alcuna caratteristica scultorea e architettonica del Mausoleo.

Il tetto a gradini non ha precedenti nell'architettura greca né in quella orientale ed è difficile credere che potesse essere stato ispirato dalle piramidi egizie, benché questo venga ripetutamente affermato. Sarebbe forse meglio considerarlo un elemento innovativo di importanza sia formale sia funzionale; un mezzo per ottenere l'innalzamento della quadriga del sovrano eroizzato in modo che essa potesse essere visibile da ogni parte di A. e dal mare.

Bibl.: Notizie preliminari di scavo: ActaArch, XXXVIII, 1967, pp. 29-58; AJA, LXXVII, 1973, pp. 336-338; Md., LXXIX, 1975, pp. 67-79; IstMitt, XXVI, 1976, pp. 47-99; ibid., XXVII-XXVIII, 1977-1978, pp. 169-211; Κ. Jeppesen, Zu den Proportionen des Maussolleions von Halikamassos, in Bauplanung und Bautheorie der Antike, Berlino 1984, pp. 167-174; id., What did the Maussoleion look like?, in Architecture and Society in Hecatomnid Caria. Proceedings of the Uppsala Symposium 1987 (Uppsala Studies in Ancient Mediterranean and Near Eastern Civilizations, 17), Uppsala 1989, pp. 15-22.

Rapporti definitivi di scavo: The Maussolleion at Halikamassos, Reports of the Danish Archaeological Expedition to Bodrum: F. Hojlund, K. Aaris- Sorensen, I. The Sacrificial Deposit, Aarhus 1981; K. Jeppesen, A. Luttre, II. The Written Sources and Their Archaeological Background, Aarhus 1986; P. Pedersen, III. The Maussolleion Terrace and Accessory Structures, Aarhus 1991; K. Jeppesen, K. Kjeldsen, J. Zahle, IV. The Site of the Sepulchral Monument, Its Foundations, Tomb Chamber, and Superstructure, in preparazione; Κ. Kjeldsen, J. Zahle, V. Pottery, Terracottas, Objects of Gold, Alabaster and Ivory, Semiprecious Stones and Coins, in preparazione.

Sculture: G. Β. Waywell, The Free-Standing Sculptures of the Mausoleum at Halicarnassus in the British Museum. A Catalogue, Londra 1978; G. Β. Waywell, The Mausoleum at Halicarnassus, in P.A. Clayton e M.J. Price (ed.), The Seven Wonders of the Ancient World, Londra-New York 1988, pp. 100-123.

(K. Jeppesen)