ALIZARINA

Enciclopedia Italiana (1929)

ALIZARINA

Guido Bargellini

. Fin dall'antichità si adopravano in tintoria le radici della robbia (Rubia tinctorum). Nelle radici di questa pianta, coltivata anche in Europa (e chiamata in fr. alizari, dall'araho al-‛aòārah) è contenuto un glucoside chiamato acido ruberitrico, il quale per azione di un enzima che è contenuto nella pianta stessa o anche per trattamento con acidi diluiti, si scinde per dare alizarina e glucosio:

Per la prima volta l'alizarina fu isolata dalla robbia da Colin e Robiquet nel 1826. Dopo le ricerche di Graebe e Liebermann che giunsero nel 1868 a stabilire la sua formula di costituzione, fu possibile la sua sintesi, che assunse presto importanza industriale. Sono del 1870 i brevetti presi quasi contemporaneamente da Perkin e da Caro, Graebe e Liebermann per ottenere l'alizarina col metodo che, salvo qualche perfezionamento, è seguito anche oggi nell'industria. Da allora divennero inutili le piantagioni di robbia che erano diffuse specialmente in Francia. Il commercio dell'alizarina, che era prima del 1870 nelle mani dei coltivatori francesi, divenne in pochi anni monopolio delle fabbriche tedesche. Nel 1868 la Francia produceva robbia per il valore di 43 milioni di franchi. Nel 1902 le fabbriche tedesche producevano colori di alizarina per il valore di 30 milioni di marchi.

L'alizarina è un derivato ossidrilico dell'antrachinone (formula I) e precisamente è 1-2-diossi-antrachinone (formula II)

L'alizarina cristallizza e può anche sublimare in aghi rossi fusibili a 290°. Si scioglie pochissimo nell'acqua, più facilmente nell'alcool e negli altri solventi organici. Per gli ossidrili fenici che contiene si scioglie negli alcali. Per trattamento con anidride acetica può dare un mono- e un bi-acetil-derivato. Ossidata, dà acido ftalico. Per distillazione con polvere di zinco si trasforma in antracene. Fu specialmente quest'ultima esperienza che servì di base a Graebe e Liebermann per dimostrare la sua costituzione.

La fabbricazione industriale dell'alizarina si fa partendo dall'antracene ricavato dal catrame di carbon fossile. L'antracene greggio viene prima ossidato con bicromato e acido solforico e trasformato in antrachinone: questo si può purificare facilmente per trattamento con acido solforico concentrato che solfona e solubilizza le altre sostanze contenute nell'antracene greggio e non solfona invece l'antrachinone che resta inalterato e puro. Per trasformarlo in alizarina, l'antrachinone deve essere prima solfonato, riscaldandolo fino a circa 160° con acido solforico fumante (col 40-45% di SO3). Nella solfonazione si forma acido antrachinon-2-solfonico insieme a piccole quantità di acido 2-6-disolfonico e acido 2-7-disolfonico. Trasformando in sali di sodio gli acidi prodotti nella solfonazione, si può separare il sale di sodio dell'acido antrachinon-2-solfonico (chiamato per il suo aspetto sale argentino) dai sali di sodio degli altri due acidi più facilmente solubili.

Il sale argentino (formula III) viene poi riscaldato sotto pressione (3-4 atm.), a 170-180° con idrato sodico. In queste condizioni però non avviene (come ci si potrebbe aspettare) una semplice sostituzione del gruppo solfonico con l'ossidrile e non si forma il 2-ossi-antrachinone (formula IV), ma avviene anche un'ossidazione per cui viene introdotto un atomo di ossigeno nella molecola sotto forma di ossidrile in posizione i e si forma l'alizarina (formula V).

Per favorire questa ossidazione si aggiunge alla massa fusa un po' di clorato di potassio. Così si forma con buona rendita il sale sodico dell'alizarina, dal quale con un acido si ha poi l'alizarina.

L'alizarina per usi industriali viene posta in commercio sotto forma di una pasta che ne contiene il 20%, circa.

Si può ottenere alizarina anche senza solfonazione, riscaldando direttamente l'antrachinone con clorato di sodio e un miscuglio di idrato sodico e idrato potassico in soluzione acquosa a 200° sotto pressione. Si ha così una rendita minore, ma l'alizarina in tal modo ottenuta è più pura.

Un metodo di preparazione che ha soltanto importanza scientifica è quello che fornisce alizarina insieme a istazarina (2-3-diossi-antrachinone, formula VI) quando si condensa l'anidride ftalica con pirocatechina in presenza di acido solforico concentrato.

L'impiego dell'alizarina in tintoria è fondato sulla sua proprietà di formare con diversi ossidi metallici lacche insolubili variamente colorate: l'alizarina è cioè una sostanza colorante per mordenti. Le lacche di stagno e di alluminio sono rosse, quelle di ferro neroviolacee, quelle di cromo rosso-brune, ecc.

Un metodo assai antico per tingere con l'alizarina i tessuti di cotone è quello detto al rosso turco, con l'impiego di mordenti oleosi.

Dalle radici della robbia, oltre all'alizarina, si possono ricavare anche altri derivati ossidrilici dell'antrachinone analoghi all'alizarina, p. es. la purpurina (1-2-4-triossi-antrachinone della formula VII), la purpuroxantina (1-3-diossi-antrachinone della formula VIII), e la pseudo-purpurina (acido purpurin-carbonico della formula IX).

Anche altre piante contengono derivati ossidrilici dell'antrachinone analoghi all'alizarina, ma nessuno ha l'importanza pratica dell'alizarina.

Numerosi derivati dell'alizarina (nitro-alizarina, ammino-alizarina, derivati chinolinici dell'alizarina, ecc.) e molti altri derivati dell'antrachinone vengono preparati artificialmente e usati in tintoria (v. coloranti, sostanze).

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