Allergia

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Allergia

Andrea Matucci
Sergio Romagnani

Il termine allergia fu proposto nel 1904 dal pediatra viennese C. von Pirquet per indicare una modificazione della 'capacità di reagire' dell'organismo. Fu merito, poi, dei medici tedeschi K. Praustnitz e H. Kustner la dimostrazione che una sensibilizzazione poteva essere trasferita passivamente da un soggetto allergico a uno sano. Con il termine atopia A.F. Coca e R.A. Coke designarono, nel 1923, quel gruppo di affezioni a incidenza familiare caratterizzate da sensibilizzazione nei confronti di sostanze (allergeni) comunemente presenti nell'ambiente. L'incidenza di queste malattie appare in continuo aumento e la loro prevalenza è certamente superiore al 10%. Le malattie allergiche rappresentano un gruppo di affezioni legate a una disregolazione del sistema immunitario nei confronti di particolari antigeni (definiti allergeni) normalmente innocui per la maggior parte dei soggetti. Mentre il termine allergia ha un significato abbastanza esteso, il termine atopia viene utilizzato per indicare più specificamente quel gruppo di affezioni allergiche, che sono caratterizzate dall'esistenza di familiarità e dalla propensione alla produzione di anticorpi della classe IgE nei confronti di allergeni ambientali. Le conoscenze derivanti dagli studi di immunologia cellulare e molecolare hanno chiarito i meccanismi patogenetici che sono alla base della flogosi allergica; infatti, indipendentemente dal quadro clinico di malattia (asma bronchiale, rinite, dermatite atopica), i meccanismi cellulari sono gli stessi e sono connessi alla presenza della condizione atopica.

In genere le manifestazioni cliniche dei soggetti atopici sono la dermatite atopica, l'asma bronchiale e la rinite allergica, meno frequentemente l'orticaria e le manifestazioni gastrointestinali, le quali possono comparire in successione nel corso della vita, ma anche essere presenti contemporaneamente nello stesso soggetto, conducendo al concetto di atopia come condizione fisiopatologia a carattere sistemico. Per contro, le reazioni di tipo allergico o anafilattico nei confronti di farmaci o di componenti del veleno degli insetti Imenotteri possono insorgere anche in soggetti senza stigmate di atopia. Infine, dal momento che almeno una parte delle manifestazioni cliniche dell'a. e dell'atopia sono caratterizzate dall'insorgenza a breve distanza di tempo (pochi minuti) dall'introduzione dell'antigene che ne è responsabile, esse sono anche note come reazioni di ipersensibilità immediata. Tuttavia, le reazioni immediate costituiscono, almeno nella maggior parte dei soggetti allergici, solo una componente dell'intero quadro fisiopatologico, potendo essere seguite dalle cosiddette reazioni di fase tardiva, le quali contribuiscono in maniera determinante alla genesi delle manifestazioni cliniche e soprattutto alla loro cronicizzazione. È stato introdotto il concetto di 'flogosi minima persistente', secondo il quale anche nei periodi di minor esposizione all'allergene, o comunque di asintomaticità del paziente, continua a persistere uno stato di flogosi a carico della mucosa nasale e bronchiale.

Allergeni

Gli allergeni sono gli antigeni presenti comunemente nell'ambiente, dotati della proprietà di indurre, in determinati individui, una risposta immunologica prevalentemente caratterizzata dalla produzione di anticorpi IgE. Siffatta proprietà non appare strettamente correlata con le caratteristiche fisico-chimiche di tali molecole, che più spesso sono proteine o glicoproteine resistenti al calore, alle variazioni del pH e agli enzimi proteolitici, e hanno peso molecolare compreso tra 5 e 60 kilodalton. La maggior parte degli allergeni viene introdotta nell'organismo per via inalatoria (allergeni da inalazione), per ingestione (allergeni alimentari e farmaci) o per via parenterale (allergeni da iniezione). Tra gli allergeni da inalazione sono compresi i pollini, gli acari della polvere domestica, i derivati epidermici di animali (cane, gatto, cavallo ecc.), alcune spore fungine. Agli allergeni da inalazione appartengono anche composti volatili utilizzati nell'industria (isocianati, fluoruri, parafenilendiamina) responsabili di forme professionali, nonché proteine vegetali (farina di grano, soia e frumento). Gli allergeni alimentari sono più spesso responsabili di disturbi gastrointestinali e della sindrome orticaria-angioedema; più raramente di gravi quadri di shock anafilattico. Infine, gli allergeni da iniezione includono i farmaci e il veleno degli insetti, soprattutto Imenotteri (api, vespe, calabroni).

Pollini

I pollini anemofili, cioè aerotrasportati, rappresentano gli allergeni inalanti più frequentemente responsabili di malattie allergiche a carico dell'apparato respiratorio. Si ritrovano nell'atmosfera in stagioni ben definite, caratteristiche per ciascuna pianta e area geografica. Gli allergeni pollinici, di natura proteica o glicoproteica, vengono liberati al contatto del granulo pollinico con la superficie umida e ricca di enzimi delle mucose respiratorie. I pollini più importanti dal punto di vista allergenico sono quelli di Graminacee; tra questi i più studiati sono quelli del Lolium perenne, il cui allergene maggiore (Lol p1), e anche i due minori (Lol p2 e Lol p3), mostrano una notevole reattività crociata con i principali allergeni delle altre specie di Graminacee. Altri allergeni pollinici importanti in Italia e in Europa sono quelli dell'Artemisia vulgaris e della Parietaria judaica, mentre negli Stati Uniti oltre alle Graminacee rivestono notevole importanza i pollini di Ambrosia artimisiifolia e di Ambrosia trifida. I pollini delle piante ad alto fusto sono meno importanti, sia per la minore frequenza con cui inducono sensibilizzazione, sia perché la stagione di pollinazione è molto più breve di quella delle erbe; è importante ricordare, comunque, la crescente importanza dei pollini di olivo, betulla e cipresso.

Spore fungine

Le spore fungine si trovano in grande quantità nell'ambiente esterno e vengono trasportate da correnti aeree a grandi distanze, per poi depositarsi al suolo, anche in ambienti chiusi, sviluppandosi e dando origine a molte altre spore. L'importanza degli allergeni fungini è minore di quella dei pollini; i più importanti tra quelli che si trovano nell'ambiente esterno sono l'Alternaria alternata e il Cladosporium herbarium. L'Aspergillus fumigatus, il Penicillum niger e i Mucor si ritrovano in genere nelle zone più umide delle abitazioni (spugne, contenitori di immondizie, vasi da fiori). Va tenuto presente che i sintomi nei pazienti allergici alle spore fungine, a differenza di quelli dei pazienti con a. ai pollini, si accentuano nei periodi umidi e piovosi.

Derivati epidermici degli animali

Gli allergeni di derivazione animale più importanti sono quelli derivati dalla saliva, dal siero, dalle secrezioni sebacee e dall'epitelio di gatti e cani. L'a. di gran lunga più diffusa è quella legata ai derivati dei peli del gatto; si calcola che circa il 15-20% degli atopici posseggano IgE specifiche per un antigene presente nella forfora del gatto, il Fel d1, che deriva principalmente dalle cellule sebacee e si accumula sugli strati superficiali dell'epidermide. Le particelle risultano di dimensioni molto piccole (2,5 μm) e sono quindi molto diffusibili con le correnti aeree. Per questa caratteristica tale allergene si ritrova anche in abitazioni dove non è presente l'animale. Il cane, per la sua grande diffusione, costituisce un'altra importante fonte di allergeni (Can f1). Devono essere infine ricordati gli allergeni derivati dal cavallo, importanti per l'estrema potenza allergenica capace di provocare gravi quadri clinici di asma bronchiale a insorgenza improvvisa, nonché gli allergeni del coniglio, che costituiscono un problema soprattutto per gli allevatori ma che, per la sua diffusione come animale da appartamento, sta diventando un problema clinico non trascurabile. Frequentemente si osserva una reattività crociata, almeno dal punto di vista clinico, tra i diversi animali, per cui soggetti sensibili agli allergeni del cane non tollerano il soggiornare in ambienti in cui è presente il gatto e viceversa.

Allergeni degli acari delle polveri di abitazione

Gli acari delle polveri domestiche (Dermatophagoides pteronyssinus e Dermatophagoides farinae) costituiscono la principale sorgente di allergeni responsabili di malattie allergiche ad andamento subcontinuo o cronico (nei pazienti asmatici la prevalenza della sensibilizzazione a questo tipo di allergeni oscilla tra il 45 e l'85%). Gli acari si nutrono di scaglie epiteliali umane, per cui tendono a vivere nei materassi e in genere nei mobili con imbottiture (poltrone, cuscini ecc.); liberano allergeni sia in conseguenza della frammentazione dei loro tegumenti, sia attraverso le loro particelle fecali. Poiché l'atmosfera caldo-umida favorisce la crescita degli acari, nei pazienti con questo tipo di a. si verifica un'accentuazione della sintomatologia durante il periodo dell'anno corrispondente alla tarda estate-inizio autunno; per contro, per gli stessi motivi, l'a. agli acari è virtualmente inesistente alle altitudini superiori ai 1600 m. Sono stati anche descritti altri acari definiti 'minori', ma la loro importanza come sorgente allergenica appare decisamente inferiore in quanto rappresentano circa il 10% della popolazione degli acari. Si ricordano anche l'Acarus siro, che vive nelle farine e nei cereali, nonché sulla superficie dei formaggi in stagionatura; il Tyrophagus putrescentiae, che è presente soprattutto nei magazzini alimentari e chiamato anche acaro del prosciutto crudo; il Glycyphagus domesticus, che predilige prodotti dolciari e farine; infine, il Lepidoglyphus destructor, che vive soprattutto nei fienili e nei granai. Sembra esistere un certo grado di reattività crociata con gli allergeni derivati dagli acari maggiori. Del resto, sono abbastanza rari i casi clinici in cui è presente una sensibilizzazione isolata nei confronti degli acari minori.

Allergeni alimentari

Gli alimenti che più frequentemente causano reazioni allergiche sono il latte e i suoi derivati, il frumento, l'uovo, il pesce, la cipolla, l'aglio, la carne di maiale, il pomodoro, le noci e i semi. Il gruppo delle noci e dei semi comprende alimenti che hanno allergeni in comune, per cui è possibile il verificarsi di una reattività crociata. In questo gruppo si ritrovano alimenti quali cacao, piselli, fagioli, fave, fagiolini, noci, nocciole, mandorle, arachidi, olive, soia, semi di girasole, lamponi, more, uva, agrumi, ciliegie, pesche. Di grande interesse è la dimostrazione di reattività crociata tra pollini e alimenti (frutta e vegetali). Si ritiene comunemente che gli allergeni di origine vegetale siano sensibili alla temperatura, siano cioè termolabili, contrariamente a quelli di origine animale, che sono termostabili, in quanto la cottura non modifica l'allergenicità del pesce, delle uova o del latte; tuttavia esistono delle eccezioni, in quanto le albumine di diversi tipi di carne sono termolabili e, per converso, gli allergeni delle arachidi e dei pomodori sono termostabili.

Patogenesi dell'allergia

Come ricordato sopra, anche sul piano storico, una delle caratteristiche fondamentali dei soggetti allergici è quella di produrre anticorpi della classe IgE diretti verso gli allergeni. Le più recenti acquisizioni sul ruolo delle cellule che sono coinvolte nella produzione degli anticorpi IgE e di quelle coinvolte nei processi flogistici conseguenti (linfociti, mastociti, granulociti eosinofili, granulociti basofili), nonché la scoperta di numerose citochine e chemochine (citochine chemiotattiche), hanno modificato l'interpretazione dei meccanismi patogenetici, soprattutto con riferimento alle malattie allergiche caratterizzate da flogosi persistente con tendenza alla cronicizzazione.

Le cellule responsabili della sensibilizzazione verso gli allergeni: i linfociti Th2

Lo studio delle varie componenti cellulari che partecipano alla risposta immunitaria ha permesso di dimostrare l'esistenza di differenti tipi di linfociti T helper (Th). I linfociti Th sono le cellule deputate nel sistema immunitario al riconoscimento di tutti i possibili agenti estranei capaci di penetrare nell'organismo e di dare inizio alle reazioni effettrici devolute alla loro rimozione o eliminazione. Infatti, i linfociti Th hanno una fine capacità discriminatrice garantita dalla presenza sulla loro superficie di un recettore che è specifico per ciascuno dei numerosissimi peptici costituenti le molecole proteiche degli antigeni. Il repertorio di variabilità del recettore dei linfociti T è così ampio da permettere il riconoscimento di tutti i potenziali antigeni. Sono stati distinti almeno due tipi di Th sulla base del loro profilo di produzione di citochine, che condiziona le modalità della susseguente reazione effettrice. II primo tipo di linfociti Th, definito tipo 1 (o Thl), produce interleuchina (IL)-2, interferone (IFN)-γ, tumor necrosis factor (TNF)-β, ma non IL-4, IL-5 e IL-13; mentre i linfociti di tipo 2 (Th2) producono IL-4, IL-5, IL-6 e IL-13, ma non IL-2, (IFN)-γ e (TNF)-β. In genere quella dei linfociti Th1 rappresenta un tipo di risposta altamente protettiva nei confronti delle infezioni, soprattutto quando sono sostenute da batteri a parassitismo intracellulare. Per contro, i linfociti Th2 pongono le premesse fisiopatologiche per il manifestarsi a livello dell'organo bersaglio, e/o a livello di sedi diverse dell'organismo, della reazione infiammatoria allergica. Infatti i linfociti Th2, attraverso meccanismi che coinvolgono le interazioni tra molecole di superficie (CD40 e CD40 ligando), nonché mediante la produzione di IL-4 e IL-13, che funzionano come fattori di switch isotipico, inducono i linfociti B a produrre anticorpi della classe IgE.

Gli anticorpi IgE

Le immunoglobuline E (IgE) sono gli anticorpi primariamente responsabili delle reazioni di ipersensibilità immediata che sono alla base sia dell'anafilassi, sia dell'atopia. La dimostrazione che le malattie allergiche rappresentano la conseguenza dell'interazione di un antigene con lo specifico anticorpo fu fornita nel 1921 da Prausnitz e Kustner. Questi ricercatori osservarono che l'iniezione intradermica del siero di un soggetto allergico al pesce nella cute di un soggetto non allergico e la successiva inoculazione nella stessa sede di un estratto antigenico di pesce causavano la comparsa di una reazione pomfo-eritematosa analoga a quella ottenibile sulla cute del primo con l'inoculazione del solo antigene. Questo esperimento è passato alla storia come trasporto passivo locale di Prausnitz-Kustner (P-K) e, prima che fosse resa nota la possibilità del rischio di trasmissione di agenti infettivi virali (virus epatitici, ecc.) tramite questo test, esso è stato utilizzato per molti anni anche a scopo diagnostico. I fattori sierici responsabili del trasferimento passivo dell'ipersensibilità furono denominati reagine. La scoperta che le reagine appartenevano a una classe immunoglobulinica diversa dalle altre quattro fino allora conosciute (IgM, IgG, IgA e IgD), condusse alla designazione delle IgE. La molecola IgE presenta la classica struttura a quattro catene polipeptidiche (due leggere κ e γ, due pesanti indicate come å). I circa 110 residui aminoacidici della catena  dal lato NH-terminale differiscono da catena a catena originando la regione variabile (V) responsabile della specificità per l'antigene. La rimanente parte della catena  è identica in tutte le IgE e costituisce la parte costante (C) della molecola. Essa comprende, a differenza delle altre Ig che ne comprendono tre, quattro regioni omologhe o domini, denominati rispettivamente CÂ1, CÂ2, CÂ3 e CÂ4 (quest'ultimo contenente l'estremo -COOH terminale). Si noti che le IgE non sono capaci di attivare il complemento per la via classica, di passare la barriera placentare e di dare reazioni di precipitazione con l'antigene, e che, per questa ragione, è stato difficile dimostrare la presenza di tali anticorpi con i metodi tradizionali di rilevazione. La peculiarità delle IgE risiede nella regione C dove sono situate le strutture responsabili della cosiddetta attività omocitotropica, cioè della capacità di questo tipo di Ig di interagire con i recettori ad alta affinità (FcÂRi) dei mastociti e dei granulociti basofili.

Recettori per le IgE

Esistono due diversi tipi di recettori cellulari per le IgE designati rispettivamente di tipo 1 (FcÂRi) e di tipo 2 (FcÂRii). Gli FcÂRi sono presenti sui mastociti e sui granulociti basofili ed eosinofili, nonché sulle cellule di Langerhans della cute, e sono caratterizzati da un'affinità molto elevata per le molecole delle IgE (Ka=109 M−1). Ciò rende ragione della prolungata persistenza, che può essere anche di alcune settimane, della sensibilità verso l'antigene, dimostrabile nella cute normale dopo il trasporto passivo locale secondo P-K, nonostante la breve emivita e la bassa concentrazione sierica di questi anticorpi. Il numero degli FcÂRi sulla superficie dei mastociti e dei basofili è molto elevato (tra 4000 e 500.000 per cellula) e appare correlato, così come il loro grado di saturazione da parte delle molecole IgE, con la concentrazione di queste ultime nel siero. È stato dimostrato, infatti, che il numero dei recettori ad alta affinità aumenta con l'incremento dei livelli sierici di IgE. Gli FcÂRi contengono quattro catene transmembrana, una α, una γ e due γ. Il legame con la molecola IgE è ovviamente indipendente dalla sua specificità, per tale ragione su una stessa cellula possono coesistere molteplici molecole IgE.

Gli FcÂRi differiscono dagli FcÂRii per la diversa struttura, per la minore affinità nei confronti delle IgE (107−108 M−1) e perché presenti su tipi cellulari diversi (monociti/macrofagi, eosinofili, linfociti e piastrine). Il legame delle IgE con gli FcÂRii attiva una varietà di funzioni effettrici da parte di queste cellule (citotossicità IgE-dipendente nei confronti di parassiti, fagocitosi di particelle rivestite di IgE, liberazione di mediatori).

Le cellule e i mediatori responsabili della fase effettrice della immediata flogosi allergica

A causa della presenza sulla loro superficie di recettori ad alta affinità per le IgE (FcÂRi), i mastociti e i granulociti basofili rappresentano le cellule effettrici più importanti delle reazioni immediate di tipo allergico. Infatti, l'interazione simultanea di due molecole adiacenti di IgE (legame a ponte) con l'allergene specifico determina il cosiddetto cross-linking recettoriale e induce la rapida secrezione di mediatori. Inoltre, attraverso la liberazione di mediatori chemiotattici e di citochine, i mastociti determinano un'amplificazione del fenomeno infiammatorio grazie al reclutamento di altre cellule nella sede della reazione immediata, quali granulociti neutrofili ed eosinofili, i macrofagi, che partecipano attivamente all'instaurasi delle reazioni di fase tardiva e quindi del perpetuarsi della flogosi allergica. In seguito alla loro attivazione, i mastociti e i basofili secernono nell'ambiente esterno un'ampia gamma di mediatori distinguibili in quattro gruppi principali: 1) preformati, rilasciati rapidamente; 2) secondari, generati ex novo; 3) preformati, associati ai granuli; 4) citochine. Le reazioni immediate sono il risultato dell'azione vasodilatante e broncocostrittrice svolta dall'istamina, dalle prostaglandine (PGD2), dai leucotrieni e dal PAF (Platelet activating factor), i quali per tali motivi sono stati anche definiti mediatori effettori primari. In aggiunta ai linfociti e ai mastociti, i granulociti eosinofili rappresentano un altro elemento cellulare di importanza centrale nella genesi della flogosi allergica.

Gli eosinofili originano nel midollo da precursori cellulari midollari identificati dalla molecola CD34 sotto l'influenza di fattori differenziativi, quali IL-3, IL-5 e GM-CSF. L'IL-5 costituisce senza dubbio il fattore di crescita più importante per queste cellule che esprimono già dalle prime fasi di differenziazione il recettore specifico (IL-5R) nella sua struttura completa. È noto che la IL-5 non solo stimola la crescita degli eosinofili ma ne rallenta anche il processo di apoptosi (v.; morte cellulare programmata) a livello dei tessuti. In condizioni normali si trova uno scarso numero di eosinofili a livello dei tessuti, per es., della parete bronchiale o intestinale, e tali cellule sono virtualmente assenti dalla cute; in condizioni patologiche, tuttavia, molti organi possono essere infiltrati dagli eosinofili e la cinetica della loro produzione risulta alterata. Ne sono esempi classici la cute in corso di dermatite atopica, la mucosa bronchiale in corso di asma bronchiale, la mucosa intestinale in corso di a. alimentare. È stato dimostrato che nel processo di reclutamento selettivo degli eosinofili nei tessuti sede di flogosi hanno un ruolo determinante alcune CC-chemochine (β-chemochine) tra le quali eotassina −1 e −2, il Rantes, le proteine MCP-3 e MCP-4. Infatti, questi fattori richiamano gli eosinofili nella sede grazie all'interazione con lo specifico recettore definito CCR-3.

A differenza degli altri granulociti, gli eosinofili mostrano la presenza di granuli secondari caratteristici, contenenti quattro distinte proteine cationiche: la proteina basica maggiore (MBP), la proteina cationica eosinofila (ECP), la perossidasi eosinofila (EPO) e la neurotossina derivata dagli eosinofili (EDN). In aggiunta alle proteine cationiche, gli eosinofili attivati secernono anche mediatori lipidici, PAF, LTC4, lo ione superossido O2− e alcune citochine, quali IL-1, IL-3, IL-4, IL-5, IL-6, GM-CSF e TGF-α e β. Inoltre, gli eosinofili esprimono una serie di molecole di adesione, quali ICAM-1, VCAM-1, LFA-1 e le selectine, indispensabili per la loro fuoriuscita dal circolo ematico. I prodotti di derivazione eosinofila svolgono probabilmente anche un ruolo fisiologico nella difesa contro i parassiti, ma intervengono certamente come effettori primari delle alterazioni istopatologiche nei tessuti sede di flogosi allergica.

La fase tardiva e la cronicizzazione della flogosi allergica

È stato messo in evidenza da tempo che la flogosi allergica non si esprime solamente attraverso l'interazione delle molecole allergeniche con gli anticorpi IgE fissati ai recettori ad alta affinità dei mastociti e dei basofili, e la successiva liberazione di istamina e degli altri mediatori; nella maggioranza dei soggetti allergici intervengono anche meccanismi più complessi. Nelle fasi tardive delle risposte primarie e nelle risposte secondarie agli allergeni (quelle, cioè, che si realizzano quando l'organismo ha già incontrato l'allergene e ha avuto ormai inizio una efficiente sintesi di anticorpi IgE), gli allergeni sono captati molto facilmente dalle cellule dendritiche con IgE specifiche fissate ai FcÂRi di membrana e anche dai linfociti B con IgE specifiche fissate ai recettori a bassa affinità (FcÂRii).

I linfociti B sono in grado di cooperare con i linfociti Th2 della memoria specifici per gli allergeni così da amplificare la risposta immunitaria. Ciò costituisce un sistema di amplificazione e di mantenimento importante per la continuità delle risposte verso gli allergeni e per la flogosi allergica. Il progresso delle conoscenze ha dunque permesso di prospettare una visione integrata dei meccanismi patogenetici delle malattie allergiche, sostenuta anche da meccanismi di amplificazione e di mantenimento che originano da complesse interazioni cellulari e molecolari e che conducono alla fase tardiva di cronicizzazione della flogosi stessa. Del resto, sia i mastociti sia i granulociti basofili sono in grado di liberare citochine, quali l'IL-4, l'IL-5, il GM-CSF e il TNF-α, capaci di indurre la crescita, la differenziazione e l'attivazione di cellule direttamente coinvolte nella flogosi tissutale allergica, anche nelle fasi più avanzate di cronicizzazione. L'espansione dei linfociti Th2 attraverso la liberazione di citochine (IL-3, IL-4, IL-5, IL-13, GM-CSF) rappresenta un fattore comune capace di collegare l'iperproduzione di IgE e il coinvolgimento di cellule quali gli eosinofili, i mastociti, i basofili e i macrofagi. Come già accennato, va sottolineata l'importanza degli eosinofili quali cellule effettrici responsabili di buona parte delle lesioni tissutali riscontrabili in corso di malattie allergiche.

Gli eosinofili possono danneggiare le mucose fondamentalmente mediante il rilascio di proteine basiche, di radicali liberi dell'ossigeno e di mediatori lipidici. Gli eosinofili esercitano la loro azione proinfiammatoria anche tramite la liberazione di molteplici citochine, quali IL-3, IL-4, TGF-β, TGF-α, GM-CSF, IL-1, IL-6 e IL-5. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio dei fenomeni coinvolti nella migrazione degli eosinofili dal circolo ematico ai tessuti sede di flogosi allergica. Uno dei primi eventi è legato all'attivazione delle cellule endoteliali a opera di citochine (IL-1, IL-4, IL-13, TNF-α, IFN-γ) con conseguente aumentata espressione di molecole di adesione. Infatti, gli eosinofili aderiscono inizialmente alla selettina E presente sull'endotelio dei piccoli vasi (rolling cellulare) e successivamente le integrine, quali LFA-1 e MAC-1, mediano l'ancoraggio endoteliale legandosi a ICAM-1. Inoltre, gli eosinofili si legano tramite le molecole VLA-4, espresse costitutivamente sulla loro membrana, alle molecole VCAM-1 delle cellule endoteliali. L'espressione di VCAM-1 sulle cellule endoteliali, importante per la migrazione selettiva degli eosinofili, è indotta dalla produzione locale, oltre che di IL-4, anche di IL-13. La migrazione verso la mucosa è decisamente favorita dall'IL-5, ma anche dal PAF. Va notato che l'IL-5 e il GM-CSF prolungano la sopravvivenza degli eosinofili nel tessuto sede della flogosi allergica, inibendo la loro morte programmata o apoptosi. Gli eosinofili possono così migrare verso l'endotelio, al quale possono aderire grazie, nuovamente, alle molecole di adesione ICAM-1 espresse dalle cellule epiteliali, ed esercitare le proprie funzioni di danno. Come già riferito, nel processo di migrazione cellulare hanno assunto rilievo citochine dotate di potere chemiotattico e denominate chemochine (Rantes, MIP-1α, MCP-3 e -4, eotassine). Esse inducono una forte e selettiva chemiotassi degli eosinofili, soprattutto attraverso il recettore CCR-3 che è anche presente, come già ricordato, sui basofili e sui mastociti.

Ruolo complementare dei fattori genetici e ambientali nello sviluppo dell'allergia

Le caratteristiche genetiche sono molto importanti nel condizionare la produzione delle IgE nei confronti degli allergeni, la quale, come si è già ricordato, rappresenta l'alterazione fisiopatologica fondamentale della cosiddetta condizione atopica. È noto che quando entrambi i genitori sono atopici le manifestazioni allergiche sono dimostrabili nel 60-80% dei figli; qualora invece sia allergico un solo genitore la condizione si realizza nel 20-40% dei casi; la madre sembra condizionare più del padre la suscettibilità allo stato atopico.

Per quanto riguarda l'analisi delle basi molecolari della predisposizione allo 'stato atopico', sono stati posti in evidenza come possibili candidati i geni presenti nel cromosoma 5; i geni del cromosoma 6 correlati con gli antigeni delle subregioni DR e DQ del sistema HLA e con la citochina TNF-α; un gene localizzato nel cromosoma iiq13 correlato con la catena β di FcÂRi; i geni localizzati nel cromosoma 12q correlati con l'IFN-γ; i geni localizzati nel cromosoma 14q correlati con la catena α del TCR e con l'importante fattore di trascrizione NF-kB; un gene localizzato nel cromosoma 16p12 correlato con la catena α del recettore dell'IL-4; infine, i geni che codificano la subfamiglia delle β-chemochine, localizzati nel cromosoma 17qii-12. Molta importanza è stata attribuita all'esistenza nei soggetti atopici di una possibile disregolazione dei geni delle citochine presenti sul cromosoma 5 (IL-4, IL-5, IL-3; IL-9; IL-13; GM-CSF) appartenenti alla famiglia della IL-4. La IL-4 rappresenta, infatti, la citochina fondamentale in quanto non solamente rappresenta uno dei due fattori di switch della produzione di IgE da parte dei linfociti B, ma costituisce anche il fattore più importante per la differenziazione dei linfociti Th vergini in linfociti di tipo Th2. A tale proposito sono stati identificati fattori di trascrizione specifici per la differenziazione dei linfociti Th2, tra cui i più importanti sono quelli designati rispettivamente GATA-3; c-maf; Stat-6. Alterazioni della funzione regolatoria di questi fattori potrebbero essere responsabili della iperespressione del gene della IL-4. Inoltre, i fattori di trascrizione della differenziazione Th2 giocano un ruolo antagonizzante reciproco con quelli della differenziazione Thi (in particolare quello designato T-bet capace di attivare il promoter dell'IFN-γ) per cui, per es., l'attivazione di GATA-3 non solo favorisce la differenziazione dei linfociti Th2, ma inibisce anche quella dei linfociti Th1 e viceversa. È stata anche identificata l'esistenza di cellule T regolatorie (Treg), per la cui funzione appare determinante l'epressione del gene Foxp3, fondamentali sia nel mantenimento della tolleranza periferica nei confronti di autoantigeni sia nella regolazione della risposta immunologica nei confronti di antigeni esogeni tra i quali anche gli allergeni. È stato ipotizzato che nei soggetti atopici esista una minore efficacia di funzione soppressiva delle cellule Treg rispetto ai soggetti non atopici. Tuttavia, a prescindere dalle alterazioni genetiche del Foxp3, le quali determinano l'insorgenza di una grave malattia congenita chiamata IPEX caratterizzata dalla comparsa sia di malattie autoimmuni sia di manifestazioni allergiche, le possibili alterazioni genetiche della funzione delle cellule Treg eventualmente responsabili delle forme più comuni di atopia sono del tutto sconosciute.

Appare comunque evidente che le malattie allergiche rappresentano sempre il risultato di alterazioni multigeniche.

Il ruolo concomitante dei fattori ambientali nello sviluppo delle malattie atopiche e, soprattutto, nell'incremento della loro prevalenza nelle comunità con stile di vita occidentale ha indotto a formulare alcune ipotesi tra le quali la cosiddetta ipotesi igienica. Tra i diversi fattori ambientali quelli più importanti sembrano essere rappresentati dai cambiamenti avvenuti in tali Paesi a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, soprattutto per quanto riguarda l'esposizione ai microbi e agli allergeni ambientali domestici durante l'infanzia. Cambiamenti radicali nell'esposizione microbica si sono infatti realizzati per il verificarsi di alcune condizioni e circostanze concomitanti: 1) migliori standard igienici dei cibi e delle bevande e conseguente modificazione della flora intestinale; 2) diminuzione dei componenti delle famiglie con ridotto rischio di trasmissione di infezioni; 3) decorso dei quadri infettivi come conseguenza della migliore nutrizione, delle vaccinazioni e dell'uso di antibiotici. L'interpretazione biologica di tali osservazioni si basa sul fatto che in questa fase della vita la riduzione dello stimolo microbico può influenzare la polarizzazione della risposta immunitaria a favore dei linfociti Th2. Il lipopolisaccaride (LPS) e, probabilmente, altri componenti della parete batterica costituiscono stimoli potenti per l'induzione della produzione da parte delle cellule dendritiche di IL-12, che favorisce la differenziazione dei linfociti Th1. La mancanza o, più probabilmente, la riduzione di tali stimoli potrebbe favorire la polarizzazione della risposta immunitaria in senso Th2.

Un'altra possibilità sarebbe rappresentata dalla minore attivazione delle cellule Treg legata alla ridotta stimolazione del sistema immunitario con minore produzione di citochine regolatrici quali la IL-10 e il transforming growth factor (TGF)-β, capaci di sopprimere la risposta immune sia agli agenti batterici sia agli allergeni. Tra gli altri cambiamenti nello stile di vita verificatisi a partire dagli anni Sessanta del 20° sec., occupano un ruolo significativo le modalità di costruzione delle abitazioni, che hanno una minore ventilazione degli ambienti, il riscaldamento e l'arredamento che facilitano lo sviluppo degli acari della polvere domestica. Molto controverso appare, invece, il ruolo degli inquinanti atmosferici. Verosimilmente, in soggetti geneticamente predisposti e in coloro che hanno manifestazioni allergiche subcliniche, l'incremento dell'esposizione ai pollutanti tipo SO2, O3 e al fumo di tabacco può favorire la sensibilizzazione allergica, scatenare i sintomi di alcune patologie allergiche quali l'asma bronchiale e la rinite.

La diagnostica delle malattie allergiche

La diagnosi etiologica delle malattie allergiche consiste nella ricerca dei fattori specifici che determinano la malattia in un particolare soggetto. L'individuazione dell'allergene (o degli allergeni) verso cui il soggetto è sensibile appare di estrema importanza, non soltanto quale convalida della diagnosi clinica, ma anche per i suoi riflessi terapeutici. L'individuazione degli allergeni responsabili dei sintomi può essere operata agevolmente per mezzo delle prove allergologiche cutanee. In alcuni casi è necessario ricorrere anche a esami sieroimmunologici, quali, per es., il RAST (Radioallergosorbent Test). Le prove allergologiche cutanee, che risultano di facile esecuzione e consentono di testare in breve tempo un considerevole numero di allergeni sospetti, sono molto attendibili, a condizione che la loro esecuzione sia corretta e i risultati vengano valutati con la massima attenzione.

Le prove allergologiche dovrebbero costituire il primo accertamento diagnostico, almeno nelle forme cliniche più comuni (per es., nelle manifestazioni allergiche a carico dell'apparato respiratorio). Tali prove sono in genere ben accettate dai pazienti; inoltre, sono di rapida esecuzione, sicure, sensibili ed economiche. I test cutanei vengono ormai eseguiti in tutto il mondo, prevalentemente con la metodica del Prick test. Gli esami sieroimmunologici vengono utilizzati per dosare la quantità degli anticorpi IgE presenti nel siero come in altri liquidi biologici.

La determinazione dei valori degli anticorpi IgE totali con metodiche di radioimmunoassorbimento (RIST, Radioimmunosorbent Test) o di radioassorbimento su carta (PRIST, Paper Radioimmunosorbent Test), in caso di risultato fortemente positivo, è ritenuta probativa per uno stato allergico. Ciò, naturalmente, dopo avere escluso le altre cause di aumento delle IgE totali. Oltre che nelle malattie allergiche, infatti, un aumento delle IgE totali nel siero può essere riscontrato nella aspergillosi broncopolmonare e nelle infestazioni da parassiti, nonché in alcuni linfomi. Il ricorso a questo metodo per la ricerca mirata di anticorpi IgE specifici verso un numero selezionato di allergeni è giustificato nelle seguenti condizioni: quando esista una discordanza tra storia clinica e prove allergologiche cutanee; nei casi di prove allergologiche dubbie; nei bambini molto piccoli, nei quali non è possibile effettuare le prove allergologiche; nei soggetti trattati con antistaminici, i quali sono in grado di diminuire la reattività cutanea agli allergeni utilizzati per le prove cutanee; infine, nei pazienti con gravi ed estese manifestazioni dermatologiche, ove l'esecuzione dei test cutanei non è tecnicamente possibile.

Cenni di terapia delle malattie allergiche

Le evidenze epidemiologiche, oltre a quanto sopra esposto, sottolineano il concetto di comorbidità delle malattie allergiche, ossia documentano la coesistenza di diverse patologie a patogenesi allergica nello stesso paziente. Infatti, circa il 60-80% (percentuale variabile in relazione ai diversi studi effettuati) dei soggetti asmatici hanno concomitante rinite, così come circa il 30% dei pazienti con rinite sviluppano asma. È, inoltre, ormai ampiamente dimostrato che i soggetti che presentano un'apparente localizzazione della sintomatologia a carico delle alte vie respiratorie (per es., rinite) hanno contemporaneamente una localizzazione subclinica a livello dei seni paranasali e, soprattutto, dei bronchi. Quest'ultimo dato appare di particolare importanza in quanto il corretto e tempestivo trattamento farmacologico dei pazienti con rinite può prevenire l'insorgenza di quadri clinici ben più importanti. Tali dati, che concordano con la comune pratica clinica, pongono indicazione per l'attuazione di un precoce approccio terapeutico che sia capace di modificare l'andamento evolutivo della flogosi allergica.

La terapia delle malattie allergiche si basa, quando possibile sulla rimozione o sulla riduzione della concentrazione nell'ambiente dell'allergene responsabile della sensibilizzazione. Quando questo provvedimento risulta impossibile è necessario l'impiego di farmaci, associati o meno alla cosiddetta immunoterapia specifica. I farmaci più attivi sono certamente gli antistaminici nelle forme rinitiche e in quelle cutanee caratterizzate dalla presenza di prurito (orticaria, dermatite atopica). Nelle forme di asma bronchiale risultano più efficaci i corticosteroidi per uso topico, ma nelle forme asmatiche più gravi è necessario ricorrere anche ai corticosteroidi per via sistemica. Infatti l'asma bronchiale rappresenta una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, che può anche provocare modificazioni irreversibili a carico di queste ultime. Questo fenomeno, noto come rimodellamento delle vie aeree, può determinare una notevole riduzione delle capacità funzionali respiratorie e deve quindi essere prevenuto. La immunoterapia specifica si basa sulla somministrazione per alcuni anni dello stesso allergene responsabile dei sintomi, che può essere effettuata per via iniettiva o per via orale. Ciò allo scopo di determinare una iposensibilizzazione o uno stato di tolleranza verso l'allergene che viene normalmente introdotto spontaneamente per via inalatoria. La immunoterapia specifica per via iniettiva deve essere limitata ai casi resistenti ai farmaci, in quanto potenzialmente in grado di determinare effetti collaterali anche gravi, quale lo shock anafilattico. La immunoterapia specifica per via orale è più sicura, anche se meno efficace di quella per via iniettiva. Sono in studio nuove modalità di immunoterapia specifica che potrebbero combinare la sicurezza di quelle per via orale con l'efficacia di quelle effettuate per via iniettiva.

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