Alternatóre

Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)

alternatore


alternatóre [s.m. e agg. (f. -trice) Der. di alternato] [FTC] [EMG] Generatore dinamoelettrico rotante di corrente alternata, ottenuta attraverso la trasformazione di energia meccanica fornita in generale da turbine idrauliche, a vapore, a gas oppure da motori Diesel. Quasi tutta l'energia elettrica prodotta nel mondo è ottenuta da alternatori. Il primo a., eteropolare (v. oltre), risale al 1832; più tardi (1875) ne apparve uno con induttore rotante, simile agli attuali; peraltro, l'a. si è praticamente sviluppato e diffuso soltanto dopo l'invenzione del trasformatore statico (1883), macchina di alto rendimento che ha permesso di risolvere il problema del trasporto dell'energia elettrica a grandi distanze e l'utilizzazione alle tensioni più convenienti. I primi a. furono monofasi e a indotto liscio; si è passati poi a quelli a indotto scanalato e infine ai tipi polifase, i più diffusi dei quali sono gli a. trifase. Secondo la frequenza prodotta, gli a. si dicono a frequenza industriale, se questa non supera 60 Hz, e ad alta frequenza, se questa va da 10 a 200 kHz. In un a. si possono distinguere due parti fondamentali: l'una fissa, a forma di tamburo cavo (statore), l'altra rotante (rotore), alloggiata entro la precedente; tra le due parti, che sono coassiali, vi è un piccolo spazio anulare d'aria (traferro o interferro) dello spessore di qualche mm. In generale, ciascuna parte ha un proprio avvolgimento di fili di rame, ben isolato. Uno di questi avvolgimenti (induttore), percorso da una corrente generata a parte (corrente di eccitazione), determina magnetizzazioni di segno contrario in una serie di poli diametralmente opposti; la variazione periodica di flusso, dovuta alla rotazione relativa delle due parti, produce nell'altro avvolgimento (indotto) le forze elettromotrici utili. Gli a. si possono distinguere in: (a) a. sincroni eteropolari (cioè a poli nord e sud alterni), anisotropi se il rotore è a poli sporgenti (o salienti), isotropi se il rotore è liscio, a ferro continuo, a poli "incassati "; (b) a. sincroni omopolari, cioè a flusso magnetico non alternato ma pulsante tra un massimo e un minimo, oggi usati per lo più per forni a induzione; (c) a. asincroni, a campo rotante Ferraris. Gli a. sincroni (v. macchine elettriche: III 510 e) di cui quelli eteropolari trifasi sono i più diffusi e importanti, vengono eccitati con corrente continua prodotta da una dinamo (eccitatrice) a essi accoppiata; in quelli eteropolari si preferisce avvolgere l'induttore sul rotore o l'indotto sullo statore per convenienza costruttiva e per facilità di isolamento anche a tensioni elevate (fino a 10 000÷13 000 V). Con la rotazione del rotore ruota il campo magnetico generato dalla corrente continua e l'avvolgimento fisso dello statore diventa sede di una forza elettromotrice alternata indotta dal campo magnetico variabile periodicamente nel tempo, cui esso è esposto. La frequenza f è espressa in hertz dalla formula f=np/60, ove n è il numero di giri del rotore al minuto primo e p il numero di coppie polari dell'induttore negli a. eteropolari, dei denti del rotore negli a. omopolari. A parità di f, gli a. lenti (n=100÷600 giri/minuto), come quelli accoppiati ai grandi motori Diesel, hanno molte coppie polari, mentre pochissime (due e anche una soltanto) ne hanno gli a. veloci (1500÷3000 giri/minuto) collegati a turbine (turboalternatori). Il rotore a poli sporgenti (o salienti), caratteristico delle macchine lente, corte e di grande diametro, può essere costituito da un tamburo o, per maggiori dimensioni, da una sorta di ruota a razze, su cui sono disposti radialmente i singoli poli di ghisa, di acciaio o di lamierino. Il rotore a ferro continuo, per le macchine veloci, lunghe e di piccolo diametro, si presenta come un tamburo cilindrico recante profonde scanalature secondo le generatrici per alloggiare l'avvolgimento: soggetto a notevoli forze centrifughe, è più spesso in acciaio speciale e può essere sia massiccio, sia formato di lamine tenute insieme. L'avvolgimento del rotore è fatto con bobine oppure con grossa piattina in un solo strato per facilità di raffreddamento e di isolamento. Lo statore, spesso diviso in due o più parti per facilità di trasporto, ha la carcassa di ghisa o di lamiera saldata che sorregge il nucleo laminato sulla cui superficie, cilindrica, affacciata verso il rotore, sono praticate scanalature (cave), secondo le generatrici, per alloggiare l'avvolgimento; questo è a bobine oppure, per forti intensità di corrente, a sbarre e ne viene curato in modo particolare l'isolamento. Gli a. asincroni (v. macchine elettriche: III 511 b) meno usati di quelli sincroni, sono eccitati con corrente alternata: in essi corrente di eccitazione e forza elettromotrice utile hanno sempre frequenze uguali comunque vari la velocità del rotore purché rimanga maggiore di quella del campo magnetico rotante che si genera in essi. L'avvolgimento, normalmente disposto sullo statore, è unico, cioè agisce contemporaneamente da induttore e da indotto. Questi a. non possono funzionare isolati, bensì accoppiati in parallelo con a. sincroni cui è affidato il controllo della frequenza e della tensione: vengono di solito installati in centrali automatiche o telecomandate. Secondo altre caratteristiche, gli a. possono essere: ad asse verticale (come la maggior parte di quelli azionati da turbine idrauliche) oppure orizzontale; aperti, oppure protetti, oppure chiusi (specie per installazioni all'aperto); a ventilazione naturale oppure ad autoventilazione oppure a ventilazione forzata. I moderni turboalternatori per grandi potenze, completamente chiusi, sono raffreddati da una corrente d'idrogeno per i molti vantaggi che questo sistema consente. I rendimenti massimi degli a. sono assai elevati: nelle grandi macchine si può raggiungere e anche superare il 98 %. Le massime potenze, che oggi si aggirano intorno a 500 MW, sono toccate dai turboalternatori. La forza elettromotrice generata dall'a. viene regolata agendo sull'intensità della corrente di eccitazione, la frequenza agendo sulla macchina motrice. Per inserire un a. nella rete di distribuzione dell'energia elettrica in corrente alternata è necessario rendere tensione e frequenza uguali a quella della rete, con opportune manovre controllate mediante indicatori di sincronismo.

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